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Full text of "Scritti editi ed inediti"

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SCRITTI 

EDITI     ED     INEDITI 

DI 

GIUSEPPE  MAZZINI. 

VOLUME  XXXV. 
(EPISTOLARIO  -  VOL.  XTX). 


IMOLA, 

COOPERATIVA  TIPOGRAFICO-EDITRICE 
PAOLO   GALEATI. 

1922. 


EDIZIONE  NAZIONALE 

DEGÙ   .SCRITTI 

DI 

GIUSEPPE  MAZZINI 


SCRITTI 

EDITI     ED     INEDITI 

GIUSEPPE  MAZZINI. 

VOLUME  XXXV. 

(EPISTOLA  KlO  -   VoL.  XIX). 


IMOLA, 

COOPERATIVA  TIPOGRAFICO-EDITRICE 
PAOLO   GALE  ATI. 

1922. 


EPISTOLARIO 


GIUSEPPE  MAZZINI, 


VOLUME  XIX. 


IMOTiA. 

COOPERATIVA  TIPOGKAFICO-EDITRICE 
PAOr.O   O  AI. E  ATI. 

1022. 


riKJPKlEIA    LKITERAKFA. 


VITTORIO    EMANUELE    III 

PEK    GKAZIA    DI    DIO    K    FEK    VOLONTÀ    DELLA    NAZIONE 

KE    D'ITALIA 

Ricorrendo  il  22  giugno  1905  il  1°  centenario  della 
nascita  di  Giuseppe  Mazzini  : 

Considerando  che  con  memorabile  esempio  di  concor- 
dia, Governo  ed  ordini  rappresentativi  lian  decretato  a 
Giuseppe  Mazzini  un  monumento  in  Roma,  come  solenne 
attestazione  di  riverenza  e  gratitudine  dell' Italia  risorta, 
verso  l' apostolo  dell'  unità  : 

Considerando  che  non  meno  durevole  né  uieno  dove- 
roso omaggio  alla  memoria  di  lui  sia  il  raccoglierne  in 
un'edizione  nazionale  tutti  gli  scritti j 

Sulla  proposta  del  Nostro  Ministro,  Segretario  di  Stato 
per  l'Istruzione  Pubblica: 

Abbiamo  decretato  e  decretiamo  : 

Art.  1. 
Sarà   fatta    a  cura   e    spese    dello   Stato   nna    edizione 
■completa  delle  opere  di  Giuseppe  Mazzini. 

Art.  2. 
A  cominciare  dall'anno  (ìnanziario  1904-905  e  pel  com- 
pimento della  edizione  predetta  sarà  vincolata  per  le  spese 
occorrenti  la  somma  di  lire  settemila  cinquecento,  sul  ca- 
pitolo del  bilancio  del  Ministero  della  Pubblica  Istruzione 
per  incoraggiamento  a  pubblicazione  di  opere  scientifiche 
e  letterarie,  da  erogarsi  con  le  forme  prescritte  dal  vi- 
gente regolamento  di  contabilità  generale  dello  Stato. 


REGIO    DKCKKTO. 


Art. 


Una  Commissione  nominata  per  decreto  Reale  avrà  la 
direzione  dell'edizione  predetta. 

Ordiniamo  clie  il  presente  decreto,  munito  del  sigillo 
dello  Stato,  sia  inserto  nella  Jiaccolta  uflìciale  delle  leggi 
e  dei  decreti  del  Regno  d'Italia,  mandando  a  cìiiiin«jue 
spetti  di  osservarlo  e  di  t':irlo  osservare. 

])ato  il   HoiMH.  a<ìi1i   13  iiiiii'/.o   1904. 


n 


VITTORIO  EMANUELE. 


Orlando. 


Vitto:   Jl  (}uar<)aHÌgilli:  Konohktti. 


EPISTOLARIO. 


Mazzini,  Scritti,  ecc..  vo).  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  i 


MMCCOXLVT. 
A  Fii.u'PO  Dk  Boni,  a  Losanna. 

[Londra],  24  febbraio   1848. 

Fratello  mio. 

Ho  la  vostra  del  10.  E  vi  scrivo  iu  fretta,  per- 
ché occupatissimo.  Da  Parigi,  vi  spediranno  un  mio 
breve  Indirizzo  ai  Siciliani;  come  intendete,  non 
m'im~[)orta  punto  di  Napoli;  m'importa  che  un  pen- 
siero d'Unità  futura  sia  rappresentato  da  noi  e 
da'  Siciliani;  e  m'imj)orta  che  non  si  prenda  l'abi- 
tudine di  citare  transazioni  diplomatiche  e  precedenti 
del  181.")  o  d' altri  tempi.  Noi  dobbiamo  creare,  non 
accettare  un  Diritto  Pubblico.  (*)  Però,  se  le  idee 
accennate  nell'Indirizzo  son  le  vostre,  aiutatele:  a 
Genova  faranno,  spero,  altro  indirizzo  consimile; 
S]>ronate  altrove.  La  nostra  tattica  è  chiara;  e  co- 
munque ai  più,  le  conquiste  fatte  paiano  più  che 
suftìcienti,  comunque  i  Signori  debbano  veder  l'El- 
dorado in  libertà  di  scrivere,  e  far  leggi,  che  non 
toccano  se  non  la  classe  loro,  noi,  uomini  di  mente, 

MMCCCXLVL  —  Inedita.  L'  autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Natlian.  Non  ha  indirizzo. 

(^)  Era  il  concetto  che  il  Mazzini  aveva  espresso  nelle  l'oche 
parole  ai  SiciUaiii  (ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCXLV),  con  le 
qnali  combatteva  quello  che  il  Governo  Provvisorio  dell'isola 
insorta  .aveva  posto  a  base  della  sua  rivoluzione,  e  alcuni  esuli 
siciliani,  primo  fra  questi  M.  Amari,  avevano  propugnato  nei 
loro  scritti  (ved.  il  Protocollo  delia  Giorine  Italia,  voi.  VI,  p.  305). 


4  EPisroi.AKio.  [1818] 

credenti  sacerdoti  d'  una  grande  idea,  e  non  d' al- 
cuni interessi,  dobbiamo  proporci  e  seguire  inalte- 
rabili il  seguente  programma  : 

Costituire  con  tutti  i  niezzi  possibili  il  partito 
Unitario:  colla  stampa,  e  copertamente,  fuori:  colla 
stampa,  indirettamente,  dentro.  Tenterò,  appena  si 
I)ossa,  V  impianto  d'  un'Associazione  Nazionale  in 
Italia,  pubblica,  con  forme  legali,  cbe  dia  corpo  alle 
simpatie  comuni,  senza  innalzare  per  ora  dichiara- 
tamente la  bandiera  Unitaria,  ma  preparando  il  ter- 
reno. Atterrare  tutte  le  occasioni  per  provare  all'  Eu- 
ropa che  vogliamo  Unità.  Costituire,  ne'  giornali 
Italiani,  un'opposizione  democratica  alla  organizza- 
zione della  bourgeoisie  censitaria  che  le  varie  Costi- 
tuzioni tendono  a  promovere,  mentre  dal  1830  in 
poi  il  partito  innoltrato  combatte  contr'  essa  in 
Europa.  Far  una  propaganda  alla  Procida  contro 
l'Austria,  non  solamente  in  Italia,  ma  per  ogni  dove; 
preparare  il  momento,  in  cui  l' Impero  Austriaco  sarà 
cancellato,  come  espiazione  solenne,  dalla  Carta  d' Eu- 
ropa. Dissotterrare  uni  tarli  i)er  convinzione,  onesti 
e  capaci,  in  ogni  angolo  d'Italia,  tenerne  nota,  le- 
garsi con  essi,  legarli  insieme,  e  preparare  fin  d' ora 
lo  scheletro  dell'Associazione  Nazionale.  Stabilire 
un  giornale  e  una  Rivista,  che  ci  appartengano. 

Quanto  a  tutte  queste  cose,  mi  v'  adopero  come 
meglio  j)osso.  Spero  che  in  Genova  avremo  presto 
il  giornale  nostro,  col  titolo  La  Nazione.  (^)  Se  riesco 
in  questo,  stabiliremo  immediatamente  la  Rivista: 
V  Iniziativa.  Ne  scriverò  presto  il  Programma. 

{})  Come  era  stato  già  per  la  Vestale,  cosi  auche  per  la 
Nazione  uou  si  verificò  per  allora  il  progetto  di  un  giornale 
del  partito  mazziniano  in  Genova. 


[1848]  KIMSTOLAUIO.  5 

Quanto  alla  Lombardia,  io  non  posso  dare  cbe 
uomini  :  nostri  o  Polacclii  ;  non  danaro.  Non  y'  lia 
dubbio  cbe  si  dovrebbe,  presto  o  tardi,  dare  il  se- 
gnale dell'  insurrezione  ai  Lombardi,  collo  stabili- 
mento di  bande,  precedute  da  proclami  nostri,  in 
Valtellina:  l'insurrezione  Lombarda,  oltre  all'ini- 
ziare la  grande  impresa  della  guerra  all'Austria,  e 
aprir  campo  a  tutte  le  eventualità  cbe  possono  deri- 
varne, darebbe  un  campo  vergine  di  monarcbia  e 
(l'altro  al  nostro  partito,  non  dico  certo  per  innal- 
zarvi la  bandiera  popolare  unitaria,  ma  per  farsi 
riconoscere  in  certo  modo  come  potenza  di  fatto, 
e  per  impiantarsi  sopra  una  base  abbastanza  ferma. 
Ma  non  v'  ba  dubbio  cbe  bisognerebbe  avere,  per 
questo,  assenso  dai  migliori  tra'  Lombardi;  —  da- 
naro cbe  dovrebbero  essi  sommiuistrare,  e  cbe  non 
sarebbe  nostro  —  e  offesa  simultanea  agii  Austriaci 
d'altra  parte  cbe  dasse  moto  all'Italia.  Quest' ub 
tima  condizione  potrebbe  verificarsi  senza  grande 
difficoltà  in  Paruia  e  Modena;  e  forse  coli' aiuto 
d'elementi  cbe  nell'aprile  potrebbero  essere  in  gioco. 
Ma  il  danaro  è  la  ])arte  vitale.  E  i  ricebi  Lombardi 
pare  amino  meglio  andare  a  Lubiana,  o  lasciare  il 
paese  come  D'Adda  cbe  non  far  qualcbe  sagrifizio 
per  un'  azione  decisiva.  (*)  Ho  invano  i)roposto  e  insi- 
stito mesi  sono  cogli  stessi  dei  quali  parlo.  Se  avete 
modo  di  lavorare  a  scopo  siffatto,  fatelo. 

(*)  Nella  notte  dal  21  al  22  gennaio  1848  erano  stati  aire- 
fitati  a  Milano  il  conte  Cesare  Soncino,  il  marchese  Gasi>are 
Rosales,  l'antico  affiliato  alla  Giovine  Italia,  esule  per  più  anni, 
fino  a  quando,  ripatriato  per  effetto  dell' amnistia  del  1838  (ved. 
la  lett.  MCLXX),  era  tornato  a  Milano,  dove  aveva  ripi'eso  le  sue 
relazioni  con  gli  elementi  liberali  piti  in  vista,  e  infine  Achille 
Battaglia,  anch' egli  andato  in  esilio  in  Francia  verso  il  1842, 


6  Ki'isToi.Aiiio.  [1848] 

Dal  Piemonte  scrivouo  certi  d' Jiiiinistia  generale, 
clie  dovrebbe  infatti  essere  conseguenza  della  Costi- 
tu/Jone.  Se  nìai  ciò  s' avverasse  e,  ben  inteso,  senza 
eh'  io  dovessi  aprir  bocca  o  movere  un  dito,  andrò 
a  Genova  io  pure:  v'ho  i  miei  vecchi  parenti.  Di 
là,  penso,  moverei  a  fare  un  jifiro  per  1'  Italia.  Ma 
prima  di  ripatriare,  verrei  per  alcuni  giorni  in  Isviz- 
zera  per  vedervi  e  intenderci  ;  e  vedere  altri.  Se  poi, 
né  amnistia  né  altro  si  verificasse,  credo  a  ogni  modo 
che  nell'aprile  tarò  una  corsa  io  stesso  ove  siete.  Pro- 
babilmente, prima  di  me,  vedrete  altri  da  parte  mia. 

Ditemi  intanto  se  concorrete  nel  modo  mio  di 
vedere,  o  se  vi    pare  di  dover    seguire    altra  via  e 

conoscendo  colà  il  Lamberti,  e  tornato  sei  anni  dopo  a  Milano 
(ved.  il  Protocollo  della  Gioviite  Italia,  voi.  I,  p.  223).  Sotto 
buona  scorta  erano  stati  avviati  a  Lubiana  (ved.  li>.,  voi.  VI. 
pp.  310-312).  Su  quegli  arresti,  dei  quali  si  occupò  diftusiuiieute 
la  stampa  periodica  piemontese  e  toscana,  e  su  altri  avvenuti 
pochi  giorni  dopo,  ved.  pureC.  Casati,  Nuove  ricelazionì  gni  fatti 
di  Milano,  tratte  da  documenti  inediti;  Milano,  Hoepli,  1885,  voi.  H, 
pp.  50-.51,  e  M.  CamperiO;  A  it  toh  io  (/rafia,  cit.,  pp.  19-29.  Invece, 
il  conte  Carlo  D'Adda,  avuto  sentore  che  stava  per  essere  arre- 
stato, riusciva  a  fuggire  in  Piemonte.  «  Il  conte  Carlo  D'Adda  — 
si  leggeva  in  nua  col-rispondenza  da  Milano,  in  data  12  febbraio, 
alla  Lega  Italiana  di  due  giorni  dopo  —  fu  accostato  da  uji  ignoto, 
il  quale  misteriosamente  lo  avvisava  che  era  stato  dato  l'ordine 
del  suo  arresto;  che  anzi  nella  notte  precedente  la  Polizia  aveva 
tentato  di  aprir  la  porta  di  casa  sua  per  non  dargli  tempo  a  fug- 
gire, ove  fatto  rumore,  si  fosse  svegliato  il  portiere^  Dopo«iuest'av- 
viso  il  D'Adda  pensò  di  mettersi  iti  sicuro.  »  Andato  in  Piemonte, 
volle  arruolarsi  nell'esercito  sardo  e  fu  creato  aiutante  di  campo 
del  Duca  di  Savoia.  Ved.  la  Patria  del  27  marzo  1848.  T'^  nota  la 
sua  azione  Ì4i  Piemonte  prima  e  dopo  i  giorni  dell'insurrezione 
milanese  (ved.  Casati-Castagnktto,  Carteggio,  cit.,  p.  xxiv  e 
segg.  e  C.  PaGaxi,  Uomini  e  cose  in  Milano  dal  marzo  all'agosto  1848; 
Milano,  Cogliati,  1906,  p.  96  e  segg).  Da  Milano  erano  pure  riu- 
sciti a  fuggire  C.  Cantiì,  G.  Belcredi,  altro  affiliato  alla  Glorine 
Italia,   V.  Simonetta,  ecc. 


[1848]  Ki'irsTOi.Aino.  7 

appoggiare  per  un  termine  indefinito  il  Federalismo 
attuale.  Kimarremmo  amici  e  collaboratori  fin  dove 
si  può  in  ogni  modo. 

Indirizzate,  ove  occorra,  lettere  per  me  a  W|il- 
liam]  Ashurst,  Esq.  18.  Park  Village  West,  liegents 
Park.  Addio:  anuite  sempre  il  vostro 

Giuseppe. 

Fabr[izi]  è  negli  Stati  del  Papa,  e  probabilmente 
tra  non  molto  a  Xapoli:  cosi  pure  Kib[otti].  (') 

Ho  la  Congiura^  libro  caldo  ed  utile  come  tutto 
quello  che  tate. 

25  febbrai (t. 
Ho  riaperto  io  la  lettera.  (') 

MMCCCXLVII. 

TO  E5I1MK  Hawkes,  LondoD. 

[London].   Fri.lay  night  [February,  26"'   1848]. 

How  are  you  of  your  cold?  And  will  anythiug 
interfere  witli  your  going  to  Muswel  Hill  on  Sunday  ì 

Veuerdf  notte. 
Collie  state  col  vostro  raffreddore  f  E,  ditemi,  ci  sarà 
nulla  che  possa  impedirvi  di  andare  domenica  a  Muswell 

(})  N.  Fabrizi,  riuscito,  con  la  sua  «  resistenza  ijassiva,  » 
a  rimanere  a  Firenze,  era  partito  di  là  il  1°  febbraio  1848,  dopo 
che  la  polizia  fiorentina  aveva  revocato  l'ordine  di  sfratto 
(ved.  l'Italia  del  3  febbraio  1848).  La  sua  dimora  in  Koma 
dovette  essere  breve,  poiché  V Alba  del  6  marzo  annunziava  la 
presenza  sua  e  del  Rilmtti  a  Palermo.  Ved.  il  Protocollo  della 
Giovine  Italia,  voi.  VI,  p.  339. 

(■^)  Questo  secondo  proscritto  è  sul  verm  dell'ultima  pagina. 

MMCCCXLVII.  — Inedita.  L'autografo,  dal  quale  una  copia 
fu  rimessa  alla  R.  Commissione  da  Mrs.  Richards,  si  conserva 
presso  gli  eredi  Ashurst.  La  data  si  ricava  dal  timbro  postale. 


8  KPISLOLARIO.  [1848] 

I  ani  going  out  to-morrow  morniDg-  at  eiglit  o' clock! 
and  feel  so  bewildered  at  the  prospect,  tbat  I  feel 
a  necessity  for  rev^enge  upon  some  friend:  so  will 
you  be  so  kind  as  to  teli  Mr  Stone  (*)  to  tiy  to  get 
bis  friend  to  complete  tbe  lìortrait?  I  will  teli  you 
tbe  wby  on  Sunday. 

We  sball  know  to-morrow  tbe  trutb  about  Paris. 
If  ali  is  true — and  if  tbe  Republican  system  sbould 
prevali — tbe  time  for  tbe  suiireme  Enropean  contest 
bas  come;  and  I  will  bave  to  leave  far  sooner  tban 
I  expected.  Take  care  of  yourself  as  mach  as  you 
can. 

E  ver  affectionately  yours 

Joseph. 


Hill?  Io  uscirò  domani  inattinfi  alle  otto!  e  mi  sento 
talmente  sbalordito  all'  idea,  che  provo  il  bisogno  di  vendi- 
carmi su  qualclie  amico:  perciò,  volete  farmi  la  cortesia 
di  dire  al  Signor  Stone  se  procura  di  far  terminare  il 
ritratto  dal  suo  amico  ?  Domenica  ve  ne  dirò  la  ragione. 
Domani  sapremo  la  verità  riguardo  a  Parigi.  Se  tutto 
quello  che  si  dice  è  vero  —  e  se  dovesse  prevalere  il  si- 
stema repubblicano  —  sarebbe  giunto  il  momento  per  la 
suprema  lotta  europea;  e  dovrei  andarmene  molto  più 
presto  di  quello  che  credevo.  Abbiatevi    tutti  i  riguardi 

possibili. 

Sempre  affettuosamente  vostro 

Giuseppe. 


(1)  Frank  Stone  (1800-1859),  pittore  inglese  (ved.  sue  notizie 
in  Bryan's  DicHonary,  voi.  V,  p.  131).  L'  incisione  di  uu  suo 
quadro,  The  Lessov,  della  Old  Water-Colour  Gallery,  in  ripro- 
dotta nel   Peoììle's  Jonrval  (n.  28  dell'  11  luglio  1846). 


[1848]  KPisior.AUio.  9 

MMOCCXLVIir. 

[a  Filippo  Die  Boni,  a  Losanna?] 

[Londra],  26  febbraio  1848. 

Sapeva,  scriveudovi,  i  moti  di  Parigi,  ma  non 
ve  ne  parlai,  perché  temeva  clie  uon  conebiudessero 
cbe  in  un  cambiamento  di  Gabinetto.  Ora  abbiami» 
nuove  dell'  eroico  operare  del  popolo,  del  popolo  solo: 
dell'  istallazione  del  Groverno  Provvisorio  e  dell'abdi- 
cazione di  L[uigi]  Ffilippol.  {')  La  questione  è  pendente 
ora  tra  la  monarchia  e  la  repubblica  ;  e  1' unica  via 
legale  che  abbiamo  per  scioglierla  è,  come  ho  scritto 
loro  oggi,  di  convocare,  con  una  legge  di  suffragio 
universale,  una  Costituente  che  decida.  Comunque, 
o  trionfa  il  partito  repubblicano,  e  la  nostra  via 
è  chiara  :  provocare  con  tutti  i  mezzi  possibili  V  insur- 
rezione Lombarda,  e  iniziare  la  guerra  europea;  o 
trionfa  il  monarchico,  e  rimane  fermo  il  programma 
che  v'ho  indicato,  bensì  da  spingersi  con  più  energia, 
con  più  arditezza,  con  linguaggio  più  franco.  Le  no- 
tizie della  decisione  francese  decideranno  noi  pure; 
e  se  mai  osassero  proclamare  il  dogma  repubbli- 
cano, mi  vedrete  prestissimo.  Addio  di  nuovo. 

MMCCCXLVIII.  —  Inedita.  Se  ne  conserva  una  copia  nella 
raccolta  Natlian,  proveniente  dn  J.  White  Mario.  È  certamente 
il  poscritto  di  una  lettera,  della  qnale  non  si  ha  traccia. 

(1)  La  rivolnzione  di  febbraio  era  effettivamente  cominciata 
il  giorno  2.3,  nel  qnale  il  Giiizot  si  era  dimesso,  annunciando  che 
si  stava  formando  nn  nuovo  Gabinetto  presieduto  dal  Mole.' 
Il  giorno  dopo  avveniva  1' abdicazione  di  Luigi  Filippo  con  la 
reggenza  alla  duchessa  d'Orléans,  che  però  fu  effìmero  espediente, 
poiché,  nello  stesso  giorno,  si  istituiva  un  Governo  Provvisorio 
e  il  25  si  proclamava  la  repubblica. 


10  Kl'ISTOI.AHIO.  [1848] 

MMCCCXLIX. 

IO   William  .Suaen.  LotkIou. 

[London,    IVhniaiy,   LMì"'    18-1S|. 

Deiir  Sbaeu, 

Will  you  be  so  gooil  ;is  to  move  tliis  iiijilit.  ut 
the  Whittiiigton,  in  iny  naine,  the  followiny  Jimcnd- 
nient  to  the  aiitichess-on-Simdny  pioposal? 

"  That  ali  literary  or  politicai  news  papers  will.  on 
Siiiulay,  disappear  troni  the  tables  of  the  Club,  with 
the  exceptiou  of  the  Ghurehof-EngUmd  Qunrterly 
Reciew,  of  the  Christian  Remembrancer,  the  Protcstant 
JìJcho,  and  the  iike.  " 

"  That  the  dininjif  ineinbeis  will  feed  ou  a  slice  of 
roast  nieat  (iinderdone)  and  French  beans;  and  Miat 

Caro  Sliaen. 

Volete  avere  la  cortesia  di  proporre  questa  sera,  al 
Whittington,  a  nome  mio,  il  seguente  emendamento  alla 
proposta  auti-scacchistica  per  la  domenica? 

«  Che  qualunque  giornale  letterario  o  politico  sparisca  la 
domenica  dai  tavoli  del  Circolo,  ad  eccezione  della  Church- 
of-England  Qiiarlerly  Eeview,  del  Christian  Bemembrancer, 
del  Proteslaut   Edio,  e  simili. 

<  Che  i  soci,  i  quali  pranzano  al  Circolo,  mangino 
una  fetta    d'arrosto    (poco   cotto)  e    fagiuoli  :    e   che   non 

MMCCCXLIX.  —  Inedita.  Ne  fu  trasmessa  una  copia  alia 
K.  Commissione  <la  Mr.  G.  M.  Trevelyan.  La  «lata  si  ricava  dal 
timbro  postale. 


[1848]  Kl'lSTOLAKIO.  11 

no  sherry,  port,  stout.  or  auy  other  liquid  sLall  bcT 
allowed,  except  water  iiiid  table-ale  (froin  Sevan'i* 
only)  : — tliat,  wlienever  inembers  will  be  provided 
witli  a  medicai  certificate,  a  j>lass  of  iroii-wine  sliall 
be  allowed. 

''  Tliat  smoking-  will  be  strictly  tbrbidden,  aiid 
the  smoking-room  sbut  except  tbr  sudi  members 
who  will  undertake  to  sit  one  hour  perfectly  silent 
and  in  religious  contemplation. 

••  Tliat  ladies  shall  not  be  admitted  excei)t  above 
59  years  of  age,  or  veiled. 

•'  Thàt,  to  avoid  any  possibility  of  quiet  eujoynient 
— which  seems  to  be  the  avowed  aim  of  the  Witt- 
ington  Club — Mr.  Yapp  will  read,  twelve  minute» 
every  hour,  alta  voce  et  cum  deci  amai  ione,  a  parlia- 
mentary  speecli  from   Mr.    Plumptree  or  Sir   Robert 


sia  permesso  di  bere  vino  di  Xeres,  di  Porto,  birra  grassa, 
o  altri  litiaidi  che  non  siano  ac<iiia  e  birra  da  tavola 
(soltanto  quella  di  Sevan);  —  che  ogni  qualvolta  i  soci 
siano  muniti  di  certificato  medico,  sarà  loro  permesso  un 
bicchiere  di  vino  ferruginoso. 

«  Che  il  fumare  sia  severamente  proibito,  e  che  la  stanza 
da  fumo  sia  cliinsa  per  tutti,  ad  eccezione  di  quei  soci 
che  si  impegnino  a  rimaner  seduti  per  un'ora,  perfetta- 
mente silenziosi  e  in  contemplazione  religiosa. 

«  Che  le  Signore  non  siano  ammesse,  se  non  abbiano 
superato  i  59  anni,  o  se  non  siano  velate. 

«  Che,  per  evitare  ogni  possibilità  di  quieto  godimento, 
il  die  sembra  sia  lo  scopo  prefisso  del  Whittington  Club, 
il  Signor  Yapp  leggerà  per  dodici  minuti  ogni  ora,  ad  alta 
voce  e  con  enfasi,  un  discorso  parlamentare  di  Mr.  Plunip- 


12  EPISTOLARIO.  [1848] 

Inglis,  or  a  cliapter  from  the  second  volume  of  Tan- 
cred  by  D'Israeli. 

And  so  fortli. 

I  send  tlie  cordon,  and  am 

e  ver  yoiirs 

Jos.  Mazzini. 


tree  o  di  Sir  Robert  Inglis,  oppure  un  capitolo  del  secondo 
volume  del   Tancredi  di   D'Israeli. 

E  cosi  via  discorrendo. 

Mando  il  cordone^  e  sono 

sempre  vostro 

Gius.  Mazzini. 

MMCCJCL. 

A   PiKTiiO  Gtannonk,  a  Parigi. 

[Londra],   26  [febbraio  1848]. 

Caro  FietrOj 

Bisogna  che  tu  mi  faccia  il  i)iacere  di  mandar 
l' unito  biglietto  a  Paolini  :  mandalo,  comunque  ti 
paia,  perché  ora  non  posso  spiegarti  l' aliare  del 
danaro:  ma  è  necessario  ch'io  scriva  a  quel  modo. 
Aspetto  ansioso  le  nuove  di  lunedi  per  vedere  che 
cosa  decidono  in  Francia,  e  che  cosa  devo  decidere 
io.   Ho  scritto  or  ora  a  Lamennais  in  proposito  ;  ho 

MMCCCIi.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella  rac- 
colta Nathau.  Sulla  busta  clie  la  contiene  sta  l'indirizzo: 
«  Mons.  Pierre  Giannone,  25,  Rue  de  1'  Eclnse,  aux  Batignolies, 
Paris,  Trance.  »  La  data  si  ricava  dal  timbro  postale,  che  è: 
JS.  FÉ -26  1848. 


[1848]  KrisTOLAKio.  13 

scritto  in  Sicilia  ed  altrove;  e  non  mi  reggono  più 
né  gli  occhi,  né  le  dita  a  tener  la  penna.  Se  non  rico- 
minciano il  circolo  monarchico,  sarò  tra  voi  subito  ; 
se  Io  ricominciano,  nn  po'  più  tardi.  Ma  a  ogni  modo, 
se  ha  mai  importato  raccoglier  soldi  per  V  impresa 
Lombarda,  è  ora  più  che  mai.  Confesso,  che  vorrei 
s' incassasse  l' offerta  di  Paolini  :  sono  convinto  eh'  egli 
non  dubitava  dell'incasso.  Ho  ricevuto  tempo  fa  la 
tua:  ma,  ti  ripeto,  non  posso  ora  scriverti.  Lo  farò 
presto.  Intanto,  pensa  ed  oi)era.  Ed  ama  il 

tuo 
Giuseppe. 

MMCCCLJ. 

ALLA  Maduk,  a  Genova, 

[Londra],  28  febbraio  1848. 

Mia  cara  madre. 

Prima  di  chiudere  questa  lettera,  saprò  se  la 
Francia  è  repubblicana  o  monarchica.  Scrivo  in  dome- 
nica, perché  avrò  tanto  da  fare  domani  che  non  potrò 
se  non  mettere  un  postscriptum.  E  metterò  il  post- 
scriptum, non  per  darvi  la  nuova,  dacché  voi  l'avrete 
prima  che  vi  giunga  questa  ;  ma  perché  avrò  da  indi- 
carvi qualche  cosa  sul  conto  mio.  —  Avrei  oggi  la 
notizia  decisiva,  se  in  questo  paese  la  domenica  non 
sospendesse  poste,  giornali  e  ogni  cosa.  Intanto,  e 
comunque  decidano,  rallegriamoci  ed  ammiriamo.  Una 
rivoluzione  come  questa,  compiuta  con  100.000  uomini 
di  truppa  in  Parigi,  coi  forts  détachés,  con  Guizot  e 

MMCCCLI.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella  rac- 
colta Nathan.  Non  ha  indirizzo. 


14  Kl'IvSTOI.AKU».  [1848] 

Luigi  Filippo  alla  testa  del  Governo,  è  un  prodigio: 
prodigio  di  i)opolo.  di  classi  operaie,  cbe  decide  le 
tendenze  e  i  fati  dell'epoca.  Quand'io  vi  diceva  che 
nell'anno  si  preparavano  grandi  avvenimenti,  io  aveva 
il  presentimento.  Se  il  vostro  popolo  fosse  cólto  com'  è 
il  popolo  di  Parigi,  avremmo  dato  noi  l' impulso  deci- 
sivo all'Europa:  nondimeno,  anche  l'Italia  ha  giovato; 
e  pochi  giorni  prima  dell'insurrezione,  il  National 
dava  l'esempio  di  Palermo  per  provare  che  le  fortezze 
e  le  truppe  non  servono  a  nulla  quando  un  popolo 
vuole.  Vedremo  ora  gli  effetti.  Ma  vivete  sicura  che 
il  momento  decisivo  Europeo  è  giunto.  Una  guerra 
Europea  universale  si  prepara,  che  avrà  da  un  lato 
1  popoli,  dall'altra  i  re  assoluti  e  forse  i  non-assoluti. 
E  da  questa  guerra  finale,  decisiva,  escirà,  a  Dio 
piacendo,  uno  stato  di  cose  fondato  sulla  Verità  e 
non  sulla  Menzogna.  E  ne  uscirà,  spero,  anche  l'Unità 
delP  Italia.  Qui,  le  cose  di  Francia  hanno  eccitato  entu- 
siasmo nel  popolo.  E  l'altra  sera,  essendosi  sparso 
remore  che  Luigi  Filippo  era  giunto  in  un  Hotel,  si 
radunò  gente  e  cominciò  a  fischiare.  Domani  sera, 
v'è  riunione  i)ubblica  per  eleggere  una  Deputazione 
da  mandarsi  a  Parigi  a  complimentare  il  poi>olo  a 
nome  degli  abitanti  di   Londra.  (*) 


(')  Un  «  indirizzo  al  popolo  di  Parigi,  adottato  dal  Oo- 
jìùtato  esecutivo  dell'Associazione  i)er  la  Carta  Nazionale  dei 
Democratici  Fraterni,  »  fu  approvato  appunto  in  Londra  la  sera 
del  28  febbraie  1848.  L'Alba,  alla  quale  fu  inviato  da  Julian  Star- 
ner,  lo  pubblicò  nel  u.  del  22  marzo  1848,  con  1'  avvertenza  che 
si  mandava  di  preferenza  a  quel  periodico,  perché  esso  era  stato 
il  primo  «  ad  alzar  la  voce,  pubblicamente  pei  diritti  dei  *moì 
connazionali,  e  perché  seguitasse  nella  nobile  lotta  intrapresa.  » 
Ved.  pure  la  Patria  del  12  marzo  1848,  in  cui  fu  data  la  tradu- 
zione di  un  «  indirizzo  del  popolo  inglese  al  popolo  di  Parigi  » 
«  quella  della  «  risposta  dei  francesi  dimoranti  a  Londra.  » 


[1><48]  KIMSTOI.AHU».  15 

Ho,  ben  inteso,  ricevuto  la  vostra  del  IG;  e  un 
giorno  doi>o,  quella  di  N[apoleone]  alla  quale  lio  già 
risposto,  scrivendo  a  Filippo.  Xon  ho  mai  ricevuto 
finora  quei  certi  ./V)H/a)7?.<}:  ma  suppongo  finiranno  per 
venire.  Sta  bene  del  (lenovese  raccomandato;  ma 
quand'anche  io  rimanessi  lungo  tempo  qui,  ciò  di  che 
dubito,  potrei,  temo,  in  (quella  sfera  far  poco  iwr  lui. 
Ciò  non  di  meno,  lo  accoglierò  bene.  Comincio  a  star 
meglio  del  dolor  di  denti;  ma  m'ha  noiato  per  tutti 
questi  giorni,  complicato  con  dolori  nervosi  che 
ra'occui)avano  metà  della  testa.  Credo  fosse  un  reuma 
còlto  in  quest'  umidaccio  perenne.  Mi  duole  che 
l'insurrezione  di  Parigi  non  abbia  avuto  luogo  un 
po'  prima;  avrebbe  dato  miglior  esempio  a  Napoli, 
dov'è  una  vera  vergogna  che  quell'infamissimo  re  sia 
salutato  Principe  Kiformatore.  Del  resto.  Dio  volesse 
che  i  rrincii)i  Eiformatori  tradissero  tutti,  come  il 
padre  teme  di  quel  di  Napoli!  ('redo,  tutto  ben  pen- 
sato, che  porrò  qui  dentro  alcune  linee  che  darete 
all'aiìiico  poeta:  non  le  fate  vedere  ad  altri;  e  tutto 
an<lrà  bene.  Potrei  mandarle  direttamente,  ma  non 
ho  ora  ragione  di  scrivere,  e  non  mi  pare  che  il 
mandarle  a  Ini,  senz'accennare  cosa  alcuna  sul  mezzo, 
possa  produrre  inconveniente  alcuno.  Addio,  madre 
mia;  aggiungerò  domattina  il  post-seriptum. 

Lunedi. 

P.  S.  —  Come  a  quest'ora  sapete,  il  voto  di  Pa- 
rigi è  per  una  Repubblica:  un'Assemblea  Costituente 
eletta  sulla  base  del  Suffragio  Universale,  deciderà 
se  il  voto  della  Francia  è  conforme.  Tutte  le  proba- 
bilità stanno  perché  la  Kepubblica  sia  proclamata. 
Qualunque  cosa  sentiate,  continuate  a  scrivere  al 
solito.  Dico  questo,  perdi' è   probabile  ch'io   debba 


16  KPISTOLAHIO.  [1848] 

fare  una  corsa  a  Parigi;  ma  non  sarà  che  ])cr  tre 
o  quattro  giorni;  e  tornerò  qui.  V^ivete  tranquilli  sul 
conto  mio.  Dite  a  XfapoleoneJ  e  a  Filippo  clie  fra 
tre  giorni  manderò  da  qui  o  da  dove  sarò  il  mani- 
festo del  Giornale  cbiestoini.  (^)  Qui.  questa  sera  vi  sono 
due  o  tre  riunioni  pubbliche  inglesi  per  solennizzare 
gli  avvenimenti,  ed  esprimere  simpatia.  Addio  di 
nuovo,  madre  mia.  Abbracciate  il  padre,  e  credete 
sempre  all'amore  del 

vostro 

(tIUSEPPE. 

MMCCCLIl. 

A  Giuseppe  IìAMBekti,  a  Parigi. 

[Londra],   28  [febbraio  1^48]. 

Caro  amico, 

Parto  domani  sera,  martedì,  per  Boulogne.  Sarei 
venuto  un  po'  più  tardi,  per  non  tornar  più  qui;  e 
con  questa  furia,  mi  bisognerà  inevitabilmente  tor- 
nare in  una  settimana  qui,  non  foss' altro  che  pochi 
giorni.  Lascio  cose  di  danaro  e  cose  nostre  iniziate,  che 
mi  bisogna  finire.  Non  perdete  il  sangfroid:  bisogna  che 
la  Repubblica  sia  sancita  dalla  Costituente.  E  nell'in- 
tervallo, qualunque  preparativo  visibile  di  proi)aganda 
danneggierà  nell'opinione  del  pacifico  juste  milieu. 

MMCCCLIl.  —  Piibbl.  da  D.  Giukiati,  Duecento  lettere,  tee, 
cìt.,  p,  286.  Qui  si  riscontra  sull'autografo,  posseduto  dal 
dr.  Daniele  Vare.  Non  ha  indirizzo.  La  data  si  ricava  dal 
Protocollo  della  Giovine  Italia,  in  cui  è  avvertito  che  la  lett. 
giunse  con  la  «  posta.  » 

(1)  Certamente,  il  programma  del  giornale  da  intitolare  l'Av- 
venire, che  F.  Bettini,  uscendo  dalla  Lega  Italiana,  della  quale 
non  approvava  tutte  le  direttive,  aveva  in  animo  di  fondare 
(ved.  le  note  alle  lett.  MMCCCXL  e  MMCCCXLVI). 


[1848]  KPISTOI-AKIO,  17 

Manda   subito,  ti    prego,  l'acchiusa   a  Marsiglia 
per  quei  di  Genova,  raccomandando  sollecitudine. 
Addio:   ama  il 

tuo 

Giuseppe. 

MMCCCLIII. 

TO  Emilie  Hawkes,  London. 

[London],   Monday  [February,  28*''   1848]. 

Will  you  ask,  dear  Emilie,  Frank  Dillon  for  bis 
passport?  Tliat  is,  will  you  ask  him  to  bave  it  signed, 
at  the  French  Embassy,  for  Paris,  immediately  ?  I  am 
sure  he  cannot  bave  any  objection.  If  Boulogne  was 
Paris,  I  could  go  without  any  passport.  But  luy 
celebrity  not  having  yet  conquered  the  dull  obstinacy 
of  the  Boulogne's  people,  it  is  better,  to  avoid 
botherings,  that  I  bave  one.  It  sball  be  given  back 
in  one  week. 


Lunedì. 
Cara  Emilia, 

Volete  chiedere  a  Frank  Dillon  il  suo  passaporto? 
Ossia,  volete  chiedergli  di  farselo  immediatamente  vistare 
per  Parigi,  all'Ambasciata  Francese?  Sono  certo  che  non 
potrà  aver  nulla  in  contrario.  Se  Boulogne  fosse  Parigi, 
potrei  andare  senza  passaporto.  Ma  siccome  la  mia  cele- 
brità non  ha  ancora  vinto  la  stupida  ostinatezza  della 
gente  di  Boulogne,  è  meglio,  per  evitare  seccature,  che 
io  ne  .ibbia  uno.  Sarà  restituito  fra  una  settimana. 

MMCCCLIII.  —  PubbL  da  E.  F.  Richards,  op.  cit.,  p.  73. 
La  data  si  ricava  dal  timbro  postale. 

i 

Mazzini,  Scritti,  ecc.,  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  2 


18  EPISTOLARIO.  [1848) 

I  tliiuk  tliat  I  will  bave  to  go  if  possible,  to-morrow 
night.  I  will  see  you  to-morrow  evening".  If  Dilloii 
urges  tlie  Embassy  to  sigli  it,  it  will  be  signed  to- 
morrow.  As  for  the  rest,  any  passport  will  be  eqnally 
good  for  me;  only  if  it  is  sigiied  for  Boiilogne. 

AH  tliis  is  the  coiisequence  of  another  letter  receiv- 

ed  just  now  from  Paris. 

E  ver  yours, 

Joseph. 

Credo  che  dovrò  partire,  se  mi  è  possibile,  domani 
notte.  Vi  vedrò  domani  sera.  Se  Dillon/rtjjrcHMu-e  all'Amba- 
sciata per  avere  il  vieto,  il  passaporto  potrà  esser  pronto 
per  domani.  In  quanto  al  resto,  qualunque  passaporto  sarà 
egualmente  buono  per  me  ;  basta  che  abbia  il  visto  per 
Boulogne. 

Tutto  questo  è  la  conseguenza  di  un'altra  lettera  che 

ho  ricevuto  or  ora  da  Parigi.  ., 

°  bempre  vostro 

GlUSKPPE. 

MMCCCLIV. 
TO  Emilie  Hawkes,  London. 

[Loiulou],   Tiiedsa.v  [February.   29*''   1818]. 

Dear  Emilie, 

For  the — not  even  wish — but  mere  liypotiiesis 
that  you,  Caroline  and   Mme   Nathan    chose   to   be 

Miirtedt. 
Cara  Emilia, 

Non  per  desiderio  mio  —  ma  nella  semplice  ipotesi 
che  voi,  Carolina  e  la  Signora  Nathan  desideraste  lavo- 

MMCCCLIV.  —  Inedita.  L'autografo,  del  quale  Mrs.  Ki- 
chards  inviò  una  copia  alla  E.  Commissione,  si  conserva  presso 
gli  eredi   Ashurst.  La    data  si    ricava  dal  contesto    della  lett. 


[1848]  Kl'ISTUI.AKU).  19 

active  in  oiii-  Xational  Fmid's  aftairs,  1  put  into  your 

liauds  some  Circulars  and  some  signed  receipts.  Should 

you  dispose  of  any.  mark  down,  not  only  the  cypher 

of  the  donation,  the  name  of  tlie    donor,    etc,    but 

the  number  of  the  receipt.  I  am  leaving-.  God  bless 

you.  and  think  of 

your 

Jos.  Mazzini. 

rare  per  il  nostro  Fondo  Nazionale,  vi  mando  alcune 
Circolari  e  ricevute  Armate.  Nel  caso  ne  rieuìpiste  qual- 
cuna, indicate  non  solamente  la  cifra  dell'oblazione,  il 
nome  del  donatore  ecc.,  ma  anche  il  numero  della  rice- 
vuta. Iddio  vi  benedica.  Pensate  al 

vostro 

Gius.  Mazzini. 

MMOCCLV. 

TO  Emii.ik  Hawkks,  London. 

[Loiubm],  Monday   [March,   l'^f    1848]. 

Dear  Emilie, 

I  send  back  the  umbrella,  CI.  Sand,  and  Mieios- 
lawski.  C)  I  am  going-.  You  will  hear  from  me  soon. 

Lunedi. 
Cara  Emilia, 

Vi  rimando  l'ombrello,  G.  Sand  e  Mieroslawski.  Parto. 
Avrete  presto  mie  notizie.  Abbiatevi  cura:  per  mezzodì 

MMCCCLV.  —  Inedita.  L'autografo,  del  (inaJe  una  copia 
fu  comunicata  alia  R.  Commissione  da  Mrs.  Ricliards,  si  con- 
serva presso  gli  eredi  Asliurst.  L»  data  si  ricava  dalla  lett. 
seguente.  Forse,  invece  di  Monday,  si  doveva  leggere  IVednesda}/. 

(')  Una  delle  opere  che  L.  Mieroslawski,  allora  detenuto 
in  Polonia  per  la  parte  presa  nel  moto  rivoluzionario  del  Gran- 


20  Ki'isroLAHio.  [1848] 

Take  care  of  your  bealtb  :  let  me  know,  either  tbrongb 
L[amberti]  or  tbrougb  tbe  otber  address,  sonietbing 
of  you;  reraeinber  me  to  Syd[ney]  and  believe  me 
ever  and  ever 

yours 
Joseph. 

Lfamberti]  o  dell'altro  indirizzo  fatemi  saper  qualcosa 
di  voi  :  ricor<lateiin  a  Syd[ney]  e  credetemi  sempre 

vostro 
Giuseppe. 

MMCCCLVI. 

TO  Eaiii.ie  Hawkes,  London. 

[Paris],  Thnrsday, 

y  o'clock  in  the  morning  [Marcii,  2"*'  1848]. 

Dear  Emilie, 

Here  I  ani,  at  last,  after  a  traversée  of  tbree 
liours,  uearly  dangerons,  in  whicb  I  bave,  at  least 
oue  bundred  times,  been  completely  sbowered  by  the 
waves:  tbey  were  regularly  wasbing  tbe  deck  from 

Giovedì  mattina,  alle  9. 
Cara  Emilia, 

Eccomi  qua,  alla  fine,  dopo  una  traversata  di  tre  ore, 
quasi  pericolosa,  durante  la  quale  sono  stato  addirittura 
ricoperto,  almeno  un  centinaio  di  volte,  dalle  onde  che 
spazzavano  letteralmente  il  ponte  da  una  parte  all'altra. 

ducato  di  Posen,  e  da  più  anni  in  relazione  col  Mazzini 
(ved.  la  nota  alla  lett.  MCMLXXX),  aveva  pubbl.  durante  il 
suo  primo  esilio;  principale  fra  esse,  la  Hiatoire  de  la  revo- 
lution de  Pologne  (Paris,  1836-1837,  in  3  voli.). 

MMCCCLVI.— Pubbl.  da  E.  F.  Richards,  op.  cit.,  pp. 74-76-. 


[1848]  KWSTOLAHIO.  21 

one  side  to  auotlier,  I  kept  my  place  to  tbe  last  oii 
deck,  kuowing  tliat  if  I  bad  gone  down,  I  would 
bave  beeu  prosale.  But  it  was  a  battJe.  Tbe  wind 
was  furiously  laging:;  tbe  water  from  botb  sea  and 
heaven  streaming  down  ali  my  body.  If  I  bad  been 
balf  an  bour  more,  I  tbink  I  woiild  not  bave  been 
able  to  detacb  myself,  frozen  as  I  was,  from  tbe  rope 
wbicb  I  bad  entwined  myself  to.  Mr  Ooliett  was  sick 
ali  tbe  time.  Linton,  after  baving  struggled  on  deck 
during  balf  tbe  traversée,  went  down  to  tbe  cabin; 
a  true  relief  to  me.  (^)  We  arrived  late  at  Boulogne; 
and  were  obliged  to  lose  tbe  nigbt  tbere.  We  left 
to-day  for  Paris,  and  arrived  bere  only  balf  an  bour 
ago:  at  midnigbt.  I  am  well,  and    witb   very   little 


Sono  rimasto  fino  all'  ultimo  sopra  coperta,  sapendo  che, 
se  fossi  sceso,  sarei  stato  prosaico.  Ma  è  stata  una  vera 
battaglia.  Il  vento  soffiava  furioso:  l'acqua,  tanto  dal 
mare  quanto  dal  cielo,  mi  scorreva  lungo  tutto  il  corpo. 
Se  fossi  rimasto  una  mezz'ora  di  più,  credo  che  non  sarei 
stato  capace  di  staccarmi,  gelato  com'ero,  dalla  corda  alla 
quale  mi  ero  avviticchiato.  Il  Signor  Collett  ha  avuto  per 
tutto  il  tempo  il  mal  di  mare.  Linton,  dopo  esser  stato  sopra 
coperta  a  lottare  durante  metà  della  traversata,  è  sceso 
in  cabina  (un  vero  sollievo  per  me).  Arrivammo  tardi  a 
Boulogne  ;  e  fummo  costretti  a  rimanervi  la  notte.  Siamo 
partiti  oggi  per  Parigi,  arrivando  soltanto  una  mezz'ora 
fa:  a  mezzanotte.  Io  sto  bene;  ho  appena  un  po' di  mal 


(*)  Il  partito  cartista  aveva  inviato  a  Parigi  J.  W..  Linton 
e  J.  Dobson  Collett,  segretario  della  Association  for  ihe  Abo- 
litioH  of  Taxes  on  Knowledge,  per  presentare  al  Governo  Prov- 
visorio quell'indirizzo  cit.  in  nota  alla  lett.  MMCCCLI.  Ved. 
.1.  W.  Mario,  The  Birth  of  Modem  Italy,  ecc.,  cit.,  p.  145. 


22  KPISTOLAHIO.  [1848] 

tooth-ache  or  neiiralgia,  owiiig-,  no  doubt,  to  the  (uire 
at  Muswell  Hill.  The  wiiid  is  ragiiig  liere  too,  aud  it 
raius.  The  town  was  at  uiiduight  at  pei'feet  rest: 
heaps  of  stoues  to  be  seen  here  and  there:  and  a 
few  patrols  of  the  National  Onard,  half  in  iiniform, 
half  in  blouse.  l  will  see  frieiids,  acquaintance  aud 
town  to-morrow.  Meanx^'hile,  1  have  an  Odysseia  of 
little  annoyances,  from  Collett's  continnous  singinft- 
to  Lintoii's  intiictiug  npoii  me  a  common  two-bedded 
room.  I  felt  gioomy  and  low-spirited  iill  the  day; 
but  1  will  emancipate  myself  to-morrow.  l  am  at 
your  Hotel,  of  conrse. 

The  Provisionai  Government  seems  to  work  very 
actively.  You  will  know  by  this  time  that  ali  distinc- 
tions  and  titles  of  nobility  have  been  abolished.  (*) 

di  denti  e  di  nevralgia,  e  lo  devo,  senza  dubbio,  alla  cura 
di  Muswell  Hill.  Il  vento  infuria  anche  qui,  e  piove.  La 
città,  a  mezzanotte,  era  in  perfetto  riposo;  si  potevano 
vedere  qua  e  là  dei  mucchi  di  pietre  ed  alcune  pattuglie 
della  Guardia  Nazionale,  metà  in  uniforuìe  e  metà  in 
blouse.  Domani  vedrò  gli  amici,  i  conoscenti  e  la  città. 
Intanto,  lio  un'Odissea  di  piccole  seccature,  cominciando 
da  Coliett,  che  non  fa  altro  che  cantare,  e  terminando  a 
Linton,chemi  lia  inflitto  una  stanza  con  due  letti  in  comune. 
Mi  son  sentito  tutto  il  giorno  triste  ed  ahbattuto  ;  ma  domani 
mi  emanciperò.  Sono  al  vostro  albergo,  naturalmente. 

Pare  che  il  Governo  Provvisorio  lavori  con  grande  ala- 
crità. A  (jucst'ora  avrete  saputo  che  tutte   le  distinzioni 

(')  Con  decreto  del  29  febbraio  1848  del  Governo  Prov- 
visorio di  Francia  era  pi-escritto:  «  Tous  les  anciens  titres  de 
noblesse  sout  abolis;  les  qnalitìeatious  (]ni  s'y  rattachent  sont 
interdites;  elles  ne  penvent  ètre  prises  pnbliqueiueiit  ni  <igu- 
"rerdansnn  acte  public  quelconque.  »  Ved.  il  Moniteitr  Unirersel, 
Journal  Officiel  de  la  République  Fran^aise,  del    1°  marzo  1848. 


[1848]  Kl'lSTOI.AIMO.  23 

No  Olle  kiiows  anythilij;"  ubout  Louis  Pliilippe  iiud 
Guizot.  (') 

This  imiisiially  long  journey  will  peibaps  cause 
me  to  stop  Olle  or  two  days  more  tliaii  1  waiited. 
Besiiles,  I  must,  it'  1  eaii,  come  back  aloue,  and  leave 
ihem  to  go  before. 

I  will  write  agaiu  as  soou  as  I  will  bave    beeu 

able  to  «atlier  sometliiug-  about  tlie  real  state  of  the 

aftairs.  Be  my  iuterpreter  witli  ali.  Take  care  of  your 

lieaitli:  and  bid  Caroline  to  do  the  sanie.  I  go  to  bed, 

and  will  post  this  to  niorrow,  Thursday. 

Ora  e  sempre,  ,^ 

'      '  Yours 

Jos.  Mazzini. 

Through  an  improvised  suggestion  of  my  friends 
here,  J  fìnd  thattlie  "National"  has  already  nnnonnced 


e  tutti  1   titoli  nobiliari    sono    stati    aboliti.    Nessuno   ha 
notizie  di   Luigi  Filippo  e  di  Guizot. 

Questo  viaggio  insolitamente  lungo  mi  costringerà 
forse  a  fermarmi  uno  o  due  giorni  più  di  quello  clie  volevo. 
Inoltre,  bisogna  che  io  ritorni  solo,  se  mi  è  possibile,  e 
li  lasci  andar  avanti. 

Vi  scriverò  di  nuovo,  non  appena  avrò  potuto  raccogliere 
qualche  notizia  sul  vero  stato  delle  cose.  Siate  la  mia 
interprete  con  tutti.  Abbiate  cura  della  vostra  salute  e 
dite  a  Carolina  di  far  lo  stesso.  Ora  vado  a  letto:  impo- 
sterò questa  mia  domani,  giovedì. 

Ora  e  sempre  vostro 

Gius.  Mazzini. 

Da  una  indicazione  impreveduta  dei  mei  amici  di  qua, 
m'accorgo  che  il  National  ha  già  annunziato  che  la  «  Lega 

(')  Erano  riparati  in  lughilterra. 


24  EPISTOLARIO.  [1848] 

that  the  "  People's  luternational  League  "  has  taken 
the  iuitiative  of  sympathy  with  the  Freuch  movemeut, 
and  is  preparing  to  seud  delegates  with  an  Address  : 
teli  Sydney  and  James  to  inake  haste,  and  send  an 
Address,  appointing  me  as  delegate;  (*)  Linton  will 
be  liere  till  Sunday. 

G.  Sand  is  here  :  Laraennais  publishes  a  Journal 
Le  Peuple  Constituant,  Michelet,  Béranger,  etc,  being 

contributors.  (*) 

Ever  yours, 
Joseph. 


Internazionale  dei  Popoli  »  ha  preso  l'iniziativa  di  mo- 
strare la  sua  simpatia  col  movimento  francese  e  si  pre- 
para a  mandar  delegati  con  un  proclama:  dite  a  Sydney 
e  a  James  di  sbrigarsi  e  di  mandare  un  proclama,  nomi- 
nando me  come  delegato;  Linton  sarà  qui  fino  a  domenica. 
Qui  v'è  G.  Sand:  Lamennais  pubblica  un  giornale:  Le 
Feuple    Constituant.    con    Miclielet,  Béranger,    ecc.    come 

collaboratori. 

Sempre  vostro 
Giuseppe. 

(1)  La  Fafria  (ii.  del  12  marzo  1848),  ricavando  appunto  la 
notizia  dal  National,  scriveva  in  proposito:  «  La  Lega  Internazio- 
nale dei  Popoli,  costituita  a  Londra,  e  fondata  per  difendere  le 
rispettive  nazionalità  ed  il  diritto  dei  popoli  a  governarsi  da  sé 
e  d' affratellarsi  fra  loro,  ha  fatto  rimettere  al  Governo  Prov- 
visorio a  Parigi  un  indirizzo  per  mezzo  dei  sigg.  Linton  e  G.  Maz- 
zini, segretario  e  membro  del  Comitato  d'associazione.  » 

(2)  Le  Peuple  Constituant,  Journal  quotidien,  venuto  a  luce 
il  27  febbraio,  si  spense,  quasi  violentemente,  per  le  molte 
persecuzioni  che  ebbe  a  patire,  1'  11  luglio  1848.  Oltre  dal  La- 
mennais, era  redatto  da  P.  Dnprat,  A.  Barbet,  G.  Ferrari, 
J.  Duprat,  dir.  Ostrowski,  Fu  uno  dei  più  battaglieri  perio- 
dici che  si  stamparono  in  quei  primi  turbinosi  mesi  di  vita 
repubblicana;  i   primi  numeri  furono  affissi  sui  muri  di  Parigi. 


[1848]  EiM.sTC)i.AKi().  25 

MMCOCLVII. 

ALI, A    Madrk,  a   Genova. 

[Parigi],  5  luar/o  1848. 
'Cara  madre, 

Rispondo  da  Parigi  alla  vostra  del  24  giuntami 
qui  da  Londra.  Risponderò  breve,  perché  non  Lo 
quasi  un  solo  momento  libero.  Sono  a  Parigi  da  tre 
o  quattro  giorni,  e  voi  dovete  intendere  che  tra 
gl'Italiani  e  i  Francesi  è  un  affar  serio.  Come  vi 
dissi  nell'altra  mia,  voi  dovete  continuare  a  scrivere 
a  Londra  al  solito,  perché  la  settimana  ventura  io 
vi  sarò  di  nuovo.  Vero  è  che  non  vi  starò  per  lungo 
tempo,  ma  v'avvertirò.  Non  vi  dirò  nulla  qui  di 
Parigi,  perché  vi  sarebbe  troppo  da  dire.  Ieri,  sab- 
bato,  ebbe  luogo  hi  grande  i)rocessione  per  portare 
le  ceneri  dei  morti  nella  Rivoluzione  alla  Ba stille. 
La  processione  era  formata  di  un  80,000  individui.  (') 

MMCCCLVIl.  —  luedita.  L' autografo  si  conserva  nella  rac- 
colta Narhan.  Non  lia  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre  del 
Mazzini  annotò:   «  1848,  5  marzo.  » 

(*)  La  funzione  aveva  avuto  luogo  nella  chiesa  della  Madda- 
lena. In  una  corrispondenza  da  Parigi  all'Alba  del  14  marzo  1848 
era  cosi  descritta  :  «  I  membri  del  Governo  Provvisorio,  seguiti 
dai  meml)ri  della  Municipalità  e  di  diverse  Deputazioni,  e  dalle 
famiglie  delle  vittime  della  patria  hanno  preso  posto  vicino  al 
catafalco,  ai  cui  lati  legge  vasi  :  —  Morti  per  la  patria.  —  I  gradini 
del  tempio  al  di  fuori  erano  occupati  dai  coristi  dei  due  sessi, 
che  all'entrare  del  Governo  Provvisorio  hanno  intonato  la  Mar- 
nigliene. L'  orchestra  ha  poscia  eseguita  una  marcia  funebre  di 
Cherubini  :  quindi  i  cori  hanno  cantato  il  giuramento  del  Guglielmo 
Teli,  un  pezzo  della  creazione  di  Haydn,  e  la  preghiera  del  Mosi*. 
Tutta  la  chiesa,   la  piazza  e  le  vie  che  la  circondavano  erano 


2tì  Kl'lSTOKAIMO.  [1848] 

Il  [ìopolo  è  aiMiiiinibile:  la  classe  media  un  i)o' stu- 
pita (lai  cangiamento  improvviso;  ma  convincendosi 
a  poco  a  poco  che  la  Repubblica  può  stare  l)enissimo 
insieme  coU'ordine.  11  Governo  provvisorio  ammira- 
bile di  buona  volontà,  e  d'  attività.  Qua  e  là  ancora 
alcune  esitazioni,  alcuni  errori;  ma  l' insieme  è  buono,  e 
promette  durata.  Qualunque  sia  l'intenzione  delle 
potenze  del  Xord,  la  Kepubblica  non  cadrà  i)iu.  Tua 
guerra  europea  è  probabile  :  ma  sarà  corta  e  deci- 
siva a  favore  dei  i)opoli.  La  Francia  è  non  solamente 
pronta  a  sostenei-la.  ma  desiderosa  clie  abbia  luogo 
e  si  sciolgano  tutte  le  questioni.  Neuchàtel  nella  Sviz- 
zera lia  già  seguito  l'esempio  e  operato  il  suo  moto 
insurrezionale  che  staccherà  quel  Cantone  dalla  Piussia 
e  lo  darà  interamente  alla  Contederazione  Svizzera.  (^) 
\'enendo  a  noi,  è  strano  che  io  non  abbia  mai  Ncduto 
una  sola  copia  della  lettera  di  (ìuerrazzi  a  me.  che 
voi  tutti  leggete.  Ditemene  qualche  cosa,  s'è   corta 

l)i<'iie  di  popolo,  o  tutte  paiate  con  drappi  tricolori,  sui  ijiiali 
ad  intervalli  lej^jfcvasi  :  llinpetto  ai  Mani  delle  riltiiue  dei  23  <ì 
24J'ehhvaio.  Terminata  la  mesta  cerimonia,  il  corteggio,  preceduto 
e  seguito  dalla  Guardia  Nazionale,  colla  banda,  e  da  reggimenti 
di  cavalleria  e  di  linea,  si  è  diretto  alla  colonna  del  LiiyUo, 
facendo  ala  ai  corpi  delle  vittime,  disposti  su  gran  carri,  circon- 
dati dal  clero  della  Maddalena,  e  dai  membri  e  Ministri  del 
Governo  della  liepnl)blica.  Giunti  alla  Colonna,  il  generale 
8ubervic,  Ministro  della  Guerra,  era  là  per  riceverli.  Erano 
le  4  pom.  quando  il  clero  è  disceso  nel  sotterraneo  della  Co- 
lonna per  deporvi  i  cadaveri.  Tutte  le  truppe  al  loro  passaggio 
presentarono  le  armi.  Dnpont  de  l'Eure,  Garnier-Pagès  e  Marie 
hanno  detto  calde  e  generose  purole  in  onore  della  vittime  del 
luglio  e  del  febbraio.  11  popolo  ha  accolto  i  loro  discorsi  al  grido 
unanime  di    Vira  la  Repubblica!  » 

(')  Non  ostante  l'energico  contegno  del  Governo  federale 
svizzero  durante  la  lotta  del  Souderbund  (ved.  la  nota  alla 
lett.  MMCCLXXXI),  Neuchàtel  ora  continuato  a  rimanere  nella 


[1848]  KiMsroi.AKio.  27 

<)  Innpi.  dove  e  (luaiido  è  sraiiii)ata.  (*)  Quanto  all'Anmi- 
stia,  il  27  è  passato,  e  non  s'è  veduta.  Del  resto, 
non  ne  abbiate  premiu-a;  in  un  modo  o  nell'altro, 
non  credo  stare  lungo  teinj)©  senza  rientrare  in  Italia. 
Mi  duole  assai  della  malintesa  fra  voi  e  Carolina: 
qualunque  possa  essere  la  sua  precipitazione  di  carat- 
tere, essa  dev'  esser  buona  di  fondo  ed  è  stata  buona 
assai  con  noi.  Basta:  spero  die  qualche  incidente 
porterà  riavvicinamento  fra  voi.  Se  Carlo  Alberto 
avesse  ombra  di  core,  è  questo  il  momento  per  lui. 
E  bisognerebbe  die  il  popolo  gli  parlasse  un  lin- 
guaggio franco:  il  nemico  comune  è  in  Lombardia. 
Inizii  egli  la  crociata  contro  all'Austriaco  :  è  ancora 
in  tempo.  Che  s' ei  noi  fa  e  segue  a  tentennare,  io 
gli  predico,  che,  malgrado  il  suo  esercito,  egli  farà 
la  fine  di  Luigi  Filippo.  E  badate  die  le  mie  pre- 
dizioni, se  pur  qualcbeduno  li  a  cura  di  tenerne  nota, 
s'avverano  tutte,  lentamente,  ma  infallibilmente.  — 
Il  tempo  in  Parigi  è  cattivo:  i)iove;  e  si  passeggia  nel 
fango.  Sto  bene  di  salute.  Scrivo  con  indiiostro  bianco, 
e  me  ne  duole  per  voi.  Ma  non  ne  ho  altro.  Addio, 
inailre  mia,  abbracciate  il  padre  ed  amate  il 

vostro 
Giuseppe. 
Nulla  da  aggiungere. 

strana  anomalia  di  Cantone  svizzero  e  di  principato  prussiano.  Ne 
usci  nei  giorni  delie  grandi  rivoluzioni  europee,  poiché  il  29  fel)- 
braio  1848  la  bandiera  federale  fu  innalzata  da  alcuni  animosi 
patrioti  di  quel  Cantone  e  il  giorno  successivo  un  migliaio  d'uo- 
mini, capitanati  dal  Courvoisier,  s'impadronirono  del  castello  di 
Neucliàtel ,  istituendovi  un  Governo  Provvisorio,  che  la  Dieta  rico- 
nobbe solennemente,  e  che  il  10  luglio  1848  prendeva  sotto  la  sua 
protezione  la  nuova  repubblica.  Ved.  A.  Chuqukt,  op.  cit.,  p.  595. 
(')  Su  questa  lett.,  pubbl.  poi  col  titolo  di  :  Memorie  di  F.  D. 
GuERKAZZi.  ved.  il  Protocollo  della  Glorine  Italia,  voi.  VI, 
p.  325-326. 


28 


Kl'ISTOI.AHIO. 


MMCCCLVIII. 
TO  Emilie  Hawkks,  London. 


1 


[Parisi,   Suuday  [March,   5"'   18481- 

1  do  iiot  kiiow,  dear  Emilie.  Calainatta's  cliristiaii 
naiiie;  tbe  atldress  too  I  liave  forgot.  But  yoii  had 
better  seiid  wliat  you  bave  to  seud  to  Lamberti, 
o.  Rue  Gallio»,  or  to  Acciirsi  :  it  will  give  iis  a 
reason  for  goiiig  and  verifying  the  state  of  the  engrav- 
ing.  I  am  well  ;  but  tiied  with  people  calling  to  an 
extent  iiot  to  be  described.  J  have  seen  Mad.  Saiid, 
Lamennais,  etc.  There  is  a  great  deal  in  tbis  Repiib- 
lican  concern  that  I  do  not  like:  but  tbere  is  a 
will  iu  tbe  people  that  is  uucouquerable.  I  sball  be 
back — but  I  fear  for  a  sbort  ti  ine — at  tbe  end  of 
tbe  week.   Liuton  will  leave  before    me.    Kemember 


Domenica. 

Io  non  so.  cara  Emilia,  il  nome  di  battesimo  di  Cala- 
matta  e  ne  lio  scordato  anche  l' indirizzo.  Ma  farete  bene 
a  mandare  quello  che  dovete  a  Lamberti,  5,  Rue  Gaillon, 
o  ad  Accursi  ;  avremo  cosi  una  ragione  per  andare  a  veri- 
ficare lo  stato  dell'incisione.  Io  sto  bene,  ma  sono  tormen- 
tato da  un  numero  indescrivibile  di  persone  die  vengono  a 
trovarmi.  Ho  visto  Mad.  Sand.  Lamennais,  ecc.  Ci  sono 
molte  cose,  in  quest'affare  repubblicano,  clie  non  mi  i>iac- 
ciono:  ma  c'è  nel  popolo  una  volontà  indomabile.  Sarò 
di  ritorno  —  temo  però  per  breve  tempo  —  alla  fine  della 
settimana.  Linton    partirà    prima    di    me.  Ricordatemi    a 


MMCCCLVIII. 
pp.  76-77. 


Pnltld.    da  E.  F.    Richahds,  op.  cit., 


[1848]  KPISTOLAKIO.  29 

me  to  ali  ;  1  wisb  I  could  write  to  tliem,  biit  I  bave 
not  a  single  moment  of  rest.  The  Address  of  the 
Leagiie  has  been  presented  ;  and  eveiy  English  niani- 
festation  of  sympathy  is  welconied  here  with  enthu- 
siasm.  Take  care  of  yourself,  and  believe  me 

ora  e  sempre  your 
Joseph. 


tutti  :  desidererei  tanto  di  scrivere  ad  ognuno,  ma  non  lio 
nemmeno  un  minuto  di  riposo.  L' indirizzo  della  Lega  è 
stato  presentato;  e  qualunque  manifestazione  di  simpatia 
da  parte  degli  Inglesi  viene  accolta  qui  con  entusiasmo. 

Abbiatevi  cura  e  credetemi  ora  e  sempre 

vostro 
Giuseppe. 
MMCCCLIX. 

A  Filippo  de  Boni,  a  Losanna. 

Parigi,   8  marzo  1848. 

Vi  scrivo  io  pure  in  gran  fretta  da  Parigi.  Nella 
settimana  tornerò  a  Londra  per  pochi  giorni,  poi  qni 
di  nuovo.  Non  abbiamo  ancora,  fuorché  dal  Piemonte, 
nuove  dell'  impressione  che  gli  avvenimenti  avranno 
prodotto  in  Italia.  E  finché  non  l' abbiamo,  rimaniamo 
incerti.  Sono  in  relazione  col  Governo  di  qui:  (')  ma  è 

MMCCCLIX.  —  Inedita.  Ne  esiste  una  copia  nella  raccolta 
Natlian,  pervenuta  da  J.  White  Mario. 

(1)  Durante  la  seduta  della  Camera  del  24  febbraio  1848, 
s'  era  formato  «  per  acclamazione  e  per  urgenza  dalla  voce  del 
popolo  e  dei  deputati  dei  dipartimenti  »  un  primo  Governo  Prov- 
visorio «  investito  momentaneamente  delln  cura  di  assicurare 
e  di  organizzare  la  vittoria  nazionale.  Fu  composto  di  Dnpont 
(de  l'Iiure),  Lamartine,  Crémieux,  Arago,  Ledru-Rollin,  Gar- 
nier-Pagès,   Marie,  con   l' aggiunta  di   A.    Marrast,    L.   Blanc, 


30  KPISTOI.AIUO.  [1848| 

provvisorio;  e  le  esigenze  e  i  lavori  sono  tanti^  che 
in  verità  sono  scusabili  se  non  possono  decidere 
ancora,  né  meditare  ciò  che  faranno  per  l'estero. 
Hanno  minuti  di  tempo,  e  non  un  quarto  d'ora;  ma 
vigilo,  e  quanto  potrò,  farò.  Per  ora,  le  tendenze  pos- 
sono riassumersi  in  questo:  non  vorrebbero,  provvi- 
sori come  sono,  provocare  una  guerra;  ma  la  desi- 
derano, perché  l'esercito,  quando  si  fosse  una  volta 
battuto  per  la  Ke[»ubblica,  sarebbe  legato  per  sempre 
alla  Kepubblica. 

Per  noi,  dobbiamo  cominciare  a  tenere  un  lin- 
guaggio franco  a  Cjarlo]  A[lberto];  dirgli  e  fargli  dire 
«he  l'Italia  vuole  emancipazione  della  Lombardia: 
unità;  libertà:  che  il  momento  è  giunto;  che  s'egli 
vuole  atterrare  il  ciuffo  della  fortuna,  è  in  tempo:  e 
se  no,  no.  Si)ronare  i  popoli  a  irritare  l'Austria,  a 
insultarne  gli  agenti  ;  compromettere  i  principi  .e 
ridurli  a  dichiararsi.  Spronare  la  Sicilia,  come  dite, 
e  come  ho  scritto  molti  giormi  sono  a  Palermo,  a 
costituirsi  Kepubblica,  finché  l'Italia  non  sia  una. 
♦S])ronare  i  ricchi,  se  ne  avete  amici,  a  intendere  che    • 

F.  Flocoii  e  Aiibert,  in  <iiialità  di  segretari.  Il  giorno  sncces- 
•sivo  Dnpont  (de  1'  Eure)  rimase  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei 
Ministri,  Laiuarfcine  agli  Esteri,  Ledru-Rolliu  all'Interno,  Cré- 
mieiix  alla  Giustizia,  Marie  ai  Lavori  pubblici  e  Arago  alla 
Marina.  Ad  essi  si  aggiunsero  M.  Goudchaux  per  le  Finanze,  il 
Subervic  per  la  Guerra,  il  Carnot  per  l' Istruzione,  il  Bethniont 
per  il  Commercio,  mentre  il  Garnier-Pagès  fu  nominato  Maire 
di  Parigi.  Il  Flocou  assunse  la  carica  di  segretario  generale. 
Nella  lett.  MMCCCLXIV  il  Mazziui  scriveva  che  gran  parte 
di  costoro  erano  amici  suoi,  ma  non  si  sa  quali,  ad  eccezione 
del  Marrast  e  del  Ledru-Rollin,  con  cui  pili  tardi,  nell'  esilio 
tli  Londra,  strinse  maggiore  amicizia.  Probabilmente  erano 
^tate  relazioni  di  corta  data,  forse  di  quei  giorni;  e  ad  entrar 
•con    essi  in  rapporti    era    valsa    la    conoscenza   di   Alessandro 


(1818J  KI'KSIOLAKIO.  SI 

se  vogliono  costringere  il  Piemonte  ad  agire  bisogna 
accendere  un'  insurrezione  Nazionale  in  Lombardia  : 
cbe  si  può:  ma  die,  a  risparnjiare  sangue  e  pericoli 
di  disfatta,  bisogna  portare  in  Lomb[ardia]  un' inizia 
ti  va  d'insurrezione:  cbe  abbiamo  tutti  gli  elementi 
militari  possibili,  rolacchi  e  nostri,  per  questo;  ma 
cbe  si  richiede  danaro  a  mobilizzarli:  cbe  se  ne 
avessimo,  trascineremmo  con  noi.  occorrendo,  batta- 
glioni di  volontari  francesi  con  noi  :  e  dietro  a  loro, 
la  Francia. 

Quanto  a  voi,  potendo,  io  penso  cbe  dovreste 
rimanere  anche  un  po'  in  Isvizzera;  poi,  avendo  a 
decidervi,  recarvi  a  Torino,  dov'  è  più  bisogno  di 
elementi  di  vita  che  non  altrove.  Vi  scriverò  presto. 
E  forse  potrò  scrivervi  qualche  cosa  di  più  positivo. 

Amate  il  - 

vostro 

Giuseppe. 

Molti  Italiani  si  sono  battuti.  Uno  è  morto.  (') 
Operai  tutti,  o  quasi. 

Bixio,  intliieiite  nelle  alte  sfere  repubblicane  per  l'azione  che 
aveva  svolta  nelle  tre  giornate  rivoluzionarie  e  per  i  delicati 
iucarichi  che  aveva  avuto.  E  il  Governo  Provvisorio  dovette 
certamente  accogliere  o  ascoltare  con  rispetto  chi  rappresen- 
tava al  pili  alto  grado  lo  spirito  repubblicano  italiano. 

(')  Che  molti  Italiani  avessero  combattuto  sulle  barricate 
parigine,  era  attenuato  da  parecchi  giornali  francesi.  Il  Com- 
merce, riferito  dalla  Fahia  (n.  del  25  marzo  1848)  annunciava: 
«Fra  gl'Italiani  dimoranti  a  Parigi  mori  un  Ignazio  Bocca, 
di  Lanzo  (Piemonte)  per  ferita  avuta  il  24  febbraio,  combat- 
tendo a  prò'  della  libertà.  »  Era  forse  tntfc'  uno  con  quell'  ope- 
raio, del  quale  cosi  si  dava  notizia  in  una  corrispondenza 
<la  Parigi  alla  Concordia  (u.  del  22  marzo  1848,  ediz.  del  po- 
meriggio) :  «  Oggi  si  accompagnava  al  Cimitero  nn  povero  ita- 
liano, Burla,  piemontese,  sarto,  morto  dalle  ferite  buscate  il 
24  febbraio  alle  Tuileries.  Vi  mandammo  la  nostra  bandiera  e 


32  Ki'isTOi.AKio.  [1848} 

MMCCCLX. 

ALLA  Ma  DKK.  ti   Geiiova. 

[Parigi],   11  marzo   1848. 

Mia  cara  madre, 

Rispondo  alla  vostra  del  2,  giunta  in  tutta  regola- 
e  rispondo  due  linee  appena,  perché  non  Lo  dieci 
minuti  di  tempo.  Domani  v'è  una  seconda  riunione 
dell'Associazione  Nazionale  Italiana  ;  e  bisogna  eli'  io 
prepari  diverse  cose.  (*)  Mia  intenzione  è  quella  di  par- 
numerosa  deputazione.  »  Ma  sembra  die  non  si  trattasse  di  un 
solo  morto  italiano.  In  un'altra  corrispondenza  da  Parigi  alla 
Concordia  (n.  del  24  marzo  1848,  ediz.  del  pomeriggio)  si  leg- 
geva che  durante  la  dimostrazione  popolare  del  17  marzo,  il 
numeroso  corteo,  giunto  al  «baluardo  Montmartre,  »  s'era  in- 
contrato in  un'  altra  piccola  schiera  che  mesta  e  ordinata  ince- 
deva sotto  un'  altra  bandiera,  una  bandiera  tre  colori,  ma 
erano  colori  italiani.  Erano  i  tìgli  d'  Italia  che  rendevano 
l'estremo  tributo  ad  un  loro  fratello  morto  d'  onorate  ferite 
riportate  nelle  tre  grandi  giornate.  Sul  funebre  velo  che  co- 
priva il  martire  poche  parole  in  lingua  francese  dicevaTio: 
«  BaccoUni,  cittadino  italiano,  morto  per  la  libertà  francese.  » 
E  la  corrispondenza  aggiungeva  :  «  All'apparire  della  nostra 
schiera,  il  vessillo  francese  salutava  quello  d'Italia,  le  falangi 
francesi  si  aprivano  per  onorare  la  schiera  italiana  salutata 
da  immenso  grido  :  Viva  V  Italia,  vivano  gli  Italiani,  morte  al- 
l' oppressore  austriaco.  » 

MMCCCLX.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella  rac- 
colta Nathan.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre  del 
Mazzini  annotò:   «1848,   11  marzo.  » 

(')  Rispondendo  alle  vive  esortazioni  del  Lamberti  (ved.  il 
Protocollo  della  Giovine  Italia,  voi.  VI,  p.  315)  e  dell' Accursi  (ved. 
C.  Cagnacci,  op.  cit.,  p.  315),  il  Mazzini  aveva  affrettata  la 
■sua  seconda  gita  a  Parigi,  dov'  era  giunto  la  notte  tra  il  1°  e  il 
2  marzo,  trovandovi  gli  esuli  non  troppo  d'accordo  sulla  via  da 


1 


[1848]  KPI8TOI.AKIO.  33 

tire  domaui  sera,  dopo  la  riuniouej  per  Londra.  E  di 
là    vi    scriveiò    subito   una   lunoa    lettera,   niartedij 

seguire,  dopo  la  grandiosa  rivoluzione  di  pochi  giorni  innanzi. 
«  Trovano  necessaria  una  manifestazione  italiana  —  scriveva 
Giovanni  Ruffini  al  fratello  Agostino  il  4  marzo;  —  chi  vuole 
aderire,  chi  vuol  solo  felicitare;  questi  a  nome  d'Italia,  quelli  a 
nome  della  Giovine  Italia.  Le  prime  parole  dettemi  da  Mazzini 
furono  che  non  vedea  il  bisogno  d'una  manifestazione;  che  in 
ogni  caso,  non  sarebbe  che  un'  espressione  di  simpatia  con  un'al- 
lusione all'  Unità.  Io  dissento  altamente,  e  glie  lo  dissi  subito,  da 
ogni  adesione  alla  forma  repubblicana,  che  impegni  il  potere,  e 
che  possa  dare  anche  un'  ombra  di  spinta  a  un  moto  democratico 
interno.  Toccare  menomamente  allo  stato  quo  laggiù  è  sinonimo 
per  me  di  rovinare  le  nostre  eccellenti  posizioni.  Mazzini  parve 
annuire,  ma  deve  veder  oggi  Lamennais,  G.  Sand  e  Marrast, 
e  sai  che  ci  vuole  così  poco  a  montargli  la  testa!  »  C.  Cagnacci, 
op.  cit.,  pp.  315-316.  Era  tuttavia  sincero  il  Mazzini  aitermando 
che  per  allora  non  si  doveva  discutere  d'  una  forma  di  governo 
da  dare  all'Italia,  ma  dei  propositi  che  si  dovevano  avere  di 
realizzare  il  concetto  unitario,  sciogliendo  appunto  la  Giovine 
Italia  e  fondando  in  sua  vece  l'Associazione  Nazionale  Italiana; 
e  che  supremo  intento  di  chi  aderiva  alla  nuova  istituzione 
doveva  essere  :  «  guerra  all'Austria,  prorogata  ogni  questione,  » 
ciò  che  dava  ragione  al  Canuti,  il  quale,  nel  Commerce,  perio- 
dico parigino  di  cui  era  collaboratore,  osservava  che  gli  esuli 
italiani  che  avevano  aderito  all'Associazione  Nazionale  Italiana 
erano  «  guidati  da  uno  spirito  di  conciliazione  »  (Lega  Italiana 
del  13  marzo  1848).  La  prima  adunanza,  promossa  dal  Ricciardi 
(Concordia  dell' 11  marzo),  ebbe  luogo  il  5  marzo  «nella  sala 
della  strada  Grenelle  St.-Honoré  »  e  fu  presieduta  provvisoria- 
mente dal  dr.  Fossati  «  come  più  anziano.  »  Giovanni  RuflSni, 
in  una  lett.  al  fratello  Agostino  dell' 11  marzo,  dava  curiose 
notizie  di  quella  prima  adunanza:  «Gl'Italiani  residenti  in 
Parigi,  duecento  circa,  si  sono  costituiti  in  Assemblea  Nazio- 
nale avente  per  oggetto  di  promuovere,  d'  accordo  coi  patrioti 
dell'  interno,  la  nazionalità  italiana.  Dojjo  una  deliberazione 
confusa,  caotica,  agitatissima,  ne  è  stato  nominato  presidente 
Mazzini,  vice  presidenti  Giannone  e  Canuti.  Devo  dire  che 
Mazzini  ha  pronunziato  parole  moderate  e  conciliatrici  a  petto 

Mazzini,  Scritti,  ecc.,  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  3 


34  EPisTor.AHio.  [1848] 

senz'aspettare  la  vostra.  Queste  pocLe  linee  non 
sono  che  per  evitarvi  inquietudini.  Io  non  rimarrò 
molto    in    Londra:    è   necessario,    ed   è   anche   desi- 


aluieuo  delle  spiritate  proposizioni  di  Ricciardi  ;  ma  per  chi  non 
bada  alle  parole,  ma  ai  fatti,  l'elezione  di  Mazzini  e  di  Giati- 
none  è  un  atto  molto  significativo.  Che  equivale,  secondo  me, 
alla  costituzione  in  Assemblea  pubblica  della  Giovine  Italia.  Io 

10  diceva  a  Mazzini,  il  quale  mi  rispondeva  col  citrliiig  ?e«*<  : 
Come  vuoi  altrimenti?  e  voleva  dir:  Non  sono  l'nnto  del 
Popolo?  Comunque,  confido  nel  buon  senso  dell'interno,  benché 
anche  là  vi  eia  gran  confusione  di  parte,  e  elementi  ciechi  non 
pochi.  Come  noti,  promuove7'e  co»  ogni  mezzo  la  nazionalità,  ecc.. 
è  molto  elastica  e  si  presta  a  tutto.  V'era  bensì  alla  riunione 
un  certo  numero  di  elementi  moderati,  come  lo  attestano  55  voti 
dati  al  Gioberti  assente,  e  la  nomina  di  Canuti,  vice  presi- 
dente, che  è  moderato.  Ma  la  pressione  dal  di  fuori  era  irre- 
sistibile. Tutti  gli  intelligenti,  Ruflìni.  Giannone,  Accursi, 
Lamberti,  etc.  appoggiano  ciecamente  Mazzini,  senza  punto 
preoccuparsi  delle  circostanze  interiori  e  dell'opportunità.» 
C.  Cagnacci,  op.  cit.,  pp.  319-320.  In  quella  prima  adunanza, 
dopo  la  costituzione  del  Comitato  di  presidenza,  si  dovette 
certamente  commettere  al  Mazzini  1'  incarico  di  stendere  il  pro- 
gramma della  nnova  Associazione,  che  fu  letto  nell'  adunanza 
avvenuta  la  domenica  successiva;  e  pure  di  quella  seduta 
G.  Raffini  dava  il  16  marzo  al  fratello  le  seguenti  notizie; 
«  Non  fui  alla  seconda  Assemblea  Italiana.  Mazzini  vi  lesse 
un'esposizione  di  principio  molto  gustata  da  tutti,  anche  dai 
moderati.  Devo  rendergli  la  giustizia  di  dire  che  ne'  suoi 
discorsi  è  assai  ragionevole  ;  gli  so  male  di  ciò  che  non  dice, 
e  eh'  io  gli  leggo  nel  cuore.  Egli  è  capo  partito,  anzi  tutto, 
pur  troppo,  ed  audace  molto.  Se  mai  fu  vero  l'adagio  Audacea, 
etc,  gli  è  in  questo  punto.  »  C.  Cagnacci,   op.  cit.,  p.  321. 

11  programma  dell'Associazione  Nazionale  Italiana  fu  subito 
dopo  dato  a  luce  in  foglio  volante  di  4  pp.  numerate,  con  la 
data  Parigi,  12  marzo  1848,  sottoscritto  dal  presidente  e  dai 
due  vice  presidenti  (Paris,  Imprimerle  de  Lange-Lévy)  ;  fu 
rapidamente  diffuso  nei  giornali  italiani  (Lega  Italiana  del  21, 
Alia  del  24,   Concordia  del  25,   Patria  del  25  marzo  1848.  ecc.). 


[1848]  K^iSTOi-Aino.  35 

derato  da   amici  miei   che  sono  uel  Governo,  ch'io 

sia  in  Parigi.  Addio;  date  un  abbraccio  al  padre, 

ed  iMiiate  il 

vostro 

Giuseppe. 

Tutto  va  bene  qui.  La  Repubblica  starà,  siatene 
certi. 

MMCCCLXI. 

A  Fir.ii'PO  Dk  Boni,  u  Losannii. 

Parigi,  12  marzo  184«. 

Bue  parole  appena.  Ho  ricevuto  l' ultima  vostra. 
Mi  bisogna  partire  per  Londra  questa  sera;  leverò 
casa  e  tornerò  subito.  Intanto  da  Londra  vi  manderò 
un  vecchio  ufficiale  d'artiglieria,  polacco,  (^)  intimo  di 
Wis[ocki]  e  mio  che  spingerà  fino  al  Ticino,  e  s'abboc- 
cherà con  tutti  i  nostri  amici  per  vedere  se  possano 
aversi  elementi  d' azione  e  quali.  Qui,  sempre  colla 
speranza  che  nell'  intervallo  giunga  un  po'  di  danaro, 
lascio  gli  uomini  della  Società  democratica  incaricati 
d'ordinare  i  loro  elementi  alla  mossa.  Ma  se  danaro 
non  giunge,  colle  migliori  intenzioni  del  mondo,  faremo 
nulla.  Lamb[erti]  vi  manderà  il  primo  atto  dell'Asso- 
ciazione Nazionale  formata  qui,  con  programma  vago, 
ma  aperto  a  ogni  progresso;  associazione  che  potrà 
forse  introdursi  legalmente  o  semi-legalmente  in 
Italia  e  nelUi  quale  bisognerà  cercar  d'  ordinare  tutti 
gli  unitari. 

MMCCCLXI.  —  Inedita.  Se  ne  lia  una  copia  presso  la  R. 
Commissione,  proveniente  da  J.  White  Mario. 

(')  Era  certamente  Carlo  Stolzinan. 


36  Ki'iSTOKAUio.  [1848] 

Se  andate  in  Ticino  date  a  P[asserini]  questa 
letterina,  se  no,  mandatela.  Amate  il 

vostro 
Giuseppe. 

MMCCCLXII. 

Ai.i.A   MADUKy  a  Genova. 

[Loiidi'ii],   13  iiuiizo  1818. 
Cara  madre, 

Sono  a  Londra,  e  vi  scrivo  luiovamente.  come 
v'ho  promesso.  V'ho  scritto  troppo  breve  l'altro 
giorno.  La  Repubblica  in  Francia  starà  :  non  perché 
l'entusiasmo  sia  in  oggi  generale;  né  m'illudo  né 
voglio  illudere.  I  ricordi  del  terrore,  la  paura  delle 
esagerazioni,  e  molte  altre  cause  fanno  sì  che  una 
parte  importante  della  popohizione  guarda  con  sospetto 
l'attuale  stato  di  cose,  aspetta  a  giudicare  dagli 
atti,  ed  è  piuttosto  passiva  che  non  attiva  nel  muta- 
mento. Sono  condizioni  inevitabili  di  ogni  cangia- 
mento, e  tanto  più  quando  il  primo  scopo  dell'insur- 
rezione non  era  repubblicano.  (*)  Ma  la  Repubblica 
starà:  1°  perché  non  esiste  in  Francia  partito  abba- 
stanza forte  per  sostituirsi:  Luigi  Filippo  non  ha  un 
solo  individuo  che  lo  ami  o  lo  stimi;  passeggerebbe 
in  oggi  le  vie  di  Parigi  che  nessuno  si  volterebbe 
a  guardarlo.  La  Reggenza  promette,  senza  i  vantaggi 
della  Repubblica,    tutti   i  danni   ch'altri  intravvede 

MMCCCLXII.  —  Pubbl.,  (la  La  Repubblica  inFrancia  a  credito^ 
nella  Lega  Italiana  del  27  marzo  1848.  Certameute,  M,  Mazzini 
aveva  concesso  al  Bettiui  di  trascriverla.  L'  autografo  si  conserva 
nella  raccolta  Nathau.  Non  ha  indirizzo. 

(')  Infatti,  sino  alla  mattina  del  24  febbraio  non  si  era  par- 
lato ancora  di  repubblica,  ma  d'  un  movimento  riformista.  Ved. 
G.  Wkill,  Hisioire  du  parti  républicain  en  France,  ecc.,  cit.,. 
p.  272  e  segg. 


[1848]  KPISTOLAKIO.  37 

nella  Repubblica,  tutte  le  incertezze  del  provvisorio, 
tutti  i  pericoli  di  discordia  e  delle  ambizioni  civili. 
Il  Legittimismo  e  il  Bonapartismo  son  troppo  deboli: 
pochissimi  facoltosi  formano  il  primo  partito;  pochis- 
simi militari  il  secondo.  2°  la  Repubblica  starà,  per- 
ché la  Francia  non  ha  piiì  credenze  monarchiche: 
tutte  le  forme  della  monarchia  sono  state  esaurite: 
monarchia  di  diritto  divino:  uìonarchia  di  conquista: 
monarchia  di  transazione  tra  il  diritto  divino  e  la 
sovranità  nazionale:  monarchia  poggiata  sulla  media 
classe  :  la  Francia  non  ha  credenze  dalla  democratica 
in  fuori  ;  e  la  forma  naturale  della  Democrazia  è  la 
Repubblica.  3°  la  Repubblica  starà  perché  le  pro- 
vince non  prenderanno  mai  una  iniziativa  d'insurre- 
zione contro  Parigi,  e  perché  in  Parigi  nessun  cangia- 
mento può  oggimai  tentarsi  senza  una  guerra  accanita: 
il  popolo,  la  classe  degli  operai,  si  farà  trucidare  in 
massa  prima  d'abbandonar  la  Repubblica;  e  chi 
oserà  dire:  vincerò  trucidando?  4"  la  classe  degli 
uomini  facoltosi,  non  credenti,  devoti  unicamente  ai 
propri  interessi,  comincia  a  vedere  nella  Repubblica 
e  nel  suo  governo,  la  propria  difesa  contro  il  comu- 
nismo. Le  colpe  del  governo  caduto,  la  paura  che  fa 
chiuder  le  borse  e  sparire  i  capitali,  la  mala  fede 
d'alcuni  tra  i  ricchi,  e  le  alterazioni  nel  credito  inevi- 
tabili a  qualunque  rivoluzione  producono  una  crisi 
economica  eh' è  grave;  ma  se  il  governo  sa  fare,  la 
paura  scemerà  a  poco  a  poco,  i  ricchi  si  stanche- 
ranno di  serbare  i  loro  capitali  improduttivi,  e  la 
conchiusione  del  provvisorio,  per  mezzo  dell'Assem- 
blea Nazionale,  ravviverà  il  credito.  Ho  veduto  e 
studiato  lo  stato  delle  cose  sul  luogo,  e  ho  fede  nella 
Repubblica.  Vi  dico  queste  cose,  perché  so  che  vi 
farà  piacere  d' udirle.  E  lascio  l' argomento,  fo,   come 


38  KriSTOLARio.  [1848] 

v'ho  detto,  dovrò  tornare  tra  non  molto  in  Parigi; 
ma  v'avvertirò.  Ho  piacere  del  sintoma  di  riavvi- 
cinamento  con  Carolina  :  spero  che  tra  non  molto  mi 
direte  d'averla  veduta.  Ho  piacere  di  Tancioni:  sola- 
mente, mi  duole  eh' ei  faccia  spese  di  viaggi  a  Londra, 
quando  è  probabile  che  gli  avvenimenti  chiamino 
noi  tutti  ad  accostarsi  all'Italia.  (')  Xon  vi  parlo  in 
oggi  degli  affari  vostri  interni  :  perché  non  ho  tempo. 
Dico  bensì,  che  il  punto  a  cui  devono  convergere 
tutti  gli  sforzi  è  quello  di  convincere  il  re  vostro 
che  l' Italia  vuole  da  lui  il  suo  esercito  iniziante 
l'impresa  Lombarda  contro  l'Austria;  e  (;h'è  condi- 
zione siile  qua  non.  Xon  ho  sofferto  sul  mare,  benché 
il  tempo  fosse  pessimo,  e  il  passaggio  abbia  durato 
tre  ore,  un'ora  cioè  più  del  solito.  E  sto  bene  di  salute. 
Vedo  del  Leopardi  e  gli  sono  grato,  per  quanto  molte 
nostre  opinioni  corrano  diverse,  e  non  sia  corsa  da 
parecchi  anni  molta  fiducia  tra  noi.  (-)  Forse,  avrete 
avuto  la  visita  d'  un  Grenovese  che  m' ha  veduto  a 
Parigi,  e  che  accoglierete  bene,  spero.  Vorrei  che 
daste  le  acchiuse  linee  all'  amico  poeta.  Le  riilessioni 
sulla  repubblica  francese  che  ho  fatto  più  sopra 
rispondono  alle  linee  del  padre  che  abbraccio.  Abbrac- 
ciate pure  per  me  la  sorella,  stringete  la  mano 
all'amico  Andrea,  ed  amate  sempre  il 

vostro 

(rIUSEPPE. 


(^)  Il  Mazzini  accennava  forse  all'  incidente  capitato  in 
Koraa  a  Pio  Tancioni  (ved.  il  Protocollo  della  Giovìve  Italia, 
voi.  VI,  p.  354). 

(')  Tra  il  Mazzini  e  Pier  Silvestro  Leopardi  erano  corse 
relazioni  epistolari  (ved.  le  lett.  CCCXCIV  e  CCCCXLVII), 
presto  interrotte,  quando  il  primo  s'avvide  dell'impossibilità 
dì    accordarsi    con   l'esnle   abruzzese,   da   lui   rimproverato   di 


[1848]  Kl'ISTOI.AKIO.  39 

MMCCOLXIII. 

A  GiusKi'iMO   Lamhkrti.  ;i  Parigi. 

[Loiulni],   trio  vedi   [16  marzo   1848]. 

Caro  amico, 

Bisogna  far  a\^ere  l' acchiusa  a  Pietro;  dalla  a 
Battista;  leggetela  prima:  e,  per  pochi  giorni,  inten- 
detevi tutti  per  aiutare  si  che  si  faccia  quel  eh' è  da 
farsi,  e  la  riunione  vada  bene;  per  l'altre  penserò  io. 

Si  tratta  ora  di  sciogliere  questo  problema:  v'è 
modo  d'informarsi  s'esista  vapore  che  da  Marsiglia 
o  da  qualche  punto  tocchi  Palermo,  senza  che  le 
lettere  passino  per  iS'apoli  ?  v'è  in  somma  modo  di  far 
giungere  una  lettera  a  Palermo  senza  che  corra  rischio 
d'essere  aperta  in  Napoli  o  altrove?  Consulta  IMi- 
chele  e  qualche  commeiciante;  e  se  v'è  modo,  manda 

«  far  del  costituzionalismo  diplomatico  (ved.  lalett.  DCCCLII). 
Forse  il  Leopardi  aveva  fatto  visita  a  Maria  Mazzini,  come 
due  mesi  dopo  la  fece  il  Gioberti  (ved.  la  Concordia  del  26  mag- 
giol848);  ma  le  parole,  senza  dubbio  genti  li.  daini  dette  nel  marzo 
all'indirizzo  del  Mazzini,  dovevano  addirittura  trasformarsi  in 
accenti  d'ira  nell'aprile,  quando,  andato  in  Lombardia  in  qua- 
lità d'inviato  del  Governo  napoletano  al  campo  di  Carlo  Alberto, 
e  durante  le  vivaci  lotte  in  favore  e  contro  la  fusione  imme- 
diata, si  credette  in  obbligo  di  consigliare  il  Governo  Provvisorio 
ad  imprigionarp  «  cotesto  infaticabile  promotore  di  scandali, 
e  mandarlo  sotto  buona  scorta  nella  fortezza  di  Pizzighet- 
toiiie.  »   Ved.   P.   S.  Lkopakdi,  Narrazioni  storiche,   cit.,  p.  142. 

MMCCCLXIII.  —  Pubbl.  da  D.  Giuriati,  Duecento  lettere, 
ecc.,  cit.,  pp.  279-280.  Qui  si  riscontra  sull'  autografo,  posseduto 
dal  dr.  Daniele  Vare.  Non  ha  indirizzo.  La  data  si  ricava  dal 
Protocollo  della  Giovine  Italia,  in  cui  è  avvertito  che  la  lett. 
giunse  con  la  «  posta.  » 


40  -  EPISTOLARIO.  [1848] 

per  quello  subito  subito  l'unita  a  Nicola;  se  poi  non 
v'è,  allora,  iiicliiudila  in  una  fascia  ad  Arcangelo 
Dalle  Sedie;  ma  è  giro  lungo,  e  mi  nuoce.  Fa  di 
tutto  perché  la  lettera  vada  sollecita  e  sicura.  Potrei 
indirizzarla  ad  altri  Palermitani  ;  ma  l'obbiezione  è 
la  stessa.  Le  lettere  che  vanno  da  Napoli  a  Palermo 
è  probabile  siano  violate. 

Manda  pure  l'acchiusa  al  Dottore  Francesco  To- 
nietti.  Arezzo. 

Odo  della  sospensione  di  Ganneron:  (*)  mi  duole 
per  Mad.  Grisi  e  per  Celeste  Menotti  che,  penso, 
avessero  i  loro  fondi  là. 

A  Genova  hanno  stracciato  la  Costituzione  per 
le  i)iazze;  non  piace  ad  alcuno.   Vedremo.  (-) 

(1)  Indnsti'iale  e  bancliieie  parigino,  proprietario  di  una 
banca  di  sconto  che  falli  iusieme  con  tante  altre  andate  in 
rovina  subito  dopo  la  rivoluzione  di  febbraio. 

(^)  Il  Mazzini  accennava  forse  a  quella  tumultuosa  dimo- 
strazione che  s'era  tenuta  in  Genova  la  sera  del  6  marzo  1848, 
cosi  narrata  dalla  Lega  Italiana  del  giorno  appresso  :  «  Ieri 
sera  le  vie  della  città  furono  corse  da  grossi  assembramenti, 
da'  quali  uscivano  le  grida:  Viva  V  amnistia,  viva  Quaglia,  ab- 
basso Borelli,  ì-evisioiie  dello  Statuto  :  sotto  il  consolato  d'Austria 
queste  grida  si  mutarono  in  acutissimi  fischi  :  dintorno  al  Pa- 
lazzo Ducale  lo  "schiamazzo  fu  sì  forte  e  durò  tanto  che  il 
Governatore  si  fece  alla  finestra,  a  ciò  persuaso  anche  dalle 
grida:  il  Governatore,  il  Governatore,  che  da  molti  si  profferi- 
vano. Il  Governatore  non  bene  intendendo  che  cosa  volesse 
da  lui  quella  gran  moltitudine,  chiese  che  gli  s'  inviassero  tre 
deputati  :  ma  si  dirà  poi  che  questa  deputazione  è  illegale  !  A 
questa  osservazione  fatta  con  voce  sonora,  non  sappiamo  da 
chi,  il  Governatore  rispose  :  Xo  no,  che  vengano.  Brevemente, 
per  sbrigarsela  in  poche  parole,  diremo  che  il  Governatore 
promise  di  trasmettere  a  Torino  le  quattro  domande  espresse 
dalle  grida  che  sopra  abbiamo  riportato  ;  e  a  quanto  dicesi 
parti  nella  sera  stessa  una  staffetta  alla  volta  della  capitale.  » 
Il    Mazzini    scrisse  più    tardi    {Italia    del  Popolo    di    Losanna, 


[1848]  >      EiMSTor.AKU).  41 

Bisogna,  già  clie  s'è  comiuciato,  far  gran  chiasso 
dell'Associazione  Nazionale.  Può  giovarci  assai  in 
Italia. 

Ho  bisogno  di  molte  copie  dell'Indirizzo,  perla 
riunione  pubblica  di  qui:  —  di  qualche  copia  della  let 
tera  ai  Siciliani. 


voi.  I  [1849],  p.  779)  clie  in  quel  giorno  «  il  popolo  niiuacciara 
voler  seguire  1'  esempio  di  Francia.  »  Vera  o  uo  quest'  after- 
mazione,  sta  il  fatto  c}ie,  specialmente  a  Genova,  alla  Costitnzione 
dell"  8  febbraio  1848  non  mancarono  critiche,  non  ostante  fosse 
considerata  documento  che  aveva  fatto  fare  una  svolta  alla  storia 
delle  vicende  politiche  italiane.  Cosi,  ad  es.,  il  Mamiani,  dopo  di 
avere  esultato  all'annunzio  della  Costituzione  {Lega  Italiana  del 
10feljbraiol848).  subito  dopo  (n.  del  giorno  successivo  dello  stesso 
periodico)  confessava  «  che  molta  maggiore  soddisfazione  gli 
avrebbe  recato  il  veder  promulgare  un  decreto,  ove  promettendosi 
solennemente  al  popolo  d' investire  i  suoi  deputati  della  facolt<à 
legislativa,  concedendogli  1'  uso  immediato  della  libertà  della 
stampa  e  la  istituzione,  pure  immedijita.  della  milizia  citta- 
dina, fossesi  pel  rimanente  chiesto  consiglio  dal  tempo  e  dalla 
pubblica  discussione.  »  Era  questo  un  concetto  assai  ardito, 
poiché  si  dichiarava  che  ai  rappresentanti  del  popolo  doveva 
commettersi  1'  incarico  di  stendere  la  carta  costituzionale;  d'ac- 
cordo in  ciò  con  V Alba  (n.  del  1"  febbraio),  in  cui  si  lamentava 
che  la  Costituente  piemontese  «  per  emanare  direttamente  da 
un  atto  di  potere  assoluto,  e  non  da  un  atto  di  sovranità  del 
popolo,  »  lasciava  «  sempre  luogo  all'appiglio  per  credere  che 
un  atto  simile  di  potere  assoluto,  potesse  di  diritto  moderarla, 
ristringerla,  o  anche  toglierla  affatto  »  E  per  aver  modo  di  espri- 
mere quel  suo  concetto,  il  Mamiani  ebbe  a  soffrir  molte  noie 
da  parte  della  «  Commissione  di  Censura,  »  per  cui,  nel  n.  del 
15  febbraio,  pregava  «  a  mani  ginnte  S.  M.  d'  abolire  »  quella 
istituzione  «  al  pili  pi'esto  possibile.  »  Anche  D.  Buffa  scendeva 
in  campo  (snppl.  al  n.  del  12  febbraio  della  Lega  Italiana) 
con  sottili  argomentazioni,  dimostrando,  con  1'  appoggio  di  un 
certo  art.  della  legge  sui  Mnuicipii,  che  la  libertà  di  stampa, 
promulgata  nella  Costitnzione,  si  sarebbe  ottenuta  non  prima 
di  cinque  mesi. 


42  KPISTOI.AKIO.  [1848] 

Speditemi  subito  la  lista  dei  Consiglieri.  Conmiis- 
sarii,  etc.  che  ho  già  scordato  e  che  devo  leggere 
alla  riunione  pubblica  di  mercoledì.  (*) 

lo  bo  da  far  tanto  che  non  ne  posso  più.  Imita- 
temi (modestia!),  concretate  sem])re;  e  tu  ama  il 

tuo 
Giuseppe. 

Ti  scriverò  circa  all'alloggio  il  lunedi  della  setti- 
mana ventura. 

Giovedì. 

Poni,  ben  inteso,  fascia  alla  letteni  per  Nicola, 
e  all'altra.- 

MMCCCLXIV. 

A  Fkmck  Forksti.    a  New  York. 

[Londni],  17   iiiaizo   1848. 

Fratello  mio. 

Ebbi  una  tua  in  Parigi:  l'ultima  in  Londra; 
riparto  tra  due  giorni  per  i*arigi:  e  tu  mi  scriverai 
là  all'indirizzo  mio:  ò,  Kue  Gaillon,  lino  a  nuovo 
istruzioni.  Non  ho  tempo  ora:  e  inoltre  dovrò  scri- 
verti appena  giunto  in  l*arigi.  e  mandarvi  l' Indirizzo, 

(^)  Si  rinvengono  solamente  nel  cit.  prograniiuii  d<l  12  mar- 
zo 1848  dell'Associazione  Nazionale  Italiana,  come  fu  pnbbl.  nella 
Concordia  del  2.5  del  mese  snecessivo,  subito  dopo  i  nomi  del  presi- 
dente e  dei  due  vice  presidenti.  Erano  i  seguenti  :  Segretari  con 
voto:  Cisale,  De  Filippi,  Sirtori,  Melegari.  —  Segretari  senza  voto: 
Pasta.  Marchesi.  —  Verificatori  dei  conti:  Dr.  Belloli,  Vecchi,  Ghe- 
rardi,  tesoriere.  —  Commissari  di  sala:  Milla,  Gaietti.  Sarula. 
—  Consiglieri:  Dr.  Fossati,  colonnello  Antonini,  Celeste  Me- 
notti, Cerise,  Andrea  Mazzini.  Orlandi,  Lnnardi,  Barbetti, 
Roana,  Cotta,  Vantini,   Pieri,   Moja,  Barozzi,  Rognetta. 

MMCCCLXIV.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  Ini  indirizzo. 


[1848]  KPISTOLARIO.  43 

gli  Atti,  etc,  etc.  deW Associazione  Nazionale  Italiana 
che  s' è  costituita  il  5  marzo,  e  che  uuisce  tutte  fra- 
zioni. L'Associazioue  è  diretta  da  un  Presidejite,  me, 
due  Vice-Presidenti,  Giannone  e  Canuti,  più  quattro 
Segretari  e  un  Tesoriere,  più  15  Consiglieri.  Al  pro- 
gramma che  lascia  alla  maggiorità  del  Popolo  Italiano 
la  decisione  di  tutte  quistioni  politiche  e  non  è  espli- 
cito se  non  sulla  Nazionalità  e  sull'emancipazione 
del  territorio  dall'Austriaco,  nessun  Italiano  che  ami 
il  paese  potrà  oggimai  ricusarsi.  Io  fui  eletto  a  scru- 
tinio segreto.  Cosi  gli  altri.  Spero  che  vi  riordinerete 
e  tornerete  attivi  come  un  tempo.  Intanto,  avresti 
dovuto,  come  promettevi,  mandare  quel  residuo  di 
cassa  in  mano  d'Argenti.  Urge  più  che  mai  accu- 
mulare offerte  e  mezzi,  dacché  si  tratta  di  formare 
un  deposito  d'armi  per  la  Lombardia  nella  Svizzera. 
Dopo  i  fatti  di  Francia,  solenne  trionfo  del  nostro 
Credo  e  dei  nostri  lavori,  è  tempo  di  mostrarci  degni 
dei  destini  che  aspettano  noi  pure,  non  con  parole, 
ma  con  fatti,  e  fatti  di  tutti  i  giorni,  e  rapidi  come 
il  pensiero.  Xon  ho  bisogno  di  dirti  che  sono  in 
contatto  regolare  col  Governo  Francese,  composto  in 
parte  d'amici  miei;  e  che  la  scelta  degli  agenti  diplo- 
matici, le  note,  etc,  etc.  che  riguardan  l'Italia,  tutto 
avrà  il  mio  consiglio.  (')  Io  non  potrò  scrivervi  lunghe 

(*)  Ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCLIX.  In  Italia,  nonostante 
fossero  premuti  dalla  stampa  periodica,  i  Governi  tardarono  a 
riconoscere  il  cambiamento  di  regime  della  Francia  (ved.  il  Proto- 
collo della  Giovine  Italia,  voi.  VI,  p.  317)  ;  e  del  resto,  l'insur- 
rezione lombarda  capovolse  d'  un  tratto  le  intenzioni  del  Governo 
Provvisorio  riguardo  all'Italia.  A  ogni  modo,  se  al  Mazzini  era 
dovuta  la  nomina  di  Alessandro  Bixio  a  inviato  straordinario 
presso  la  corte  di  Torino,  dove  giunse  il  26  marzo  1848  (ved.  la 
Concordia  di  quello  stesso  giorno),  essa  costituiva  tal  fatto  di  cui 
si  sarebbe  presto  pentito.  Ved.  la  lett.  MMCCCXCI. 
\ 


44  KPISTOI'AKIO.  [1848] 

lettere,  ma  spero  che  l'utile  reale  di  cui  posso  essere 
e  la  nuova  forinola  di  fusione 

C) 

....  in  nome  di  Dio,  fucili  alle  nostre  guardie  ci- 
viche; hanno  danaro,  ne  comprano  e  ne  compreranno. 
L'unica  parte  die  abbisogna  di  fucili  è  la  Lombardia: 
e  non  possiamo  provvedere  che  noi.  —  Farmi  che  non 
solamente  dobbiate  tutti  affrettarvi  a  un'  offerta,  ma 
che  tu  possa  cominciare  per  tentare  alcuni  de'  tuoi 

iSe  riesci  al  passaporto,  mandalo.  T^fon  ne  ho  più 
bisogno  per  Francia  e  Svizzera;  ma  potrebbe  gio- 
varmi per  altre  parti. 

Vita,  vita,  vita:  perdio!  soii  gli  ultimi  sforzi, 
e  decisivi  per  noi. 

Nicola  è  a  Palermo. 

MMCCCLXV. 

Ai>  Agostino  Rcffini,  a  Ediniburgo. 

[Loixlra],   sabbato  uiattitm   |....  iiiar/o   1848]. 

Caro  Agostino, 

Sono  in  Londra;  ma  riparto  per  Parigi  nella  setti- 
mana entrante.  Non  ho  tempo  per  la  metà  delle  cose 
che  avrei  da  fare.  Ho  veduto  (liovanni:  sta  bene, 
ma  gli  eventi  lo  fanno  nervoso,  irrequieto.  Non  posso 
parlarti  della  Repubblica  o  d'altro;  ma  certo  è  che 

(1)  Nel r  autografo  la  carta  in  tagliata  per  dodici  righe  di 
scritto  sulle  due  pagine  del  secondo  mezzo  foglietto,  nei  luoghi 
indicati   con  puntini. 

MMCCCLXV.  —  Pubbl.  da  C.  Cagnacci,  op.  cit., 
pp.  491-492.  Qui  si  riscontra  sull'autografo,  conservato  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  indirizzo. 


[1848]  Kl»lSTOLAl{IO.  45 

in  quest'anno  si  decidono  le  nostre  sorti  e  quelle 
d'Europa  per  un  lungo  periodo.  Cerco  dunque  una 
forza  fattizia  nell'impero  delle  circostanze  e  nel  senti- 
mento del  dovere  ;  e  mi  immergo  nel  turbine.  In  Parigi 
s' è  fatta  fusione  d' elementi  in  una  «  Associazione 
Nazionale  Italiana  »  della  quale,  suppongo,  si  stabi- 
lirà una  Sezione,  mercoledì,  qui  in  Londra.  E  da  qui, 
ti  verrà  mandato  Indirizzo,  etc.  Ma  il  gran  problema 
è  una  insurrezione  Lombarda  che  decida  il  Piemonte: 
e  nessuno  può,  conscienziosamente,  iniziarla,  se  non 
avendo,  dietro  sé,  un  deposito  di  fucili.  Quindi,  neces- 
sità di  danaro.  E  di  questo  continuo  ad  occuparmi 
sempre.  Tutti  il  resto  è  pronto. 

Craufurd  è  qui;  non  l'ho  veduto,  ma  farò  di  ve- 
derlo. Gli  ho  scritto,  proponendogli  viaggiare  insieme, 
])artendo  io  venerdì  sera. 

Mandami,  se  vuoi,  commissioni  o  lettere  per 
Giovanni. 

A  momenti,  ci  piomberà  addosso  l'Ammistia,  dac- 
ché la  dimandan  minacciosi  a  Torino  e  a  Genova.  (') 
È  probabile  peraltro  che  vi  sia  obbligo  di  parola 
d' onore  d' esser  fedeli  al  lie  e  alla  Costituzione,  nel 
qual  caso  non  è  per  me,  non  potendo  in  coscienza 
dare  quella  promessa.  Tu,  che  farai?  E  che  farai, 
se  prima,  si  riescisse  a  ottener  danaro,  e  ordinare  un 
moto  lombardo? 

Come  stai  di  salute?  Ben  inteso,  ti   scriverò  da 

Parigi,  e  mi  gioverò  del  quando  ti  scrive  Giovanni. 

Ama  sempre  il 

tuo 

Giuseppe. 


(*)  Sulla  dimostrazione  di  Geuova  in  favore  dell' amnistia, 
ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCLXIII. 


46  KPISTOI.AKIO.  [1848] 

Non  SO  se  t'abbia  mandato  mai  le  cose  che  t'ac- 
chiudo. Serbale  a  ogni  modo  per  memoria,  se  il 
diavolo  ci  facesse  correre  di^•ersi  destini. 


MMCCCLXVI. 

AI-LA  Madre,  a  Genova. 

[Londra],   18  marzo  184!«i. 

Mia  cara  madre, 

Xon  so  se  imposterò  questa  mia  [oggi]  o  lunedi. 
Comincio  intanto  a  scrivere;  prendo  il  temj)0  come  mi 
riesce.  Ebbi  la  vostra  del  9;  ne  riceverò  ancora  una; 
ma,  quando  avete  questa,  scrivete  al  seguente  indi- 
rizzo: Mons.  Michel  Accursi,  11,  llueGrammont^  Paris. 
Non  v'è  bisogno  di  sopraccoperta.  Avvertito,  l'amico 
me  la  rimetterà  senza  aprirla.  Se  intervenisse  qualche 
altro  cangiamento  nelle  mie  decisioni,  le  saprete.  Non 
ho  ricevuto  i  foulards,  ma  prima  di  lasciar  Londra,  ne 
farò  ricerca;  e  ve  ne  dirò. 

21. 

Vi  sia  questo  prova  che  non  ho  due  minuti  di 
tempo  libero;  non  solamente  non  ho  potuto  finire  e  impo- 
stare questa  mia  lettera  domenica,  ma  neppure  lunedi; 
e  la  imposto  oggi  martedì,  scrivendo  pochissimo.  Sic- 
<3ome  questa  potrebbe  essere  la  mia  ultima  visita  in 
Londra,  voi  capite  bene  quante  cose  ho  da  assestare, 
quante  visite  ho  da  fare,  quanta  gente  ho  da  vedere. 

MMCCCLXVI.  —  Inedita.  L' autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre 
del  Mazzini  annotò:   «  21  marzo  1848.  » 


[1848]  Kl'ISlOLAKIO.  47 

Son  giorni  eccezionali:  siate  dunque  paziente;  appena 
in  Parigi,  sarò  pio.  quieto,  e  vi  scriverò  a  mio  bell'agio. 
Ho  ricevuto  intanto  oggi  la  vostra  del  15  marzo, 
coir  acchiusa  papelletta.  Venne  ieri  quel  vostro  racco- 
mandato genovese;  non  mi  trovò  in  casa;  non  mi 
lasciò  indirizzo  suo  ;  forse  lo  vedrò  prima  della  sua 
partenza  e  forse  non  lo  vedrò  ;  ma  già,  non  posso  più 
essergli  utile.  L' insurrezione  di  Vienna,  e  la  caduta 
di  Metternicli  proveranno  al  padre,  che  aveva  ragione 
quando  al  principio  scrissi  che  questo  anno  sarebbe 
l'anno  decisivo;  gli  proveranno  che  il  mondo  asso- 
lutista è  minato;  che  il  compimento  dei  temj)i 
è  arrivato;  e  che  il  lavoro  di  questi  ultimi  quin- 
dici anni  sta  finalmente  per  portare  i  suoi  frutti.  (*) 
L'unico  paese  del  quale  non  sono  contento  è,  mi  duole 
il  dirlo,  il  mio,  l'Italia;  non  per  le  intenzioni  che 
sono  e(;cellenti  ;  ma  per  la  falsa  direzione  data  agii 
affari  dalle  concessioni  dei  principi.  Non  sarei  sorpreso 
in  udire,  dopo  il  movimento  viennese,  i  Lombardi 
levarsi  a  imitare  e  a  chiedere  garanzie,  costituzioni 
e  che  so  io:  cosa  che  sarebbe  dolorosissima,  perché 
V  Italia  deve  non  esigere  concessioni  dall'Austria,  ma 
cacciarla  via  dall'Italia;  e  oggimai,  la  cosa  è  così 
facile,  che  sarebbe  una  vera  vergogna  il  fare  diver- 
samente. Se  gi'  Italiani  avessero  consentito  a  racco- 
gliere mezzi  materiali  })er  un  deposito  di  fucili,  noi 

(*)  La  sommossa  viennese  era  cominciata  il  12  marzo,  pro- 
mossa dagli  studenti  universitari  i  quali,  in  numero  di  oltre 
un  migliaio,  s'erano  accordati  per  sottoscrivere  una  supplica 
all'  imperatore  in  cui  si  chiedeva  libertà  di  stampa,  di  studio 
e  altre  «  politiche  innovazioni.  »  In  breve  tempo  i  tumulti  si 
estesero  per  la  città,  con  grida  di  morte  a  Mettermeli  e  con 
minaccia  d'invasione  della  Ballplatz  e  del  palazzo  del  Cancel- 
liere, che  fu  costretto  a  dimettersi  e  a  lasciare  Vienna. 


48  ,  EPISTOLA  KIO.  [1848] 

avremmo  a  quest'ora  suscitato  in  Lombardia  una 
insurrezione  decisiva;  e  avremmo  prèsa  l'unica  inizia- 
tiva ch'or  ci  rimanga.  Ma  par  cbe  i  fati  ci  vogliano 
seuì])re  alla  coda  dell'altre  nazioni.  Il  vostro  prin- 
cipe, riformatore  o  no,  è  un  vigliacco,  il  quale  si 
lascerà  sfuggire  la  Lombardia  per  non  aver  trovato 
il  coraggio  di  cacciarvi  25  mila  piemontesi  un  mese 
fa.  E  i  nostri  patrioti,  se  avessero,  non  un  mero 
desiderio  di  libertà,  ma  un  senso  profondo  d'amore 
alla  causa  Nazionale  Italiana,  gli  avrebbero  già  da 
un  pezzo  detto  :  giù  entro  ventiquattr'ore,  o  marciate 
sulla  Lombardia.  (*) 

Dite  a  Filippo  cbe  abbia  pazienza  e  che  avrà 
fra  tre  giorni  al  più  il  Programma  richiesto.  E  in 
quella  occasione  scriverò  anche  a  N[apoleoneJ.  Non 
credo  che  partirò  da  qui  per  Parigi  prima  di  dome- 
nica. Mi  duole  che  se  mai  v'  erano  oggetti  pel  Bazar, 
non  li  abbiate  mandati,  perché  anche  essendo  lontano, 
il  Bazar  avrà  luogo,  pel  mantenimento  della  Scuola 
che  deve  sussistere  ancora  qualche  tempo.  Il  Bazar 
avrà  luogo  il  V  di  maggio.  Ciò  vi  serva  di  regola. 
Una  parola  sull'Amnistia  che  prevedo  imminente.  Se 
non  contiene  foruiola  alcuna,  l'accetto;  se  mai  conte- 
nesse obbligo,  come  suggerivano  i  fogli  di  Torino, 
di  dare  parola  d'onore  di  fedeltà  al  Ee  e  alla  Costi- 
tuzione, non  posso  in  coscienza  accettare.  Del  resto 
parleremo.  Addio:  madre  mia;  amate  sempre  il 

vostro 
Giuseppe. 


(1)  Minacce,  se  non  vive  come  queste,  certamente  assai 
energiche,  esprimevano  in  qnei  giorni  snllo  stesso  argomento 
alcuni  liberali  italiani,  specialmente  L.  Valerio  (ved.  il  Pro- 
tocollo della  Giovine  Italia,  voi.  VI,  pp.  321-323). 


[1848]  EPISTOLARIO.  4& 

MMCGCLXVII. 

A  PiETKO  GiANNONE.  u  Parigi. 

[Londra],  giovedì  [ marzo   1848|. 

Caro  Pietro, 

I  principii  delle  Associazioni  sono  i  più  difficili. 

Bisogna  dunque  che  facciate  di  tutto  perché  la  riunione 

di  domenica,  alla  quale  non  posso  intervenire,  vada 

bene.  Per  P  altre,  pro])orrò  io  tanto  da  occupar  tutti. 

.Lasciai  detto  a  Battista  che  v'  occupaste  d' andare 
dal  Principe  de  la  Moskowa  (*)  e  chiedergli  la  sala 
dove  ci  radunammo  gratis:  è  sua,  e  libera  la  dome- 
nica. Se  l'avete  fatto,  e  ottenuto,  sarà  un  annunzio 
che  vi  propizierà  gli  animi  nella  Seduta. 

Suppongo  Canuti  partito;  se  lo  è,  bisogna  proce- 
dere all'  elezione  d'  un  altro  Vicepresidente.  (^)  E 
questo  vi  darà  altra  bisogna.  Purché  non  sia  uno,  che 
abbia  in  sé  tanto  elemento  di  discordia  da  render  nulle 
le  nostre  discussioni,  poco  importa  chi  sia:  e  se  uno, 

MMCCCLXVII.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  indirizzo. 

(i)  N.  G.  Ney,  principe  della  Moskowa  (1803-1857),  era 
stato  nno  de'  pili  fieri  avversari  del  Ministero  Gnizot,  che  aveva 
contribuito  a  rovesciare  col  discorso  tenuto  alla  Camera  dei 
Pari  il  12  gennaio  1848,  nel  quale  aveva  avuto  parole  di  viva 
simpatia  per  l'Italia.  La  sala  qui  accennata  era  quella  di  via  Gre- 
nelle  (ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCLX),  dove  il  principe 
aveva  il  suo  palazzo. 

(*)  La  sua  partenza  era  così  annunziata  nel  Constitutioiinel, 
da  dove  trasse  la  notizia  la  Lega  Italiana  del  30  marzo  1848  : 
«Il  sig.  Canuti,  emigrato  politico  del  1831,  partì  per  l' Italia. 
La  cognizione  eh'  egli  ha  acquistato  negli  aifari  politici  di  cui  si 
occupò  in  Francia,  potrà  riuscire  utile  alla  causa  del  suo  paese 
nelle  attuali  circostanze.   Il  Canuti  si  trova  già  in    Torino.  » 

Mazz'm.  Scritti,  ecc.,  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  4 


50  Kl'ISTOI.AHIO.  [1848] 

che  apparteuga  all'elemento  moderato,  meglio.  Panni 
che  dovreste  proporre  quello  che  dopo  Canuti  ebbe 
maggiori  voti,  tra  gì'  intervenienti  alla  prima  riunione. 
Comunque,  Fossati  (^)  o  altri,  poco  importa,  rii>eto: 
credo  che  saremo  sempre  in  grado  di  dominarlo. 

Non  so  se  tu  abbia  convocato  i  Consiglieri:  ma 
comunque,  v'è  il  Registro  da  formare:  coi  nomi, 
domicilii,  etc.  —  Ho  mutato  idea  alla  riunione  ultima  ; 
e  crederei  che  meno  una  sgia  conosciuta,  non  s'abbia 
da  escludere  anima  viva,  neppure  il  Savon.  Mi  par- 
rebbe impolitico  l'insistervi.  (-) 

\"'  è  da  concretare  V  aitar  della  Messa  :  ( ')  poi  sup 
pongo  <die  tu  abbia  chiesto  al  (ioverno  quand'è  che 

(*)  Il  dott.  Fossati,  probabilmente  un  esule  piemontese 
del  '21,  risiedeva  da  più  anni  a  Parigi,  dov'e,  tino  dal  1824, 
aveva  contratto  amicizia  col  Giaunone  (ved.  A.  Vannucci, 
op.  cit.,  voi.  II,  p.  214).  Quando  avvenne  la  quasi  totale  par- 
tenza degli  esuli  per  1'  Italia,  compreso  il  Giannone,  succe- 
dette a  quesf  ultimo  nella  vice-presidenza  dell'Associazione 
Nazionale  Italiana  (In.,   voi.   II,  p.   219). 

(*)  Questo  Savon  era  ritenuto  già  da  tempo  persona  assai 
sospetta.  G.  Moreali,  esule  modenese  a  Rouen,  lo  aveva  presen- 
tato nel  1843  al  Lamberti,  che  non  ne  aveva  ricevuto  una  l)uona 
impressione  (ved.  il  Protocollo  della  Giovine  Italia,  voi.  Il,  p.  188)  : 
«d  è  da  notare  che  il  Giannone,  com'era  avvenuto  col  dr.  Pao- 
lini,  lo  teneva  invece  in  buon  concetto  (Id..  voi.  II,  p.  200).  È 
tntt'unocon  Napoleone  Savon,  veneziano,  il  quale,  col  grado 
di  sottotenente,  segui  in  Italia  la  Legione  italiana  guidata  dal- 
l'Antonini. Ved.  A.  Arzano,  L'  arrivi  della  Legione  Antonini 
in  Italia  (nelle  Memorie  Storiche  Militari  dell'  Ufficio  Storico  del 
Comando  di    Stato   Maggiore,  fase.  III  [luglio  1912],  p.  533). 

(^)  In  quei  giorni,  per  iniziativa.  dell'Associazione  Nazioiiiile 
Italiana,  erano  stati  celebrati  a  Parigi  «  solenni  funerali  in 
onore  delle  vittime  di  Messina  e  di  Milano.  »  In  una  corrispon- 
denza da  Parigi,  del  17  marzo  1848,  alla  Concordia  del  22  dello 
stesso  mese  si  leggeva:  «  Neil'  ultima  assemblea  si  propose  una 
messa  e  una  visita  in  colonna,  con  bandiera  in  testa,  alla  Piazza 


IS1  »! 


[1848;  Kl'iSToi. Alilo.  51 

possa  ricevervi.  (*)  Se  non  F  hai  fatto,  fallo  subito. 
Sentite  la  Messa:  scrivi  un  breve  indirizzo  francese; 
insinuaci  qualche  cosa  che  implichi  il  desiderio  del- 
l' Unità  Nazionale,  qualche  cosa  che  insista  come  la 
mia  lettera  a  (iruizot  sul  vero  spirito  del  moto  italiano. 
Meglio  poi.  se  alla  rtiie  del  tuo  discorso,  tu  dichiari 
<^he  il  miglior  modo  di  far  loro  conoscere  ciò  che 
l'Associazione  Nazionale  vuole  è  quello  di  dar  loro 
copia  del  nostro  Indirizzo  firmato:  è  tradotto,  come 
sai.  da  liuffini  e  puoi  quindi  lasciarne  copia. 

Tutte  queste  cose,  parmi.  riempiranno  i  giorni 
ne'  quali  sono  assente.  Di'  all'Assemblea  ch'io  son 
partito  per  organizzare  a  Londra  una  Sezione  pubblica 
dell'Associazione  Nazionale,  e  che  torno  subito.  (^) 
Annunzia  la  lettura  degli  Indirizzi  ai  diversi  popoli 
come  pronti  per  le  future  Assemblee.  Occupatevi  di 
mandar  le  copie  dell'Indirizzo  agli  Italiani  nei  Dipar- 
timenti con  lettera  apposita,  che  i  Segretari,  se  li 
riunì s<*i,  ti  scriveranno,  etc. 

ilella  Bastiglia,  dove  riposano  le  vittime  francesi.  Di  là,  il  Comi- 
tato si  recherà  &ÌV Hotel  de  Ville  per  presentare  al  Governo  fran- 
cese nn  indirizzo,  che  sarà  redatto  da  Mazzini.  » 

(*)  Il  Giannone  era  specialmente  familiare  con  F.  Flocou, 
segretario  generale  del  Governo  Provvisorio  di  Francia  (ved. 
A.  Vaxxucci,  op.  cit.,  voi.  II,  p.  219);  e  probabilmente  con 
Ini  dovette  fissare  il  modo  con  cni  l'Associazione  Nazionale  il 
27  marzo  1848  fu  solennemente  ricevuta  dal  Lamartine.  Ved. 
la  nota  alla  lett.  MMCCCLXXVII. 

(*)  La  Sezione  di  Londra  dell'Associazione  Nazionale  Ita- 
liana fu  infatti  composta  nel  modo  seguente  :  Presidente,  Fi- 
lippo Pistrncci  di  Roma;  Fice-Presidenti,  Sebastiano  Fenzi  di 
Firenze,  Dott.  Enrico  Conueau  di  Milano,  Antonio  Panzera  di 
Napoli,  Scipione  Brizzi,  Bistecchi  di  Milano,  Odoardo  Villani  di 
Roma.  Gal)riele  Rossetti  di  Vasto  in  Abruzzo,  Valerio  Pistrncci 
di  Milano  ;  Segretari,  Angelo  Usiglio  di  Modena,  Luigi  Buca- 
lossi  di  Siena,  Ved.  la  Concordia  del  22  aprile  1848  ;  e  per  una  sua 
<lichiarazione  politica,  ved.  la  nota  alla  lett.  MMC'CCLXX. 


52  KrisTOLAHio.  [1848] 

So  che  sei  malato  e  occupatissimo  :  ma  ti  domando 
uno  sforzo  d'attività  straordinaria  per  questi  pochi 
giorni.  Dopo,  ti  prometto  che  farò  io,  quando  non 
potrai  far  tu.  Intanto,  liai  segretari  giovani,  ardenti 
d'attività:  fa  che  lavorino. 

Paolini  deve  averti  dato  l' offerta  sua. 

Le  nostre  idee  guadagnan  terreno.  Sai  clie  a  Ge- 
nova mandando  una  bandiera  alla  Civica  Koniana^ 
liBnno  scritto  sopra  Dio  e  il  Popolo. 

Bisogna  organizzare  un  luogo  d'esercizi  militari  ])ei 
nostri  operai.  Antonini  s'è  offerto  a  istruttore.  (')  È  una 
delle  prime  cose  da  pensarvi.  Bisogna  chiedere  ad  Anto- 
nini, s'egli,  come  mi  par  naturale,  intende  istruire  «/ra/ù. 

Addio:  ama  il 

tuo 

Giuseppe. 

Qui  avremo  riunione  pubblica  mercoledì.  Farò  che 
sia  tutto  deciso  e  partirò  subito. 

MMCOCLXVIIl. 
TO  Emilie  Hawkes,  London. 

[London,  March,  23'-''  1848]. 

Many  thanks  for  the  Circulars.  I  wanted  to  write 
a  letter  to  the  man,  and    did   not   know   where   on 

Tante  grazie  per  le  Circolari.  Volevo  scrivere  all' noma 
nna  lettera,  ma  non  sapevo  dove  diamine  pescarne  l'indi- 

(')  Il  colonn.  G.  Antonini  era  infatti  intervenuto  alle  adu- 
nanze dell'Associazione  Nazionale  Italiana,  della  quale  era  stato- 
eletto  uno  dei  Segretari  ;  e  tìn  dalla  prima  si  era  iìens;ito  a 
lui  come  capo  della  Legione  italiana. 

MMCCCLXVIII.  —  Inedita.  L'autografo,  del  quale  fu 
inviata  copia  alla  R.   Commissione  da  Mrs.  E.  F.  Richards,  si 


[1848]  KIMSTOI.AUU».  53 

earth  to  tìud  the  address.  1  will  uot  come  to  Caroline 
before  lialf-past  eigbt.  1  am  engaged  before  that 
tiiiie  at  Rocbe's.  (')  Nortb  Audley  Street. 

Bver  aud  ever  yours 
Joseph. 


rizzu.  Non  sarò  da  Carolina  prima  delle,  otto  e  mezza.  Sono 
impegnato  fino  a  quell'ora  a  casa  di  Roche,  Nortli  Andley 
Street, 

Per  sempre  vostro 

Giuseppe. 

MMCCCLXIX. 
A  Giuseppe  Lamberti,  a  Parigi. 

[Londra],   «iovedi   [23  intirzo   1848]. 

Caro  Giuseppe, 

Spert»  in  Dio  che  l'indirizzo  da  me  spedito  a 
Michele  ieri  sia  giunto  in  tempo:  e  abbiate  potuto 
farlo  i)revalere.  Non  ho  capito  i  dubbi,  i  pericoli,  etc. 
Era  tutto  deciso  quand' io  jiartii  ;  m^ssa,  proces- 
sione e  indirizzo.  Si  tratta  di  dichiarare  l'impianto 
dell'Associazione:  come  dunque  può  fare  indirizzo 
uno  che  non  appartiene'?  È  un  male  reale  che  senza 

con.serv^a  presso  gli  eredi  Asimrst.  La  data  si  ricava  dal  timbro 
postale. 

(')  Antonio  Roche,  da  pili   anni  in  relazione  col  Mazzini. 

MMCCCLXIX.  —  Pubbl.  da  D.  Giuriati,  Duecento  lettere, 
ecc.,  cit.,  pp.  281-282.  Qni  si  riscontra  sull' autografo,  posse- 
duto dal  dr.  Daniele  Vare.  Non  ha  indirizzo.  La  data  si  ricava 
dal  Protocollo  della  Giovine  Italia,  in  cui  è  avvertito  che  1» 
lett.  giunse  con  la  «  posta.  » 


54  EPISTOLA  RIO.  [1848] 

me  11011  iiossiate  far  nulla:  e  ciò  mi  reiide  nervoso 
e  mestissimo:  io  non  posso  essere  in  dieci  luoglii 
nello  stesso  momento.  Un'Associazione,  specialmente 
su'  cominciamenti  è  da  tenersi  viva  a  furia  d'attività; 
bisoj>nava  riunirsi  non  straordinariamente,  come  rimet- 
tendo in  questione  le  cose  già  decise,  ma  ordinaria- 
mente, per  dire  :  la  messa,  etc.  è  fissata  pel  tal  giorno  : 
l'indirizzo  al  Governo  è  già  preparato;  e  vaila  tout. 
Se  Pietro  era  malato,  se  (Januti  non  voleva  o  non 
poteva,  un  Segretario  leggeva  il  discorso. 

Come  di  questa  semplicissima  cosa  si  sia  potuto 
fare  un  aft'ar  serio,  con  minaccia  di  (TÌol)erti.  d'in- 
vasione, etc.  non  lo  intendo.  Comunque,  ora  tutto 
ciò  eh'  io  scrivo  è  inutile.  Suppongo  decisa  ogni 
cosa.  E  in  un  modo  o  nell'altro,  non  mi  parrà  vero 
86  la  cosa  è  fatta  :  discorrere  alla.  Colonna  di  Luglio 
o  che  so  io,  mi  sarebbe  impossibile;  passeggiare  in 
])rocessione  —  quando  non  si  trattasse  di  conse- 
guenze importantissime  —  qtu(si  impossibile.  K  prega 
Michele  ad  avere  anche  un  i)o'  di  riguardo  in  questa 
faccenda  alla    luia   natura;  parader  m'è  insoffribile. 

Vengo  ad  altro.  Senza  si)argere  il  quando  preciso, 
tanto  che  non  m'iissediino  lin  dalle  prime  ore,  puoi 
tu  prepararmi  una  stanza,  sia  nella  casa  tua,  se  v'  è, 
sia  vicino?  economica,  perché  qui  passo  la  vita  nella 
mia  camera  da  letto,  e  non  m' importano  aristocrazie; 
m'importa  non  gettar  danaro  intorno  a  me:  se  un 
po'  quieta,  tanto  meglio.  Se  tu  puoi,  bada  eh'  io 
partirò  lunedi  mattina;  e  sarò  quindi  martedì  a  Pa- 
rigi. Scenderei  allora  da  te;  e  se  mi  scrivi  si,  credo 
che  avrò  la  lettera,  perché  partirò  lunedì  dopo  la 
posta:  se  mi  scrivi  no,  allora  scenderò  a  un  Hotel. 

Fa  il  piacere  di  porre  una  fascia  all'  unita,  con 
soprascritta  a  Mr.  Evasio  Kadice,  chez  Mr.    Fellen- 


[1848]  KPISTOI.AHIO.  55 

berg-Hot'will.    près    de  Berne.  Siiisse  —  e  cacciarla 

jfió. 

Ama   il 

tuo 

Giuseppe. 

MMCCOLXX. 

AM-A   Madrk.  a  Genova. 

[Londra],   24  marzo  1848. 
Mia  cara  madre. 

Ricevo  la  vostra  e  degli  amici  del  18  marzo  ;  e 
rispondo  alcune  linee  per  tenermi  in  regola.  Oggi  è  ve- 
nerdì ;  ed  io  lascerò  Londra  per  Parigi  lunedi  mat- 
tina. Vi  scriverò  dunque  di  là  nella  settimana  ventura. 
Odo  della  quasi  certa  Amnistia;  e  credo  debito  mio 
cominciare  a  dirvi  le  mie  intenzioni.  Dio  sa  se  il  primo 
tra' miei  voti  non  sia  quello  d'abbracciarvi  ;  credete 
dunque  che,  qualunque  sia  i)er  essere  la  mia  con- 
dotta, dipenderà  da  credenze  di  dovere  irrevocabili, 
discusse  tra  me  e  me  per  lunghi  anni,  e  che  non 
ammettono  ormai  modificazioni.  Se  l'Amnistia  sarà 
senza  coudizione  alcuna,  io,  naturalmente,  ne  profit- 
terò.  Se  vi  fosse  da  dar  promessa  di  fedeltà  al  Ke 
e  alla  Costituzione,  io  non  potrò  in  coscienza  profit- 
tarne, perché  non  posso  dar  giuramenti  ad  uomini 
né  a  leggi  ;  disposto  ad  aiutare  uomini  e  leggi,  finché 
fanno  il  bene  del  mio  paese,  non  posso  vincolare  la 
mia  libertà  ])er  un  tempo  in  cui  mi  sembrasse  vero 
il  contrario.  In  quest'ultimo  caso,  io  ricuserò  l'Amni- 
stia; ma  chiederò,  offrendo  tutte  le  promesse  che  si 
vorranno  per  quei  giorni,  permesso  di  venire  a  vedervi 

MMCCCLXX.  ^Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella  rac- 
colta Nathau.  Nou  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre  del 
Mazzini  annotò:   «  24  marzo  1848.  » 


56  KPiSTOi-Aiuo.  [1348] 

per  quindici  giorni  ed  escir  poi  dallo  Stato.  E  basta 
per  ora.  Sto  bene  di  salute.  Avant'  ieri,  mercoledì, 
vi  fu  qui  riunione  pubblica  di  circa  quattrocento 
italiani,  e  vi  si  fondò  una  Sezione  dell'Associazione 
Nazionale  Italiana,  della  quale  dovreste  avere  ricevuto 
il  manifesto  da  Parigi.  (')  Sono  in  visite  e  circondato 
da  i)rove  coininoventissime  d'affetto  da  donne  e  uomini 
inglesi  die  temono  non  rivedermi  più.  Certo;  lascio 

(')  Per  questa  sezione  inglese  dell'  Associazione  Nazionale 
Italiana  ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCLXVII.  Uno  de'  primi 
suoi  atti  fu  quell'  indirizzo  «  agli  Italiani  di  Milano,  »  al  quale 
dovette  forse  dar  mano  il  Mazzini,  sebbene  il  suo  nome  non 
comparve  tra  <|uelli  che  formavano  il  Comitato,  forse  perché  a  lui 
spettava  di  sottoscrivere  tutto  ciò  che  emanava  dall'Associazione 
Nazionale  Italiana  del  centro  di  Parigi;  e  se  non  fu  a  stenderlo, 
poiché  è  pure  da  supporre  glie  ne  fosse  mancato  il  tempo,  es- 
sendo corso  a  Parigi  subito  dopo  l'annuncio  delle  Cinque 
Giornate,  è  però  da  ammettere  che  più  tardi  lo  presentasse  egli 
stesso  ai  membri  del  Governo  Provvisorio  di  Milano,  presso,  i 
quali,  quando  le  relazioni  con  essi  erano  ancora  cordiali. 
npn  lasciava  occasione  per  insistere  sull' argomento  dell'unità 
nazionale.  Kcco  a  ogni  modo  l'indirizzo:  «  Permettete  agl'Ita- 
liani, diinoranti  in  Londra,  d'inviarvi  un  lontano,  ma  fervido 
grido  d'esultanza. 

«Non  v'indirizzeremo  elogi  per  gl'incredibili  fatti  che 
avete  compiti:  siete  troppo  grandi  per  desiderarli. 

«  Noi  ci  prostriamo  davanti  la  Bontà  Eterna  che  ha  voluto 
farvi  cosi  forti,  e.  se  non  fosse  peccato,  v' invidiereramo  la 
scelti!   che  Dio  ha  fatto  di  voi.     . 

«  Voi  avete  lungamente  e  crudelmente  sofferto;  voi  avete 
combattuto;  voi  avete  vinto.  Noi,  dolenti  di  non  aver  diviso 
i  vostri  pericoli,  verremo,  quando  Dio  ce  lo  concederà,  verremo, 
come  in  pellegrinaggio,  a  mirare  le  vostre  case  smantellate,  a 
baciare  la  vostra  terra  intrisa  di  sangue,  a  piangere  sui  sepolcri 
de'   vostri  morti. 

«  Milano  sarà  d'  ora  in  poi  parola  e  città  santa  per  ogni 
cuore  Italiano. 

«  Milano  ha  combattuto  e  vinto  colla  spada  d'  Italia. 


(1848J  KPI8TOI.AKIO.  57 

in  Invilii  terra  im  uuinero  tale  d'amici  devoti  che 
raramente  s'incontrano  nella  vita.  Ringraziate  l'amico 
Nocfeti]  delle  sue  linee.  Parte  delle  nuove  ch'egli  mi 
dà  è  eccellente  ;  ma,  nell'  entusiasmo  comune,  io  non 
posso  dimenticare  che  non  si  tratta  di  Piemonte  o 
di  Genova,  ma  della  Nazione  Italiana;  e  la  grande 
questione  rimane  intatta.  Or  del  resto,  non  importa 

«  Milunu  Ila  cancelhjto  in  cinque  giorni  il  rossore  e  l'av- 
vilimento Italiano  di  cinque  secoli. 

«  Onore  eterno  a  Milano. 

«  Onore  ai  generosi  che  corsero  ad  assistere  i  loro  fra- 
telli che  morivano  e  vincevano. 

«  Viva  Italia  una,  libera,  indipendente.  » 

Il  documento,  che  recava  la  data  di  Londra,  aprile  1848, 
fu  per  prima  volta  pubhl.  in  //  22  Marzo  del  18  aprile  1848,  e  di 
là  riprodotta  in  altri  periodici  piemontesi  e  toscani  {Concordia 
del  22,  Patria  del  23-24,  Fetisiero  Ilaliano  del  24  aprile  1848,  ecc.). 
E  tutti  inserirono  pure  la  risposta,  in  data  17  aprile  1848,  del 
Governo  Provvisorio  Centrale  di  Milano,  il  quale  non  aveva, 
sia  pure  a  malincuore,  e  certamente  non  senza  vivi  contrasti, 
accettata  ancora  l' idea  di  un  Regno  dell'  alta  Italia,  e,  per  le  ra- 
gioni già  dette,  commise  forse  al  Mazzini  l' incarico  di  rispondere 
agli  esuli  di  Londra,  allo  stesso  modo  che  gli  sottopose  per  esame 
l'indirizzo  alle  Nazioni  d' Knropa  del  2  aprile  1848,  steso  da 
A.  Mauri  e  conservato  in  originale  con  postille  del  Mazzini 
(ved.  V.  OrroMNi,  La  rivoluzione  lombarda  del  1848  e  1849: 
Milano,  Hoepli.  1887,  p.  560).  La  risposta  fu  la  seguente: 
«  Il  grido  di  esultanza  che  voi  ci  avete  inviato  da  terra  si 
remota,  ma  sì  ospitale  alle  sventure  italiane,  ci  risnonò  nel  cuore 
giocondissimo.  Alla  vostra  fnitenia  voce  ne  parve  associata  pur 
((uella  della  forte  e  generosa  nazione  che  vi  consolò  i  guai 
dell'esilio. 

«  Noi  siamo  lieti  di  aver  resa  testimonianza  al  nome  glo- 
rioso d'  Italia  :  solo  desideriamo  che  dei  fatti  da  noi  compiti 
tutto  1'  onore  si  riferisca  all'  Italia. 

«  E  anche  noi  ci  prostriamo  innanzi  alla  bontà  Eterna,  che 
operò  in  noi  cose  si  alte;  e  ci  sgomentiamo  della  scelta  che  Dio 
ha  fatto  di  noi.  pensando  ai  grandi  doveri  che  essa  ci  impone. 


58  KPISTOLAKIO.  [1848] 

parlarne.  Addio:  madre    mia,  date  un   abbraccio   a 

T)a<lre  e  credetemi  sempre 

'-  ^  vostro 

Giuseppe. 
J)ate,  vi  preji'o,  le  unite  lijiee  all'ami(;(>  poeta. 

MMCCCLXXI. 

A   Saka    Nathan,  a  Loiulra. 

[Londra],   lunedi  seni   [ marzo   1848]. 

Mia  cara  signora  Nathan, 

Mi  gioverò  del  di  lei  eortesissimo  invito  e  sarò 
da  lei,  giovedì,  alle  sei.   Il  tempo  che  si  passa  con 

«  Se  i  nostri  lunjjhi  e  crudeli  patimenti  sono  stati  espia- 
zione a  tutta  Italia,  noi  li  benediciaino  ;  noi  siamo  gloriosi 
<l'  aver  combattuto  e  vinto,  se  per  noi  si  è  incominciata  la  grau- 
d' opera  della  redenzione  compinta  e  perpetua  di   tutta  Italia. 

«  Dio  vi  conceda  di  venire  fra  noi  !  Nel  vostro  fraterno 
amplesso  sentiremo  più  forte  la  ijioia  di  aver  ricuperata  una, 
patria,  ed  una  tal  patria!  e  con  voi  bacieremo  la  terra  intrisa 
del  sangue  dei  nostri  martiri,  e  pregheremo  che  sia  «juel  san- 
gue fecondo  seme  di  tali  cittadini  a  questa  Italia  che  la  fac- 
ciano concorde  e  forte,  sicché  più  mai  non  accada  che  alcuno 
de'  suoi   tìgli  sia  costretto  a  calcare  il  calle  dell'  esilio  I 

«  Sia  Milano  parola  che  suoni  unione  ad  ogni  cuore  italiano! 

«  La  spada  d'  Italia  combatta  e  vinca  1'  ultima  battagiia 
dell'  indipendenza  italiana. 

«  E  i  cinque  secoli  dell"  italiano  avvilimento  si  sperdano 
dalla  memoria  degli   uomini. 

«  Onore  eterno  all'  Italia. 

«  Onore  ai  generosi  che  in  ogni  parte  del  mondo  civile 
esultano  della  gloria  d'  Italia. 

«  Viva  Italia   una,   libera,   indipendente.  » 

MMCCCLXXI.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  indirizzo.  La  data  del  solo  anno  fu 
posta  a  lapis  sulla  lett.,  da  niano  del  tempo. 


1 


[1848]  K  l'I  STOLA  KIO.  5i* 

lei,  geutile,  attettuosa,  e  buona  Italiana  coni' ella  è,  non 

è  mai  perduto.  Mi  creda  sempre 

dev.mo 

Gius.  Mazzini. 

MMCCCLXXLI. 

[to  Mk.  ok  Mrs.  Ashurst,  London]. 

[London],   Friday  [March,   24"'   1848]. 

I  send,  dear  friend — for  you  allow  me  to  cali  you 

so — wbat  you  ask  for.  I  ha  ve  no  words  to  express 

wbat  your  attectiou  niakes  me  feel  ;    but  you   kuow 

tbat  it  will  be  treasured  in  my   heart   and  belp  to 

keep  it  pure  and  good  to    the   last.  I    feel    assured 

tbat  somebow  I  shall  see  you  again  in  London  ;  but, 

were  it  decreed  otherwise,  I  believe  in  the  immortal- 

ity  of  attectiouSj  and  do  firmly  hope    tbat   we  sball 

meet  elsewhere.  -^ 

E  ver  yours, 

Jos.  Mazzini. 

Venerdì. 

Vi  mando,  cara  amica  [o  amico]  —  poiclié  mi  permettete 

di  chiamarvi  cosi  —  quello  che  mi  chiedete.  Non  ho  parole 

per  esprimere  quello  clie  il   vostro  affetto  mi  fa  provare: 

ma  sapete  che  questo  affetto  sarà  custodito  come  un  tesoro 

nel  mio  cuore  e  mi  aiuterà  a  mantenerlo  buono   e    puro 

fino  all'ultimo.  Sono  certo  di  rivedervi,  in  un  modo  o  in 

un  altro,  a  Londra;  ma,  qualora  fosse  decretato  altrimenti, 

io  credo  nell'immortalità  degli  affetti,  e  spero  fermamente 

di  rincontrarvi  altrove.  „ 

Sempre  vostro 

Gius.  Mazzini. 

MMCCCLXXII.  — PubbL  da  E.  F.  Richakds,  op.  cit.,  p.  78, 
la  «juale  dà  l'asnegna/ioneeladatadella  lett.  in  forma  dubitativa. 


60 


KPISTOI-AKIO. 


[1848] 


MMCCOLXXILI. 
TO   William  Ashurst,  London. 

[London].  Saturday  [March,   25"'  1848]. 

Dear  Friend. 

No;  1  (lo  uot  need  tbe  L.  50  so  kiudly  offered ; 
but,  if  I  sbould,  I  would  certaiiily  apply  yo  you 
rather  tbaii  to  aiiy  otber  person  in  London  :  uud 
besides,  sbould  I  ever  bave  some  poor  countryinan 
of  mine  wortb  being  belped  bere,  or  auy  otber  oood 
work  to  be  done,  I  will,  froin  afar.  apply  to  you,  as 
to  one  of  my  best  frieuds. 

God  bless  you  and  tliose  yoii  love. 

pjver  yours, 
Jos.  Mazzini. 


Sabato. 


Caro  amico, 


No,  non  ho  bisogno  delle  cinquanta  sterline  che  mi 
avete  offerte  cosi  gentilmente:  ma,  se  mi  occorressero, 
ricorrerei  senz' alcun  dubbio  a  voi,  piuttosto  che  a  qua- 
lunque altra  persona  in  Londra  ;  t^  inoltre,  se  dovessi 
trovare  qui  un  giorno  qualche  povero  compatriota  degno 
di  esser  aiutato  o  qualunque  altra  opera  buona  da  fare, 
io  ricorrerei,  da  lontano,  a  voi,  come  a  uno  dei  miei 
migliori  amici. 

Che  Dio  benedica  voi  e  quelli  che  amate. 

Sempre  vostro 
Gius.  Mazzini. 


MMCCCLXXIII.  —  Pubbl.  da  E.  F.  Richakds,  op.  cit.,  p.  78. 


[1848]  Kl'lSTOLAKIO.  61 

MMCCCLXXIV. 

TO  Emime  Hawkes,  London. 

I^Loudoii],  Hatiu-day  iiiji;ht  [Marcii,  25"'  1848]. 

Yoa  will  receive,  dear  Emilie,  wlieu  I  am  far,  a 
parcel.  Be  my  distributer. 

The  small  French  books,  Sainte-Beuve,  Laraartine, 
etc.  are  for  Bessie,  toru  as  they  are;  she  avìII  bave 
tliem  bound. 

Others  are  docuuientary  books  about  Italy,  etc: 
James,  Sydney,  William  (')  and  you  ali,  may  perhaps 
profìt  by  them  for  the  League. 

Sabato  sera. 

Quando  sarò  lontano,  voi  riceverete,  cara  Emilia,  un 
pacco.  Siate  la  mia  distributrice. 

I  piccoli  libri  francesi,  Sainte-Beuve,  Lamartine,  ecc., 
per  quanto  strappati,  sono  per  Bessie;  penserà  lei  a  farli 
rilegare. 

Altri  sono  libri  documentari  suU'  Italia  ;  forse  Giacomo, 
Sydney,  Guglielmo  e  voi  tutti  potrete  trarne  qualche  pro- 
fitto per  la  Lega. 


MMCCCLXXIV. —  Inedita.  L'autografo,  del  quale  una  copia 
fu  inviata  alla  R.  Commissioue  da  Mrs.  E.  F.  Richards,  si  con- 
serva presso  gli  eredi  Ashurst.  La  data  si  ricava  dal  timbro 
postale. 

(1)  James  Stansfeld,  Sydney  Hawkes  e  William  Ashurst, 
rispettivamente,  come  fu  già  avvertito,  cognato,  marito  e  fra- 
tello di  Emilia  Ashurst  Hawkes. 


62  KPISTOI.AKIO.  [1848] 

The  Frencli  book  on  Lamennais  is  for  P^liza:  it 
is  written  by  the  very  man  at  whose  house  she  will, 
perhaps,  live  in  Paris. 

The  "  Cosi  la  peloso  "  written  by  a  friend  of  mine, 
now  in  Lombardy,  and  contaiuing  Information  about 
our  recent  Italian  att'airs,  are  indivisibly  for  Caroline 
and  y  our  self. 

The  Lamennais  "  de  la  Religion  "  dirty  as  it  is, 
is  for  Shaen.  (') 

The  Dante  is  a  foolish  book;  it  is  only  for  th< 
sake  of  the  portraits  that  I  gìve  it.  (^) 

You  will  find  in  the  Conciliatore,  somewhere,  a 
letter  of  mine. 

The  box  is  vours. 


Il  libro  francese  su  Lamennais  è  per  Eliza:  è  scritto 
dalla  stessa  persona  da  cui  ella  andrà,  forse,  ad  abitare 
a  Parigi. 

Il  Cosi  la  penso,  scritto  da  un  mio  amico,  ora  in 
Lombardia,  e  contenente  informazioni  sugli  avvenimenti 
recenti  d' Italia,  è  indivisibilmente  per  Carolina  e  per  voi 
stessa. 

Il  libro  di  Lamennais,  De  la  Beligion,  sporco  com'è^ 
è  per  Shaen. 

Il  Dante  è  un  libro  stupido:  ve  lo  do  semplicement 
per  i  ritratti. 

Troverete  nel  Conciliatore,  in  qualche  parte,  una  mia 
lettera. 

La  scatola  è  vostra. 


(1)  I)e  la  Religion  considérée  dam  ses  rapporta  aree  l'ordre 
politique  et  civil,  che  il  Lamennais  aveva  dato  a  luce  nel  1824. 

(*)  Era  forse  la  traduzione  inglese  del Carry  (London,  1844), 
con  le  incisioni  del  Flaxraan. 


[1848]  Ki'isTDi.Aiuo.  6H 

Pleuty  of  books  are  belonging  to  you  ali. 

The  Treasiirer  of  the  Scbool  is  "  Sig.  Miclielan- 
giolo  Rosselli,  23.  Miucing  Laue.  " 

I  have  received  your  subscriptioii. 

Pray  for  me.  Trust  ray  affection,  take  care  of 
your  bealtli,  speak,  ali  of  you,  sometimes  about  me, 
love  ahvays  oue  another  as  you  do,  work  steadfastly 
each  ou  your  patii,  be  stroug  and  of  good  spirits; 
and  you,  believe  me,  dear  Emilie, 

ever  yours 

Joseph. 

Should  you  coUect  souiething  with  Mrs.  Xathan, 
band  it  over,  weekiy,  to  Fenzi,  10.  Golden  Square. 
It  will  lielp  our  people  to  go  to  Lombardy. 


Molti  dei  libri  appartengono  tutti  a  voi. 

Il  Tesoriere  della  Scuola  è  il  Sig.  Miclielangiolo  Ros- 
selli, 23.  Mincing  Lane. 

Ho  ricevuto  la  vostra  sottoscrizione. 

Pregate  per  me.  Fidate  nel  mio  affetto,  abbiate  cura 
della  vostra  salute,  parlate  qualche  volta,  tutti  quanti,  di 
me,  continuate  a  volervi  sempre  bene,  lavorate  assidua- 
mente, ognuno  nella  via  clie  si  è  prescelta,  siate  forti  e 
fiduciosi.  E  voi,  cara  Emilia,  credetemi 

sempre  vostro 
Giuseppe. 

Qualora  raccoglieste  qualcosa  con  la  Signora  Natlian, 
passatelo,  ogni  settimana,  a  Fenzi,  10,  Golden  Square. 
Aiuterà  i  nostri  ad  andare  in  Lombardia. 


64  KPi.sroi.AHio.  [1848] 

MMCCCLXXV. 

TO  Emilie  Hawkes.  London. 

[Hoiilogne],  .Siinday  [March,  26»''   1848]. 
Alasi   noi  Miiswell    Hill. 

Dear  Emilie, 

Scatter.  to  the  four  wiiids  tlie  fact  tliat  we  write 
Irom  Boulone  (Englisli  prouiinciation)  witliout  any 
visible  inconvenience  for  tbe  individuai  or  for  the 
collective:  in  fact,  with  an  alinost  complete  reconcil- 
iatiou  betweeii  society  and  nature.  You  may  add  to 
that  fact  the  other  of  Jamer  having — of  course,  owing 
to  my  presence — suttered  less  than  ou  tlie  precedine 
times. 

P.  S.  —  "  Nous  sommes  cernés.  " 


Uonionica. 
Ahimè.'  non  da  Muswell  Hill. 

Cara  Emilia, 

Spargete  ai  quattro  venti  la  notizia  che  vi  scriviamo 
da  Boulone  (secondo  la  pronuncia  inglese)  senza  nessun 
inconveniente  visibile  per  l' individuo  o  per  la  collet- 
tività; anzi  con  una  riconciliazione  quasi  completa  fra 
società  e  natura.  Potete  aggiungere  a  quella  notizia 
quest'altra,  che  Giacomo  —  si  capisce,  grazie  alla  mia 
presenza  —  ha  sofferto  meno  delle  volte  passate. 

P.  S.  —  «  Nous  sommes  cernés.  » 

MMCCCLXXV.  —  Pubbl.  da  E.  F.    Richakds,    op.    cit., 
pp.  78-79.  La  data  si  ricava  dal  timbro  postale. 


I 


[1848]  Kl'lSTOI,ARI().  65 

2"*'  P.  S.  —  '•  Le  tocsin  sonile.  '' 

:V'^  ì\  S.  —  Une  des  filles  de  l'iiòtel  a  arbore 
des  jupons  louges. 

4*''  P.  S.  —  "  Reniember  "  !  Be  good  and  strong' — 
Sleep!  Many  things  to  Caroline  and  Bessie,  and  to 
the  inferior  sex. 

Je  cède  la  piume  à  James  ])()nr  les  dépéclies 
ulrérieures.  A-Dien. 

I  tbink  tbat  it  is  uow  out  of  donbfc  tbat  tlie 
traveller  from  Doullers  told  a  story.  (*) 


2  P.  S.  —  «  Le  tocsin  sonne.  » 

3  P.  S.  —  Une  des  filles  de  l'hotel  a  arbore  des  jupons 
rouges. 

4  P,  S.  —  «  Ricordatevi  !  »  Siate  buona  e  forte.  —  Dor- 
mite! Tante  cose  a  Carolina,  a  Bessie  ed  al  sesso  inferiore. 

Je  cède  la  piume  à  James  pour  les  dépéches  ulté- 
rieures.  A-Dieu. 

Credo  non  ci  sia  ormai  nessun  dubbio  che  il  viaggia- 
tore di  Doullers  abbia  detto  una  bugia. 


(1)  A  questo  punto  l'editrice  inglese  allega  la  seguente 
nota  illustrativa  di  Mrs.  E.  Hawkea  :  «  Le  frasi  tra  virgolette 
sono  citazioni  della  lettera  di  uno  stravagante  francese  che  si 
era  presentato  come  un  esule  repubblicano  e  che,  essendosi 
vergognato  di  partire  per  Parigi  alla  i)roclainazione  della  Re- 
pubblica, e  avendo  ottenuto  del  danaro  per  questo  scopo  dagli 
Asliurts  e  da  altri  inglesi  simpatizzanti,  scrisse  ad  essi  che 
egli  e  il  suo  compagno  di  viaggio  erano  stati  presi  dalla 
polizia  a  Boulogne  e  costretti  a  imbarcarsi  di  nuovo  per 
1'  Inghilterra.  Si  scoperse  poi  che  non  erano  andati  mai  oltre 
Folkestoue.  » 


Mazzini.  Scritti,  ecc..  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX). 


66  KPKSTOI.AUIO.  [18481 

MMCCOLXXVI. 

TO  Emilie  Hawkes,  London, 

[Paris),  Tiiesday  [March,  28*''  ISiS]. 

Ouly  Olle  word,  dear  Emilie.  I  am  bere,  veiy 
tired;  and  inost  iinliappily  baffied,  I  fear,  for  tlie 
present,  in  most  of  my  Uopes.  My  countrymen  in 
Lombardy  bave  doue  wouders;  but,  as  soon  as  tliey 
bave  nearly  conquered,  Obarles  Albert  goes  [will  go] 
in  and  will  gatber  tbe  fruits  grown  up  tbrongb  Italian 
blood.  I  do  not  know  wbat  I  will  do.  Tbe  entering 
of  tbe  Piedmontese  Koyal  army  into  Lombardy 
cbanges  entirely  our  position.  (*)  I  sball  witbin  two  or 


Martedì. 

Una  parola  soltanto,  cara  Emilia.  Eccomi  qua,  molto 
stanco  e,  disgraziatamente,  deluso,  almeno  per  il  momento, 
nella  maggior  parte  delle  mie  speranze.  I  miei  compa- 
trioti in  Lombardia  banno  fatto  miracoli  ;  ma,  quando 
avevano  quasi  raggiunta  la  vittoria,  ecco  entrare  Carlo 
Alberto:  ed  egli  raccoglierà  i  frutti  maturati  col  sangue 
italiano.  Non  so  quello  clie  farò.  L'ingresso  dell'esercito 
regio  piemontese  in  Lombardia  cambia  del  tutto  la  nostra 
posizione.  Fra  due  o  tre  giorni  andrò  in  qualche  luogo, 

MMCCCLXXVI.  —  Pubbl.  da  E.  F.  Richauds,  op.  cit., 
pp.   79-80.  La  data  si  ricava  dal   timbro  postale. 

(')  Rotti  filialmente  i  lunghi  indugi,  e  dopo  laboriose 
trattative  con  la  diplomazia  europea  e  con  i  rappresenti  del 
Ooverno  Provvisorio  di  Milano,  il  25  marzo  1848  l'esercito  pie- 
montese era  entrato  in  Lombardia.  Ved.  Casati-Castagnetto, 


(1848]  EPISTOLAKIO.  67 

tbree  duys  go  some w bere,  but  wbere  I  caimot  say. 
1  will  write  wbea  I  bave  taken  a  decision.  Reinember 
me  to  ali. 

Ever  yours, 

Joseph. 


ma  non  posso  dir  quando.  Vi  scriverò  appena  avrò  preso 
una  decisione.  Ricordatemi  a  tutti. 

Sempre  vostro 
Giuseppe. 

MMCCCLXXVII. 

ALLA  Madue,  a  Genova. 

[Parigi],   31  marzo   1848. 
Cara  madre, 

Vi  scrivo  iu  fretta  in  fretta  da  Parigi  ;  circondato  da 
un  mondo  di  gente  e  involto  in  un  turbine  di  faccende.  È 
un'epoca  eccezionale  e  non  s'ba  un  momento  di  quiete. 
p]bbi  la  vostra  del  21  marzo,  quand'io  stava  per 
lasciare  Londra,  e  la  lessi  per  viaggio.  Sto  bene  di 
salute.  Le  cose  Milanesi  sono  stupende;  e  gli  stra- 
nieri ci  ammirano.  Ieri  mi  dicevano  all'  Uffizio  degli 


Carteggio,  ecc.,  cit.,  specialmente  la  parte  dell' iw<ro(i»mo»(e  inti- 
tolata :  Frelimiìiari  dell'entrata  in  campagna  (pp.  xxiij-1)  e  le 
prime  lettere  (pp.  1-20).  Nello  stesso  giorno  in  cui  il  Mazzini 
scriveva  «mesta  lett.,  Carlo  Alberto  faceva  il  suo  ingresso  iu 
Pavia. 

MMCCCLXXVII. — •Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Natlian.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre 
del  Mazzini  annotò:   «31  marzo    1848.» 


68  KPISTOLAKIO.  [lbJ8] 

Affari  Esteri,  e  poco  prima  nei  salon  di  Lainartine.  (') 
clie  fatti  simili  ai  nostri,  se  si  trovassero  scritti  in 

(i)  Nel  «  mlon  di  Laiuartine,  »  nìl'Hólel  de  Ville,  il  Mazziui 
era  andato  il  27  marzo  1848,  alla  testa  di  «  una  unuierosissinia 
deputazione  dell'Associazione  Nazionale  Italiana,  »  che  s'era  data 
convegno  in  piazzii  Vendrtnie.  Gli  esuli  erano  tutti  fregiati 
della  «  coccarda  coi  tre  colori  nazionali  italiani  »  (ved.  la  Patria 
del  3  aprile  1848);  e  andavano  colà  per  assistere  alla  lettura, 
fattavi  dal  Mazzini,  del  messaggio  in  data  22  marzo  1848,  col 
<]nale  l'Associazione  stessa  esprimeva  «  il  suo  tributo  di  sim- 
patia al  Governo  provvisorio  della  Ke]»ubblica  francese,  e  adem- 
piva ad  un  tempo  un  dovere,  facendogli  conoscere  la  propria 
<leiìnitiva  costituzione,  »  Inserito  tradotto  in  francese  nel  Mo- 
niteur  Universel  del  28  marzo  1848,  quindi  riprodotto  nel  testo 
italiano  in  II  22  Marzo  e  nella  Concordia  del  4.  e  nella  l'atria 
dell' 8  aprile,  infine,  riportato  a  frammenti  in  S.  E.  /.,.v«l.  VII, 
pp.  175-176,  il  messaggio  eb))e  del  Laniartine  la  risposta  che 
segue  : 

Citoyens  de  l'associatiou  nationale  pour  la  régénération  de 
l'Italie,  citoyens,  je  pense,  de  toutes  les  régicms  de  l'Italie.... 

Tonte  la  dépntation.  Oui  !  oni!  de  tonte  l'Italie. 

Le  citoyen  Lamartine.  C'est  ponr  moi  un  des  plus  beaux 
jours  de  cette  République  uaissante;  c'est  pour  moi  une  de» 
plus  glorieuses  fonctions  qu'ait  pu  me  conférer  le  Gouverne- 
ment  provisoire  de  la  République,  ([ue  celle  de  recevoir  l'adhé- 
sion  «jue  vous  voulez  bien  apporter  en  ce  moment  à  ses  prin- 
cipes  et  à  ses  actes. 

Et  moi  aussi,  j'ose  le  dire,  et  moi  ausai,  je  snis  un  enfant 
d'adoption  de  votre  olière  Italie....  (Vives  accìaniatìons.  —  Oiti!' 
Oui  —    Vive  Lamartine!   Vive  la  République .') 

.l'ose  le  dire,  et  je  le  répète  avec  gioire  comme  avec  amour, 

je  snis  un  enfant  adoptif  de  ce  grand  pays {Nouvellcs  arcla- 

matioHs). 

Votre  soleil  a  échaufifé  ma  jeunesse  et  presque  mon  enfance. 
Votre  genie  a  colore  ma  pale  imagination  ;  votre  liberté,  votre 
indépeudance,  ce  jour  que  je  vois  enfìn  surgir  aujourd'hui,  a 
été,  pour  moi,  votre  ami,  comme  pour  vous,  le  plus  beau  rève 
de  mon  àge  mftr  {Bravo!  bravo!  —  Vive  Lamartine!  vivent  la 
France  et  l'Italie  régénérée!) 


[1848]  KiMsroLAHio.  69 

libri  jiuticbi  seiiz'  essere  documentati,  non  si  potreb- 
bero credere.  Non  lio  tempo  per  dirvi  le  mie  impres- 

Vous  devez  sentir  par  ces  paroles  combieii  je  sens  délicieu- 
«ement,  l'honnem-  d"ètre  api)elé  pjvr  la  Provideiice  à  voir  réa- 
liser  ici  pai"  le  contact  de  ces  deux  grandes  nationalités  qni 
ii'ont  plus  à  se  conibattre.  qui  nont  plus  qu'à  s'aimer,  à  se 
foitirier,  à  se  défendre  l'ime  l'aiitie,  de  voir  se  réaiiser  ce  rève 
<le8  àines  patriotiques,   qui  va  devenir,   avant  i)en  de  mois.  je 

n'en  doute   pas,  la    plus   inatteudne   de   toutes    les   réalités 

{Bravo!  bravo!  —    Vive  la  Répuhlujne!  vive  Lamartiue!) 

La  Képnblique,  conime  vous  le  pensez  bien.  ni'a  pas  dé- 
placé  niou  cieur  poiir  l'Italie;  je  l'appelais,  il  y  a  peii  de  teiups, 
à  la  tribune,  non  pas  la  reine  des  nations,  mais  la  reine  dea 
races  huinaines. 

Elle  n'a  qu'à  reprendre  sa  place,  et  l'nnivers  recotmaltra 
cetfe  royaiité  iiitellectuelle  du  genie  italien  sur  ce  coin  de  terre 
qu'elh^  a  consacré  dans  d'autres  siècles. 

Le  Gouverneineiit  provisoire  ne  s'étónnera  pas  de  la  dé- 
niarchtì  (ine  les  Italiens  rénnis  en  si  grand  nonibre  antoiir  de 
<•«  palais  dn  peuple  font  anjonrd'luii.  Votre  cause  est  la  nóire, 
et  vos  titres  è  cette  cause,  vous  les  avez  admirablement  énu- 
mérés  tout  à  l'iieure;  vos  titres.  ils  n'ont  pas  besoin  d'étre 
rappelés  au  genre  luuuain  ;  ils  sout  écrits  en  caractères  inef- 
fa^-ables  ])ar  vos  niagnitiques  débris,  par  vos  inipérissables  nioiiu- 
lueuts  sur  votre  sol:  ils  sout  restés  écrits  aussi  éternellement 
<laus  vos  Auies,  et  c'est  j)ourquoi  il  n'a  été  peruiis  à  aucuue 
tyranuie  de  les  elì'acer  s' ils  vieuneut  à  revivres  d'eux-raémes  si 
iégitiuienaent  dans  l'avenir  {Bravo!  bravo!) 

Paruii  ces  titres,  vous  ave/  cité  tout  à  l'iieure  le  plus  glo- 
rienx  peut-ètre.  le  plus  impérissable  de  tous,  ce  sont  les  nonis 
de  ces  grands  géuies  qui  ont  illustre  dans  tous  les  tenipa  la 
terre  il'Italie;  tant  que  ces  titres  des  nations  n'ont  pas  été 
contre-signés,  pour  ainsi  dire,  par  des  noms  immortels,  ils  n'ont 
pas  1»'  scéau  du  temps,  ils  ne  sont  pas  gravés  assez  profonds, 
assez  éclatauts  dans  l'histoire  !  C'est  la  gioire  des  grands  lioni- 
jues  qui  coustitue  la  nationalité  des  penples. 

Panni  ces  nonis  glorieux  que  vous  venez  de  citer,  il  y  en 
a  un  seni  que  je  vous  reproche  d'avoir  rappelé,  à  cause  de  la 
siguitlcation  qui  s'attaclie  conimunément  à  ce  noni  de  Maoliiavel, 


70  Kl'ISTOLAKIO.  [1848] 

sioiii.  lo  del  resto  sapeva  da  limgo  tempo  e  sosteneva 
contro  tutti,  che  il  nostro  popolo  era  capace  quant' altri 
di  grandi  cose.  Quanto  alla   soluzione    ultima    della 


(Olii!  oui!  ce  n'est  pas  sa  place!)  Effacez  désoruiais  ce  noni  de 
V08  titrea  de  gioire,  substituez-lni  le  noni  plus  pur  de  Wa- 
shington; voilà  le  nom  qu'il  faut  anjourd'hui  proclamer,  c'eat 
le  nora  de  la  liberté  moderne.  Ce  n'est  plus  le  noni  d'un 
politique,  ce  n'est  plus  le  nom  d'un  conquérant  qu'il  faut  au 
monde,  c'est  le  nom  de  l'homme  le  plus  désintéressé,  le  ])lu(* 
dévoué  au  peuple.  Voilà  l'homme  qu'il  faut  ìi  la  lil)ert^.  (Oui! 
oui!  —  Bravo!  bravo!)  Un  Washington  européen,  voilà  le  be- 
80in  du  siede:  le  peuple,  la  paix,  la  liberté  I  (Nouveavx  hraros). 

Je  n'entrerai,  vous  le  sentez  bien,  avec  vous  dans  ancuus 
détails  sur  les  diverses  «luestions  j>olitiques  «[ue  votre  réunion 
natìonale  doit  débattre  dans  la  pléuitude  de  son  libre  arbitre, 
et  à  l'abri  de  toute  influence  internationale.  Nous  avons  pro- 
olaraé  le  dogme  du  l'espect  des  nationalités,  des  gouvernements 
et  des  peuples  ;  nous  ne  démentirons  jamais  ce  dogme  aussi 
repectueux  pour  les  peuples  et  ponr  les  gonvernant.H  (|uo  pour 
nous-mémes. 

L'iudépendance  des  nations  dans  le  choix  du  réjiinie  inté- 
rieur  qui  leur  convient,  c'est  le  di'apeau  de  la  Républiqiie  fran- 
^taìse.  Nona  voulons  qu'il  flotte  des  deux  cutés  des  Alpes,  des 
deux  cAtés  des  Pyréuées,  des  deux  cAtés  du  Rhin  !  Ni  crainte, 
ni  complaisauce,  ni  sentiment  iiième  de  prédilection  ne  nous 
fera  démentir  ce  principe.  Il  est  cehii  de  la  dignité  des  i)euple3 
et  de  la  sécurité  des  gouvernants  dans  leurs  rapports  avec  nons  ! 

Mais  je  me  reproche  de  vous  entretenir  si  longtemps.  (Non! 
(non!  Il  faut  me  le  pardonner,  car  je  me  sens  un  fière  dans 
tous  les  tìls  de  la  famille  italienue.  (Applandissementx.)  Ce  sont 
des  adieux,  sans  doute,  que  je  vous  fais  au  nom  de  la  France! 
Vous  eutendez  d'ici  vos  frères  de  Naples,  de  Turin,  de  Ronje, 
de  Florence,  de  Gènes,  qui  vous  appellent!  Vous  allez  sans 
doute  les  rejoindre  et  les  fortitìer  bientòt  de  votre  concours 
dans  cette  oeuvre  pacitique  et  déjà  accomplie,  je  1' espère,  des 
coustitutions  nouvelles  de  toute  nature  que  la  diversi  té  des 
Etats  de  l'Italie  fait  svirgir  des  moeurs,  des  besoins,  des  inté- 
réts,  des  formes  de  ses  difféi-eiits  gouvernements  !  ((hii  !  oui! 
noHS  y  allonn  tous  !) 


[1848]  KIMSTOLARIO.  71 

tacceiula,  senza  eutrare  in  questioni  politicbe,  vi  dirò 
che  qui  il  Governo  vedrebbe  di  mal  occhio  che  il 
vostro  Re  fosse  proclamato  Ke  di  Lombardia.  L'incor- 

Et  bieii,  pnisque  la  Fraiice  et  l'Italie  ne  font  qu'iui  seni 
noni  dans  nos  sentiments  comuinns  ponr  sa  régénération  libé- 
rale, allez  dire  à  l'Italie  qn'elle  a  des  enfauts  aussi  de  ce  coté 
des  Alpes!  {Bravo!)  Allez  lui  dire  qiie  si  elle  était  attaquée  dans 
son  sol  on  dans  son  ànie,  dans  ses  liniites  ou  dans  ses  libertés, 
qiie  si  vos  bras  ne  snttisaient  pas  à  la  défendre,  ce  ne  sont  plus 
des  v(Bnx  seulement,  c'est  l'appel  de  la  France  qne  nons  Ini 
offririons  ponr  la  preservar  de  tont  envahissement  !  {Bravo» 
ìinaninies.) 

Et  ne  voiis  inqniérez  pas,  ne  vons  hnniiiiez  piis  de  ce  mot, 
citoyeus  de  l'Italie  libre!  Le  tenijis  a  óclairé  la  France  et  lui 
a  donne  en  raison.  en  sagesse,  «'n  niodération  ce  qn'elle  eut 
autrefois  en  impatience  de  gioire  et  en  soif  de  conquète.  Nous 
ne  vonlous  plns  de  con(iuètes  qu'avec  vons  et  ponr  vons!  les 
conqnétes  pacifiques  de  l'esprit  hnniain.  Nons  n'avona  jilns 
d'iimbition  que  ponr  les  idées.  Nons  sommes  assez  raisonnables 
et  assez  géuérenx  soiis  la  Républiqne  d'anjourd'hni  ponr  nous 
corriger  inénie  d'un  vain  amour  de  gioire!  Notre  amour  ponr 
l'Italie  est  désintéressé,  et  nons  n'avons  qne  l'arabition  de  la 
voir  aussi  impérissable  et  aiissi  grande  qne  le  sol  qn'elle  a 
éternisé  de  son  nora.  » 

Grandi  applausi  al  Laraurtiiie,  al  Governo  Provvisorio,  alla 
repubblica  avevano  salutato  la  fine  del  discorso  del  poeta  fran- 
cese, che  trovandosi  di  fronte  all'  uomo  di  cui  conosceva  le  aspi- 
razioni unitarie  italiane  e  il  grande  amore  per  le  istituzioni 
repubblicane,  e  pure  essendo  informato  delie  vicende  milanesi 
e  del  concorso  che  ad  esse  andava  apprestando  Carlo  Al- 
berlo,  non  poteva  usare  un  linguaggio  diverso,  indirizzandosi 
agli  esuli  italiani  colà  presenti,  d'  ogni  gradazione  politica. 
Ma  è  da  supporre  che  dopo  le  brevi  parole  del  pesciatino  An- 
drea Luigi  Mazzini,  e  dopo  che  la  deputazione  si  fu  licenziata, 
il  Laniartine  intrattenesse  1'  eaule  genovese  sugli  avvenimenti 
polìtici  italiani  in  relazione  con  quelli  di  Francia,  dei  quali 
è  cenno  nella  nota  seguente.  Qui  va  avvertito  che  quattro  giorni 
dopo  Giovanni  Ruiììni  scrivevaal  fratello  Agostinoche  l'Associa- 
zione era  per  sciogliersi  di  fatto,  poiché  la  maggior  parte  dei  suoi 


72  EPISTOLAUIO.  fl84 


porazione  al  Piemonte  tV  un  si  vasto  territorio,  sotto 
un  Ke  clie  domani  può  trovarsi  ostile  alla  Francia, 
provocherebbe  un  intervento  diplomatico:  né  potrebbe 
essere  ammessa  senza  una  specie  di  concerto  europeo. 
La  cosa  sarebbe  totalmente  differente  se  fosse  procla- 
mata una  forma  di  governo  più  omoj»:euea  a  quella 
della  Francia,  e  dalla  quale  non  avrebbero  mai  a  temere 
cosa   alcuna.  (')   Sono   più  che   lieto  dell'entusiasmo 

membri  si  Uispuuevuno  ii  lasciar  Parigi  jier  l'Italia;  aggiun- 
geva però  che  v'era  chi  desiderava  «ricostituirla  repubbli- 
canamente,» econcbideva:  «  Vi  furono  scene  scandalose;  l'ele- 
mento democratico  artigiano  ha  trasognato;  vogliono  armi, 
daujiro.  bandiera  repubblicana,  e  andare  a  coniiuistare  l'Italia. 
Né  basta.  Vogliono  che  il  Comitato  si  metta  alla  lor  testa,  e  li 
guidi.  Mazzini  è  qui;  cerca  di  mettere  un  po'  d'ordine  in 
questa  confusione,  ma  il  successo  è  dubbio....  I  buoni,  Lamberti, 
Ruflìni  [Giambattista],  ecc.  sono  dolenti,  stomacati.  In  mezzo 
però  a  rjuesto  fermento  di  male  passioni,  nobilissimi,  genero- 
sissimi tratti:  operai  che  olirono  1  loro  sparagni  d'anni  e  d'anni 
per  abilitare  i  poveri  a  partire.  Altri  oii're  l'orologio,  altri 
toglie  alla  scorta  di  viaggio  25  franchi  per  un  pili  bisognoso; 
gli  stanziati  a  Parigi  offrono  prendere  a  loro  carico  il  mante- 
nimento e  l'educazione  dei  figliuoli  di  chi  parte:  insomma, 
come  in  ogni  cosa  iimsina.  il  bene  è  misto  al  male.  Tutt'insicnie. 
Mazzini  è  sfiduciato.  Penso  che  finirà  col  ricostituire  una 
chiesetta  Glorine  Italia;  eserciterà  sempre  molta  influenza 
all'interno  per  mezzo  de'  suoi  fidi  che  ripatriano;  e  se  la 
repubblica  francese  si  cons(dida,  l'avrà  a  complice  morale,  irre- 
sistiltile  entro  un  certo  spazio  di  tempo,  d'una  propaganda 
democratica  all'interno.  »  C.  Cagnacci,  op.  cit.,  pp.  1526-327. 
(')  Le  direttive  della  politica  estera,  esposte  nella  nota 
del  2  marzo  1848  agli  «  agenti  diplomatici  della  Repubblica 
francese,  »  nella  quale  il  Lamartine  aveva  dicliiarato  che  i 
trattati  del  1815  «  non  esistevano  più  in  diritto  agli  occhi 
della  Repubblica,»  e  che,  riguardo  all'Italia,  non  avrebbe 
ammesso  che  fosse  invaso  alcun  de'  suoi  «  Stati  indipendenti,  » 
e  anzi  protetti  i  «  movimenti  legittimi  di  sviluppo  e  nazio- 
nalità de'  popoli,  »  erano  .state  del  tutto  sconvolte  dopo  l'insur- 


1 


[1848]  Ei'isioi.Aiuo.  73 

niauifestiitosi  iu  Cleiiova  e  dell'accorrere  dei  nostri. 
Non  posso  indovinare  clii  mandi  a  voi  i  fogli  inglesi: 
qualcuna  della  mie  amiche  inolesi,  che  sono  molte 
e  buonissime.  Forse  un  giorno  lo  saprò.  Vengo  a  noi, 
perdi*}  non  posso  trattenermi  più  a  lungo,  lo  sono 
costretto  a  partir  da  qui  per  Lugano^  dove  starò  un 
quindici  giorni  o  tre  settimane.  Ho  affari  là,  e  la 
mia  gita  è  indispensabile.  Non  ho  bisogno  di  dirvi  che 

rezioiiH  milanese,  e  dopo  die  il  Governo  Provvisorio  della  Lom- 
bardiu  aveva  chiesto  ainto  al  Piemonte  per  cacciare  gli  Anstriaci 
da  tutto  il  snolo  della  patria.  Snaturale  clie  l'nomo  il  quale 
guidava  allora  i  destini  della  Francia  considerasse  con  bene- 
volenza una  forma  di  governo  repubblicano  per  la  Lombardia; 
ma  è  ancor  più  spiegabile  che  egli  —  come  osservava  G.  Rnftini 
—  vedesse  «  di  mal  occhio  P  incorporazione  della  Lombardia  al 
Pieuionte  e  V  ingrandimento  iV  una  potenza  padrona  della  chiave 
delle  Alpi,  »  che  da  un  giorno  all'altro  poteva  diventare  ostile 
alla  Francia  (ved.  (".  Cagnacci,  op.  cit.,  i>.  328).  AI  campo  di 
Carlo  Alberto  a  Pavia  si  nutrivano  invece,  almeno  in  quei  primi 
giorni,  altre  illusioni:  si  credeva  chcì  la  Francia  approvasse  «  il 
movimento  del  Re  in  Italia.»  e  si  volesse  «  anzi  secondare,  num- 
dando  un  esercito  d*  osservazione  al  Varo  ;  »  iutine,  che  non  desi- 
derasse «  punto  di  fomentare  la  Repubblica»  (lett.  del  conte  di 
Castagnetto  a  G.  Casati,  da  Pavia.  29  marzo  1848,  in  Casati-Ca- 
STAGNKTTO,  Carteggio,  ecc.,  cit..  p.  22).  Al  contrario,  da  parte  degli 
esuli  a  Parigi,  alenili  dei  quali  in  relazione  con  quegli  uomini 
di  Governo,  si  riteneva  clie  il  Lamartine  si  disponeva  a  inviare 
al  Gabinetto  di  'l'orino  una  nota  nella  quale  avrebbe  protestato 
c()ntro  la  mossa  di  Carlo  Alberto,  dando  cosi  «  un  gran  peso  mo- 
rale alla  parte  repubblicana  a  Milano,  »  dove  un  redattore  del 
NatioHid,  diventato  l'organo  ufficiale  del  Governo  francese,  era 
andato  a  «  lavorare  per  la  buona  causa,  cioè  per  P  unione  »  (Ii>., 
p.  23).  ma  certamenteperl' unione  repubblicana.  Tutto  compreso, 
è  (la  ammettere  che  il  I^amartiue  favorisse P  idea,  repubblicana  in 
Lombai'dia  per  l'unica  ragione  che  con  ciò  non  sarebbe  mai 
avvenuta  la  temuta  formazione  di  uno  Stato  di  dodici  milioni 
d'abitanti  alle  frontiere  ^Jella  Francia;  e  nelP  ipotesi  che  questa 
unione  si   fosse  verificata,    egli   era    preparato   a    chiedere   dei 


74  Kl'lSTOI.AIMO.  [1848] 

viviate  tranquilli  sul  conto  mio.  (;alcolaiuìo  sempre 
sulla  mia  esperienza  e  sul  mio  amore  per  voi.  Scri- 
vetemi nondimeno  sempre  a  Parij^i,  tinche  io  non 
vi  dia  altro  indirizzo.  Le  vostre  lettere  mi  uiunge- 
rsìiiiio  un  ])o'  più  tiiidi.  ma  sicure.  Il  viao'gio  mi  farà 


compensi  territoriali,  ambitissimo  fra  tutti  qiielloilell'iiicoii>ora- 
zione  «Iella  Savoia  alla  Francia.  II  Lamartine  aveva  espresso  (que- 
sto <lesi«lerio  tino  dal  giorno  in  cui  aveva  potuto  aver  notizia 
che  Milano  era  insorta;  nel  Moniteiir  officiel  del  20  marzo  1848  8? 
leggeva  infatti  che  una  deputazione  di  duemila  Savoiardi  resi- 
denti a  Parigi  si  era  presentata  al  («overno  Provvisorio  «ricor- 
dando che  la  giacitura  geografica  della  Savoia  faceva  di  quel 
paese  una  delle  frontiere  della  Francia,  e  che  l' immensn  maggio- 
rità del  popolo  della  Savoia  rammentara  che  il  loro  ))aese  for- 
mava aU.ra  volta  i  dipartimenti  del  Monte  Bianco  e  del  Ibernano  » 
(ved.  l'art,  del  Monitenr,  tradotto  nella  Patria  del  29  marzo  1848, 
e.  per  i  motivi  di  quella  deputazione.  V.  Gioberti,  Lettere  a 
P.  D.  Pinelli.  ecc.,  cit.,  p.  252).  Al  che  il  Lamartine  s'era  scher- 
mito in  una  forma  che  non  peccava  di  accessi  vo  rispetto  ai  diritti 
del  Piemonte;  dichiarava  egli  invero  che  «  in  quanto  all'a<le8Ìone 
francese,  »  se  1'  avesse  rifiutata,  ne  avrebbe  sotterto  «  nel  più 
intimo  del  cuore,  »  e  accettandola,  avrebbe  rotto  «  la  pace  e 
l'alleanza  con  i  popoli  e  con  i 'Governi  ;  »  ma  8ul)ito  dopo  aveva 
soggiunto:  «  Se,  non  per  causa  nostra,  la  iiace  del  mondo  venisse 
rotta  da  qualche  attentato  all' indipendenza  d' Italia,  noi  vole- 
remmo a  vostro  aoccorso,  noi  la  libereremmo,  uniremmo  la  nostra 
bandiera  alla  vostra;  e  se  inseguito  la  carta  dell'  Europa  venisse 
a  esser  disfatta  senza  di  noi  e  contro  di  noi,  siate  convinti, 
cittadini  Savoiardi,  che  un  frammento  di  questa  carta  reste- 
rebbe nelle  vostre  mani  e  nelle  nostre,  e  noi  metteremmo  il 
peso  de'  vostri  cuori  nella  bilancia,  dove  l'Europa  ed  il  vostro 
Governo  istesso  peserebbero  i  territorii  da  cui  verrebbe  costi- 
tuito il  nuovo  equilibrio  europeo.  »  Evidentemente,  il  Lamar- 
tine, ancor  prima  che  1'  insurrezione  lombarda  si  concludesse 
con  la  fuga  degli  Austriaci  da  Milano,  prevedeva  l'offerta  di 
un  qualunque  Governo  Provvisorio  a  Carlo  Alberto,  e  quindi, 
metteva  le  mani  avanti  per  una  richiesta  di  compensi  terri- 
toriali, per  ottenere  i  quali,  dopo  che  il  Piemonte  dimostrò  di 


[1848]  Kl'ISTDI.AltlO.  75 

bene.  (')  Ho  veduto  il  decreto  d'Amnistia:  è  una  ver- 
«ocjna  per  chi  lo  dà:  parlo  della  dichiarazione  scritta 
che  s'esige  di  fedeltà  al  Re  e  alle  Leggi.  Io  non 
posso  prestare  giuramento  ad  altri  che  al  mio  paese 
e  n  quanti  faranno  il  bene  del  mio  paese  finché  lo 
faranno.  Non  è  questo  il  tempo  d'esigenze  monar- 
chiche. Tornato  da  Lugano,  io  <lomanderò,  (;on  tutte 
le  promesse  che  vorranno,  un  permesso  di  soggiorno 
l>er  due  o  tre  settimane  con  voi:  poi  -r  se  me  lo 
concederanno  —  mi  rifarò  esule,  e  troverò  un  altro 
angolo  d'Italia  che  m'accoglierà.  Ma  di  questo  parlerò 
più  a  lungo  nell'altra  mia  lettera,  dopo  che  avrò 
ricevuto  la  vostra.  (^)  Credete  a  ogni  modo  che  ci  rive- 

non  gradire  l'aiuto  della  Francia  nella  lotta  intrapresa  contro 
l'Austria,  inscenò  forse  quella  misteriosa  invasione  in  Savoia 
dalla  parte  di  Lione,  e  protestò  in  seguito  per  le  vie  diploma- 
tiche (ved.  il  cap.  intitolato:  Alleanza  co»  la  Francia,  neAV Intro- 
duzione al  Carteggio  Casati-Cahtagnktto,  cit.,  pp.  Ivij-lxxviij), 
infine,  accantonò  un  corpo  di  esercito  ai  confini  del  Piemonte. 

(*)  Il  Mazzini  lasciò  Parigi  il  1"  aprile  1848.  Sotto  qnella 
data,  G.  Ruftini  scriveva  al  fratello  Agostino:  «Mazzini  è 
partito  stamane  per  la  volta  di  Milano.  Son  seco  Achille  e 
Massimiliano  Menotti,  Battista  Knffini  e  Vecchi.  Non  ha  piano 
fisso,  e  sfido  io  ;  solo  desidera  essere  sui  luoghi  per  trar  partito 
dalla  circostanza,  ove  vi  presentino  favorevoli  alla  demo- 
crazia. »  C.  Cagnacci,  op.  cit.,  p.  328.  Impiegò  sei  giorni  per 
compire  il  viaggio  da  Parigi  a  Lugano,  dove  il  suo  arrivo  era 
COSI  annnnziato  dal  corrispondente  ticinese  della  Concordia 
(n.  dell' 11  aprile  1848):  «Il  nostro  celebre  Giuseppe  Mazzini 
giungeva  il  giorno  6  a  Lugano  venendo  da  Parigi;  ripartiva 
alla  domane  per  Milano  accompagnato  dal  suo  fedele  compagno 
d'esilio  Battista  Rnftini,  e  dai  tìgli  di  Ciro  Menotti.  » 

C^)  Il  decreto  del  18  marzo  1848,  con  cui  era  concessa 
«  piena  amnistia  e  restituzione  d'ogni  esercizio  di  diritti  poli- 
tici e  civili  a  tutti  i  sudditi  »  del  Regno  di  Piemonte  «  stati 
condannati  per  titolo  politico  anteriormente  alla  pubblicazione 
dello  Statnto  fondamentale.  »  imponeva  all'art.  2"  che  gli  esnli 


76  KFISTOLAKIO.  [1848] 

drenio  tra  non  molto.  Certo,  come  dice  il  padre,  iiou 
dimenticherò  mai  il  bene  che  ho  ricevuto  in  Inghil- 
terra: e  un  giorno  vi  ripeterò  i  tratti  d'amore 
che  ho  avuto  in  questi  ultimi  giorni.  Addio,  madre 
mia.  conservatevi;  abbracciate  il  padre  per  me;  dite 

ohe  volevano  "godere  di  quel  benelicio  dovessero  «  dichiarare 
per  iscritto  »  dinanzi  agli  «  agenti  diplomatici  e  consolari  » 
sardi,  «  sul  loro  onore  di  voler  serbare  fedeltà  al  Sovrano  ed 
obbedire  alle  legtji  dello  Stato.  »  Quella  clausola,  che  fu  criti- 
cata quasi  da  tutti,  e  specialmente  dal  Gioberti,  il  quale,  sia  pure 
contrario  già  d'allora  al  Mazzini,  giustamente  osservava  che 
s'era  voluto  «  imitar  Pio,  senza  avvertire  che  le  circostanze  » 
avevano  cambiato  (ved.  Y.  Giobkuti,  Lettere  n  l\  D.  PinelU, 
<jit.,  p.  249),  era  stata  lungameure  discussa  fra  gli  nomini 
politici  adunatisi  il  14  marzo  in  casa  Hallio  per  gettare  le 
basi  del  jjrogramnui  con  cui  il  Gabinetto  piemontese  di  due 
giorni  dopo  avrebbe  assunto  le  redini  del  potere;  e  mentre  «  i  Pie- 
montesi volevano  che  chi  intendesse  »  godere  dell'  amnistia 
«  desse  la  sua  parola  d'  onore,  come  fu  richiesta  dall'  amnistia 
del  Papa,  o  ne  introducesse  speciale  domanda,  come  si  praticò 
in  Francia,  »  i  Genovesi,  cioè  1j.  Pareto  e  V.  Ricci,  che  in  <iuel 
primo  Ministero  costituzionale  dovevano  ruppresentare  il  nuovo 
regime,  dissentivano  «  dicendo  che  imporre  queste  cautele  era 
un  offendere  1'  amor  proi»rio  degli  amnistiandi  »  (ved.  gli  Appunti 
inediti  di  F.  Sn.opis.  editi  <la  A.  Manno,  Il  primo  Mimstvro 
GOHtititzionale  in  l'iemonle,  in  II  llisorgimento  Ilaliavo,  Rivista  Sto- 
rica, a.  I  [1908],  p.  73).  Tuttavia,  lini  col  trionfare  la  tesi  pie- 
montese. Il  Mazzini  fu  l'unico  tra  gli  esuli  a  non  accettare 
queir  obbligo,  poiché  G.  e  A.  h'uffini,  sia  pure  a  malincuore, 
si  persuasei-o  alla  fine,  con  una  mal  celata  amarezza,  a  rientiare 
in  patria  (ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCLXVI):  ma,  del  resto, 
egli  era  stato  la  causa  principale,  perché  queir  atto  di  sovrana 
clemenzafosse  tardato  tanto  a  giungere,  nonostante  i  reiterati  in- 
citamenti (ved.  la  nota  alla  lett.  ora  cit.  e  il  Protocollo  della  Giovine 
Italia,  voi.  VI,  p.  220).  All'avv.  D.De  Ferrari,  che  fu  poi  Depu- 
tato al  Parlamento  per  Genova  tìn  dalla  prima  Legislatura  e  Mini- 
stro degli  Aifari  esteri  nel  Gabinetto  Gioberti,  e  che  in  un  collo- 
quio avuto  nel  gennaio  del  1818  col  Ministro  Borelli  diceva  essere 


18]^ 


[1S4S]  KIMSTOI.AHIO.  77 

a  N[apoleone]  die  gli  scriverò  nella  mia  prima,  ed 
amate  sempre  il  ^^^^.^.^ 

Giuseppe. 

Vi  sarebbe  un  mezzo  di  farmi  rientrare  che  conci- 
lierebbe  il  mio  onore  col  nostro  desiderio  di  riabbrac- 
ciarci: e  sarebbe,  che  i  miei  compatrioti  mi  portassero 
candidato  alla  Canìera;  ma  è  mezzo  quasi  impossi- 
bile a  realizzarsi.  (') 

il  Mazzini  «  uomo  eccellente  per  ingegno  e  per  cuore  »  (ved. 
una  corrispondenza  da  Genova  iiìV Alba  del  l"  febbraio  1848),  si 
rispondeva:  «Ma  l'avete  già  detto  tre  volte.  11  Mazzini  è  il 
solo  ostacolo  per  cui  il  Governo  non  dà  l'amnistia,  perché  non 
si  vuole  né  ammetterlo,  né  fargli  l'onore  di  escluderlo.  »  Né 
si  deve  supporre  che  questa  fosse  un'  informazione  infondata, 
poiché  Carlo  Bandi  di  Vesme,  il  quale  si  dimostrò  1'  anno  appresso 
tutt' altro  che  ammiratore  del  Mazzini,  scriveva  nella  Concordia 
dell'  11  marzo  1848,  quando  cioè  fervevano  i  preparativi  per 
la  composizione  del  primo  Ministero  costituzionale  :  «  Il  timor© 
di  un  UOMO  sembra  avesse  Hnora  impedito  la  santa  opera 
dell'amnistia.  Il  nome  di  Mazzini  che  desta  in  Italia  l'idea 
di  cose,  le  quali  secondo  la  varietà  dei  partiti  erano  con 
eccesso  già  bramate  o  temute  quando  non  era  aperto  l' adito 
ad  esprimere  onesti  e  moderati  desiderii,  né  si  vedeva  spe- 
ranza di  conseguirli  :  il  nome  di  Mazzini,  che  pur  ora  il  Guizot, 
misconoscendo  i  tempi  e  i  luoghi,  poneva  dalla  tribuna  della 
Francia  a  vano  spauracchio,  mentre  pur  diceva  lontano  da  noi, 
indefinitamente  lontano,  il  tempo  delle  costituzioni,  quel  nome 
pare  continui  ad  esercitare  molta  parte  dell'  antico  terrore,  ed 
a  farci  parere  minori  di  noi  medesimi  e  della  reale  nostra 
forza.  »  Ed  infatti  la  condizione  politica  dell'  esule  fu  argo- 
mento di  discussione  in  (jnel  consiglio  ora  cit.,  tenuto  in  casa 
Balbo;  F.  Sclopis  anuotava  ne'  suoi  appunti,  a  proposito 
dell'amnistia:  «Si  menzionò  il  nome  del  Mazzini  ;  Ricci  [Vin- 
cenzo, che  poi  ebbe  il  portafoglio  dell' Interno]  qnalifìcollo  di 
pazzo,  ma  sostenne  caldamente  1' ommessione  d' ogni  formalit.ò. 
precedente.  »  A.  Manno,  art.  cit.,  p.  73. 

(»)  Ved.   la  nota  alla  lett.   MMCCCXCIII. 


78 


KIMSTOLAKU). 


'lMi<] 


MMCCCLXXVIir. 
A  Pietro  Giannonk.  a  Parigi. 

[Pari.^i].  sahbato  [l"  aprile  1848] 

Caro  PietrO; 

Speravo  vederti  ieri  :  ma  iuvauo.  Ti  vedrò,  spero, 
oggi;  iioudiiiieno,  ti  scrivo.  Panni  clie  si  parlasse  tra 
noi  di  vedere  la  Signora  Tli[oirias]  martedì  sera.  Mi  dor- 
rebbe che  tu  avessi  già  stabilito  ogui  cosa  con  essa;  per 
certo  viluppo  di  circostanze,  temo  che  mi  riescirà  im- 
possibile, martedì,  di  vederla;  e  dovresti  avvertir- 
uela  in  tempo. 

Forse,  il  meglio  sarebbe  per  me  visitarla  nella 
giornata;  e  lo  farei,  se  tu  potessi  dirmi  il  quando  le 
riesca  più  convenevole.  Ama  il 

tuo 

Giuseppe. 


MMCOCLXXIX. 

AL  Redattork  peli.a   «  CONCORDIA,  »  a  Torino. 

Parigi,   10  aprile  1848. 

Signor  Redattore, 

Per  evitare  una  contusione  di  nouii  che  già  è 
stata  più  volte  fatta  dai  giornali  in  Italia,  in  Francia^ 

MMCCCLXXVIII.  —  Inedita.  L'  autografo  si  conserva 
uella  raccolta  Natliaii.  Nou  ha  iudirizzo. 

MMCCCLXXIX.  —  Pubbl.  nella  Concordia  deìV  11  a- 
prile  1848.  Fu  ristampata  nella  Patria  del  17  dello  stesso  mese» 


[1848]  Ki'isroi.Aiuo.  79 

in  Germauiii  e  altrove,  vi  prego  di  voler  inserire  nel 
vostro  foglio  la  seguente  dichiarazione: 

11  bel  libro  del  mio  compatriota  Andrea  Luigi  Maz- 
zini intitolato:  De  V Italie  dans  ses  rapporta  aree  la 
liberto  et  la  eivilisation  moderne,  che  fu  pubblicato 
l'anno  scorso  in  Parigi  e  che  è  stato  ultimamente 
tradotto  in  tedesco  a  Berlino  o  a  Lipsia,  non  è,  come 
già  sapete  forse,  opera  mia.  (*) 

È  perciò  che  mi  credo  in  dovere,  ripeto,  di  protestare 
in  proposito  contro  ogni  confusione  di  nomi  e  di  diritti. 

Il  primo  a  riconoscere  il  merito  dell'opera  sopraci- 
tata e  ad  approvarne  in  gran  parte  le  dottrine  e  le 
tendenze,  desidero  che  in  tutto  ciò  che  spetta  il  mio 
omonimo  o  me  sia  reso  in  Italia  e  fuori  a  ciascuno  il  suo. 

Giuseppe  Mazzini. 

MMCCCLXXX. 
A  GiusEi'iM-:   Lambkuti,  a    Parigi. 

[Mulhouse],  3  aprile  [1848]. 

Caro  Giuseppe, 

l^ue  parole  appena.  Siam  qui  e  per  dispetto  coi 
soli  giornali  dell'I.  —  Partiamo  per  Bàie.  Ti  scriverò, 

(')  Se  non  tluraiifce  la  priiua  peiiuaueuza  a  Parigi  nel  no- 
vembre e  dicembre  dell'anno  precedente,  il  Mazzini  aveva 
personalmente  conosciuto  il  suo  omonimo  (sul  quale  vcd.  la 
nota  alla  lett.  MDCCCXCVIII)  in  una  delle  altre  due,  e  con  lui 
si  era  trovato  dal  Lamartiue  il  27  marzo,  insieme  con  gli  altri 
rappresentanti  dell'Associazione  Nazionale  Italiana  (red.  la  nota 
alla  lett.  MMCCCLXXVII),  nella  quale  era  nno  dei  segretari. 
Negli  anni  precedenti,  le  relazioni  fra  i  due  esuli  non  erano 
state  cordiali  (ved.  la  nota  alla  lett.  MCMI). 

MMCCCLXXX.  —  Pubbl.da  D.  Giukiati,  Diiecenlo  lettere, 
ecc.,  cit.,  p.   286.    Qui   si    riscontra  sul!' .'lutografo,    posseduto 


80  EPisTOLAiao.  [1848 

appena  giunto  a  Lngano.  —  Intanto,  se  anche  prima  che 
le  mie  lettere  t'arrivano,  le  notizie  vi  conferiDano  il 
Provvisorio  in  Lombardia,  credo  che  Lizabe  potrebbe 
partire;  chiedi  il  danaro  del  viaggio  a  Michele,  e 
daglielo. 

Credo  che  tu  pure  dovresti  venire  —  se  riesco 
ad  entrare  —  quanto  più  presto  ])uoi.  Se  mai  vieni, 
incaricati  del  danaro  che  ha  Michele.  —  Se  ])eraltro 
tu  andassi  prima  per  Livorno,  ciò  che  spero  mi  s(tri- 
verai  subito,  ti  farei  volentieri  avere  un  abbocca- 
mento con  Guerrazzi.  Addio:  ama  il  , 

tuo 

Giuseppe. 

Prega  Celeste  «la  parte  d'Achille  che  lo  saluta 
di  pagare  due  o  tre  franchi  ch'ei  deve  al  suo  parruc- 
chiere. 

MMCCCLXXXI. 

To  Emilie  Hawkes,  London. 

[Lii<,riiiio],  Ai>ril.   7"'   [1S48J, 

])ear  Emilie, 

I  am  in  Lugano,  about  leaving  for  Miian.  (\)  I  bave 
been  travelling  day  and  night;  crossing  the  Aljis  on 


'""l    11 


Cara  Emilia, 

Sono  a  Lugano,  sul  punto  di  partire  per  Milano.  Ho 
viaggiato  giorno  e  notte,  traversando  le  Alpi  dal  San  Got- 

dal  dr.  Daniele  Vare.  A  tergo  di  esso,  di  pugno  del  Mazzini, 
sta  l'indirizzo:   «Lamberti.  » 

MMCCCLXXXI.  —  Pubbl.  da  E.  F.  Richards,   op.   oifc. 
p.   82.  La  data  si  ricava  dal  timbro  postale. 

(1)  Lasciata  Parigi  la  sera  del  1°  aprile  1848,   il  Mazzini 
aveva  probabilmente  prese  la  ferrovia  che  per  Provins,  Troj-es, 


|l><48j  KFISTOI.AKIO.  81 

tbe  St.  Gotbard,  witli  real  dauger  aud  aiuidst  the 
sublimest  scenes  one  cau  ever  see  or  faiicy.  You 
will  receive  some  day  tbe  "  Scritti  d'un  Italiano.  *' 
I  send  tbe  first  viola  dell'Alpi  1  saw.  I  will  write  from 
Milau  if  I  cau  remain  tbere.  I  ani  well.  I  bope  you 
are  so.  Kemember  me  to  ali;  blessings  ou  you, 

Ever  yours 
Joseph. 

Cau  you  [ali]  flnd  out  some  Euglisbman  at  Milau 
—  Cousui,  Agent  or  otber  —  aud  introduce  me  to 
himf  I  could  perbaps  tìnd  some  Englisb  paper  to 
read  in  tbat  way. 


tardo,  con  vero  pericolo,  in  mezzo  ai  paesaggi  più  belli 
che  si  siano  mai  vieti  o  immaginati.  Riceverete  un  giorno 
o  l'altro  gli  Scritti  d'un  Italiano.  Vi  mando  la  prima 
viola  dell'Alpi  che  ho  visto.  Vi  scriverò  da  Milano,  se  vi 
posso  rimanere.  Sto  bene.  Spero  lo  stesso  di  voi.  Ricor- 
datemi a  tutti  :  siate  benedetta. 

Sempre  vostro 
Giuseppe. 

Potete  pescarmi  fra  tutti  quanti  a  Milano  qualche 
Inglese  (Console,  Agente  od  altro)  e  presentarmi  a  lui  ? 
Potrei  forse  trovare  in  quel  modo  qualche  giornale  inglese 
da  leggere. 

Chanmont,  Vésoul,  Belfort,  Mulhouse  (quella  stessa  che,  iiiuugu- 
ruta  nel  1842,  è  ancora  la  odierna),  lo  aveva  condotto  alla 
frontiera  svizzera.  A  Mulhouse  s'era  dovuto  fermare  per  la 
vidimazione  del  passaporto,  e  di  là  aveva  scritto  al  Lamberti, 
avvertendolo  che  il  4  aprile  sarebbe  stato  a  Basilea.  Il  Maz- 
zini impiegò  quindi  due  giorni  per  traversare  la  Svizzera,  rive- 
dendo dopo  dodici  anni  quel  Cantone  di  Soleure  che  gli  era 
Htato  cosi  ospitale. 

Mazzini,  Scritti,  ecc.,  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  fi 


82  .       KiMSToLAiao.  [lf<4Sj 

MMCCCLXXXII. 

TO  SusANNAH  Tancioni,    Londoii. 

Milan,   Friday  Aprii.   7"'   1848. 

1  am  ili  Italy,  at  Milan.  At  tlie  frontier  the 
ciistom  house  officers  knewme;  they  quoted  to  me 
vvords  from  my  writings.  At  Como,  half-way  fiom 
Milan.    I    was    snirounded  by    people,    priest    and 


Sono  in  Italia  —  a  Milano.  Alla  frontiera,  gli  ufficiali 
della  dogana  mi  hanno  riconosciuto  ;  mi  hanno  citato  parole 
dei  miei  scritti.  A  Como,  a  metà  .strada  da  Milano,  sono 
stato  circondato  e  acclamato  da  popolani,  preti  e  giovani. 

MMCCCLXXXII,  -  Piibbl.  da  E.  F.  Richakds,  op.  eit., 
pp.  83-84.  Come  fosse  giunta  iu  mani  di  Emilia  Hawkes,  la  quale 
ne  trasse  in  gran  parte  copia,  apparisce  da  una  lett.  che  suo 
fratello  William  inviava  alla  madre  il  18  aprile  1848,  la  quale  si 
trascrive  qui  appresso  tradotta,  anche  per  dare  un  saggio  dejjli 
affettnosi  ricordi  lasciati  a  Londra  dal  Mazzini  fra  i  suoi  amici 
inglesi  :  «  Cara  mamma  —  Il  capitano  Stoizman  ha  portato  ieri 
sera  la  copia  di  una  parte  di  lettera  del  Mazzini,  diretta  alla 
signora  Tancioni,  la  sua  ex  padrona  di  casa  di  Cropley  Street: 
mi  è  i>arsa  cosi  interessante,  che  1'  ho  ricopiata  per  te,  e  ora 
te  la  mando.  Desidereremmo  di  riaverla  o  di  avere  almeno  il 
modo  di  ricopiarla.  Oggi  sono  venute  a  farci  visita  Carolina, 
Emilia  e  la  signora  Nathan  ;  hanno  fatto  colazione  con  Bessie, 
a  cui  han  lasciata  1'  acchinsa  lettera  di  Mazzini,  che  abbiamo 
avuto  incarico  di  spedirti;  e  tu  sei  pregata,  a  tua  volta,  di  man- 
darla subito  a  Shaen,  a  Old  Jewry.  Emilia  spera  di  riaverla 
presto  per  recarla  a  Leicester  giovedì  mattina.  Digli  perciò 
che  deve  rimandarla  a  Emilia  immediatamente.  »  Ved.  il  testo 
originale  in  E.  F.  Richards,  op.  cit.,  pp.  82-83. 


[1848]  EPisror.AKio.  83 

young  meli  witli  sliouts,  etc.  At  Milaii,  eiitering-  tlie 
town  after  iiiue  o'clock  in  the  evening.  I  lieard  a 
voice  in  tlie  Street  crying  Viva  Mazzini  !  Ali  tliis 
is  very  good  :  but  in  this  large  town,  full  witli 
uoblos  and  ridi  people,  tbiugs  are  not  as  I  sliould 
wisb.  Tbere  is  a  republican  party;  but  a  strong  one 
also  tbr  Cbarles  Albert.  We  sball  see.  I  felt  uioved, 
deeply  iiioved,  wlien  1  entered  Italy  ;  but  strange. 
and.  sad  to  say,  witliout  Joy.  Never  niiud.  If  I  ani, 
as  I  fear,  dead  to  joy,  I  ani  not  dead  to  duty.  I  write 
by  nigbt  before  going  to  bed,  tired  as  I  am.  To-inorrow. 
1  will  plunge  in  tlie  midst  of  ali  sorts  of  men  and 
try  to  see  clearly  tbrougb  tlie  state  of  tbings. 

Saturdiiy. 

I  ani    surrouuded    witli  people.  I  begiii  to  Avork 
and  witli  some  cbance  of  succeeding. 


A  .Miluno,  entrando  in  città  dopo  le  nove  di  sera,  lio 
udito  unu  voce  nella  strada  che  gridava:  Viva  Mazzini! 
Tutto  ciò  va  benissimo;  ma  in  questa  grande  città,  piena 
di  nobili  e  di  persone  ricche,  le  cose  non  sono  come  desi- 
dererei. C'è  un  partito  repubblicano:  ma  ce  n'è  anche 
uno  forte  per  Carlo  Alberto.  Vedremo.  —  Mi  son  sentito 
commosso,  j) rotondamente  commosso,  quando  sono  entrato 
in  Italia:  ma,  cosa  strana  e  triste  a  dirsi,  non  ho  provato 
gioia.  Non  importa.  —  Se  sono,  come  temo,  morto  alla 
gioia,  non  sono  morto  al  dovere.  Scrivo  stanotte  prima  di 
andare  a  letto,  per  quanto  io  sia  stanco.  Domani  mi  tufferò 
in  mezzo  ad  ogni  sorta  di  uomini  e  cercherò  di  vedere  con 
chiarezza  quale  sia  il  vero  stato  delle  cose. 

Sabato. 

Sono  circondato  da  gente.  Incomincio  a  lavorare  e,  lo 
epero,  con  qualche  speranza  di  riuscita. 


84  Kl'ISTOLARIO.  [1848| 

Smuliiy. 

This  inorning  I  Lave  liad  the  first  emotiou  tbat 
Las  moved  me  to  tears.  Two  tliousand  Italian  sold- 
iers  in  the  service  of  Austria,  having  been  ordered 
at  Cremona  to  fire  on  the  people,  refiised:  caiised 
the  Austrian  officers  to  fly,  aud  passing  to  our  fhig, 
liave  come  to  Milan  :  they  have  passed  with  thcir 
arras,  sorroimded  by  the  people,  happy  as  childieu, 
with  Viva  U  Ttal'uiy  under  niy  Windows.  It  was  really 
a  moving  scene.  (') 


Domenica. 

Ho  provato  stamaue  la  prima  emozione  che  mi  lia  com- 
mosso lino  alle  lacrime.  Duemila  soldati  Italiani,  al  ser- 
vizio dell'Austria,  avendo  ricevuto  l'ordine  a  Cremona  di 
far  fuoco  sulla  popolazione,  si  sono  rifiutati  ;  hanno  costretto 
gli  ufficiali  Austriaci  a  fuggire  ed,  essendo  passati  sotto 
la  nostra  bandiera,  hanno  raggiunto  Milano;  hanno  sfilato 
sotto  le  mie  finestre  con  le  loro  armi,  circondati  dal 
popolo,  felici  come  ragazzi,  gridando:  Viva  l' Italia.  Era 
proprio  una  scena  commovente. 

(1)  La  mattina  del  19  marzo  1848  Cremona  insorgeva,  spie- 
gando la  bandiera  tricolore  al  palazzo  del  connine;  il  giorno 
dopo,  il  popolo  irrompeva  contro  le  caserme,  dov'erano  stan- 
ziati tre  battaglioni  italiani,  dne  intitolati  Jrciduca  Alberto,  al 
coniando  del  barone  Winfeu,  il  terzo,  Ceccopieri,  coniaudato 
dal  Zagheu.  I  soldati  di  quest'  ultimo  battaglione,  dopo  di  essersi 
negati  di  combattere  contro  gl'insorti,  faceva  causa  comune 
con  essi,  mentre  qnelli  degli  altri  due,  sotto  il  coniando  di  un 
tenente  colonnello  austriaco,  a'  accampavano  su  piazza  Castello 
con  tre  squadroni  di  ulani  e  sei  pezzi  d'artiglieria.  Nella  notte 
dal  20  al  21  lo  stato  maggiore  austriaco,  presieduto  dal  generale 
Schoenhals,  capitolava  al  Municipio,  lasciando  truppe,  bagagli, 
artiglieria  e  munizioni  in  mani  del  popolo,  ottenendo  sicurezza 


[1848]  Ki'isror.AKio.  85 

Tliis  night  aiiother  scene  :  wbilst  I  was  taking  a 
Clip  of  coffee,  there  carne  in  teu  or  twelve  offìcers 
asking  for  me;  tlien  I  lieard  shoiits  of  Viva  Maz- 
zini. Tliey  lecl  me  to  the  door:  the  Square  was  crowd- 
ed  with  people.  Then  they  presented  me  with  a  flag. 
I  spoke  a  few  words.  Then  I  was  led  up  to  the  wiudow 
with  torches  and  the  tlag.  The  people  were  shonting 
fike  madmen.  I  spoke  agaiu.  Then  there  carne  a  depii- 
tation  from  the  Provisionai  Government  to  ask  me  to 
go  to  them.  I    went;  talked  a    great  deal   to  tliem. 


Stanotte  un'  altra  scena  ;  mentre  stavo  prendendo  una 
tazza  dì  caffè,  sono  entrati  dieci  o  dodici  ufficiali  chie- 
dendo di  me.  Allora  ho  udito  grida  di  Viva  Mazzini. 
Mi  hanno  condotto  in  istrada:  la  piazza  era  gremita  di 
persone.  Mi  hanno  date  una  bandiera;  ho  detto  alcune 
parole,  poi  mi  hanno  accompagnato  su,  ad  una  finestra,  con 
torcie  e  una  bandiera.  La  gente  gridava  come  pazza; 
ho  parlato  ancora.  Allora  è  venuta  una  deputazione  del 
Governo  Provvisorio  per  chiedermi  di  andar  da  loro.  Ci 

personale  di  tutta  l'urticialità  sino  al  confine  del  Tirolo.  I  soldati 
del  rej^ijiraento  Ceccopieri  arrivarono  a  Milano  la  sera  del- 
l' 8  aprile.  «  Alle  6  poni.  —  scriveva  la  Patria  di  quattro  «fiorni 
dopo  —  giunse  un  corpo  di  2.500  Italiani,  che  hanno  lasciato 
l'esercito  austriaco  con  tutte  le  armi.  Tutta  Milano  corse  ad  incon- 
trarli. Cosi  la  Guardia  Civica  con  la  banda.  L' entusiasmo  da 
una  parte  e  dall'altra  è  indicibile.  I  soldati  imbrandivano  fiera- 
mente Tamii  austriache  e  giuravano  di  vendicar  l'onta  invo- 
lontaria d'averle  portate,  con  servirsene  contro  gli  Austriaci. 
Esse  avevano  sempre  la  esecrata  uniforme  bianca;  ma  il  veder 
sopra  essa  la  coccarda  e  i  nastri  tricolori,  vedere  nelle  loro 
mani  le  liandiere  italiane,  parca  che  quella  uniforme  fosse  spo- 
glia de'  nemici,  e  augurio  di  piena  vittoria.  La  truppa  sfilò 
sotto  il  Governo  Provvisorio,  e  fece  il  giuramento  della  Indi- 
pendenza d'Italia.  » 


86  KPISTOI-AKIO.  [1848] 

Theii,  at  half-past  ten,  there  (;aiiie  anotlier  ciowd 
with  music.  1  was  obliged  to  come  oiit  aud  speak 
a  few  words  from  the  wiudows  of  the  Government. 
Theii  I  had  some  forty  or  flfty  (renoese  couiing  to 
me,  kissing  my  face  and  snatching  my  liands,  etc, 
etc.  Ali  this  sljowing  how  strong  tlie  re]ìublican 
feeling  is.... 


sono  andato:  lio  parlato  a  lungo.  Poi  alle  dieci  e  mezzo 
è  venuto  un  assembramento  di  persone  con  la  musica: 
sono  stato  costretto  a  mostrarmi  ed  a  dire  alcune  parole 
dalle  finestre  del  Governo  Provvisorio.  Infine  son  venuti  a 
trovarmi  quaranta  o  cinquanta  Genovesi  e  mi  hanno  ba- 
ciato in  viso  e  mi  hanno  afferrato  le  mani,  ecc.,  ecc. 
Tutto  questo  dimostra  quanto  sia  forte  il  sentimento 
repubblicano 

MMCCOLXXXni. 

Ai.i.A   Madrk,   a  Genova. 

[Milano],  7  aprile   1848. 

(Jara  madre, 

Vi  sorprenderà  il  ricevere  lettere  mie  da  qui:  tant'è. 
Sono  a  Milano.  È  la  prima  sera:  sono  giunto  due 
ore  fa,  e  siccome  so  che  domani  non  potrò  respirare, 
scrivo  due  linee  prima  d'andare  a  letto.  Ho  viaggiato 
notte  e  giorno,  da  Parigi  a  ^Lulhouse,  a  Bàie,  a  Lu- 
cerna,  al   Ticino.  Ho   passato   il    San    Gottardo,    in 

MMCCCLXXXIII.  — Inedita.  L'  autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathau.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre  del 
Mazzini  annotò:   «7  aprile  1848,  con  indirizzo.  » 


[1848]  Kl'ISTOI.AKIO.  87 

mezzo  alle  nevi,  e  Jiella  scesa,  sulla  slitta,  anche  con 
certo  pericolo.  Mi  sono  fermato  alcune  ore  a  rju<iano 
pervadere  alcuni  amici;  (')  e  son  venuto  a  Milano.  Alla 
prima  frontiera,  a  Chiasso,  ho  trovato  i  doganieri 
amici  miei,  citandomi  passaggi  de'  miei  scritti.  A  Como, 
fermandosi  per  un  (juarto  d' ora  la  vettura,  e  il  condut- 
tore avendo  detto  a  qualchediflio  che  v'era  io,  mi 
sono  veduto  circondato  da  popolo,  giovanotti.  i)reti, 
che  volevano  ch'io  uii  trattenessi  a  (Jomo  la.  sera. 
In  Milano,  mentre  andava  ixlV Hotel,  sentii  uno  che 
])er  la  strada  gridava:  evviva,  al  mio  noiue.  Xon  ho 
ancora  veduto  aninia  viva,  perché  giunto  alle  nove 
di  sera,  e  sentendomi  stanco,  iio  evitato.  Domani 
vedròj  e  giudicherò  dello  stato  delle  cose.  Mi  trovo 
dunque  sullo  stesso  terreno  di  S.  M.  I  nostri  Geno- 
vesi sono  tutti  fuori  di  Milano.  (•)  Dalla  condizione 

(*)  A  Lugano  vivevano  da  più  anni  i  due  fratelli  Filippo  e 
Giacomo  Ciani,  e  specialmente  col  secondo  il  Mazzini  aveva  ami- 
cizia che  risaliva  al  1831  (ved.  <S.  E.  I.,  voi.  I,  p.  45)  e  che  non  era 
stata  mai  interrotta  in  seguito.  Colà  erano  pure  esuli  Antonio 
Gabrìui  e  il  generale  De  Meester  pur  essi  legati  d'amicizia  con 
lui;  e  legami  politici  aveva  con  uomini  ticinesi,  quali  il  Frau- 
scini,  il  Luvini,  il  Rnsca,  il  Battaglini,  direttore  del  Repubbli- 
cano, in  relazione  col  Mazzini  lin  da  (juando  era  studente  (ved. 
la  lett.  DXXV),  ecc. 

C^)  Non  appena  avuta  a  Genova  la  notizia  dell'insurre- 
zione milanese,  buon  numero  di  cittadini  erano  accorsi  volon- 
tariamente in  Lombardia,  eludendo  la  vigilanza  del  Governo  pie- 
montese, che  ne  ostacolò  in  parte  i  ^iropositi  (ved.  C.  Cattanko, 
DelV  insurrezione  di  Milano  nel  1848  e  della  successiva  guerra  ; 
Lugano,  1849,  p.  29)  e  segnando  «  i)rimi  in  faccia  al  nemico 
comune  il  patto  di  fratellanza  italiana  cogli  nomini  di  Lom- 
bardia »  (ved.  S.  E.  /.,  voi.  VI,  p.  403).  Il  22  Marzo  (n.  del 
28  marzo  1848)  ne  riportava  un  lungo  elenco,  dal  quale  si 
estraggono  i  seguenti  :  Domenico  Buffa,  direttore  della  Lega 
Italiana,  che  subito  dopo   inviò    importanti   corrispondenze   al 


88  EPISTOLAUIO.  [1848] 

delle  cose  giudiclierò  cosa  io  mi  debba  fare;  e  ve  ne 
dirò.  Intanto,  vivete  tranquilli  sul  conto  mio.  Scri- 
vetemi ;  indirizzando  le  vostre  all'  indirizzo  che  porrò 
qui  a  i)iedi  di  lettera.  Sono  abbastanza  vicino;  e  se 
mai  le  cose  andassero  per  le  lunghe,  io  chiederò 
da  qui  permesso,  con  ogni  parola  d'onore  possibile, 
di  vedervi  per  due  settimane.  Ma  di  questo  riparle- 
remo. Oggi  non  posso  che  darvi  mie  nuove.  Quanto 
all'Austria,  tutto  andrà  bene;  il  suo  regno  è  finito. 
Quanto  all'altre  questioni,  rimangono  imbrogliatis- 
sime;  ma  a  Dio  piacendo,  si  sbroglieranno.  Dite 
a  Filip])o  o  a  N[apoleone]  che  a  questo  mio  viaggio 
precipitoso  devono  attribuire  se  non  ho  mandato  il 
Manifesto  del  Giornale.  Lo  manderò  or  subito,  prima 
anche  d'aver  risposta  da  voi.  Scrivetemi  subito:  ed 

abbracciate  ambedue  in  ispirito  il 

vostro 

(tIUSEPPK. 

^lio  indirizzo: 

Sig.  Pietro  Speranza  —   Milano. 

gabbato  notte  [8  aprile]. 

Cara  madre.  (Questa  sera,  ho  avuto  scene  che 
v'avrebbero  dato  gioia.  Il  popolo  sotto  le  mie  fine- 
stre, urlando  :  Viiu(  jMazzini:  una  b.andiera  regalatami 


periodico,  Carlo  Celesia.  Nicola  Cambiaso.  Francesco  Daneri, 
F.  Pio  Rosellini,  Giorgio  Doria,  Federico  Campanella,  Nicola 
Ferrari,  Girolamo  Remorino,  Tommaso  d'Aste,  Antonio  Mosto, 
Luigi  Sartorio,  Nino  Bixio,  Nicola  Accame,  Goffredo  Mameli, 
Gerolamo  Boccardo,  Giuseppe  Delle  Piane,  Antonio  Burlando, 
tutti  più  o  meno  in  allora  devoti  al  Mazzini,  al  cui  nome 
s' intitolò  (juella  specie  di  compagnia  che  fn  provvisoriamente 
formata  agli  ordini  di  G.  Mameli  e  di  N.  Bixio  (vcd.  G.  Mamkm, 
.Scribi  editi  e  inediti,  di.,  pp.  32-33). 


[1848]  Kl'ISTOLAHIO.  89 

dalla  guardia  civica:  sulla  piazza  ho  dovuto  parlare; 
poi  ni' hall  volato  alla  finestra.  Torcia.  Grida.  Un 
diavolerio.  Ho  parlato  di  nuovo.  Trenta  o  quaranta 
Genovesi  uno  dopo  l'altro  a  baciarmi.  Militari,  vecchi. 
Cinque  minuti  doi)0,  invitò  dal  Governo  Provvisorio 
a  recarmi  a  Palazzo.  Lunga  conversazione.  A  dieci 
ore  e  mezza,  il  popolo  tornò  con  musica;  grida, evviva. 
Fui  obbligato  a  mostrarmi  dalle  finestre  del  Palazzo: 
parlai  due  parole.  (')  Torno  a  casa,  esaurito;  e  scrivo 


(')  Non  già,  coiiKi  8i  era  creduto  tino  ad  ora.  il  Mazzini 
giunse  a  Milano  l'8  aprile  1848,  ma  la  sera  precedente.  Vero 
è  che  la  sua  presenza  fu  avvertita  il  giorno  dopo.  Il  giornale 
la  Fama  dava  il  seguente  ragguaglio  del  modo  com'  era  stato 
ricevuto:  «Era  sul  vespro  del  dì  8  aprile  quando  dalla  porta 
S.  Pietro  all'  Orto,  portata  dall'  avv.  Pier  Ambrogio  Curti,  proce- 
deva la  tricolore  bandiera,  su  cui  stava  a  cubitali  caratteri 
impresso  :  La  Nazione  a  Giuskppk  Mazzini.  Accoglievansi  intorno 
alla  bandiera  Carlo  Celesia  di  Genova,  Ijodovico  Ambrosoli, 
Bonamici  editore  di  Losanna,  Vettori,  Turati  ed  altri  patriotti. 
Seguiva  numeroso  popolo  raccoltosi  per  un'arringa  fatta  dal 
Curti  nel  Corso  Concordia.  ])resso  il  Catte  S.  Carlo.  Mazzini 
alloggiava  all'albergo  della  Bella  Venezia  sulla  ]iiazza  S.  Fedele. 
—  Egli  scese  sulla  porta,  ove  ricevette  la  bandiera  e  ringraziò 
con  )node.ste  parole.  —  Risalito,  dal  balcone  ove  fu  appellato, 
parlò  dell'Unità  Italiana.  »  Ma  »iui  è  da  ricorrere  alla  Gazzetta 
di  Milano,  la  quale,  come  ebbe  ad  afterniare  lo  stesso  Mazzini, 
riportò  (nel  n.  del  9  aprile)  con  maggior  fedeltà  le  parole  da  lui 
dette  in  quell'  occasione  :  «  Pochi  poterono  intenderle  tutte,  ma  si 
sentirono  distinte  quelle  di  Viva  V  Italia  unitaria.  Quando  egli  si 
fu  ritirato  nell'albergo  fra  clamorosi  evviva,  lo  si  invitò  al 
balcone  ove  egli  comparve.  Si  pregò  silenzio  ed  in  un  momento, 
quasi  tocco  da  magica  verga,  quella  turba  festante  si  tacque. 
Mazzini  parlò  intenerito,  scusandosi  di  non  poter  tener  lungo 
discorso  per  la  commozione  dell'animo.  Promise  che  avrebbe 
pubblicato  per  le  stampe  i  sensi  della  sua  gratitudine  per  tale 
fervorosa  dimostrazione  del  popolo  e  anche  le  sue  idee  sui 
futuri   destini  d'Italia.   Disse  che  1' Europa  tutta  tiene  gli  occhi 


90  KPlSTOI.AltlO.  [IS-IH] 

queste  poche  linee,  che  imposterò  dojnattiim.  Cosa 
dirà  (.allo  Alberto? 

«opra  (li  noi,  oiul'è  che  (lobbiiiiuo  mostrarci  degni  di  tanta 
aspettazione.  Parlò  dell'  unità  Italiana.  Fece  nuovi  vi\a  a 
Milano,  all'Italia,  che  vennero  acconi])iignati  da  fragorosi  plausi, 
fra  i  quali  molti  ne  vennero  diretti  al  Governo  provvisorio. 
Questo  grido  mosse  tutti  gli  astanti  verso  il  palazzo  Marino, 
dirimpetto  al  suddetto  Albergo,  e  si  fecero  unanimi  grida  a 
Casali  e  lo  si  chiamò  al  balcone.  In  un  lampo  tutte  le  tìnestre 
della  piazza  furono  illuminate  coi  «loppieri  e  coi  lumi  che  si 
trovavano  accesi  nelle  case  e  negli  uffici.  Casati  comi>arve  e 
disse  che  l'unico  voto  del  Governo  provvisorio  era  per  l' indi- 
pendenza Italiana  e  per  !"  unità  Italica.  Dopo  nuovi  viva  a 
Casati  si  tornò  sotto  al  balcone  del  Mazzini,  il  (puile  \  enne 
ancora  a  salutare  il  popolo;  ed  abbracciando  la  bandiera  trico- 
lore che  là  stava  spiegata,  disse  che  in  quell'abbraccio  inten- 
deva di  abbracciare  tutti  i  fratelli  Italiani,  e  si  ritirò  conimos.so 
fra  i  plausi  di  un  popolo  jMir  esso  fortemente  counnosso.  Allora 
un  grido  universale  si  alzava  e  tutti  raccomandavano  di  ritor- 
nare all'  ordine,  all'  ordine,  a  casa....  UiHciamo  lavorare  in  iiace 
gli  uomini  ai  quali  abbiamo  affidato  la  grave  causa  dello  Slato. 
La  quiete  subentrò,  e  tutti  si  ritiraron.0.  Fu  un  vero  com- 
movente spettacolo  il  vedere  sulla  piazza  a  due  balconi  opposti 
festeggiati  nello  stesso  tempo  il  patrocinatore  e  il  martire  del- 
l'indipendenza  Italiana,  ed  il  sostenitore  della  liberazione  di 
Milano:  Mazzini  e  Casati.  Verso  lo  ore  10  della  sera  una 
banda  nxusicale  di  cittadini  si  portò  sotto  le  tìnestre  della 
casa  PoUi-Pezzoli  per  festeggiare  il  Casati  che  venne  chianuito 
replicatamente  ;  nui  o  non  fosse  egli  in  casa  o  non  sentisse 
l'invito  abitando  verso  corte  non  comparve.  Allora  si  gridò 
Viva  la  principe8xa  Behjiojono  ed  essa  comjìarve  al  balcone  facendo 
saluti  al  popolo  e  gridando  Viva  i  Milanesi,  riva  le  armi  italiane, 
viva  l'unione  Italiana.  —  Dopo  gli  iterati  viva  del  popolo 
plaudente  la  lianda  ne  parti  di  là  suonando  e  si  recò  sotto  le 
finestre  del  Mazzini  alla  Bella  Venezia.  Si  aveva  già  gridato 
lumi,  e  si  vide  per  la  seconda  volta  illuminata  la  piazza.  Allora 
fra  i  viva  si  cominciò  a  suonare,  ed  a  chiamare  il  Mazzini,  e 
mentre  tutti  lo  attendevano  al  balcone  dell'  albergo,  comparve 
invece  a  quello  del  Governo  fra  alcuni  membri  del  medesimo. 


[1848]  icpisToi^AUio.  91 

MMC(:!(3LXXXIV. 

AI  Bresciani. 

Milano,  8  aprile  1848. 

Fratelli   miei  dn  Brescia, 

Concedete  a  uu  fratello  che  ha  incoutrato  lieta- 
mente per   diciassette    anni  i    sagrifìcii    d' una  vita 

La  musica  si  ililiiiigò  allora  sotto  (jiielle  iìuestre,  e  dopo  uu 
lieto  cica  generale  si  impose  siIen//io  e  Mazzini  prese  a  dire 
commosso  «  che  avea  parlato  dalle  sue  tìnestre  gridando  cìva 
all'unione  Italiana,  che  gli  era  dolce  poter  ora  parlare  da 
ciucile  del  Governo  provvisorio  ripetendo  lo  stesso  cìva.  Ch'egli 
sperava  venisse  da  ciò  arguito  quanto  egli  desiderasse  di  met- 
tere d'accordo  le  sue  idee  sull'Italia  coi  membri  del  Governo 
provvisorio,  i  quali  come  aveano  sancite  le  gloriose  gesta  dei 
Milanesi  col  rifiutare  l'armistizio  offerto  da  Radetzki  nei  giorni 
della  battaglia,  cosi  le  sanciva  coli' adoperarsi  a  tutta  possa 
ntjl  sollecitare  le  disposizioni  necessarie  perché  la  nazione 
potesse  essa  stessa  pi'onnnciarsi  sulla  forma  di  governo  e  sui 
propri  destini.  Dopo  rejjlicati  cica,  la  folla  si  portò  sotto  le 
finestre  della  Signora  Azeglio,  ove  la  banda  suonò  uu  pezzo 
di  musica,  e  il  popolo  fece  plauso  alla  marchesa  comparsa  al 
balcone,  indi  si  disperse.  » 

MMCCCLXXXIV.  —  Pubbl.  nel  supplemento  alla  Gazzetta 
di  Milano  del  12  aprile  1848,  quindi  nella  Lega  Italiana  e  nella 
Concordia  del  15  aprile  1848,  ecc.  Nel  primo  di  quei  periodici  è 
preceduta  ilalle  seguenti   parole  : 

«  Un  illustre  Bresciano  caldo  d'  amore  non-eolo  per  la  città 
che  lo  vide  nascere,  ma  per  la  comune  patria  italiana  e  per 
la  concordia  di  tutti  i  popoli,  che  prima  la  dividevano,  e  che 
oramai  formar  non  debbono  piti  che  uu  popolo  solo,  or  sono 
«juattro  giorni  otteneva  da  Giuseppe  Mazzini  la  seguente  let- 
tera esortativa    a'  suoi    l^atelli  da    Brescia.   Oh  come  è  dolce 


92  Ki'iSTor.AHio.  [1848J 

d'esilio,  sperando    che  fruttassero  iu  qualche  modo 
alla  patria  comune,  una  parola  franca  e  di  consiolio 

udir  1'  eloquente  apostolo  della  Libertà,  il  pili  costante  o  foi- 
midabil  nemico  del  Dispotismo,  dopo  lungo  esilio,  rivolgerci 
ora  davricino  le  sue  potenti  parole  confortando  tutti  alla  fra- 
tellanza e  all'  Unità,  donde  solo  può  venire  1'  Indipendenza  e 
la  Forza,  e  distogliendo  dalle  gare  e  dai  dissidii  municipali 
che  furono  a  noi  seme  per  si  lungo  tempo  di  avvilimenti  e 
di  servaggio!  E  già  i  Bresciani  hanno  prevenuto  le  sue  pa- 
role e  i  suoi  voti,  unendosi  alla  causa  comune,  col  mandare, 
<;ome  aiibìam  già  annunziato,  un'  de'  loro  rappresentanti  a 
seder  nel  Governo  centrale  della  Lombardia.  »  Il  Mazzini,  che 
accolse  gran  parte  di  questa  lett.  nella  ediz.  daelliana  {S.  E.  I., 
voi.  VII,  pag.  177),  avvertiva  che  erano  le  sue  «  prime  pa- 
role »  non  appena  arrivato  a  Milano,  iudirizzat»'  «  ai  Bresciani, 
i  «juali  si  querelavano,  per  non  sapeva  quale  fiiccenda  interna, 
di  Milano.  »  A  Brescia,  lino  dal  22  marzo  si  era  composto  un 
Governo  Provvisorio,  a  capo  del  quale  era  stato  eletto  Carlo 
Lechi,  riuscito  per  pochi  voti  avuti  in  meno  dal  suo  compe- 
titore Giacinto  Mompiani.  Come  iu  tutte  le  altre  città  lom- 
barde, formavano  quella  rappresentanza  uomini  di  opposte 
tendenze.  Uno  di  essi,  forse  Giuseppe  Borghetti,  cosi  narrava 
il  dissidio  sorto  tra  Milano  e  Brescia,  in  certi  lìicordi  d'un 
membro  del  dover tio  Provvisorio,  pubbl.  nell'-J rc/iirio  Triennale 
bielle  cose  d'Italia  (voi.  Ili,  pp.  800-80.S)  :  «  Il  27,  Mompiani  e 
Longo.  usciti  di  città  con  loro  cavalli,  come  ])er  andare  in 
qualche  vicino  luogo,  quando  furono  a  Ospitaletto  preaero 
cavalli  di  posta,  recandosi  secretamente  a  Milano.  L'incaricato 
«Iella  pubblica  vigilanza  mandò  persona  che  rilevò  il  fatto. 
Giunti  a  Milano,  ebbero  un  seci-cto  convegno  nell'albergo  di 
San  Marco  con  Casati.  Borromeo,  il  cremonese  Pi.izza.  ed  altri  ; 
«  quivi  deliberarono  di  promuovere  immediatamente,  contro  la 
pubblica  promessa,  la  dedizione  al  l'iemonte,  facendo  partire 
il  movimento  dalle  provimie.  Infatti,  la  mattina  del  29,  liongo 
reduce  da  Milano  disse  in  seduta:  —  Sarebbe  gran  ventura  per 
Brescia,  se  potesse  porsi  iniziatrice  dell'  unione  col  Piemonte.  Io 
mi  opposi  come  a  cosa  contraria  ai  patti,  e  che  avrebbe  dissi v- 
viati  i  cittadini  dal  pensiero  della  guerra.  Mompiani,  solo, 
sostenne  la  proposta,  la  quale,  perché  i  promotori  non  avevano 


[1848]  Ki'l«Toi,Al<i<).  93 

uou  chiesto.  Odo  lia  alcimi  amici,  d' una  vertenza 
tra  voi  e  il    Governo  provvisorio  clie   regge   in  Mi- 

latto  ancora  le  uecessaiie  pratiche,  cadde  per  allora.  Né  in 
Governo  se  ne  parlò  altrimenti,  se  non  dopo  che  per  decreto 
del  GoTerno  centrale  furono  restaurate  le  congregazioni  pro- 
vinciali, con  facoltà  d'aggiungersi  tre  membri  nuovi.  Intanto 
si  proseguirono  i  maneggi  secreti  ;  prima  della  line  di  marzo, 
il  nobile  Cavalli  e  Martiuengo  di  Eoccafranca  furono  spediti 
da  Brescia  a  proporre  nei  cluhs  delle  singole  città  la  dedizione; 
e  se,  a  quanto  pare,  furono  male  accolti  a  Bergamo,  ebbero 
nìigliori  accoglienze  a  Como  e  altrove.  —  Fin  dalla  prima  seduta 
che  il  Governo  Provvisorio  di  Brescia  tenne  il  23,  si  parlò 
d'aggregati  al  Governo  Provvisorio  di  Milano.  Io  mi  oi>po8Ì, 
perché  era  mio  intendimento  che  si  dovesse  solamente  stipulare 
una  federazione  armata,  parendomi  superfluo,  finché  si  aveva 
il  nemico  alle  porte,  un  nuovo  potere  meramente  civile.  K  in- 
fatti la  sommissione  di  Brescia  al  Governo  Provvisorio  di  Mi- 
lano non  ebbe  effetto  se  non  dopo  la  circolare  di  Mazzini:  Jt 
fratelli  di  Brescia.  Io  aveva  proposto  che  s'interpellasse  prima 
il  Governo  di  Milano,  per  sapere  quanti  membri  dovesse  for- 
nire quel  Governo  delle  provincie.  Diedi  per  ragione  che  lo 
Stato  provvisorio  potrebbe  ben  durare  lungo  tempo,  e  quindi 
il  Governo  centrale  potrebbe  sentirsi  chiamato  a  far  decreti 
che  toccassero  gravemente  li  interessi  delle  provincie.  Ammessa 
la  mia  proposta,  furono  a  tal  uopo  inviati  a  Milano  Dossi  e 
Lagorio.  Riportarono  la  vaga  risposta  che  certamente  Milano 
avrebbe  avuto  minor  numero  di  deputati  che  le  provincie.  Pa- 
rendomi ciò  troppo  indeterminato,  proposi  che  ciascuna  pro- 
vincia dovesse  avere  un  deputato,  e  Milano  ne  avesse  tre. 
Mentre  ciò  si  poneva  a  processo  verbale,  comparve  in  Governo 
il  conte  Cesare  Giulini,  membro  del  Governo  di  Milano;  fu 
fatto  sedere  a  lato  del  presidente,  e  gli  si  diede  parte  di  quanto 
si  trattava.  Udito  che  Milano  solo  doveva  avere  tre  membri, 
egli  disse  che  era  nn  partito  ben  generoso.  Io  e  Bargnani  gli 
dimandammo  s'egli  avesse  veste  uf3ficiale,  nel  qual  caso  si  po- 
teva stipulare  immantinente.  Giulini  disse  che  le  sue  parole 
erano  officiose,  non  officiali.  Quando  egli  fu  uscito,  si  compiè 
il  processo  verbale;  e  Dossi  venne  di  nuovo  inviato  a  Milano, 
d'onde  scrisse    in   questi    precisi   termini,   affidando  la  lettera 


94  Kr'XSTOi-AKio.  [1848] 

lano.  Non  posso,  né  voglio  entrare  in  discussione 
con  voi  sulle  basi  del  dissidio:  avrei  bisogno  per 
questo  di  addentrarmi  nello  studio  dei  fatti  più  che 
non  mi  è  dato.  Ma  sento  che  se  anche  la  ragione 
fosse  tutta  dalhi  vostra  parte,  ciò  non  muterebbe  il 
mio  consiglio.  Ciò  che  in  questi  giorni  sui^remi,  so- 
lenni, meravigliosi,  la  patria  domanda  a  tutti  i  suoi 
figli,  è  potenza  di  sagrifìcio.  Se  anche  aveste  diritti 
da  rivendicare,  voi  dovete  dimenticarli,  e  ditt'erirne 
l'esercizio  fino  all'emancipazione  del  suolo  italiano, 
lino  alla  cacciata  dello  straniero.  Allora  1'  mdividno 
rinascerà. 

Oggi  l'uomo  non  è  che  l'incarnazione  d'un  do- 
vere. Troppo  grandi  cose  avete  da  fare,  perché  vi 
sia  lecito  pensare  alle  locali  vertenze.  Avete  in  mira, 
voi  come  Milano,  come  tutte  1'  altre  città  dello  Stato, 
i  destini  di  ventiquattro  milioni  d' uomini  che  vi 
sono  fratelli,  il  rinnovainento  della  terra  che  v'ha 
dato  la  vita,  la  creazione  d'  un  po]>olo,  gran  i)arte 
dei  fati  europei,  però  che  i  fati  euroi)ei  dipendono 
essenzialmente  da  noi.  E  a  compiere  i  vostri  doveri 
avete  d'uopo  di  miracoli  d'amore:  avete  d' uopo  di 
sorridere    come  a  gioia    suprema,  ad  ogni  sagrifìcio 

all'oretìce  Giiala.  —  '  8ono  stato  accolto  dal  Governo  di  Mi- 
lano come  un  cane  ;  mi  accorgo  che  siamo  assorbiti  e  non  riuniti? 
Le  circostanze  sono  però  cosi  urgenti  (aspirava  ad  esser  membro 
•egli  stesso  del  Governo  di  Milano),  che  bisogna  chinare  il  capo 
«  accettare;  tutti  i  presenti  chinarono  infatti  il  capo;  ma  io 
dissi  doversi  inviare  immantinente  a  Milano  un  inviato  straor- 
diiuirio  colla  perentoria  dichiarazione  che  se,  dentro  a  24  ore, 
non  si  accettasse  la  proposta  di  Brescia,  questa  provincia  si  sa- 
rebbe imìnantinente  ricongiunta  alla  repubblica  veneta.  La  proposta 
venne  l'espinta  ;  e  si  aderì  alle  esigenze  del  Governo  di  Milano, 
il  quale  conservando  otto  de'  snoi  membri,  ne  animise  sette,  in 
tutto,  dalle  provincie.  » 


[1848]  KITSTOI.AKIO.  95 

d'iudividualità,  che  le  circostanze  vi  chieggano.  Ho 
sentito  ieri,  vedendo  sfilare  i  soldati  del  reggimento 
Ceccopieri  tornati  alla  bandiera  della  i)atria,  un  bi- 
sogno prepotente  d' abbracciar  con  amore  il  mio 
primo  nemico,  un  bisogno  di  qualche  grande  sagri- 
ficio  pel  bene  comune,  per  farmi  degno  della  mia 
contrada.  Voi  tutti  sentite   com'  io  sento. 

Sagrificate  dunque  i  vostri  particolari  diritti  o 
riclami  all'  urgenza  delle  circostanze.  In  nome  di  ciò 
cbe  vi  è  di  più  santo,  in  nome  di  Dio,  in  nome  del 
popolo,  scordate  tutto,  aggiustate  ogni  cosa  fino 
alFenuincipazione  del  paese. 

L' Italia.  1'  Enro]>a  intera  ci  guardano.  I  nemici 
dicono  sogghignando  che  noi  risorgiamo  alle  gare 
di  municipio;  alle  gare  che  ci  hanno  tenuto  per  tre- 
cento anni  nel  servaggio  e  nell'avvilimento.  Quei 
che  negano  la  possibilità  delP  unità  nostra  additano, 
ingigantiscono  ogni  dissidio  in  velleità  di  repubbli- 
chette  del  medio  evo.  L'esempio  d'una  piccola  di- 
scordia può  riescire  funesto. 

Ogni  città  può  rivendicare  gli  stessi  diritti,  e 
conchiudere  in  un'  anarchia  rovinosa. 

Amici  miei,  pensate  alla  patria  comune.  Io  co- 
nosco gli  uomini  che  qui  reggono  e  le  necessità 
della  loro  posizione.  Se  anche  errassero,'  voi  dovete 
sagrificare  per  ora  ogni  senso  di  reazione  all'intento. 
Scrivo  in  fretta  ;  ma  voi  m' intendete  meglio  eh'  io 
non  dico.  Amate  il  fratello 

Giuseppe  Mazzini. 


96  KI'ISTOLAKIO.  [1848] 

.MMCCCLXXXV. 

A  Domenico  Ci  ochiaki.  u  V;ilenza. 

Miliiiio,   9   iiprile   1848. 

Caro  signor  Cuccliiari, 

11  (ìoveruo  Provvisorio  ni' incarica  d'iuvitarvi  a 
Milano,  per  entrare,  col  vostro  grado,  uell' esercito 
italiano  che  si  va  formando.  Vogliate,  se  accettate 
l'ofterta,  farlo  quanto  piii  sollecitamente  potete.  Dio 
voglia  ch'io  possa  vedervi  qui  dove  si  combattono 
i  fati  d'Italia  contro  lo  straniero.  Addio. 

Vostro  fratello  ed  amico 

Gius.  Mazzini. 


MMCCCLXXXV.  —  Pubbl.  tlii  G.  fivou?. a,  Esuli  EhUusì  in 
Piemonte  {ne^W Archivio  Emiliano  del  llisorgimento  Naziouale,  u.  I 
[1907],  fase.  20,  p.  143).  Su  Domenico  Cuochiari,  esule  carra- 
rese del  1831,  ved.  il  Protocollo  della  Giovine  Italia,  voi.  II, 
p.  85,  e  voi.  VI,  p.  327-329.  Egli  fu  pronto  a  corrispondere  all'  in- 
vito del  Mazzini,  e  il  20  maggio  lasciò  per  seuipre  la  Spagna.  Fu 
però  ricevuto  freddamente  dal  Governo  Provvisorio  della  Lom- 
bardia, che  non  era  più  in  buoni  termini  col  Mazzini  e  avver- 
sava 1'  elemento  militare  volontario,  e  allora  andò  a  Modena. 
Con  questo  invito  a  D.  Cucchiari,  il  Mazzini  cominciava  a  disim- 
peguare  il  compito  commessogli  dal  Governo  Provvisorio  di 
Lombardia  di  richiamare  in  patria,  e  far  correre  su  Milano,  gli 
esuli  italiani  che  avevano  maggiormente  illustrato  il  loro  nome 
nelle  guerre  di  Portogallo  e  di  Spagna.  Nei  Cenni  e  documenti 
intorno  all'insurrezione  lombarda  e  alla  guerra  regia  del  1848 
(Italia  del  Popolo  di  Losanna,  voi.  II,  p.  18)  egli  scriveva  a 
questo  proposito  :  «  Ricordo  che  alle  mie  richieste  insistenti 
perché  a  render  pili  sempre  nazionale  la  guerra  e  a  prefiggere 
al    giovine    esercito    [dei  volontari]    uomini    già   esperti  delle 


[1S4?<]  K P 1  STOLA  HI O.  97 

MMCCCLXXXVI. 

A   GiLSEi'PK  Lambkim'i.  ;i  Parigi. 

[Milano],  9  aprile  [1848]. 

Caro  Giuseppe, 

Non  posso  più  scrivere  die  aWa  uapoleonica  pev 
mera  mancanza  di  tempo.  Son  qui  —  ho  traversato 
l'Alpi  cou  vero  pericolo,  specialmente  nella  discesa. 
Ho  provato  emozioni  grandi  sull'Ali)i:  quanto  all'Italia, 
sono  invecchiato  e  mi  pare  ])ur  troppo  di  portare 
la  catena  dell'  esilio  con  me.  Lasciamo  andar  questo 
e  tacciamo  il  nostro  dovere.  Le  cose  della  <;uerra 
van  bene.  11  Governo,  meno  tre  buoni.  Correnti,  Porro,  e 
Guerrieri,  è  debole:  pende  all'Albertismo:  cosi,  molti 
dell' alte,  classi;  v'è  però  un  partito  repubblicano 
forte  e  deciso,  non  bisognoso  che  d'organizzazione.  (') 

guerre  d'insurrezione,  si  chiamassero  i  nostri  esuli  ufficiali  in 
Grecia,  in  Ispagna,  ed  altrove,  m'ebbi  risposta,  ohe  non  si  sa- 
peva ove  fossero.  Non  mi  stancai,  ed  ottenni,  dacch'io  lo  sapeva, 
facoltà  di  chiamarli  e  tìrma,  a  convalidare  il  mio  invito,  del  Segre- 
tario Cesare  Correnti  [ved.  infatti  la  lett.  MMCCCLXXXIX], 
Ma  quando  giunsero,  il  ministro  Collegno,  allegando  mutate 
le  circostanze,  da  pochi  in  fuori,  li  ricusò.  »  E  in  nota  aggiun- 
geva: «Il  maggiore  Enrico  Cialdiui  disse  al  Collegno  '  eh' ei 
non  voleva  aver  viaggiato  per  nulla,  e  che  prima  di  ripartir 
per  la  Spagna,  sarebbe  andato  sul  Veneto  a  cercarvi,  come 
milite,  una  ferita  italiana.  '   V'andò,  e  fu  ferito.  » 

MMCCCLXXXVI.  —  Pubbl.  da  D.  Giuriati,  Duecento  let- 
tere, ece^.,  cit.,  pp.  287-289.  Qui  si  riscontra  sull'autografo,  pos- 
seduto dal  dr.  Daniele  Vare.  Non  ha  indirizzo. 

(*)  Il  Governo  Provvisorio  della  Lombardia,  formatosi  il 
22  marzo  1848,  era  cosi  composto  :  Gabrio  Casati,  Presidente, 

Mazzini,  Seritti.  ecc.,  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  7 


i)8  KIMSTOLAKH).  [1848] 

M'occupo  (li  darla.  E  se  un  fatto  brillante  non  viene 
a  dare  un'  occasione  propizia  a  0[arlo]  A[lberto],  forse 
vinceremo.  Ti  dirò  via  via  quel  cbe  faccio,  se  resti 
molto;  ma  il  meglio  è,  cbe  tu  te  ne  venga  in  Italia, 

l'antico  podestà  di  Milano,  persona  d'incerte  decisioni,  cui 
risale  forse  la  responsabilità  di  gran  parte  degli  errori  commessi 
a  Milano  durante  il  tormentoso  periodo  cbe  si  cbiuse  con  la 
catastrofe  del  6  agosto  ;  e  di  Vitaliano  Borromeo,  Giuseppe  Burini, 
Pompeo  Litta,  Gaetano  Strigelli,  Cesare  Giulini,  Antonio  Beretta, 
Anselmo  Guerrieri,  Marco  Greppi  e  Alessandro  Porro.  Cesare  Cor- 
renti, dapprima  seguace,  divenuto  poi  avvei'sario  del  Mazzini 
(ved.  S.  E.  I.,  voi,  VII,  pp.  176-179),  disimpegnava  le  funzioni 
di  Segretario  Generale.  Sulle  varie  tendenze  di  questi  uomini 
ved.  C.  Pagani,  Uomini  e  cose  in  Milano  dal  marzo  all'ago- 
sto 1848;  Milano,  Cogliati,  1906.  p.  132  e  segg.  L' 8  aprile, 
sentita  «  la  necessità  d' un  Governo  forte  centrale,  »  erano 
disciolti  tutti  i  Governi  provvisorii  locali,  ì  quali  avevano 
facoltà  «  di  deputare  fra  essi  da  uno  a  tre  men\bri  »  da  aggiun- 
gersi «  alla  Congregazione  Provinciale.  »  Tutte  le  città  lombarde, 
ad  eccezione  di  Brescia,  clie  vi  si  decise  più  tardi  (ved.  la  noti» 
alla  lett.  MMCCCLXXXIV),  accettarono  quella  proposta,  oTido 
fu  istituito  un  «  Governo  Provvisorio  centrale  di  Lombardia,  » 
dal  quale,  oltre  il  Porro,  chiamato  a  presiedere  la  commissione 
incaricata  di  studiare  e  proporre  il  progetto  della  legge  elet- 
torale, usci  Marco  Greppi,  mentre  vi  furono  aggiunti  :  G.  Tur- 
ioni per  Pavia,  P.  Moroni  per  Bergamo,  F.  Rezzonico  per 
Como,  A.  Carbonera  per  la  Valtellina,  1'  ab.  L.  Anelli  per  Lodi 
e  Crema,  e  A.  Grasselli  per  Cremona.  Anselmo  Guerrieri,  man- 
tovano, rappresentava  le  idee  pili  avanzate  nel  Governo  Pr()v- 
visorio,  e  fu  per  questa  ragione  che  uno  storico  di  parte  mode- 
rata lo  trattò  crudelmente,  ma  ingiustamente  (ved.  C.  Cas.\ti, 
Nuove  rivelazioni  sui  fatti  di  Milano  nel  1847-1848  ;  Milano, 
Hoejdi,  1885,  voi,  II,  p.  131,  passim,  e  C.  Gueruikki-Gonz-aga, 
Per  Anselmo  Guerrieri-Gonzaga,  nella  Rivista  del  Risorgimento 
Italiano,  a.  Ili  [1898],  p.  621  e  segg.).  Notizie  preziose,  sebbene 
non  sempre  imparziali,  sugli  uomini  del  partito  repubblicano  in 
Milano  durante  quei  mesi,  si  leggono  nello  Memorie  del  conte 
E.  Martini  (in  C.  Pagani,  op.  cit.,  p.  32  e  segg.;  e  ved.  puro 
a  pag.   175  e  segg.). 


(1S48J  KPisroi.AKio.  99 

quanto  pili  presto  puoi.  Scrivimi  subito,  dimmi  per 
dove  vai:  perché  se  vai  per  Livorno,  ti  darò  istru- 
zioni: se  vieni  qui  direttamente,  non  ho  nulla  da  dirti. 

Dov'è  D'Apice?  è  venuto  o  no?  se  sì,  fa  di  man- 
darlo subito  qui:  credo  che  potrò  far<>li  ottenere 
servizio  col  suo  grado  subito  ;  ma  se  ritarda,  i  concor- 
renti son  molti.  (^) 

Lizabe  venga  subito.  —  Abbiam  bisogno  di  lui 
pel  (riornale  dell'Associazione  Nazionale. 

Mi  duole  non  aver  notizie  della  riunione:  i  volon- 
tari-partono? 

Ho  avuto  in  (juesto  momento  la  prima  emozione; 
e  ho  i)ianto  come  un  ragazzo:  2000  uomini  incirca  ita- 
liani del  Keggimento  Ceccopieri,  si  son  rivoltati  a  ( Cre- 
mona ;  gii  ufficiali  Austriaci  sono  fuggiti,  ed  essi  sono 
giunti  a  Milano:  l'ovazione  della  popolazione  intorno 
ad  essi  era  indescrivibile:  essi  felici,  come  fanciulli. 
Quanto  alki  questione  coll'Austria  non  v'è  più  da 
pensare:  m'occuperò  esclusivamente  dell'altra. 

Avrò  bisogno,  prelevato  il  danaro  per  Lizabe, 
D'Api(;e.  e  che  so  io,  del  mio  danaro  qui  :  dillo  a 
Michele  :  se  ne  occupi  :  se  vien  e^li  o  tu,  o  un  fidato, 
mandatelo:  o  lo  manderete  per  effetto. 

(^)  D.  D'Apice,  clie  da  Loiiclrii  era  andato  a  Parigi,  si  dispo- 
neva in  qiiei  giorni  a  tornare  in  patria.  ìseW  Italia  del  29  a- 
prile  1848  si  leggeva:  «  Il  Governo  Provvisorio  di  Milano  ha 
nominato  il  Generale  D'Apice  napoletano,  noto  per  la  sna  bra- 
vura e  perizia  militare,  per  dirigere  le  operazioni  del  Tirolo.  » 
Era  però  notizia  inesatta,  poiché  a  qnel  comando  fu  destinato 
dapprima  l'AUeniandi,  dipoi  il  Durando.  Invece,  il  D'Apice 
ebbe  un  comando  in  sott'  ordine,  e  ancor  prima  della  caduta 
di  Milano,  fu  alla  testa  dei  volontari  del  Tonale  e  dello  Stelvio, 
decisi  a  continuare  nella  resistenza.  Per  maggiori  notizie  vcd. 
G.  Sforza,  Il  Mazzini  in  Toscana  nel  1849  (nella  Bivisia  Sto- 
rica del  insorgimento  Italiano,  a.   Ili  [1898],  pp.  756-758). 


100  Kl'lSrOKAKIO.  [18JS] 

Scrivete  a  Milano  all'indirizzo  Pietro  Speranza: 
fermo  in  posta:  senz' altra  sottocoperta. 

Qui,  questa  sera,  ini  lian  fatto  un'ovazione,  della 
«juale  non  posso  darti  un'idea:  tanto  pronunziata, 
che  dopo  cinque  minuti  il  Governo  lia  creduto  dovermi 
chiamare  a  complimentarmi.  È  un'ovazione  al  prin- 
cipio repubblicano,  die  è  significante. 

Addio:  ama  il  » 

tuo 

(lllTSEPPK, 

Dà  l'acchiusa  a  Bastide  sollecitamente.  Le<;fjila 
e  sia  che  tu  parli,  sia  che  parli  Michele,  appo<i«:iate 
caldamente  il  contenuto  con  JJastide.  (*) 

(1)  .1.  Bastide  (1800-1879),  carbonaro  prima  del  1830.  fer- 
vente repubblicano  e  oppositore  del  Governo  di  Lnigi  Filippo, 
per  cui,  tra  il  1832  e  il  1834,  aveva  sotferto  l'esilio  a  Ijondra, 
era  stato  per  un  decennio  (1836-1846)  principale  redattore  del 
yationaì.  Staccatosene,  aveva  nel  1847,  insieme  con  il  lìucìiez, 
fondata  la  Ueiue  Nationale,  che  fu  l'organo  dei  neo-cattolici 
repnbblicani.  Subito  dopo  la  rivoluzione  di  i'ebbraio  il  l^amar- 
tiue  lo  scelse  come  suo  segretario  generale  al  Ministero  degli 
Attari  esteri,  del  quale  fu  i)oi  titolare  col  Cavaignac  28  giu- 
gno 1848).  Non  si  sa  quando  il  Mazzini  stringesse  relazione  con 
lui;  probabilmente,  quando  andò  la  seconda  o  la  terza  Aolta  a 
Parigi,  intrattenendosi  coi  membri  del  Governo  Provvisorio  (ved. 
la  nota  alla  lett,  MMCCCLIX)  ;  e  fu  relazione  che  nelle  vie  epi- 
stolari durò  anche  in  seguito.  S'ignora  pure,  mancando  la  lett. 
che  gì' indirizzava,  che  cosa  il  Mazzini  chiedesse  al  Bastide;  ma 
è  facile  supporre  che  vi  fosse  trattato  del  soccorso  di  (luel  corjto 
di  volontari  francesi  da  inviare  in  Ijombardia,  nel  modo  come 
lo  vagheggiava  1'  agitatore  italiano  (ved.  i  suoi  Cenni  e  documenti 
intorno  all'  insurrezione  lombarda,  cit.,  wqW Italia  del  Popolo  di 
Losanna,  voi.  II,  pp.  261-262),  mentre  al  campo  di  Carlo  Alberto, 
e  specialmente  nei  circoli  politici  piemontesi,  se  ne  ostacolava 
l'attuazione  (ved.  C.  Pagani,  Uomini  e  cose  in  Milano  dal  marso- 
all'agosto  1848,  cit.,   pp.   220,   395  e  412). 


[IH-JS]  KIMSTOI.AinO.  101 

MMOCCLXXXVIT. 

A  Gn'SKi'i'K  Lambkuti.  il  Parigi. 

[Milano],   (loiueiiica,   9  iipiile   184S. 

Caro  Lamberti. 

inscrivo:  le  iiianitestazioni  coiitiiuiaiio  e  da  tutte 
classi  :  credo,  se  argomento  dalle  prime  trentasei  ore, 
che  potrò  far  bene  alla  nostra  causa.  Le  cose  della  guerra 
vanno  l)ene:  non  v'è  pericolo  per  me:  e  se  il  nemico 
non  ha  rinforzi  e  venga  avanti  di  nuovo,  credo  non 
userò  che  la  i)eniia.  Sarai  quindi  contento.  Manda, 
ti  prego,  in  quiilche  modo  le  ac(;hiuse.  — Scrivimi,  se 
non  r  hai  fatto  prima,  i)el  mezzo  del  latore,  eccel- 
lente patriota  nostro,  ragguaglio  dell'  ultima  riunione 
e  d'ogni  cosa.  Parla  con  Michele,  ed  egli  con  Pietro: 
e  vedete,  in  caso  di  vostra  partenzi»,  a  chi  [)otrei 
aftìdare  il  maneggio  della  Sezione  (jualunque,  piccola 
o  grande,  che  rimarrebbe  dell'Associazione  Nazionale: 
della  quale  stabilii-ò,  en  aUendant  l'orna,  il  centro  pub- 
bli <'o  qui, 

D'Apice:^  Giglioli?  (') 

MMCCCLXXXVII.  —  Piibbl.  da  D.  GiLUtiATX,  Duecento  let- 
tere, ecc.,  cit.,  pp.  289-290.  Quia!  riscontra  siili' autografo,  posse- 
duto «lai  (Ir.  Daniele  Vare.  A  tergo  ili  esso,  <li  pngiio  ilei  Maz- 
zini, sta  l'indirizzo:    «  Lanil)erti.  » 

(*)  Anche  G.  Giglioli  ripatria  va.  «  Ieri,  11  —  annunziava  una 
corri.spondenza  alla  Patria  àe\  17  aprile  1848,  —  passò  di  Torino, 
venendo  da  I^ondra,  un  altro  martire  della  causa  italiana,  il  dot- 
tor Giglioli  di  Reggio,  esule  da  quindici  anni.  »  Andato  a  Modena. 
vi  fu  nominato  ispettore  della  pubblica  istruzione  per  quella  pro- 
vincia, ufìfìcio  che  copri  pure  a  Genova,  quando  vi  si  rifugiò 
l'anno  appresso  (ved.  G.  Sforza,   EsìiU  etttensi  hi  Piemonte,  cit., 


102  KPisioi.AUio.  [1848] 

Tutti  mi  cliiedon  «li  te.  A  Keggio,  o  (lui,  vai  o 
vieni.  La  crisi  tra'  due  priiicipii  s'accosta;  e  bisogna 
essere  ognuno  al  proprio  posto.  (^) 

Se  hai  Atelier,  terza  lettera  al  Peuple,  o  altro, 
manda:  qui,  la  Dio  mercè,  non  v' è  nulla.  (^) 

Addio:  ama  sempre  il  . 

GllTSEPPE. 

MMCCCLXXXVllJ. 

Al,   DiKKTTOUK  dellji   (ìassetta  di  Milano. 

[Milano].    11   aprile   [1S48]. 

.Signor   Editore. 

Avendo  letto  nel  Giornale  il  22  Marzo  l'articolo 
clie    mi    riguarda,  credo   debito   mio    dichiarare  che 

iieìV Archivio  Jùniliano  del  RiHorgiviento,  Hit. ,  a.  I[1907]i).  130).  lino 
a  quaiulo  (1862) ottenne  ima  cattedradi  antropologia  nell'iiniver- 
HÌtàdi  Pavia,  qnindi  (1864)  di  Pisa,  dove  morì  il  29  aprile  1865. 

(1)  11  l^amberti  fu  uno  degli  ultimi  e.suli  a  tornare  in  Italia. 
Nella  Concordia  (n.  dell' 8  maggio  1848),  della  (inale  il  diret- 
tore era  con  lui  legato  d'amicizia,  si  dava,  non  senza  qualche 
inesattezza,  la  seguente  notizia:  «  ler  1'  altro  eradi  passaggio  in 
Torino  Giuseppe  Lamberti  di  Reggio,  tiglio  del  celebre  letterato 
Luigi  Lamberti  [xic],  senatore  dell'Impero  sotto  Napoleone; 
egli  era  esule  tino  dal  1821  [sto].  »  Tornò  in  Italia  in  compagina  di 
Antonio  Spagni,  esule  reggiano  del  1831,  e  a  Milano  rivide  il 
Mazzini  il  9  maggio  1848.  Andato  poi  a  Reggio,  ne  riparti  nel- 
l'agosto, vagando  per  la  Toscana  e  lo  Stato  Pontifìcio  fino  al 
novembre.  Per  altre  notizie,  ved.  in  appresso. 

(2)  Nel  Peitple  Constiliiaiit  del  Lamennais  G.  Saud  pul)biic(> 
due  sole  lett.,  intitolate:  Hier  et  aujonrd'hui  (del  7  marzo)  e 
Jujourd'hni  et  deinain  (del  19  marzo  1848).  Furono  ristampate 
in    G.   Sand,    Questions  poliliqnes  et  noeiales,  cit..  pp.    202-224. 

MMCCCLXXXVIII.  -  Pubbl.  nella  Gazzetta  di  Milano 
dell' 11  aprile  1848.  Le  parole  del  Mazzini  stanno  infatti  nel 
n.  del  9  aprile  1848  dello  stesso  periodico. 


[184S]  KPISTOI.AKIO.  103 

l' uuicji  versione  esatta  (Ielle  parole  eh*  io  pronunziai 
dalie  finestre  del  Palazzo  del  Governo  l'rovvisoiio 
Ritrova  nel  vostro  Giornale  del  9.  (^)  Kiconoscentissimo 
alle  espressioni  d'affetto  contenute  si  nel  vostro  (Gior- 
nale che  nel  22   Marzo,  sono,  signor  Editore, 

devot.nio  vostro 
(riusEPPE  Mazzini. 


(')  11  i*:^  Marzo,  nel  ii.  tiel  9  aprile  1848.  aveva  salutato 
con  parole  di  granile  eiitnsiasino  1'  arrivo  a  Milano  ili  G.  Mazzini; 
se  non  clie,  a  un  certo  momento,  il  periodico  faceva  le  seguenti 
osservazioni,  che  non  rispecchiavano  del  tutto  il  pensiero  che 
animava  in  quei  giorni  l'agitatore.  «Ma  di  un  altro  merito 
ancor  più  grande,  se  è  possibile,  vogliamo  saper  grado  a  Giu- 
seppe Mazzini,  ed  è  il  sacritìzio  che  egli  ha  fatto  della  sua 
potente  individualità  morale  per  contemperare  in  una  ragione 
diversa  di  procedimento  i  suoi  coi  nostri  sforzi  per  la  causa 
comune.  Perciocché,  quando  vide  clie  le  speranze  di  un  futuro 
risorgimento  non  potevano,  in  alcuni  Stati  d'Italia,  attuarsi 
altrimenti  che  collo  stringerci  d'attorno  ai  governi  indigeni, 
incoraggiandoli  a  tórsi  dalla  tutela  dello  straniero,  a  muovere 
con  piede  più  franco  sulle  vie  delle  riforme,  egli  non  disdisse 
a  questo  proposito,  ma  lo  santificò,  lo  rese  più  ettìcace  colla 
lode,   coli' esempio. 

«Ora  egli  è  <jui,  in  Italia:  dove  era  volto  il  più  che  tri- 
lustre, incessante  suo  sospiro.  Con  quella  sua  pronta  e  perspi- 
cace e  sintetica  intelligenza  ebbe  misurato  rapidamente  la  situa- 
zione dilicata  e,  se  cosi  possiaiu  dire,  anomala  del  nostro  paese,  e 
da  essa  pigliando  conforto  ad  aiutarci,  incominciò  subito  dal 
dividere  pubblicamente  le  opinioni  e  i  voli  che  governano  in 
questo  momento  tutti  i  ben  pensanti,  che  sono  la  maggior  paite 
dei  Lombardi.  Perché,  riferendo  grazie  alle  dimostrazioni  di 
stima,  onde  ieri  sera  abbiamo  voluto  festeggiare  la  sua  venuta, 
baciò  nell'  ettusione  del  cuore  la  tricolore  bandiera,  simbolo 
della  fratellanza  italiana,  raccomandò  l'unione  dei  voleri  cit- 
tadini: nel  primo  e  santo  scopo  di  redimere  la  patria  dalla 
presenza  dello  straniero:  disse  come  non  farebbe  opera  <li  l)uon 
italiano  chi   tentasse  di   far  prevalere    una    questione    di    pura 


104  KPISTOLAIUO.  [1848] 

MMCCCLXXXIX. 

A  Manfredo  Fanti,  a  Valeiiz<a. 


Milano,    Il   aprile  1848. 
Caro  Fanti. 

iin'ì  si  traf/tano    le    sorti    italiane  :   qui   si  tratta 
urifeiiteniente  della  formazione  d'un  esercito  italiano. 


t'orina  ad  un  inten^sse  pili  j^rave,  l'interesse  di  salvarci  per 
senii)re  dal  dispotismo.  I>a  concpiista  die  abbiamo  ottenuta, 
l)enclié  non  piena  ancora,  dell' indipendenza,  e  della  libertà,  è 
grande:  noi  ne  sentiamo  già  tutto  il  prezzo,  liberi,  potenti  e 
volenti  come  siamo  nell'esercizio  di  tutte  le  nostre  forze.  La 
forma  non  deve  fnllire  albi  sostanza,  come  quella  che  le  è  inte- 
ramente serva,   né  si   jìmò  da   lei    iscompap[nare.  » 

MMCCCLXXXIX.  —  Pnbbl.  dapprima  neW Archivio  trieniuiìc 
delle  cose  <i'  Italia,  voi.  ITI,  |».  816.  dijioi  in  .1.  W.  Mario,  Gavi- 
haldi  e  i  suoi  tempi;  Mibnio.  Treves.  1887,  p.  189.  Nella  i)rinia 
di  dette  opere  è  agjji'Oito  il  seguente  poscritto  di  C  Correnti, 
ciò  che  convalida  quanto  eblte  ad  affermare  più  tardi  il  Maz- 
zini (ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCLXXXV):  «  Aggiungo  le  mie 
alle  preghiere  e  alle  esortazioni  di  Mazzini,  e  assicuro  che  l'acco- 
glienza sarà  fraterna  e  1'  impiego  onorevole  e  pronto.  —  ('ou- 
RKXTi,  Segretario  generale  del  (Governo.  »  Annota  lutine  il  Cat- 
taneo, neW Archivio  Triennale,  cit.  :  Questa  lettera  fu  scritta  dal 
Mazzini  e  Correnti  al  tavolo  del  Governo  Provvisorio,  sopra 
foglio  della  consueta  carta  d'  uRìcio.  che  porta  stampata  in  fronte 
l'intestazione  del  (ioverno  stesso.»  —  M.  Fanti  (1806-1865), 
andato  in  esilio  in  Francia  per  la  parte  avuta  nei  moti  del'31, 
rimase  colà  tino  al  1835,  quando,  insieme  con  altri  modenesi, 
corse  a  combattere  in  Spagna  (ved.  G.  Sfokza,  Esuli  estensi  in 
Piemonte,  weW  Archivio  Emiliano  del  Risorgimento,  cit.,  a.  II  [1908], 
p.  86).  Nel  1848  trovavasi  a  Valenza,  insieme  col  fratello  Gae- 
tano,  pur  esso    esule  per  ragioni    politiche  (ved.   il   Vrotocoìlo 


[1848]  KPisioi.AHio.  105 

Se  i  tuoi  vincoli  te  lo  concedono,  parti  quanto  più 
presto  juioi  e  vieni  a  Milano.  Sjirai  collocato  immedia- 
taiuente.  come  vuole    il    tuo  merito   e   il   «rado  che 

della  Gioriiie  Italia,  voi.  VI.  p.  146).  e  anelava  di  tornare  in 
patria.  Pietro  Gironi,  annotando  qnesta  lett.  nella  sua  inedita 
Bibliografia  Mazziniana  più  volte  cit.,  cosi  scriveva  di  Ini,  clie 
conobbe  di  persona  nel  1848  a  Milano  :  «  Il  Fanti  partecipò 
alla  spedizione  di  Savoia,  facendo  parte  del  nucleo  organiz- 
zato a  Lione  sotto  la  direzione  del  marchese  Gaspare  Ro- 
sales.  Poi  andò  in  Ispa<^iia,  ove  salito  nei  gradi  della  milizia 
fu  <;omandante  di  piazza  a  Madrid.  Venne  in  Italia  a  quella 
cliianiata,  eil  era  uno  dei  più  assidui  visitatori  di  Mazzini  in 
Borgospcsso.  Le  disposizioni  del  Governo  Provvisorio  erano 
mutate  e  non  voleva  più  sapere  di  ulìliciali  come  Fanti  e  Cial- 
dini.  Fanti  gridava  a  tutta  poss;i  che  l'Italia  era  tradita, 
che  per  vincere  bisognava  far  guerra  nazionale,  all'  nso  spa- 
gnolo; era  irritatissinio  contro  gli  uomini  e  contro  il  sistema. 
Quando  fu  nominato  Generale,  ricordo  averlo  fermato  al  Catte 
8.  Carlo  per  congratularmi  seco  Ini;  egli  mi  rispose:  CI  vo- 
gliono dei  battaglioni,  ci  vogliono  dei  xoìdati  per  fare  la  guerra  ; 
coli'  untiisiasino  non  si  fa  nulla.  Restai  gelato  :  non  sapeva 
immaginare  cosi  subitanei  mutamenti.  »  Il  Fanti  rimase  a  Mi- 
lano, nuche  (fuando  due  suoi  commilitoni  di  Spiigna,  il  Cial- 
<liiii  e  il  Cucchiari.  jier  le  fredde  accoglienze  ricevute  dal  Go- 
verno Provvisorio,  partirono  sdegiuiti  e  andarono  a  Modena, 
dove  ottennero  «onorevoli  gradi;  »  e  il  10  luglio  1848  eblie 
dal  Governo  Provvisorio  della  I^ombardia  il  grado  di  maggior 
generale,  rinunciando  però,  il  28  di  quello  stesso  mese,  a  fa- 
vore <lel  generale  Zucchi,  1'  incarico  che  gli  si  voleva  afifìdare 
di  comandare  «  tutte  le  trupjìe  piemontesi  e  lombarde,  che 
ilovevano  essere  concentrate  al  momento  sn  Castel  Goifredó. 
per  far  fronte  al  nemico,  nel  caso  si  avverasse  che  un  cori)o 
austriaco  avesse  presa  quella  direzione,  separato,  come  vaga- 
mente propalavasi,  dall'  armata  nemica.  »  Tuttavia,  accettò 
temporaneament»'  1'  incarico  ;  nui  arrivato  a  Brescia,  fu  lo 
stesso  giorno  chiamato  a  far  parte  con  P.  Maestri  e  F.  Re-. 
stelli  d'  un  Coinitato  di  difesa,  durato  sino  al  6  agosto,  quando 
il  Fanti  usci  da  Milano  al  seguito  di  Carlo  Alberto.  Entrò  da 
<iuel  momento  nell"  esercito  regolare  piemontese,  infine  italiano. 


]0<ì  Ki'isioi, Alili).  [1848) 

o<;cupi.  Tu  liai   s«Miii)re  amato,  innanzi  tutto,  la  i>ati'ia 
tua:  opera   a   seconda.    Anni  il 

tuo 
(J.   ^Fazzini. 

TO  EiMii.iK  Hawkks.   LoimIoii. 

|MiIiiii].   iipiil    11"'  |1848). 

Fi'om  ]\Iilan! 

It  lias  beeii  iiiipossible.  dear  Emilie,  to  write  a 
word  ì)etbre:  I  liave  beeii  tliese  forty-eijilit  liours 
«iontinnously  surronnded  l)y  people  ott'  ali  deseri- 
ptioiis.  I  «end  a,  paper  containing-  some  aeconnt  of 
iiiy  reception  liere  :  it  was  sudi  tliat  I  wislied  you 
ali  lnM'e,  beeanse  I  kiiow  you  would  Imve  felt  liap- 
picr  than  i  did:  I  liad  felt  far  more  in  the  moining 
in  seeins:  some  two  tliousand   of  our  Italian  sobliers 


1 1   iiprilc. 

Da  Milano! 

Mi  è  stato  impossibile,  cara  Eiiiiliii,  di  scrivervi  fino 
iiil  ora  una  parola:  durante  queste  quarantotto  ore  sono 
stato  continuamente  circondato  da  ogni  sorta  di  persone. 
Vi  mando  un  giornale  contenente  una  specie  di  resoconto 
dell'accoglienza  clie  mi  lianno  fatta  qui:  è  stata  tale  che  ho 
desiderato  di  avervi  tutti  vicini,  perdio  so  che  vi  sareste 
sentiti  ben  pili  felici  di  me:  io  mi  ero  sentito  molto  più 
felice  la  mattina,  vedendo  passare  sotto  le  mie  finestre, 
in  mezzo  al  popolo  pazzo  di  gioia,  circa  duemiha  dei  nostri 
soldati  italiani,  appartenenti  alhi  legione  Ceccopieri.  clie 

MMCCCXC.  —  Pubi)],  da  E.  F.  Kichauds.  op.  oit., 
pp.   84-85. 


[1S48J  KIMSTOI.AKIO.  107 

belongin^  to  tlie  Ceccopieri  Legioii,  aiid  wlio  liad 
left  en  masne  ut  Cremona,  the  Austi'iaii  ì\ì\*ì,  i»assing 
under  iiiy  Windows  in  the  niidst  of  the  people  frantic 
with  Joy,  they  themselves  lookinjf  intoxicated  Avith 
the  feeling  of  beinj?  [for]  once  in  their  lite  loved  by 
their  conntryinen.  Stili,  there  was  an  iniportance  in 
niy  own  reception:  it  was  n  rei)ublican  nianifestation. 
At  the  t'rontier,  the  custoni  house  offlcers  (pioted  U* 
me  bits  of  my  writin<is:  at  ('omo.  piiests  and  men 
of  the  people  canie  around  tlie  coach  to  <»reet  me. 
The  manifestation  at  Milan  was  sudi  that.  rtve  mi- 
nutes  after,  there  carne  a  Deputation  from  the  Pro- 
visionai (rovernment  to  invite  me  to  jio  to  them. 
This  very  night,  crowds  carne  under  my  Windows, 
whilst  1   was  out.   slioutinu   for  me.  (')  I  teli   you  ali 


avevano  abbandonato  in  massa  la  bandiera  austriaca  a 
Cremona;  aneli' essi  avevano  i  volti  raggianti,  poiclié  si 
ritenevano,  almeno  nna  volta  nella  loro  vita,  di  essere 
amati  dai  loro  compatriotti.  Pure,  v' era  una  certa  impor- 
tanza nell'accoglienza  che  mi  hanno  fatta:  è  stata  una 
manifestazione  repubblicana.  Alla  frontiera,  gli  ufficiali 
della  Dogana  mi  hanno  citato  brani  dei  miei  scritti  ;  a 
Como,  preti  e  popolani  sono  accorsi  intorno  alla  carrozza 
per  salutarmi.  La  dimostrazione  a,  Milano  è  stata  tale  clie 
è  venuta,  cinque  minuti  dopo,  una  Deputazione  dal  Go- 
verno Provvisorio  per  invitarmi  ad  andare  da  loro.  Sta- 
notte stessa,  mentr'ero  fuori,  è  venuta  una  folla  sotto  le 

(*)  La  folla  (ua  andata  prima  ad  acclamare  sotto  le  tìnestre 
di  Gaetano  Pareto,  fratello  del  Ministro,  di  G.  Durando,  del 
Bercliet,  di  F.  De  Boni.  Si  dispose  poi  «  per  acclamare  al 
balcone  anco  il  meraviglioso  Mazzini  —  scriveva  la  Concordia 
del  14  aprile  1848,  —  che,  assente,  non  potè  accogliere  questo 
novello  segno  di   pubblica  esnltanzii.  » 


108  KPISTOLAKIO.  [1848] 

tliese  tbiugs,  becaiise  1  kiiow  that  you  will  be  de- 
ligiited  with  them.  As  for  me,  ahis  !  It  is  evident 
tbat  the  i)ower  of  rejoicing  for  myself  is  dead  with 
in  myself.  I  fomid  myself  crying  like  a  child  ut  the 
.sight  of  the  soldiei's  of  the  Ceocoi)ieii  Reglmeiit  ; 
and  l  feei  almost  frightened  at  these  demonstrations, 
and  very  mueh  disposed  to  run  away....  I  crossed 
the  Saint  tlothard;  there  was  danger;  but  the  scene 
is  sublime:  godlilve.  No  one  knows  what  Poetry  is 
who  has  not  found  himself  there.  at  the  highest 
point  of  the  route^  on  the  plateau,  surrounded  by 
the  peaks  of  the  Al{)Sj  in  the  eveilastiug  silence 
that  speaks  of  God.  There  is  no  atlieisi»i  possible 
in  the  Alps. 

The  Mihmese  bave  been  sublime,  beyond  ali 
<;onception:  far  su[)erior  to  the  Parisians.  The  ques- 
tion  of  independence  is  solvod.  The  other  questions 


mie  finestre  ad  acclainaniii.  Vi  racconto  tutte  queste  cose, 
perché  so  che  ne  sarete  felicissima.  In  quanto  a  me,  è 
«vidente.  pur  troppo  I  che  il  potere  di  essere  intimamente 
lieto,  è  spento  nel  mio  cuore.  Mi  son  messo  a  piangere 
come  un  bambiiu)  vedendo  i  soldati  del  reggimento  Cecco- 
pieri  :  e  mi  sento  invece  quasi  spaventato  da  queste  dimo- 
strazioni e  molto  propenso  a  fuggire....  Ho  attraversato 
il  San  Gottardo:  c'era  pericolo;  ma  il  paesaggio  è  sublime: 
divino.  Chi  non  si  è  trovato  lassù,  nel  punto  più  alto 
della  strada,  sull'altipiano,  circondato  dalle  vette  delle 
Alpi,  nel  continuo  silenzio  che  ci  parla  di  Dio,  non  sa 
che  cosa  eia  la  Poesia.  L'ateismo  non  è  possibile  sulle 
Alpi. 

I  Milanesi  sono  stati  sublimi,  al  di  là  di  qualsiasi 
aspettazione,  assai  superiori  ai  Parigini.  La  questione  del- 
l'indipendenza  è  risolta.  Le  altre  questioni  sono  indecise. 


[184S1  KPISTOLAKKÌ.  109 

are  pendiug-.  The  Government  is  liere  couiposed  of 
lieterogeneous  elenieiits.  a  majority  under  secret  enga- 
gement  to  Charles  Albert,  a  miiiority  beloiiging  to 
ourmen:  biit  rather  timid  ai)d  wavering.  The  Charles 
Albert  party  is  iutrigning  very  actively.  and  avail- 
ing  themselves  of  every  skirmish  to  conquer  the 
sympathy  of  our  tervent  meridional  people.  Htill, 
our  republican  party  is  strong  and  I  am  trying  to 
organize  it  publicl5^  Perhaps,  I  shall  sneceed:  per- 
haps  not.  We  shall  see.  At  ali  events.  it  is  a  mere 
question  of  time.  It  will  be  impossible  for  me  to 
write  long  letters  for  a  while:  but  read  attentively 
the  papers:  you  will  be  able  to  detect  what  I  do. 
And  you — my  sweet  friend — you  ali,  my  best 
friends,  what  are  you  doing?  1  know  that  you  are 
thinking  of  me  very  ofteu:  I  feel  full  with  faith  in 
you.  I  thought    of  you  on    the  Alps,  of  you,  when 


Il  Governo  qui  è  composto  di  elementi  eterogenei  :  la 
maggioranza  è  segretamente  agli  ordini  di  Carlo  Alberto  r 
la  minoranza  appartiene  ai  nostri,  ma  è  piuttosto  timida  ed 
incerta.  Il  partito  per  Carlo  Alberto  sta  intrigando  molto 
attivamente  ed  approfitta  d'ogni  schermaglia  per  conqui- 
stare la  simpatia  del  nostro  ardente  popolo  meridionale. 
Pure,  il  nostro  partito  repubblicano  è  forte,  ed  io  sto  ten- 
tando di  organizzarlo  pubblicamente.  Forse  riescirò:  forse 
no.  Vedremo.  In  ogni  modo,  è  semplicemente  una  que- 
stione di  tempo.  Mi  sarà  impossibile  di  scrivervi  a  lungo 
per  un  po'  di  tempo;  ma  leggete  attentamente  i  giornali: 
vi  potete  scorgere  quello  che  faccio. 

E  voi,  mia  dolce  amica,  e  tutti  voi.  miei  migliori 
amici,  clie  cosa  fate?  So  cli^  pensate  molto  spesso  a  me 
e  mi  sento  pieno  di  fede  in  voi.  Ho  pensato  a  voi  sulle 
Alpi,  a  voi  quando  son  passati  i  soldati  sotto  le  mie  fine- 


110  Kl'ISTOLAHK».  [1(<4!SJ 

tbe  soldiers  passed  under  my  Windows  ;  and  I  will 
think  of  you  wbenever  I  feel  niost  deeply,  "  à  la 
vie  et  à  la  niort.  '' — Wliat  is  Caroline  doing?  1  \vill 
uever  foiget  the  last  nroments  1  passed  witli  lier. 
And  Eliza  if  and  my  queeuly-calm-looking  Bessie  ? 
and  your  Mamma?  and  Shaen?  To  Jauies,  William, 
and  Sydney,  I  will  one  of  tbese  days  write  a  politicai 
letter.  Meanwliile  teli  them  ali  bow  mucb  I  love 
and  esteem  tbem.  Remember  me  to  tbe  Dillons;  and 
to  Mis.  (xillman.  Work  steadt'astly,  take  care  of  your 
healtb,  tbink  of  me,  wben  you  meet  at  Mnswell  Hill. 
By  tbe  bye,  do  not  tbink  tbat  you  are  newer  to 
tbink  of  me  wben  you  are  alone.  Write  bere  to  my 
name:  if  you  bave  State  secrets,  to  Pietro  Speranza. 
Farewell — not  for  ever. 

Your 

Joseph. 


«jtre  e  penserò  u  voi  ogni  volta  che  sentirò  pili  intensa- 
mente «  à  la  vie  et  à  la  niort.  »  —  Che  fa  Carolina? 
Non  dimenticherò  mai  gli  ultimi  istanti  che  ho  passati 
con  lei.  Ed  Elisa?  e  la  mia  Bessie,  dall'aspetto  calmo 
di  regina  ?  e  vostra  madre  ?  e  Shaen  ?  Scriverò  uno  di 
•«luesti  giorni  una  lettera  politica  a  Giacomo,  Guglielmo 
■e  Sydney.  Intanto,  dite  a  tutti  loro  quanto  io  li  ami  e  li 
^timi.  Ricordatemi  ai  Dillon  ed  alla  Signora  Gillman. 
Lavorate  attivamente,  abbiate  cura  della  vostra  salute, 
pensate  a  me,  quando  vi  riunite  a  Muswell  Hill.  Ma  non 
v'immaginate  per  questo  di  non  dover  mai  pensare  a  me 
quando  siete  sola.  Indirizzate  qui  a  nome  mio;  se  avete 
«egreti  di  Stato,  a  Pietro  Speranza.  Addio  —  non  per 
«empre. 

Vostro 

Giuseppe. 


[1848]  KIMSTOI-AKIO.  Ili 

Teli  yoiir  Miiiuina  tbat  I  sliall  bave  no  figlitiiig- 
imles8  a  de  tea  t  oecurs. 

CouUl  joii  kiiow  tlie  gàchis  !  1  bave  tbis  morniug- 
ali  ouverture  i'ov  an  alliaiice  of  tbe  Republican  party 
witb  Cbarles  Albert  oii  certaiii  very  liberal  terms,  iiiid 
for  a  "  rapproclieìuent  personnel.  "  Tbey  must  feel  us 
very  stroug  to  come  down  to  sucb  a  proposai  after 
fifteeu  years  of  relentless  war.(*)  I  bave  answered: 
tbat  I  do  iiot  wisli   for  any  rapprochement  personnel; 


Dite  a  vostra  madre  che  non  permetterò  clie  si  com- 
batta, a  meno  clie  non  ci  sia  una  sconfitta. 

Se  sapeste  che.  pasticcio  \  Ho  stamane  una  ouverture  per 
un'alleanza  del  partito  repubblicano  con  Carlo  Alberto, 
su  certi  patti  molto  liberali,  e  per  un,  «  rapprochement 
personnel.  »  Devono  sentirci  molto  forti  per  scendere  ad 
una  proposta  simile,  dopo  quindici  anni  di  guerra  impla- 
cabile.   Ho    risposto:    die  non  desidero  nessun    «  rappro- 

(^)  Di  questo  tentativo  d'intesa  tra  il  Mazzini  e  Carlo 
Alberto  ebbe  a  dar  notizie  il  primo  di  essi,  il  quale,  sia  pure 
scrivendo  a  poco  piiì  di  un  anno  di  distanza,  quando  poteva 
avere  ancor  presente  con  una  certa  precisione  il  ricordo 
di  quelle  trattative,  seujbró  accennare  che  la  proposta  gli 
fu  fatta,  non  già  a  distanza  di  pochi  giorni,  ma  dopo  non 
meno  d' nn  mese  da  che  si  trovava  a  Milano.  Infatti,  nei 
Cenni  e  documenti  intorno  alV  insurrezione  lombarda,  ecc.,  cit.  (in 
Italia  del  Popolo  di  Losanna,  voi.  II,  p.  22),  egli  scriveva: 
«  Quando  la  violazione  del  programma  governativo  ora  già 
decisa,  «  mentre  io  ero  già  assalito,  pel  mio  tacermi,  di  ca- 
lunnie e  minacce  da  tutte  parti,  mi  giunse  inviato  dal  campo, 
e  messaggero  di  strane  proposte,  un  antico  amico,  patriota 
caldo  e  leale.  Parlava  a  nome  del  Castagnette,....  segretario 
del  re,  e  proponeva:  eh' io  mi  facessi  patrocinatore  della  fusione 
vìonarehica,  m'  adoprassi  a  ti'arre  dalla  parte  regia  i  repubblicani, 
e  m' acessi  in  ricambio  influenza  democratica  quanta  piti  volessi 
vegli  articoli  della  costituzione  che  si  darebbe;  colloquio    col  re  e 


112 


Kl'ISTOLAUK^. 


1&Ì48 


let  Charles  Albert  break  openly  every  diploniatic  tie, 
every  (jonnectioii  with  other  priiices:  let  Lini  sigli  a 


chement  personnel;^*  clie  Carlo  Alberto  rompa  apertamente 
qualunque  legame  diplomatico,  qualunque  unione  con  gli      ^ 

non  so  che  altro.  »  Non  si  può  veramente  attermare  che  tutti 
coloro  che  orano  interessati  a  intavolare  quelle  trattative,  delle 
quali  era  fin  d'  allora  assai  facile  prevedere  il  risultato  negativo, 
mantenessero  un  doveroso  riserbo.  Infatti,  qualche  indiscrezione, 
non  si  sa  da  chi,  fu  commessa;  e  con  quella  smaniii  che  ebbe 
sempre  la  stampa  periodica  italiaua  del  Quarantotto  di  sciorinare 
tutto  al  pubblico,  anche  i  segreti  di  guerra,  con  grande  soddi- 
sfazione del  Kadetzky  e  del  Governo  austriaco  (ved.  il  Corriere 
Mercantile  del  6  luglio  1848),  qualcosa  ne  tiapelò;  e  il  Corriere 
Livornese  dapprima  (u.  del  13  aprile  1848),  l'Alba  dipoi  (n.  di 
due  giorni  appresso).  1'  Opiìiionc  del  25  di  quello  stesso  mese, 
ecc.,  stamparono:  «  Giuseiipe  Mazzini  avrà  un  abboccamento 
con  Carlo  Alberto.  Cosi  questo  re,  facendosi  corona  di  tutti 
i  veterani  della  libertà,  si  apparecchia  a  conseguire  un'altra 
corona  che  avrà  meritata.  »  Sembra  che  il  principale  arte- 
fice di  quelle  trattative  fosse  stato  il  conte  Cesare  Tra- 
bucco di  Castagnetto,  il  fedele  e  abile  segretario  di  Carlo 
Alberto,  presso  il  (juale  trovavasi  al  quartier  generale,  fermo 
in  quei  giorni  a  Castiglione,  da  dove,,  proprio  quando  esse 
erano  per  intavolarsi,  conosciuto  l'arrivo  del  Mazzini  a  Milano, 
scriveva  a  Gabrio  Casati:  «Sento  che  è  giunto  Mazzini:  è 
fatto  grave,  e  non  so  se  la  causa  d'unione  ci  guadagnerà» 
(Casati-Castagnktto,  Carteggio,  ecc.,  oit.,  p.  45).  Non  era 
però  egli  il  solo  a  negoziare  un'intesa  fra  i  massimi  espo- 
nenti dei  due  partiti,  e  probabilmente  non  era  estraneo  in 
tutta  quella  faccenda  il  Ministro  dell'Interno,  il  genovese 
Vincenzo  Ricci,  che  nella  sua  città  natale  aveva  estese  cono- 
scenze con  gli  uomini  devoti  al  Mazzini,  e  che  dovette  vagheg- 
giare l'idea  di  riunire  i  rappresentanti  di  tutti  i  partiti  politici 
nella  lotta  che  in  quel  momento  solenne  si  era  ingaggiata  contro 
il  nemico  comune.  Non  è  proprio  il  caso  di  attermare  che 
accennando  alla  «causa  d'unione,»  anzi,  come  si  vedrà  iu 
appresso,   a  quella  «dell'unità  italiana,»   il    Castagnetto    nu- 


(1S48J  KPISTOI.AHIO.  113 

prochiiiuitioii  to  Italy  for  absolute  niiity,  witb  Koiné 
as  a  meti'opolis,  and  for  uii  overtliiow    of  ali  otlier 


altri  principi  :  che  tìniii  un  procluniu  dando  all'Italia  l'unità 
assoluta,  con  Roma  per  capitale,  e  spodestando  tutti  gli 


trisse  il  questo  proposito  le  stesse  idee  del  Mazzini,  o,  se  non 
egli,  le  avesse  il  Sovrano:  comunque,  le  trattative  d'una  intesa 
furono  discusse  su  questo  concetto,  e  mediatore  per  esse  si 
ortrì  Federico  Campanella,  il  cospiratore  del  '33,  l'«  antico 
amico,  patriotta  caldo  e  leale,  »  a  cui  faceva  più  tardi  accenuo 
il  Mazzini.  Il  Campanella,  riuscito  a  sottrarsi  a  Marsiglia 
alle  dure  repressioni  di  quell'auuo,  aveva  continuato  nell'esilio 
a  rimaner  fedele  alle  idee  della  Giovine  Italia,  partecipando 
al  tentativo  d'  invasione  in  Savoia  e  alla  dolorosa  odissea 
dei  compagni  dell'agitatore  genovese  (ved.  le  note  alle  lett. 
MDCLXIV,  MOCCI,  passim),  poi,  esortato  dalla  madre,  aveva 
chiesto  «li  rientrare  in  patria,  sottoscrivendo  alla  clausola 
dell'aggiunta  all'indulto  del  1842  (ved\  la  lett.  MCCCCXC), 
dichiarando  di  non  volersi  piti  occupare  del  rude  lavoro  della 
rinnovata  associazione  mazziniana  (ved.  il  Protocollo  della  Gio- 
rine  Italia,  voi.  I,  p.  263  e  voi.  II,  p.  91).  "Visse  infatti  a 
(ienova  appartato  da  qualunque  relazione  che  potesse  com- 
prometterlo ancora  ima  volta,  di  che  il  Mazzini  si  mostrava 
amareggiato  nelle  sue  lett.  alla  madre  e  agli  amici  di  Genova 
(ved.  specialmente  la  lett.  MMXCV);  e  quando  sorse  e  ingi- 
ganti la  potenza  morale  di  Pio  IX  e  del  Gioberti,  parve  abbrac- 
(;iarne  le  idee  (ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCLXXIV).  Fu  dei 
primi  Genovesi  che  accorsero  a  Milano  dopo  le  Cinque  Gior- 
nate, e  di  là,  il  31  marzo,  scrisse  al  Mazzini,  esortandolo  ad 
accorrere  in  Lombardia,  dove  e'  era  «  partito  repubblicano  » 
e  non  «  volevano  Carlo  Alberto.  »  Protocollo  della  Giovine  Italia, 
voi.  VI,  p.  370.  Pochi  giorni  dopo,  con  assai  discutibile  coerenza 
politica,  lasciata  Genova,  cinese  al  Ministro  dell'  Interno  Vin- 
cenzo Ricci,  col  quale  era  in  relazione,  una  lett.  di  racco- 
mandazione per  il  conte  di  Castagnetto,  al  line  di  ottenere 
un  grado  militare  nel  corpo  dei  volontari  che  si  stava  for- 
mando. Probabilmente,   per    il  conte  di  Castagnetto  fu  quella 

Mazzini,  .Scritti,  ecc.,  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  K 


114  KiM.STOr,AKi(..  [1848] 

Italiau  princes  :  we  shall  he  soldiers  under  his  ban- 


ner: se  no,  no. 


altri  principi  italiani:  solo  allora   saremo  soldati  sotto  la 
sua  bandiera:  se  no,  no. 

mia  buona  occasione  per  scandagliare  le  intenzioni  del  partito 
repubblicano,  valendosi  dell'opera  d'  un  suo  non  ultimo  rappre- 
sentante, aiutato  in  ciò  da  un  altro  ammiratore  del  Mazzini, 
Ferdinando  Pio  Rosellini,  accorso  anch' egli  in  Lombardia,  e  non 
si  sa  come,  in  pili  diretta  relazione  col  segretario  di  Carlo  Alberto. 
Tutto  ciò  apparisce  dal  carteggio  che  in  quella  prima  quindicina 
d'aprile  il  Castagnetto  tenne  con  M.  Farina  {ved.  A.  Brofkerio, 
Storia  del  Parlamento  Suhulpino;  Milano,  Battezzati,  1866,  voi.  I, 
pp.  467-470)  e  dalla  lett.  seguente,  che  il  12  aprile  1848  il 
Campanella  scriveva  a  V.  Ricci,  da  Milano,  dov'  era  tornato 
nel  frattempo,  per  rivedervi  il  Mazzini  :  «  S.  E.  mi  accolse  colla 
massima  gentilezza  e  si  otì'ri  pronto  a  parlare  al  Ministro  della 
guerra  nel  caso  oh'  io  avessi  voluto  prendere  servizio  nella  K.  Ar- 
mata. Mi  fece  però  osservare  che  un  fucile  di  pili,  un  fucile  di 
meno  sarebbe  di  poco  vantaggio  alla  causa  nazionale,  e  eli'  io 
avrei  potuto  servirla  con  altri  mezzi.  Quantunque  il  mio  scopo 
fosse  quello  di  guerreggiare  la  guerra  dell' Indipendenza,  pure 
credetti  conveniente  di  aderire  alla  volontà  di  S.  E.,  dichiaran- 
domi pronto  a  servire  il  mio  paese  in  qualsivoglia  modo.  S.  E.  mi 
diede  per  missione  di  ritornare  a  Milano,  affine  di  poter  riu- 
nire, per  quanto  era  in  me,  gli  uomini  d'ogni  partito,  e  prin- 
cipalmente Mazzini,  sotto  lo  stendardo  dell'  Unità  italiana.  La 
missione,  data  in  termini  cosi  generali,  era  troppo  conforme 
ai  principii  da  me  professati  perché  non  venisse  prontamente 
abbracciati!.  Feci  però  conoscere  a  S.  E.,  per  mezzo  di  Itosel- 
lini,  che  due  erano  le  forme  sotto  le  quali  poteva  essere  riunita 
l'Italia  —  la  monarchica  o  la  repubblicana.  —  e  quantunque 
io  pensassi  che  Carlo  Alberto  coli' Esercito  piemontese  fosse  il 
mezzo  il  pili  pronto  onde  ottenere  V  unità,  pure  non  avrei 
potuto  decentemente  fare  della  propaganda  monarchica  in  oppo- 
sizione   alla  repubblica Giunto  in   Milano,    mi   recai   iiiime- 

<liatamente  da  Mazzini  e  gli  spiegai  l'oggetto  della  mia  mis- 
sione.   Mazzini   dichiarò    francamente   che    avrebbe  sagri (ìcato 


(l?<+8]  KPisroi.AitK».  115 

1   have  uever  seeii  a  sinj;le  Euglish  i)aper.  What 
<lo  tliev  sav  about  our  aftairs  ? 


Xon  Ilo  ancora  visto  un  solo  giornale  inglese.  Che  cosa 
<licono  tlei  nostri   avvenimenti  ? 

volentieri  le  sue  convinzioni  repiibblicaue  alla  questione  del- 
l'unità  che  per  lui  era  la  più  importante  di  tutte;  che  però, 
nella  sua  maniera  di  vedere,  l'unitasi  sarebbe  più  facilmente 
conseguita  colla  repubblica  che  colla  monarchia,  a  meno  che 
Carlo  Alberto.  rom])endo  in  visiera  cogP  altri  sovrani  d'Italia  e 
colla  diplomazia  estera,  dichiarasse  in  un  proclama  all'Italia 
che  i  tempi  sono  maturi,  ch'ei  si  pone  ad  interprete  dei  voti 
unitarii  della  nazione,  che  pone  la  sua  spada  al  servizio  di 
questa  causa,  che  invita  tutte  le  poj)olazi()ni  d'Italia  a  svinco- 
larsi dalle  loro  divisioni  e  costituirsi  in  nazione.  In  tal  caso 
accetterebbe  la  monarchia  di  C.  Alberto  e  si  farebbe  soldato 
sotto  di  lui.  Del  resto,  quanto  a  lui,  non  intende  lottare  contro 
qualunque  fatto  risultante  dal  voto  lombardo,  anche  discorde 
dalle  siie  credenze.  Intende  soltanto  difendere  la  causa  del- 
l' unità  in  ])rimo  luogo,  e  dichiarare  anche  teoricamente,  occor- 
rendo, le  sue  convinzioni  repubblicane,  ma  senza  polemica,  senza 
appello  rivoluzionario,  senza  congiure,  delle  quali  è  passato  il 
tempo  »  (ved.  G.  Doxavkr,  Jl  Ministro  ì'iiicevzo  liicoi  (1848- 
1849).  nella  llassegna  Nazionale  del  1"  dicembre  1898).  Come 
si  vede  qui,  nessun  divario  esisteva  tra  quello  che  il  Mazzini 
aveva  detto  al  Campanella  e  quello  che  pubblicamente  ebbe  a 
dichiarare  l'anno  appresso;  e  anzi,  perché  l'amico  riferisse  al 
Castagnetto  con  fedeltà  le  sue  parole,  glie  le  rimise  di  suo  pugno 
in  un  foglietto  che  tuttora  si  conserva  (fu  stampato  contem- 
poraneamente nel  Corriere  di  Genova  enei  Giornale  d' Italia  de) 
10  marzo  1908),  dal  Campanella  riprodotte  in  gran  parte  nella 
sua  lett.  il  V.  Ricci.  È  qui  da  aggiungere  che  in  una  lett. 
i(«ucce88iva  allo  stesso  Ministro  il  patriota  genovese,  il  quale 
11^1  frattempo  aveva  lasciato  la  Lombardia,  diede  conto  «  del- 
l'esito poco  felice  della  missione  affidatagli  dal  sig.  Conte  di 
Castagnetto  vei'so  il  Mazzini  ed  alti'i  amici  politici,  »  dichia- 
randosi «  libero  e  sciolto  da  qualunque  impegno  e  da  qualunque 
incarico,  »  ma  non  ne  spiegò  la  ragione;  lo  fece  però  il  Maz- 


116  KI'ISTOI.AIUO,  [184S] 

MMCCCXCI. 

A   Gkoiuik  Sani),   à   Paris. 

[Miliin],    13  avril    181». 

eJe  vous  é(;ris,  iiioii  «iiiiie,  deiix  inots  de  INIilan. 
Le  cause  de  uofcre  iiidépeiidaiice  est  désormais  assurée  : 
la  question  i)olitiqiie  comiiieuce.  Xous  eoinbattoii!^ 
ici  sous  iiotre  vieux  diapeau  de  l'unite  lépiiblicaiiie; 
Charles- Albert  intrigue  de  soii  coté:  il  s'appuye  sur 
une  t'ractioii  de  notre  Gouvernenient  Provisoire.  Kéiis- 
•«ira-t-il  ì  Je  u'en  sais  lien  :  je  sais  que  nous  lutterons  ; 

ziui,  che  ne'  Cenni  e  documenti,  cit.  (Italia  del  l'ojjolo  di  Lo-saima, 
cifc..  voi.  II.  p.  24),  continuava  cosi  la  sna  narrazione  :  «  Richiesto 
•lei  come  il  re  potesse  farsi  mallevadore  delle  sue  intenzioni  a 
prò'  dell'unità  del  paese,  risposi:  firmando  alcune  linee  che 
lo  rivelino;  e  ricliiesto  s'io  scriverei  quelle  linee,  presi  la  penna 
e  le  scrissi.  Erano,  con  mutazioni  di  forma  ch'or  non  ricordo, 
le  stesse  ch'io,  con  intento,  inserii  pili  dopo  nel  programma 
dell' /<rtij«  del  Popolo  pubblicato  in  Milano;  e  le  trascrivo:  I» 
sento  maturi  i  tempi  per  V  Unità  delia  Patria:  iittendo,  o  Italiani, 
il  fremito  che  affatica  l'anima  vostra.  Su,  sorgete!  io  precedo.  Ecco: 
io  vi  do,  pegno  della  mia  fede,  spettacolo  ignoto  al  mondo  d'  un 
re  sacerdote  dell'  epoca  nuova,  apostolo  armato  dell'  Idea-Popolo, 
edijicatore  del  Tempio  della  Nazione.  Io  lacero  nel  nome  di  Dio  e 
dell'Italia  i  vecchi  patti  che  vi  tengono  smembrati  e  grondatio  del 
rostro  sangue:  io  vi  chiamo  a  rovesciare  le  barriere  che  anch'  oggi 
vi  tengon  divisi  e  ad  accentrarvi  in  legione  di  fratelli  Uberi  eman- 
cipati intorno  a  me  vostro  duce,  pronto  a  cadere  o  a  vincere  con 
voi.  h'  amico  parti.  Pochi  di  dopo  mi  fu  fatto  leggere  un  biglietto 
del  Castagnette,  che  diceva:  vedo  pur  troppo  che  da  questo  lato 
non  v' è  da  far  nulla.  » 

MMCCCXCI.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  indirizzo. 


(1848]  Kl'ISTOI.AKlO.  117 

(jiie  le  parti  républicain  grossit  cliaqiie  Joiir:  (')  et  que 
vous  avons  pour  nous  Dieu  et  le  boii  droit. 

Ce  qui  est  doiiloiireux,  c'est  de  voir  que  votre 
France  liépublicaine  ettace  toute  notiou  de  luoialité 
ixditique  et  Vienne  plaider  cliez  nous  la  cause  du 
fédéralisme  iiionarcliique.  Mr.  Bixio.  ambassadeur  de 
la  République  à  Turiu,  traite  la  cause  'de  Charles- 
Albert  avec  la  niéme  clialeur  qu'il  niettait  à  Tsiccuser 
en  parlant  avec  nioi  à  l*arÌR.  (')  Je  ne  l'aurais  pas  crii; 

(')  Ad  una  simile  constatazione  jjinngeva  pure  Carlo  Alberto, 
in  quelle  Memorie  ed  osHervazioni  nuìla  guerra  dell'  indipendenza 
d'  Italia,  raccolte  da  un  ufficiale  piemontene,  nelle  quali  egli  ebbe 
mano  (veci.  F.  Patetta,  Lettere  di  Carlo  Alberto  scritte  durante 
la  campagna  del  1848  al  conte  F.  Sciapi»,  in  Atti  della  B.  Acca- 
demia delle  Scienze  di  Torino,  voi.  LVI,  «ìisp.  1»  (1920-1921), 
pp.  215-216  e  273). 

(^)  Alessandro  Jìixio.  che  aveva  avuto  lantai  parte  nella 
rivoluzione  del  febbraio,  era  giunto  a  'l'orino  il  26  marzo  in 
qualità  di  «iiujaricato  d'nttari  delia  Kepubblica  francese  presso 
il  Governo  del  Piemonte.  »  Ved.  la  Concordia  del  28  marzo  1848. 
La  isna  missione  era  certamente  «juella  di  persuadere  Carlo 
Alberto  ad  accettare  l'aiuto  della  Francia,  e  di  vincere  le  sue 
legittime  riluttanze  per  un'  alleanza  che  gli  sarebbe  costata  il 
«agrificio  delia  Savoia,  senz' alcuna  sicurezza  di  essere  soccorso 
contro  le  eventuali  aspirazioni  repubblicane  della  Lombardia 
e  del  Veneto  (ved.  Casati-Ca.staGnktto,  Carteggio,  cit..  p.  IxviJ 
t-  segg.).  traendo  profitto  del  contegno  assunto  in  quei  giorni 
dal  Governo  Provvisorio  di  Lombardia,  <iuando  ap])unto  erano 
partiti  da  Milano  il  Porro  e  il  Frapolli  (ved.  la  Patria  del  10 
e  del  19  aprile  1848),  tutt' altro  che  propensi  a  un  Regno  del- 
l'Alta Italia,  e  desiderosi  dell'intervento  della  Francia.  Dojio 
la  nomina  del  Bastide  a  Ministro  degli  Aiì'ari  esteri  (28  giu- 
gno 1848).  l'orientamento  della  sua  politica  verso  il  Gabinetto 
piemontese  dovette  cambiare  di  pianta,  ijoiché  in  quello  stesso 
mese  A.  Bixio  riceveva  dal  suo  capo  la  seguente  lett.  confiden- 
ziale: «  Il  ne  faut  que  Charles-Albert  s'imagine  qu'il  pent  se  faire 
roi  de  Lombardie  ;  il  ne  faut  pas  qu'il  se  tlatte  de  ponvoir  traiter 
avec  l'Autriche,  (|ui   lui  céderait  volenfiers  le  Milanais  à  con- 


118  Kl'lSTOLARIO.  [1848] 

si  son  Secrétaire,  appuyé  par  une  lettre  de  IJixio  Ini- 
mème  ii'était  pas  venu  essayer  de  me  convertir 
aiijoiinl'lini,   Est-ce  la  missiou  de  la  France  ?  (') 

(litioii  ipi'il  l'aiderait  à  coiiserver  Veiiise;  il  ne  i'aut  pas  (|iie  tu 
ajoiites  foi  aiix  Cailistes,  <{iii,  plus  oii  luoiiis  converta  dn  manteau 
(lénioeratiqne,  travaillent  à  ranger  le  nord  de  l'Italie  sons  Io 
scMiptro  d'un  carbonaro  rénégat.  Kappelle-toi  bien,  quels  qiie 
soient  les  disconrs  <jn'ou  pent  te  tenir,  qne  tu  es  le  représentant 
de  la  Ré|)nl)lique  Frani^-aise,  de  la  plus  pnissanfe  et  de  la  pini* 
générense  Képnblitine  du  monde.  Rappelle-toi  qne  nons  vonlons 
vivre  en  paix  mèine  avec  les  rois,  mais  (ine  nons  cominettrions 
un  crime  de  lèse  principe  sì  nons  favorisions  en  qnoi  ce  (]ue  fùt 
lenr  ambition.  Délie-toi  des  Carlistes  ;  les  blancs  sont  toujours 
blancs:  les  bieus  sont  toujours  blens. 

«  Dia  bien  à  tout  le  niou<le,  dis  liaut  et  ferme  que  imus  ne 
voulons  pas  de  conqnètes  ;  mais  nons  vonlons  qne  les  penple» 
soient  libres,  et  notre  ardente  syuipatliie  est  pour  ceux  (ini, 
comme  nons,  adoptent  la  gloriense  forme  de  la  répnbliqnc  Que 
le  Piémont  reste  monarchique,  puÌ8f|ue  telie  est  sa  volonré; 
mais  qne  la  Tiombardie,  qne  Venise  soient  maitresses  d'elles- 
mèmes;  qne  l'Italie  forme  une  répnbliciue  federaliste.  »  J.  Ba- 
8TIDK,  La  llépubliquc  Frau^a'me  et  l'Italie  en  1S48;  Bruxelles, 
Rozez,  1858,  pp.  45-46.  Qneste  istruzioni,  sia  pure  di  data  po- 
Kteriore,  erano  addirittura  in  contradizione  con  quelle  della  (ine 
di  marzo,  riassunte  da  C.  D'Adda  in  una  lett.  al  Governo 
Provvisorio  di  Lombardia,  del  <|uale  era  inviato  a  Torino.  Egli 
avvertiva  infatti  che  in  un  colloquio  avuto  con  A.  Hixio  aveva 
avnto  assicurazione  che  la  Francia  non  pretendeva  «  altro  che 
amicizia  dai  popoli  confinanti,  »  e  che  essa  sentiva  la  neces- 
sità di  costituire  uno  Stato  subalpino  forte,  «del  quale  il  Pie- 
monte era  chiamato  ad  essere  il  nucleo»  (ved.  C.  Pagani,  l'omini 
e,  cose  in  Milano,  ecc.,  cit.,  ]>.  194).  Ma  è  ovvio  avvertire  che 
la  nuova  orientazione  era  stata  impressa  dal  Bastide,  ([UJindo 
era  stato  chiamato  a  dirigere  la  politica  estera  francese. 

(1)  Segretario  di  A.  Bixio  era  Carlo  Gourane,  che  ai  primi 
d'aprile  era  and.ato  appunto  da  Torino  a  Milano  (ved.  C  Pa- 
gani, op.  cit.,  p.  395).  Del  resto,  la  Lombardia  era  soleata  da 
emissari  francesi  (In.,  p.  414),  fra  i  quali  quel  «  Mr.  Sala, 
oriundo  di  Genova,  redattore  del  National,  »  che  trovnvasi  al 


[184X1  KIMSTOI.AHIO.  119 

Adieii,  moli  amie:  écrive/>-inoi  un  mot  si  vous  le 
pouvez.  Il  me  teni  dii  bien.  Piirlez  iiioi  de  vous,  de 
l'étiit  des  elioses  à  Paris,  de  votre  Journal,  (')  de  vos 
bulletiiis,  doiit  je  voudrais  bien  pouvoir  avoir  la  col- 
leetion.  Salut  à  Maurice  et  à  Borie.  Aimez  un  \nn\ 
votre  ami  JOSEPH. 

Tàche/,  vous  et  vos  amis,  de  servir  aussi  notte 
cause.  Elle  est  la  vótre;  elle  est  celle  de  l'Humanité. 
Qiie  vos  aniis  du  National  ne  nous  précbent  plus 
la  t'édération  ;  elle  peut  ètre  un  fait  transitoire  à 
a«*cei>ter:  maisjamais  une  théorie,  un  but  à  atteindre 
pour  l'Italie,  lòlle  nous  donnerait.  si  elle  venait  à 
recevoir  une  siU'te  de  sanction  léj^ale,  tont  le  muni- 
cipalisme  dont  on  aftecte  de  tant  s'effrayer. 

MMCCCXCIl. 

AI,  <iKNKKAI,K   M .   Nafoi.eonk   Ai.lemandi,   :i   Salò. 

Mi  hi  no,    13  aprile  1848. 

('aro  Alleniandi, 

11  latore,  Emilio  Pistrucci,  lombardo,  è  amicis- 
simo mio:  e  mi  <;iovo  con  i)iacere  di   lui  per  mandarti 

campo  di  Carlo  Alberto  inviato  dal  Governo  francese,  andato 
poi  a  Milano,  infine  a  Torino,  dove  si  accompagnò  col  Frapolli 
e  con  lo  Spini  che  si  recarono  il  14  aprile  1848  a  Parigi 
per  conto  del  Governo  Provvisorio  di  Lombardia.  Ved.  T.  Mas- 
8AKANI,  C.  Correnti  nella  rita  e  nelle  ojìerc;  Koma,  Forzani, 
MDCCC.XC,  p.  563  e  Casati-Castagnktto,  Carteggio,  cit.,  p.  23. 
(')  La  Canne  du  Peiiple,  giornale  settimanale,  del  quale 
uscirono  solamente  tre  numeri  il  9,  il  16  e  il  23  aprile  1848. 
Il  programma  e  alcuni  articoli  che  vi  scrisse  la  Sand  furono  poi 
raccolti  nel   voi.  Qnestions  politiqneH  et  sociales,  cit.,  pp.  243-287. 

MMCCCXCII.  —  Pubbl.  in  F.  Bettoni-Cazzago,  GV  Ita- 
liani nella  guerra  (V  l'ngheria  1818-49  ;   Milano,  Treves,   1887, 


120  ia>if<roi,AHi(>.  [1848| 

nn  abbraccio.  Quanto  a  lui.  desidera  mandare  una 
.scliioi»pettata  ag^li  Austriaci  per  propria  (!ousolazione. 
Quanto  a  ine.  desidero  raccomandartelo:  e  desidero 
vivissimamente  clie  tu  possa  trovar  fuori  uiui  buona 
intenzione  e  due  minuti  di  temjK)  per  iscrivermi  due 
linee  e  dirmi  sinceramente  il  tuo  pensiero  circa  alle 
sorti  della  gfuerra.  e  alle  sorti  politiche  che  credi 
ai)partenere  alla  Lombi) rdia.  1^]  buono  che  sappiamo 
tutti  1' uno  dell' altro  il  (iome  pensiamo  ])er  ben  pon- 
derare sulla  via  da  tenersi. 

Ti  jjiungerà  col  Pistrucci  un  altro  volontario  che 
ti  ra<'<'omando  ef>ualmente  con  caloi-e.  E<»li  è  Susanna, 
piemontese.  e(;cellentc  italiano  ed  amico. 

Ama  sem|)re  il  , 

'  tuo 

(tHt.s.  Mazzini. 


)».  :ì2.  Micliole  Nji]Kileone  Alleiiiiindi,  oiiiiiulo  genovese  e  tiglio 
(li  un  f. siile  del  1821,  era  stato  in  relazione  col  Mazzini  lino 
dal  183o  (ved.  le  lett.  CC^LXXXI  e  CCCVIII).  quindi  aveva 
conbattnto  in  Spagna,  inline  in  .Svizzera,  durante  la  guerra  del 
Sondeibund.  Di  sensi  rigidamente  repubblicani,  alla  notizia  del- 
l'insurrezione  lombarda  era  corso  a  Milano,  dove  il  1°  aprile 
quel  GoA'erno  Provvisorio,  su  proposta  del  Giulini,  lo  aveva 
nomina tocomandanteiielieqnattro  colonne  di  volontari  avviatesi 
sul  Tirolo.  La  sua  «  destinazione  non  era  piaciuta  al  Franzini 
(ved.  Casati-Castagnktto.  Varfeggio,  cit.,  p.  47)  ;  e  fin  dai 
primi  giorni  delle  operazioni  militari  si  trovò  in  contrasto  pure 
con  1  suoi  ufficiali,  specialmente,  come  l'Allemandi  stesso  affer- 
nniva,  per  opern.  del  Collegno,  Ministio  della  Guerra,  elie  lo 
<jualiiicò  un  «  rei>ubblicano.  anzi  nn  (iomunista.  »  Ì'I  a  ogni 
modo  da  osservare  che  l'Allemandi  era  tenuto  in  sospetto  dal 
Governo  Provvisorio  per  le  continue  gite  che  faceva  a  Milano, 
intrattenendosi  di  preferenza  col  Mazzini.  Dovette  quindi  di- 
mettersi e  il  26  aprile  cedere  il  comando  al  Durando.  Tor- 
nato a  Milano,  fn  oggetto  delle  più  atroci  calunnie  e  accusato 
di  essorsi  venduto  al  nemico  (ved.  il  Pensiero  Itnlìaìio  del 
29  aprile  1848).  ma  egli  seppe  far  trionfare  la  sua   innocenza 


[1848J  KPISTOI.AKK..  121 

MMCCCXCIIl. 

A  Fkdkuico  Cami'anum.a.  il   Genova. 

Milano,    14  aprile    l8-^^. 

Caro   Federico. 

La  tua  dimanda  circa  l' elezione  mia  alla  Camera 
m'è  già  stata  fatta  da  altri  (renovesi.  C)  Ad  essi  ho 

(ved.  il  II.  del  4  maggio  dello  stesso  periodico),  al  punto  che 
nei  tristi  giorni  del  luglio  si  ricorse  a  lui  quando  fu  chiesto 
r  intervento  militare  della  Svizzei-a.  Ved.  I  voìonlari  in  Lom- 
bardia e  nel  Tirulo  V  aprile  del  IS-tS.  Cenni  storici  del  generale  Ali.k- 
MAXDi  ;  Berna.   Haller,   1849,   p.   12  e  segg. 

MMCCCXCIIl.  —  Puhbl.  nel  Corriere  di  Genova,  n.  del 
10  marzo  1908.  Ma  era  stata  prima  pubbl.  da  F.  Donavek, 
Genora  nei  primi  mesi  del  i848  (in  Bivisfa  Stoyica  del  Risorgi- 
mento, a.  Ili  [1898],  p.  191),  trascritta,  coni'  era,  nella  lunga 
lett.,  già  cit.,  di  Antonio  Doria  al  Ministro  Y.  Ricci.  Qui  si 
riscontra  con  l'autografo,  conservalo  nel  Museo  del  Risorgi- 
mento di   Genova. 

(')  Fu  già  visto  che  non  appena  rese  note  le  condizioni  fatte 
per  godere  dell'amnistia  piemontese,  il  Mazzini  aveva  dichia- 
rato alla  madre  di  non  poterle  accettare;  aggiungeva  però  che 
vi  8.areb))e  stato  nn  mezzo  per  farlo  rientrare  in  patria,  conci- 
liaiido  il  suo  «  onore  »  col  «  desiderio  »  di  riabbracciare  i 
parenti  :  ed  era  che  «  i  suoi  compatrioti  lo  portassero  candidato 
alia  Camera  »  (ved.  la  letr..  MMCCCI^XXVII).  Questo  desiderio 
era  espresso  il  31  marzo  1848,  quando  il  Mazzini,  sia  pure  dispo- 
nendosi a  lasciar  Parigi  e  ad  accostarsi  all'Italia,  non  aveva 
ancora  ben  detinita  la  linea  di  (u>ndotta  che  avrebbe  seguita 
di  fronte  alla  jiolitica  piemontese^  in  Lombardia;  e,  non  ostante 
egli  dichiarasse  che  era  «  (piasi  impossibile  a  realizzarsi.  »  quello 
stesso  desiderio  trovava  gradita  accoglienza  presso  la  madre  e 
presso  i  suoi  amici  di  Genova,  che  ne  avevano  avnta  notizia, 
e  si  adoperarono  subito  a  renderlo  possibile.  Uno  dei  pili  caldi 
fautori  della  candidatura  mazziniana  fu  il  libraio  Antonio  Doria, 
antico  aHìliato  alla  Giovine  Italia,  e  perseguitato  per  le  congiure 


122  KIMSIOLAHIO.  [1848] 

risposto  col  fatto  ch'io  non  aveva  accettato  ancora 
l'anmistia:  e  non  aveva,  deciso  ancora  se  l'accetterei 

del  1833  (ved.  le  lert.  CIX  e  CCCXXLI),  .segretario  di  ([iiel  Cir- 
colo Nazionale  fondato  a  Genova  il  o  aprile  1848.  in  vista  iii>[iinito 
della  lotta  elettorale  (ved.  F.  Donavkk.  Il  Ministro  V.  L'ieci, 
eit.,  in  ItasH.  cit.,  p.  507),  il  quale,  il  9  di  ipiello  .stesso  mese, 
Heriveva  a  V.  Ricci,  clie  da  Torino  vigilava  sulle  vicende 
politiche 'della  sua  città  natale:  «Genova,  gli  amici  ed  i 
veri  Italiani  hanno  proferito  nn  gran  nome,  vogliono  ad  ogni 
«•osto  Gin.seppe  Ma/./,ini.  8i  sa  ciie  se  vien  nominato,  egli 
accetta  e  rientra  anche  colle  fatali  formalità:  cosi  assicu- 
rava sua  madre  »  (II).,  p.  508).  Aggiungeva  poi  il  Doria  che 
se  il  Re  avesse  potuto  trarre  a  sé  il  Mazzini  «  in  (pialclie 
guisa,  dignitosamente  per  tutfi  e  due.  »  sarebbe  stata  «  una 
pietra  angolare»  che  avrebbe  assictirato  «l'edilizio  italiano 
tutto  intero.  »  Con  queste  ultime  parole  il  libraio  genovese 
offriva  forse  l'occasione  al  Ministro  dell'Interno  di  persuadere 
i  personaggi  (die  erano  assai  da  presso  al  Re  sabaudodell' oppor- 
tunità di  iniziare  (inelle  trattative  alle  ([uali  si  è  già  accennato; 
facendo  notare  che  le  accoglienze  tributate  al  Mazzini,  giunto  a 
Milano  proprio  in  quei  giorni  e  voluto  a  fianco  dei  membri  del 
Governo  Provvisorio,  erano  una  prova  eloquente,  non  solo  del- 
l'immenso prestigio  goduto  dall'agitatore  genovese,  ma  la 
confernui  dei  sospetti  nutriti  da  Carlo  All)crto  che  a  Milano 
era  assai  potente  il  partito  republdicano  e  lo  diventava  sempre 
pili.  In  questo  modo,  e  non  altrimenti,  si  spiega  perché  il 
Ricci,  non  ostante  la  sua  delicata  posizione,  facesse  buon  viso 
alla  proposta  del  Doria  (II).,  pp.  508-509),  il  quale  s'adoperò 
subito  nel  Circolo  Nazionale  a  caldeggiare  la  candidatura 
mazziniana,  da  proclamarsi  nel  settimo  circondario  di  Genova 
(ved.  F.  DONAVEK,  Genova  iivi  ^hìwiì  mesi  dei  184S.  cit..  in 
Riv.  cit.,  p.  185).  Dapprima  la  proposta  incontrò  qualche  ditili- 
coltà.  anzi  la  sera  del  9  aprile  nacque  viva  discussione  nel 
Circolo  Nazionale,  dove  si  espressero  contro  la  candidiitura 
mazziniana  il  Pirelli.  l'Alvigini,  il  Viani,  mentre  l'appog- 
giarono il  Doria,  il  Carcassi,  il  Daneri  e  probiibilmente  il 
Canale,  che  raccomandò  al  Ricci,  come  aveva  fatto  il  Doria, 
l'elezione  del  suo  amico  di  gioventù,  al  quale,  pochi  giorni 
prima  dell'elezione,   inviava    un    Indirizzo  a  stampa,    che  non 


[1848]  KIMSTOI, Alfio.  123 

o  no.  A  te  poi,  umico, mio  intimo,  dirò  più  esplici- 
taniente,  die  non  mi  pare  ben  tatto  tli  far  interve- 

dovette  certamente  soddisfarlo  (ved.  A.  Neki,  Catalogo  del 
Museo  del  Bisorghnento  di  Genova,  cit.,  pp.  115116).  Fu  deciso 
in  quell'adunanza  di  non  proporre  la  candidatura,  e  di  chie- 
dere a  Maria  Mazzini  se  il  figlio  «  avrebbe  accettata  l'elezione 
a  deputato  »  (F.  Donavkk.  Genova  nei  primi  mesi  del  1848% 
cit.,  in  Riv,  cit.,  p.  186).  Non  miglioro  risultato  ebbe  l'altra 
adunanza  del  13  aprile:  «Il  risultato  dello  scrutinio  per  le 
candidature  alle  elezioni  politiche  —  si  leggeva  infatti  nella 
Lega  Italiana  del  giorno  successivo  —  tenutosi  ieri  sera  al  Cir- 
colo Nazionale  sopra  182  votanti  fu  il  seguente:  Pareto  186, 
Ricci  163,  Mazzini  121,  avv.  Hixio  81  ;  (inali  non  essendo  la  mag- 
giorità assoluta,  lasciano  luogo  ad  altro  esperimento.»  Intanto 
accadeva  la  rottura  delle  trattative  fra  il  Mazzini  e  il  Ca- 
stagnetto:  naturalmente,  veniva  con  ciò  a  cessare  l'appoggio 
del  Governo  all'elezione  del  Mazzini;  e  non  ostante  le  pro- 
teste fatte  da  Antonio  Doria  nella  Inngliissima  lett.  al  Kicci 
(F.  Dona  VER,  Genora  nei  j^t'i^n^  '"««'  <^«'  1848,  in  liiv.  cit.. 
pp.  186-192),  anclie  il  Circolo  Nazionale,  in  cui  senil)rò  trion- 
fare d'allora  in  poi  il  partito  contrario  all'agitatore  genovese, 
abbandonò  quella  candidatura.  «  Il  Circolo  Nazionale  —  seri 
veva  infatti  l'intendente  Castelli  al  Ministro  dell'Interno  il 
19  aprile  —  che  nelle  prime  sue  tornate  aveva  deliberata  la  candi- 
datura di  Mazzini,  o  perché  gli  si  supponevano  opinioni  conformi 
a  quelle  della  maggiorità  o  perché  si  sperava  di  l'argliele  con  tale 
dimostrazione  di  confidenza  adottare,  è  ora  determinato  di  ricu- 
sargli il  voto,  perché  dai  riscontri  che  si  hanno  di  lui,  e  special- 
mente da  una  lettera  di  Roaellini  che  scrive  a  seguito  di  una 
lunga  discussione  con  esso  avuta,  pare  siasi  acquistata  la  certezza 
ch'ei  sia  ostinato  a  non  volere  in  Italia  altro  governo  tranne 
il  repubblicano  »  (II).,  p.  186).  Tutto  ciò  era  molto  inesatto;  ma 
intanto,  nelle  elezioni  del  27  aprile,  il  Mazzini  raccolse  due  voti 
appena  (Id.,  p.  192);  ed  Enrico  Noli,  uno  dei  non  pochi  affiliati 
alla  Giovine  Italia  e  condannati  del  '33  che  poi  perdettero  1'  antica 
fede  mazziniana,  nel  dare  di  ciò  contezza  al  Ricci,  osservava  in 
proposito:  «  IClla  non  può  figurarsi  la  reazione  e,  dirò  pure, 
l'irritazione  del  popolo  intero  contro  di  lui  e  le  sue  dottrine. 
Decisamente,  gli    amihi,    o    per  parlar    più  giusto,   i  servi   del 


124  Ki-isToLAiao.  [1848] 

liire  i  caiulidati  esuli  nella  faccenda,  subordinando 
la  loro  elezione  a  dichiarazioni  anteriori  d'accetta- 
zione o  d'adesione  all'atto  d'amnistia;  i)arnn  che 
1*  elezione  mia  o  d' altri  nel  caso  mio  non  abl)ia  uni- 
camente lo  scopo  d' avere  un  Deputato,  ma  —  e  forse 
primariamente  —  quello  d' una  nuinifestazione  di 
credenza,  d'una  solenne  dichiarazione  di  simpatia  al 
principio  rappresentato  da  una  o  più  persone,  che 
hanno  conseciato  la  vita  all'utile  del  paese  e  che 
hanno  mantenuta  in  alto  la  Bandiera  Nazionale  quan- 
d'era ojigetto  di' voti  secreti  da  un  lato,  di  ])erse- 
<;uzioni  dall'altro. 

Perché  questa  esi>ressione  abbia  intero  il  suo 
valore,  dev'  essere  spoutiinea,  e  non  sottomessa  a  con- 
dizioni e  ad  accettazioni  da  noi.  La  libertà  nostra 
<lev' essere  lasciata  intatta.  Le  circostanze  mutano 
ogni  di:  con  quelle  i  nostri  doveri  verso  la  Patria 
comune;  ma  il  voto  de'  nostri  concittadini,  l'espres- 
sione del  loro  amore,  della  loro  fiatellanza  con  noi 
o  coi  nostri  ])rincipii,  stanno  indijiendenti  dalle  cir- 
<;ostanze;  e  costituirebbero  una  i)rova  di  virtù  civile, 
e  di  coragfjio  che,  accettata  o  no,  contribuirebbe 
grandemente  a  moralizzare  il  partito  Nazionale.  ])i".  se 
vuoi,  qneste  cose  a<>li  amici,  ed  ama   semjjre  il 

tuo 
(lius.  Mazzini. 

sig.  Mazìcini  ro\'iiian>ii<»  tutto,  priiiiH  con  i  loro  passi  in  Milano, 
che  dopo  avere  sfrontatamente  negati  ora  narrano  a' loro  guisa, 
quindi  con  le  mene  e  gl'intrighi  per  far  riuscire  la  di  lui  candi- 
datura. Se  Mazzini  dava  un  segno  di  adesione  al  moto  attuale, 
se  avesse  da  vero  Italiano  lealmente  e  francamente  aderito  alle 
nuove  idee,  con  qual  piacere  lo  avremmo  tutti  portato  alla 
Camera,  e  in  trionfo!  »  (F.  Donavkk,  lì  Ministro  V.  llicci,  in 
Ka»s.  cit.,  p.   519). 


1X4S]  KPISTOI. Alfio.  125 

AL    MlXISTliO    DKLl.A    GuKKUA 
DKl.    GOVEUNO    PllOVVrSORIO    (li    Milano. 


Milano,    U  aprile  1848. 

I  sottoscritti  amici  del  conte  Livio  Z.imbeccari, 
o  stretti  per  sangue  a  taluno  de'  volontari  della  sua 
colonna  mossa  da  Bologna  contro  V  armata  austriaca, 
bene  informati  del  come  procedono  ardimentosi  i 
corpi  franchi,  mn  senza  appoggio  e  direzione,  nel 
dubbio  che  la  sorte  <lel  corpo  condotto  dal  Manara  (') 

MMCCCXCIV.  —  PubW.  imi  Fio  IX,  giornale  poUtico-let- 
terariu-artistico  di  Milano,  n.  del  15  aprile  1848  ;  e  di  là  ristam- 
pato nel  Corriere  Mercantile  e  nel  Pensiero  Italiano  del  19, 
nella  Patria  del  26  aprile,  ecc.  L'originale  di  qnesta  lett.  si 
conserva  nel  Mnseo  del  Risorgimento  di  Milano. 

(*)  Luciano  Manara,  subito  dopo  gli  avvenimenti  delle 
Cinque  Giornate,  alla  testa  di  un' animosa  schiera  di  volontari  era 
uscito  da  Milano  col  proposito  di  tormentare  il  nemico  in  fuga 
osollevare  le  popolazioni  lombarde  per  dove  passava.  1126  marzo, 
a  Treviglio,  aveva  avuto  ordine  dal  generale  T.  Lechi,  chia- 
mato dal  Governo  Provvisorio  a  dirigere  le  cose  della  guerra, 
di  attendere  l'arrivo  di  altre  schiere  di  volontari;  e  con  essi 
marciò  su  Brescia,  ma  a  Montechiaro  .s'incontiò  col  generale 
Allemandi,  nominato  capo  supremo  di  tutti  i  corpi  franchi 
guerreggianti  allora  in  Lombardia,  il  quale  gli  affidò  il  comando 
della  prima  delle  quattro  colonne  di  volontai'i  che  dovevano 
spingersi  sul  Tirolo.  Poco  dopo,  i  corpi  franchi  furono  concen- 
trati a  Salò,  dove,  il  9  aprile,  il  generale  Salasco,  capo  di  Stato 
Maggiore  dell'esercito  piemontese,  annunziò  all'Allemandi  che 
il  giorno  successivo  «  avrebbe  avuto  luogo  un  attacco  contro 
Peschiera,  e  che  una  dimostrazione  fatta  dai    volontari   dalla 


126  Ki'isioi.Aino.  [1848] 

s'incontri  anche  da  quello  di  lioniaona,  chieggono 
a  questo  Governo  Provvisorio,  che  per  via  diretta 
e  ufficiale  venga  sollecitato  il  Governo  Pontificio 
(se  ne  è  veramente  amico)  e  il  Comando  delle  sue 
truppe,  a  mandare  subito  in  Lombardia,  in  soccorso 
della  colonna  Zambeccari,  «juanta  forza  regfolare  ha 
disponibile.  (*) 

parte  di  liardoliuo  e  Deseiizaiio  avrebbe  prodotto  un  ottimo 
«fletto»  (ved.  la  Dlcìnarazione  ufficiale  huW  affare  di  Cantelnuovo 
ficiuo  a  Peschiera  dal  (liorno  10  all'  il  aprile,  in  11  22  Marzo 
del  18  aprile  1848).  Àflldata  al  niaggioi'e  A.  Noaro,  comandante 
in  seconda  della  colonna  Manara,  la  «  dimostrazione  su  Pe- 
tìchiera,  »  che  fu  giudicata  «  arduissima  spedizione,  »  ebbe  luogo 
fra  Bardolino  e  Pacengo,  traversando  il  lago  di  Garda  sui  due 
vapori  dei  quali  L.  Mauara  s'era  impadronito  di  sorpresa  nei 
giorni  precedenti.  Però,  l'attacco  su  Peschiera  non  si  verificò 
da  parte  dell'esercito  piemontese,  il  quale,  a  quanto  sembra, 
non  ebbe  cura  di  mettersi  in  relazione  con  il  Noaro  (ved.  Dei 
4'olonlari  iu  Lombardia  e  nel  Tiroìo  e  della  difesa  di  Venezia  nel 
1848-49;  Memorie  di  A.  Noaro;  Torino,  tip.  Zecchi  e  Bona, 
1850,  p.  35),  che,  per  non  tornare  indietro  senz'aver  nulla 
operato,  fece  quell'ardimentosa  impresa  su  Castelnovo,  dove 
s'impadronf  d'ingente  quantità  di  polvere,  e  della  guarnigione 
austriaca  che  la  sorvegliava.  Frattanto,  gli  Austriaci  avanza- 
vano su  Castelnovo,  su  cui  corse  il  Manara  i)er  sorreggere  la 
resistenza  del  Noarò;  ordinata  la  ritirata  su  Lazise,  dove  i 
volontari  dovevano  rimbarcare  per  Salò,  nacque  un  disgraziato 
incidente  per  cui  i  due  vapori  non  giunsero  in  tempo,  onde 
gli  Austriaci  inflissero  qualche  perdita  a  quel  corpo  di  spedi- 
zione, di  che  fu  sentita  grande  apprensione  a  Milano.  Ved. 
€.  Faukis,  Gli  avvenimenti  militari  del  1848  e  1849;  Torino, 
Roijx  e  Frassati,  1898,  voi.  I,  pp.  141-348. 

(*)  Avuto  notizia  del  grande  fermento  che  regnava  a  Mo- 
ileiia,  dov'erano  giunte  le  prime  voci  dell'insurrezione  mila- 
nese, Livio  Zambeccari,  che  non  era  in  cordiali  rapporti  con 
il  comando  della  Guardia  Civica  di  Bologna  (ved.  il  Protocollo 
della  Giovine  Italia,  voi.  VI,  pp.  71-73),  aveva  organizzato  una 
schiera  di  volontari,  composta  di  studenti  e  di  popolani,  correndo 


J^1848]  KIMSTOI.AUIO.  127 

Ciò  vogliono  l' uiuanitàj  la  prudenza  militare, 
r  amore  alla  causa  nazionale.  V  onore  della  grande 
Crociata. 

Filippo  De  Boni.  Giuseppe  Mazzini, 

S.  Savini  ed  altri  cento.  (M 


il  19  marzo  su  quella  città,  tla  dove,  intitolatasi  Caccialori  del- 
l'allo  lleno,  la  colonna  prosejjui  per  la  Lombardia  e  varcato 
il  4  aprile  il  Po,  giunse  a  Bevilacqua  due  giorni  doiìo.  Nel 
frattempo,  trascinatovi  dal  fermento  popolare,  il  Governo 
Pontificio  decretava  (20  marzo)  la  formazione  di  un  «  corpo 
d'operazione,»  affidandone  (21  marzo)  il  comando  al  generale 
Giovanni  Durando,  e  subito  dopo  (23  marzo)  apriva  «  un  arruo- 
lamento volontario.  »  preponendone  all'  organizzazione  il  colon- 
nello Andrea  Ferrari.  Il  Durando  partiva  da  Roma  il  24,  insieme 
col  d'Azeglio  e  il  Casanova,  suoi  aiutanti  generali,  giungeva  a 
Bologna  il  27  e  vi  s' indugiava  lino  al  14  aprile,  per  attendere  al 
riordinamento  di  «  truppe  mal  organizzate,  mal  comandate,  rima- 
ste quasi  sempre  divise  qua  e  là  per  compagnie  e  perciò  senza 
istrnzione,  pessimamente  armate  »  (ved.  M.  d' Azeglio,  lìela- 
zioìie  succinta  delle  opetazioni  del  generale  Durando  nello  Stalo 
Veneto;  Milano,  Borroni  e  Scotti,  1848,  p.  6).  Del  lungo  indugio 
furono  mosse  da  più  parti  aspre  lagnanze  al  Durando,  che  non 
aveva  invece  tutte  le  colpe  (ved.  Casati-CastaGnetto,  Car- 
teggio, cit.,  p.  48),  alle  quali  accennava  il  Mazzini,  quando  dubi- 
tava della  sincerità  con  la  quale  il  Governo  Pontificio  era  entrato 
nella  lotta  (ved.  [G.  Sforza],  M.  d' Azeglio  alla  guerra  delV  indi - 
pendenza  nel  1848;  Modena,  Ferraguti,  1911,  p.  17  e  segg.). 
Comunque,  il  giorno  prima  che  le  truppe  pontificie  passassero 
il  Po  (21  aprile)  e  stabilissero  a  Ostiglia  il  quartier  generale, 
lo  Zambeccari,  minacciato  a  Bevilacqua  da  forze  superiori 
uscite  da  Legnago,  era  costretto  a  ripiegare  su  Padova;  e 
come  si  era  comportato  i>er  Gastelnovo,  il  nemico  incendiavaBevi- 
lacqua.  Ved.  C.  Farri.s,  op.  cit.,   voi.  I,  p.   375. 

(^)  Sui  nomi  di  alcuni  di  questi  «  alr.ri  cento  »  ved.  C.  Pa- 
gani, Uomini  e  cose  in  Milano  dal  marzo  all'  agosto  1848.  cit., 
p.  487.  «Anche  quest'istanza  —  annota  il  Pagani  —  fu  dal 
Governo  Provvisorio  mandata  ad  Enrico  Martini,  affinché,  dato 
ohe  il  generale  Durando  fosse  in  relazione  col  quartier  gene- 


128  Kl'I  STOLA  KlO.  [1S481 

MMCCCXCV. 

AM.A    Madkk,  a  Genova. 

[Milano),   15  nprile   18<lf<. 

Min  buona  e  carissima  madre, 

Ho  lu  vostra  dell' 1 1  e  le  linee  del  lo  presenta- 
temi dal  Signor  Gabella.  (^)  Ho  tanto  da  fare  clie  non 
posso  scrivervi  se  non  poche  linee.  Com'è  che  non 
avete  ricevuto  la  misi  del  7  che  IMI?  Del  resto, 
non  importa.  Ho  anche  la  lettera  di  (Jarzia.  colle 
vostre  linee  del  12.   Io  rimango  per  ora  in  villano; 

rale  del  Re,  fosse  iiu-itato  ad  agire,  considerato  elio  l'accele- 
rare le  mosse  delle  truppe  pontiticie  non  ])oteva  che  essere 
ntile  alla  difesa  coninne.  > 

,.  MMCCCXCV.  —  Inedita.  L' autojjrafo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  indiri/.zo.  A  tergo  di  esso,  la  madre 
del  Mazzini  annotò  :   «  15  aprile   1848.  » 

(1)  L'avv.  Cesare  Gabella  (1807-1888),  che  il  Mazzini  aveva 
conosciuto  a  Tìenova,  fre((uentando  insieme  i  corsi  di  legge  allnui- 
versifcà.  Di  sentimenti  schiettamente  democratici,  egli  aveva 
difeso  il  Thappaz  e  A.  Orsini  nei  processi  del  '33.  per  cui 
era  stato  costretto  a  un  temporaneo  esilio  dalla  sua  città  natale. 
Era  certamente  in  cordiali  relazioni  con  la  madre  del  Mazzini; 
ed  essendo  uno  dei  Membri  più  influenti  del  Circolo  Nazionale 
di  Genova,  si  recava  certamente  a  Milano  per  intendersi  col 
Mazzini  riguardo  alla  elezione  di  lui  a  deputato,  e  fora'  anclie 
a  persuaderlo  a  una  possibile  intesa  col  partito  monarchico. 
Tornò  a  Genova  deluso  ne'  suoi  propositi,  e  d'allora  in  ])oi 
avversò  il  Mazzini,  specialmente  ((uaudo  succedette  a  C.  L.  Bixio 
nella  presidenza  del  Circolo  Nazionale.  Il  Cabella,  che  fu  depu- 
tato fin  dalla  prima  legislatura,  s'accostò  più  tardi  al  Cavour. 
Nel  1870  fu  eletto  Senatore  del  Regno. 


I 


[1848]  Ki'iSToi.AKio.  12y 

vedrò  più  tardi.  Nessuno  può  prevedere  gii  avveui- 
jneuti.  Le  cose  della  guerra  vauuo  abbastanza  bene. 
La  questione  dell'indipendenza  può  considerarsi  come 
decisa.  Dell'altra  questione,  non  posso  ora  parlarvi. 
Continuano  le  prove  dell'affetto  che  mi  portano  i 
Lombardi.  Sto  benissimo  di  salute.  Ho  avuto  nuove 
di  ]\[ameli  e  di  Bixio  che  stanno  bene.  Io  sono  certo 
in  core  che  in  un  modo  o  nell'altro  vi  vedrò  tra  non 
luolto.  Risponderò  a  Garzia;  scriverò  alla  sorella:  a 
tutti  ;  ma  ora  non  i)Osso.  Accettino  il  buon  volere. 
Non  ho  neppure  impostato  questa  lettera  ieri  ; 
e  lo  fo  oggi.  Parlano  in  oggi  della  formazione  d'  un 
nuovo  esercito  in  Austria  per  invadere.  Facciano 
pure.  La  conseguenza  sarà  che  invece  di  far  la  pace 
in  Italia,  faremo  la  pace  a  Vienna.  (^)  Vado  vedendo 
molti  Genovesi,  che  o  risiedono  o  viaggiano  qui.  Vedo 
ciò  che  mi  diceva  Garzia  intorno  al  progetto  di  gita 
vostra.  Dio  sa  se  non  mi  piacerebbe  il  rivedervi;  ma 
la  stagione  qui  almeno  è  fredda  ancora^  e  non  è  da 
parlarne.  D'altra  parte  le  cose  sono  ancora  tanto 
incerte  che  non  dobbiamo  disperare  di  vederci  in 
[Kiese.  Ho  veduto  Pio.  E  Federico  che  probabilmente 
v'avrà  recato  nuove  mie.  (^)  Sto  finora  ììuW Hotel:  ma 

(')  Naturalmente,  il  Mazziili  scriveva  cosi  per  tranquiliz- 
zare  la  madre;  invece,  era  assai  grave  la  notizia  che  iu 
Austria,  non  ostante  le  difficili  condizioni  di  quell'impero,  il 
generale  Nngent  andava  prei)arando  un  esercito  di  riserva  per 
venire  in  Italia  in  aiuto  del  Kadetzky  (ved.  il  28  Marzo,  n.  del 
13  aprile  1848).  Il  10  aprile  una  parte  di  esso  era  già  pronto 
a  scendere  per  l'Isonzo  sul  Friuli,  e  il  17  era  già  di  fronte  a 
Palinanova.  Ved.  C.  Fabris,  op.  cit.,  voi.  II,  p.  253  e  segg. 

(*)  Non  si  sa  se  il  Mazzini  accenna  qui  a  Ferdinando  Pio 
Rosellini  o  a  Pio  Tancioni.  Sul  Kosellinì  e  sul  Campanella,  spe- 
cialmente nelle  loro  relazioni  di  quei  giorni  col  Mazzini,  ved. 
la  nota  allalett.  MMCCCXCIII.  Il  primo  di  essi  era  giunto  a  Mi- 

Mazzi.vi,  Hciitti,  ecc.,  voi.  XXXV  (Kpistolario,  voi.  XIX).  9 


130  -  KfisTor.AHK».  [1848] 

Oggi  cangio  e  vado  in  alloggio  ])articolare.  (*)  Abbiate 
j)azienza,  se  sono  breve.  Finora  dura  il  turbinìo  della 
gente;  ma  tra  due  o  tre  giorni  mi  lasceranno  i>iu 
tranquillo;  e  allora  potrò  scrivervi  più  lunghe  lettere. 
Un  abbraccio  di  core  al  padre;  un  bacio  alla  sorella, 
una  stretta  di  mano   a    tutti    gli  amici  ed  innate  il 

Domenica. 

vostro 

GlITSEPPE. 

MMCCCXCVI. 

A  Geougk  Sani),  ù   Paris. 

Milan,   19  iiviil   1848. 

Mon  amie. 

Ce.s  mots  vous  seront  remis  par  Mr.  Kdmond 
Kobinet.  TI  est  depuis  longtemps    notre   ami.   répu- 

laiio  subito  dopo  i  giorni  dell' insurrezione,  e  non  o.stanti>  la  sua 
amicizia  per  il  Mazzini,  aveva  fatto  parte  di  quel  Circolo  Patriot- 
tico, presieduto  da  P.  Borsieri,  che  fu  la  palestra  dei  fusionisti 
(ved.  C.  Casati,  Nuore  rivelazioni  sui  falti  di  Milano,  ecc.,  cit., 
voi.  II,  p.  238)  ;  ed  insieme  con  G.  Massari,  ambedue  in  finalità  di 
Segretari,  stese  quell'indirizzo  di  risposta  al  Circolo  Nazionale 
di  Genova,  sul  quale  ved.  il  snppl.  al  Pensiero  Italiano  del  1°  mag- 
gio 1848.  S'  è  già  notato  che  il  Campanella  era  tornato  a  Genova 
subito  dopo  il  12  aprile. 

(^)  In  quella  sua  Bibliografia  mazziniana  inii  volte  cit.,  il 
Ciroui  anuota  :  «  Il  Mazzini  restò  alcun  tempo  alla  Bella  Ve- 
nezia, poi  passò  ad  abitare  in  Borgoapesso,  in  nna  casa  del  mar- 
chese Rosales  al  1°  piano,  ove  restò  fino  all'arrivo  di  sua  madre 
in  Milano  che  avvenne  ai  primi  di  luglio.  Passò  allora  con 
«•ssa  alla  Bella  Venezia,  ove  rimase  fino  alla  partenza  dei  volon- 
tari di  Garibaldi.  » 

MMCCCXCVI.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  indirizzo. 


I 


[1848]  Kl'ISTOl.AHK».  131 

Wieiiiii  sincère,  doué  d'intelligence  et  de  cwnv.  Vous 
pouvez  lui  étre  utile.  Veuillez  récouter  et  faiie  pour 
lui  tout  ce  qui  est  en  votre  pouvoir.  Ce  sera  i>our 
moi  une  nouvelle  preuve  de  votre  aniitié.  (') 

Je  travaille  à  la  réalisatioii  de  notre  idéal.  Le 
parti  de  Cb[arles]-Albert  est  bien  fort;  il  se  compose 
de  tous  ceux  qui  sacrifient  le  principe  à  ce  qu'ils 
appellent  l'opportunité.  Je  ne  désespère  pas,  toutefois. 
Je  vous  écrirai  longuement  aussitòt  que  j'aurai  une 
Leure  à  moi.  Envoyez-moi,  si  vous  le  pouvez,  ce  que 
vous  imprimez:  je  ne  lis  plus  rien,  mais.je  vous  lirai. 
Pensez  à  moi  quelquefois.  M.lle  Augustine  est-elle 
mariée?  (^)  Serrez  la  main  à  Maurice  pour  moi.  Saint 

à  Borie. 

A'otre  ami 

Joseph. 

Comment  va  la  Trance  ?  Dites-moi  francliement 
la  position  des  choses. 

21  avril. 

P.  S.  —  Je  reyois  le  1"  numero  de  la  Cause  du 
Ptupìe:  merci.  Je  vais  établir  ici  une  Légion  et  un 
Journal  :  je  vous  enverrai  ce  dernier.  (^) 


(')  E.  Robiiiet,  discepolo  del  Limiennais,  aveva  conosciuto 
il  Maz/iui  a  Londra  fino  dal  1838,  ed  era  Mato  con  Ini  sempre 
in  araiclievoli  rapporti.  Ved.  le  letfc.  MLXXXII  e  MLXXXVII 
e  specialmente  la  nota  alla  lett.  MMIX. 

(2)  Su  Augustine  Brault  vcd.  la  nota  alla  lett.  MMCCLVII. 
Nell'aprile  del  1848  aveva  sposato  certo  Bertholdi  «  liomrae 
parlai t,  Polonais  de  naissauce,  et  le  bonlieur  de  ce  ménage  fut 
toujours  une  aource  de  vrai  joie  ponr  M.me  Sand.  »  W.  KAnÉ- 
NiNK,  op.  cit.,  voi.  Ili,  p.  600. 

(^)  Alla  pubblicazione  di  un  periodico  che  dovesse  rappre- 
iicutare  le  sue  idee,  il  Mazzini  pensò  forse  subito  dopo  di  avere 


132  KPISTOLAKIO.  [1848J 

Oli  se  préoccupe  ici  des  ettorts  de  l'Autiiclie  pour 
réuiiir  une  arinée  d'invasion.  11  n'y  a  rien  à  craindre 

riconosciuta  l' impossibilità  di  qualunque  intèsa  col  partito  av- 
versario; si  sa  del  resto  che,  tìu  dall'  inizio  del  suo  apostolato, 
ej^li  aveva  sempre  vagheggiata  l' idea  di  disporre  di  un  gior- 
nale ]»er  la  dittusione  dei  suoi  principii  politici.  Cosi  aveva 
fatto  con  la  Giovine  Italia,  la  Jeune  Sulsse,  V  Italiano,  l'Apo- 
stolato popolare;  e  qu.nido  gli  avvenimenti  i)olitici  italiani  glie 
ne  porsero  l'opportunità,  pensò  che  fosse  giunto  il  momento  di 
fondare  un  periodico,  anzi  due,  in  Italia,  che  avrebbero  dovuto 
dirigere  F.  De  Boni  e  L.  Ruffoni  (ved.  la  lett.  MMCCCXXIl). 
Tuttavia,  la  ]»ubblicazione  di  un  periodico  mazziniano  a  Milano 
non  si  verificò  per  allora,  e  fu  invece  ritardata  i»er  pili  d'un 
mese,  e  decisa  subito  dopo  quel  decreto  del  12  maggio  1848, 
riguardante  la  fusione  della  Lombardia  col  Piemonte,  che  segnò 
nettamente  la  divisione  fra  il  partito  dell'unità  e  quello  che 
favori  la  costituzione  di  un  regno  dell'Alta  Italia.  Infatti,  il 
]irogramma  dell' //<iiia  del  Popolo  recò  la  data  del  13;  ma  il 
periodico  esci  a  luce  per  prima  volta  il  20  maggio. 

In  quanto  alla  legione  di  volontari,  non  si  sa  se  si  trat- 
tava di  quella  che  si  era  formata  in  Francia,  e  che  in  quei 
giorni,  al  comando  dell'Antonini,  stava  per  giungere  .i  Genova 
])er  avviarsi  poi  in  Lombardiii,  o  di  quell'altra  per  la  quale 
C  liattaglia,  il  24  aprile  1848,  stese  un  invito  e  per  cui  si 
formò  una  «Commissione  incaricata  dell'arruolamento,  com- 
posta dei  Signori  Cariò  Prinetti,  Alessandro  Litta,  Luigi  Simo- 
netta e  Carlo  Taverna.  »  Dopo  la  notizia  che  un  nuovo  esercito 
austriaco  era  sceso  in  Italia,  per  l'Isonzo  e  si  presentava 
minaccioso  su  Palmanova  «  incendiando  villaggi  e  commettendo 
earnetìcine,  »  grandi  preoccupazioni  si  nutrivano  a  Milano  sulle 
sorti  della  guerra  (ved.  Casati-Castagnetto,  Carteggio,  ecc.^ 
cit.,  pp.  66  e  72).  Onde  il  Battaglia,  nel  suo  appello  scriveva  r 
«Convinto  dell'assoluta  necessità  di  continuare  e  compiere 
l'opera  di  redenzione  incominciata  dai  Milanesi,  e  i)er  la  ((uale- 
tuttora  si  combatte  eroicamente  dai  generosi  nostri  fratelli: 
convinto  che  a  contribuire  efficacemente,  oltre  il  buon  volere 
ed  il  coraggio  personale,  torna  indispensabile  una  regolare 
organizzaziojie  e  la  stretta  osservanza  di  una  severa  disciplina 
juilitare,  il  sottoscritto,  fattosi  interi>rete  del  voto  universale^ 


{18-18]  «PISTOLA  KIO.  133 

I)Our  le  résultat  :  iious  iious  ferons  tous  liacher  sur  la 
place  :  et  oii  ne  tue  pas  une  popiilation  toiitentière.  Mais 
l'idée  d'ime  nouvelle  liitte  donne  de  la  force  au  parti 
<.'h[arles]-Albert  :  il  a  une  forte  armée  régnlière.  On 
Youdrait  se  sentir  fort  de  synipathies  plns  explicites 
de  la  part  de  la  France.  On  voudrait  que  le  Gouver- 
nement  se  prononyàt  contre  Féventnalité  d'une  guerre 
d'exterraination.  La  seule  eliose  que  je  v  ous  deniande, 
nioi,  c'est  d'expriiner  vofre  pensée  sur  l'Italie  dans 
la   Cause  dn   Peuple. 

ha  presentato  al  Governo  il  projjetto  di  costituire  un  corpo  di 
volontari  che  debba  manteners^i  a  proprie  spese.  Esso  venne 
«eccito  ed  approvato;  onde  egli  nella  fiducia  che  molti  saranno 
coloro  clje  vorranno  farsi  utili  alla  Patria  senza  aggravio  dello 
Stato  ora  sotto  il  peso  di  enormi  sagritìci,  lo  rende  noto  a 
tutti  perché  pronta  ne  sia  l'esecuzione,  come  è  incalzante  il 
bisogno.  »  È  noto  che  quella  dei  volontari  fu  una  delle  piti 
dolorose  questioni  che  s'  agitarono  in  quei  giorni,  cominciata  sin 
da  quando  le  colonne  guidate  dall'Anfossi,  dall'Arcioni,  dal 
Mauara,  dal  Simonetta  s"  avviarono  per  i  valichi  del  Tirolo  e  poco 
dopo  furono  poste  sotto  il  comando  dell'Allemandi  e  infine  di 
Giiicomo  Durando.  Una  storia  imparziale  delle  operazioni  di 
quelle  scliiere  di  volontari,  dei  loro  grandi  ardimenti,  delle 
loro  colpe,  delle  diftìdenze  nutrite  contro  di  esse  dal  Ministro 
della  guerra  del  Governo  Provvisorio  di  Milano  e  dallo  Stato 
Maggiore  dell'esercito  piemontese,  non  è  stata  ancora  scritta  ; 
e  non  è  facile  di  orientarsi  nella  copiosa  messe  di  scritti  pole- 
mici dell'una  e  dell' alti-a  parte,  dati  a  luce  persino  durante 
i  giorni  della  guerra,  e  pili  tardi,  intonati  sempre  a  uno  spirito 
partigiano.  È  certo  però  che  «  il  fantasma  della  Repubblica,  » 
come  era  dettò  nel  Corriere  MercaìiHle  del  26  aprile  1848,  costituì 
una  delle  principali  ragioni  per  le  quali  i  volontari  ebbero  a 
trovare  tante  avversioni  quando  si  trattò  di  fornirli  di  armi  e 
di  capi  nella  lotta  contro  il  comune  nemico  (ved.  pure  C.  Pagani, 
['omhii  •;  cose  in  Milano,  ecc.,  cit.,   p.   192,  passim). 


134  K1MST<)I,AI{I<).  [1848] 

MMCCCXCVII. 
A  Luigi  Genkram.  a,  Modena. 

Milano.   2H  iipril.'   \\Xi^]. 

Caro  Generali, 

Sono  ili  patria,  mi  ricordo  di  voi  e  spero  vi  ricor- 
derete di  11)6.  (')  Io  11011  lio  tempo  per  parlarvi  a  lun<»a 
delle  cose  nostre;  ma  vi  so  incaricato  con  altri  d'un 
progetto  di  legge  elettorale  per  lo  Stato  vostro;  e  vi 
scrivo  a  insistere  sopra  una  idea,  che  probabilmente 
v'è  stata  suggerita  già  molto  innanzi  dallo  stato  gene- 
rale delle  (;ose  Italiane:  la  necessità  suprema  di  dige- 
rire ogni  soluzione  tra  voi  fino  alla  soluzione  del  pio 

MMCCCXCVII.  l'ubbl.  dapprima  iramiueiitaiia  (L.  .1.  W. 
Makio,  Della  vita  di  G.  Mazzini,  ecc., ci t.,  i)ag.  320,  poi  iutegral- 
inente  da  G.  Cankvazzi,  Lettere  di  G.  Alazztnia  divemi  e  il  difen- 
sore di  Osopp»  (in  11  Rì»or<jimento  Italiano,  Rivinta  Storica,  a.  VI 
[1914],  p.  748).  Qni  si  risoontra  .siili'  autografo,  conservato  nel 
Museo  del  Risorgimento  di  Modena.  A  tergo  di  esso,  di  pugno 
del  Mazzini,  sta  l'indirizzo:  «Al  dott.  Luigi  Generali.  Mo- 
dena. » 

(')  Luigi  Generali,  modenese,  tornato  in  patria  nel  luglio 
del  1844,  dopo  il  lungo  esilio  in  Francia  iier  la  parte  avuta 
nella  rivoluzione  del  1831  (ved.  il  Protocollo  della  Giovine  Italia, 
voli.  I,  p.  35  e  III,  p.  83),  il  14  aprile  1848,  insieme  con  Fran- 
cesco e  Luigi  Carbonieri,  era  stato  incaricato  dal  Governo 
Provvisorio  di  Modena  di  compilare  un  «  progetto  di  legge  per  la 
convocazione  delle  assemblee  primarie  sulla  base  del  suffragio 
universale  e  di  definire  il  modo  di  riunirle,  di  raccoglierle  o 
verificarne  i  voti.  »  Probabilmente  il  Mazzini,  che  poteva  aver 
conosciuto  il  Generali  in  Corsica  (1831),  aveva  avuto  notizia  di 
quella  decisione  da  Emilio  Usiglio,  agente  del  Governo  Provvi- 
sorio di  Modena  presso  quello  di  Lombardia  (ved.  G.  Caxk- 
VAZZi,  art.  cit.,   in   Riv.  cit.,  pp.  747-748). 


[184S]  KI'ISTOI.AKIO.  135 

bloina  che  s'agita  iu  Lombardia.  Qualunque  sia  Topi- 
Dione,  qualunque  la  speranza  d'ogni  uonio  sulla  via  da 
scegliersi,  o  su  quella  che  verrà  scelta  dal  ])aese,  noi 
tutti  vogliamo  la  maggiore  possibile  unificazione  del 
l)aese  nostro.  E  per  questo  è  necessario  che  si  mani- 
testi  primo  il  voto  della  più  vasta  provincia  tra  quelle 
che  devono  costituirsi.  Panni  che  dovreste  prolun- 
gare quanto  è  in  voi  il  lavoro  vostro,  e  dar  tempo 
al  temi)o.  Noi  cerchiamo  come  argomento  di  studio 
e  di  convinzioni  un'  espressione  degl'istinti,  delle  aspi- 
razioni, delle  tendenze  del  nostro  popolo.  E  questa 
espressione  —  per  noi  o  contro  noi  non  importa  —  non 
possiamo  averla  spontanea,  vergine  «li  paure  o  interessi, 
se  Jion  tìnita  o  presso  a  fluire  la  guerra  coli-Austria. 
Fino  a  quel  momento,  ci  sta  bene  il  i)rovvisorio.  (') 
Xon  so  bene  ancora  se  un  giorno  ci  ab])raccerenuì: 
ma  lo  desidero.  Amate  intanto  il 

vostro 
Gius.  Mazzini. 

:\rMcccxoviTT. 

AM.A   Maukk,  a  GeiiovM. 

[MiliUK»].   23  aprile  184^;. 
.Alia  cara  madre, 

Ebbi  in  tutta  regola  la  vostra  dei  17.  Xon  v'è 
modo  di  potere  scrivere  come  vorrei.  Sono  continua- 

MMCCCXCVIII.  — Iiieilita.  Jj' iuitografo  si  conserva  nella 
raccolta  Natliau.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  «li  esso,  la  madre 
del   Mazzini  annotò:   «23  aprile  1848.» 

(*)  11  Generali  non  corrispose  all'aspettazione  del  Mazzini. 
Infatti,  il  10  maggio  furono  aperte  le  sottoscrizioni  nei  registri  e 
il  29  dello  stesso  mese  usciva  il  proclama  del  Governo  Provvisorio 
di   Modena,   Reggio,   Ginistalln,   ecc.,  con  <!ui  quelle    ])rovincie 


136  Kl'ISTOLARIO.  [1848] 

mente  circoiulato  da  gente:  e  le  piccole  cose  da  fare 
sono  tante  che  non  so  da  qiial  parte  volgermi.  Del 
resto,  anche  questo  affaccendarsi  di  visite  passerà  ; 
e  vedrò  d' ordinar  le  cose  in  modo  da  avere  un 
po'  i)iù  di  quiete.  Le  cose  vanno  qui  tant  hien  que 
mal:  ma  vanno,  perch' è  scritto  che  vadano,  lo  non 
posso  ora  entrare  in  discussione  con  voi  e  cogli  amici 
intorno  alla  questione  vitale  che  dovrà  decidersi  qui  : 
io  non  cerco  se  non  che  l'espressione  della  volontà 
«lei  popolo  Lombardo  sia  lasciata  libera,  e  possa  pro- 
nunziarsi senza  intimidazione  da  una  parte  o  dall'altra. 
Del  resto,  il  chiedermi  il  sagriflcio  d'una  convinzione 
pel  bene  dell'Italia  è  un  decidere  che  chi  consiglia 
conosce  meglio  d' ogni  altro  dov'  è  il  bene  d' Italia  : 
ora,  intorno  al  bene  d'Italia,  io  pure  domando  il  per- 
messo d'avere  le  mie  idee.  Abbiate  voi  e  il  padre 
tìducia  in  me  e  nella  i)urità  delle  mie  intenzioni  : 
non  vi  prendete  cura  di  ciò  che  il  mondo  dice:  non 
avrete  mai  a  lagnarvi,  spero, -del  figliuol  vostri». 
ltisi)on<1erò  all'avv.  IJi.xio  domani  o  dopo:  (*)  e  domani 

erano  «  unite  iinnuMliataniente  a.i»li  Stati  Sardi,  ed  a  quelle  (lua- 
liinqne  Provincie  Italiane,  ciie  in  seguito  potessero  nnirsi  adessi 
Stati,  all'intento  di  costitnire  nn  Regno  costituzionale  dell'Alta 
Italia,  sotto  la  Dinastia  della  casa  di  Savoia.  »  K  il  28  giugno 
il  Sanli,  Commissario  piemontese,  assumeva  teredini  governative 
di  quelle  Provincie,  ricevendole  dalle  mani  di  una  commissione 
della  quale  il  Generali  faceva  parte.  Ved.  il  Vessillo  Ilalinno 
del   30  gingno   1848. 

(1)  SuU'avv.  C.  L.  Kixio  ved.  la  nota  allalett.  MMCLXXI. 
Probabilmente,  egli  aveva  dovuto  scrivere  al  Maz/.ini  intorno 
alla  grave  questione  della  fusione,  se  non  a  quella  delle  elezioni 
che  erano  imminenti  in  quei  giorni,  e  sulla  designazione  di  lui 
a  candidato  per  Genova  :  al  quale  intento,  il  Circolo  Nazionale, 
del  quale  il  Bixio  era  presidente,  aveva  ottenuta  l'adesione  del 
Governo  (ved.  la  nota  alle  lett.  MMCCCXC  e  MMCCCXCIII); 
ma  s'è  visto  che  sulla  seconda  il  Mazzini  aveva  già  espresso  la 


[1848]  Ki'isioi.AKU».  137 

forse  agli  amici.  Odo  die  la  Lega  Italiana  sia  trasinu- 
tata  in  Pensiero  Italiano.  Da  tutte  le  parti,  anche 
da  Genova,  mi  ven*ìono  giornali  senza  ch'io  li  di 
mandi:  e  perché  gli  amici  non  mi  mandano  almeno 
i  primi  numeri  di  questo  Pensiero  Italiano^  Li  vedrei 
volentieri.  (')  M'importa  giudicare  le  diverse  opinioni 

s»uii  opinione.  È  pure  probabile  che,  quando  il  Circolo  Nazionale 
di  Genova  si  schierò  risolutamente  nel  partito  favorevole  alla 
creazione  del  Kegno  dell'Alta  Italia,  avversando  cosi  le  idee 
mazziniane,  il  Bixio,  ([uasi  a  protesta,  si  dimettesse  dalla  carica 
di  presidente,  che  fu  infatti  assunta  da  Cesare  Ciibella,  seguito 
in  questo  proposito  dal  seoretario  Antonio  l>oria,  al  quale  suc- 
cedette "Andrea  Daneri.  Una  testimonianza  delle  sue'  opinioni 
politiche  sono  le  seguenti  }iarole  da  lui  iironunciate  quando 
<27  aprile  1848)  fu  eletto  Deputato  alla  prima  Legislatura  del  Tar- 
lameiito  Subalpino  per  il  quarto  circondario  di  Genova,  e  lo  scru- 
tatore anziano  proclamò  il  risultato  della  votazione:  «  Io  avrei 
preferito,  conoscendomi  non  ))ari  al  nol)ile  e  difitìcile  incarico, 
la  quiete  del  mio  gabinétto  ed  il  i>aeato  arringo  del  foro,  al- 
l' abitazione  della  trii»una.  politica.  Diversamente  piacque  ai  miei 
fratelli,  ed  alla  loro  volontà  io  devo  pos[)orre  la  mia.  Serberò 
cara  e  lunga  la  rimembranza  di  questi  giorni  nei  quali  mi  ono- 
rsiste  dei  vostri  suffragi,  e  per  certiticarvene  la  mia  sentita 
riconoscejiza,  tenterò  a  mio  potere  di  mostrarmi  non  indegno 
concittadino  dei  buoni,  degli  industri,  dei  liberi  Genovesi.  Forse 
dovrei  fare  la  mia  professione  di  fede;  ma  la  credo  soverchia. 
per<dié  la  feci  nel  1830  e  nelle  carceii  della  nostra  Torre, 
dove  ora  sventola  tinalmente  il  lieto  tricolore  vessillo  della  Ita- 
liana indipendenza.  Ivi,  in  mezzo  agli  sgherri,  interrogato  da 
sgherri,  negai  l'esistenza  d'una  congiura,  che  non  era;  ma, 
non  disdissi  i  veri  sensi  del  libero  animo  mio,  anzi  protestai, 
che  sentiva  il  bisogno  di  una  provvida  legge  a  intesa  della 
libertà  individuale,  e  che  guarentisse  i  buoni  cittadini  dalle  insi- 
nuazioiii/lei  perfidi,  e  dalle  calunnie  dei  tristi.  La  mifa  professione 
di  fede  è  poi  la  stessa  della  vostra;  amare  caldamente  la  patria, 
amare  grandemente  la  Italia,  amare  immensamente  la  libertà.  » 
Ved.  il  Fensiero  Italiano,  suppl.  al   n.  del   2  maggio  1848. 

(')  Sulla  Ijef/a  Italiana  ved.  la  nota  alla    lett.    MMCCXC. 
Il    Pensii'ro  Italiano    continuava  col  n.  67  la  numerazione   del 


138  Ki'i,sT()r.Ai;i().  [18481 

che  si  producono.  Ho  piacere  molto  del  ritorno  di 
(Jaroliiiii   jnesso  voi.  Anche  a   lei   scriverò.  Vad(>  qui 

periodico  al  quale  era  succeduto  il  18  aprile  1848  ;  e  la  tra- 
sformazione era  avvertita  in  un  avviso  dell' avv.  F.  Hettiiii, 
cosi  concepito  :  «  La  società  proprietaria  sta  per  cambiare  anche 
il  titolo  del  presente  giornale,  scegliendone  nn  altro  die  più 
risponda  all'  idea  progressiva  dei  tempi.  Hino  a  tal  cambiamento 
il  sottoscritto  non  potrebbe  (irmarsi  vero  Direttore  resjìonsa- 
bile  ;  nonostante,  i)er  uniformarsi  (jnaiito  è  possibile  alla  legge 
sulla  stampa,  la  dett:i  Società  lo  autori/za  a  i>reiidernc  la  qua- 
lità. »  11  Bettini  cominciò  infatti  a  Urinarsi  come  Direttore  dal 
il.  del  19  aprile  e  (irmò  pure  tutti  gli  articoli  che  scrisse  ((iiasi 
per  ogni  n.  del  periodico,  usando  la  sigla  lì... A.  Il  Pensiero 
ftaliano  ebbe  per  principali  collaboratori  F.  Alizeii.  X.  Accame, 
che  jìoi  succedette  al  Bettini  nella  direzione,  el'avv.  \.  Federici. 
Sia  pure  che  alla  sua  testa  fosse  un  antico  condiscepolo  del 
Mazzini,  del  ((iiale  rimase  sempre  amico  devoto  e  fidato,  al 
punto  che,  alla  morte  della  madre,  fu  curatole  ilell'assc  paterno, 
il  peiiodico  genovese  segui  la  politica  giobeitiana.  in  (|uanto 
approvò  la  formazione  di  un  regno  dell'Alta  Italia,  conside- 
randolo come  nocciuolo  di  un  fttturo  regno  d'Italia,  augurando 
elle  Leopoldo  II  di  Toscana  potesse  presto  salire  sul  trono 
d'Austria,  e  sperando  che,  dopo  il  terribile  I.")  maggio,  i  Napo- 
letani, cacciando  lo  spergiuro  monarca,  si  sarebbero  uniti  sotto 
lo  scettro  di  Carlo  Alberto.  Ma  è  noto  che  l'anno  1848  fu  (| nello 
dei  contrasti;  e  il  Bettini  non  parve  nutrire  intimamente  questo 
«!oncetto  politico.  In  una  lett.  a  V.  Ricci,  del  5  aprile  1848,  egli 
cosi  scriveva:  «  Il  nuovo  Ministero  ha  fatto  degnamente  i  primi 
passi  nella  grande  questione  italiana,  1'  ha  anzi  risoluta  nella 
parte  di  maggior  importanza  ;  nell'  esito  duale  <;  egli  deside- 
rabile una  Repubblica  italiana  lombardo-veneta  legata  alle  altre 
parti  d'Italia  mediante  una  stretta  e  assoluta  confederiizione, 
o  una  fusione  di  quelli  .Stati  col  Piemonte  e  Liguria  f  Ambe  le 
cose  avrebbero  dei  vantaggi  supremi  :  io  propenderei  per  la  prima 
—  lavori  ognuno  secondo  i  suoi  mezzi,  e  lasciamo  pòi  la  solu- 
zione a  Dio  che  protegge  1'  Italia  ed  alle  nienti  che  ha  poste 
a  guida  dell'  opera  grande.  Fede,  tiducia  ed  ordine  —  questo 
per  ora  a  noi  tocca.  »  Ved.  A.  Nehi,  Catalogo  del  Musco  Civico 
del  liisorijimcnto  di  Genova,  cit.,  p.   101. 


[1S48]  Kl'ISlOI.AKIO.  VÒ[* 

facendo  diverse  cose  delle  <iuali  vi  purleiò  uellii 
ventura.  Tancioui  è  qui.  (')  Ho  veduto  il  giovine 
poeta.  (^)  Avete  avuto  la  nostra    Legione    di   Tarigi 

(')  Pio  Tancioui  eiii  tornato  in  Italia  nell'ottobre  dell' anno 
precedente  (v^ed.  la  nota  alla  letr,.  MMCCL);  dopo  una  breve 
dimora  in  Toscana,  egli  era  andato  a  Uonia  in  compagnia  di 
•Scipione  Pistrncci,  ancli'egli  ripatriato,  e  sembra  avesse  avnto  a 
soffrire  persecuzioni  da  parto  del  Governo  Poutiticio,  e  l'avesse 
sofferte  proprio  quando  per  la  prima  volta  in  esso  era  rappresen- 
tato l'elemento  laico.  Nella  Sjìeravza  del  14  febbraio  1848  si  leg- 
geva: «  Il  cambiamento  ministeriale  che  ha  incominciato  a  soddi- 
sfare il  pubblico  voto  fu  seguito  ieri  da  varii  arresti  politici  nella 
persona  del  giovane  De  Andreis,  ed  altri  che  non  noniiniauio. 
Uno  di  loro  fu  dimesso  poche  ore  dojio;  e  ieri  sera  speravasi  che 
seguisse  lo  stesso  del  i>rimo.  poiché  a  tutti  i  buoni  spiacevano 
queste  tristi  contingenze.  »  Nel  n.  del  19  dello  stesso  mese  era 
soggiunto  :  «  Alle  carcera/.ioui  da  noi  annunziate  nel  n.  24,  ten- 
nero dietro  quelle  del  valente  incisore  Scipione  Pistrucci  e  di 
Pio  Tancioui,  i  (juali  furono  per  tre  giorni  detenuti  nelle  car- 
ceri di  poliziii.  ed  ora  sono  tnessi  in  libertà  con  ingiunzione 
di  partire  da  Roma.  »  Mentre  disitonevasi  a  tornare  a  Londfa. 
lo  sorprese  l'insurrezione  lomliarda.  e  si  decise  di  raggiun- 
gere il  Mazzini  a  Milano. 

(*)  Alla  notizia,  giunta  a  Genov.a  come  un  fulmine,  dell'in- 
surrezione milanese  era  stato  convocato  il  19  uuirzo  un  comizio 
a!  teatro  Diurno  dell'Acquasola,  che  durò  l»revi  istanti,  dacché 
Goffredo  Mameli,  salito  sul  palcoscenico,  disse  semplicemente  : 
«  Cittadini  I  A  Milano  si  muore  :  io  e  parecchi  amici  partiauu> 
stanotte,  per  passar  donumi  il  confine  :  chi  vuol  esser  con  noi 
faccia  lo  stesso.  »  Avvenne  poi  una  scena  solenne,  poiché  centinaia 
di  volontari  si  ascrissero  sul)ito  alia  compagnia  che  doveva  con- 
durre il  ventunenne  poeta  ;  e  il  comizio  si  sciolse.  Il  giorno 
dopo,  il  Mameli  raggiungeva  alla  Cava  Nino  Bi.Vio,  partito  già 
il  18,  e  veniva  acclamato  comandante  della  compagnia  geno- 
vese che  s'intitolava  dal  Mazzini.  Prima  di  varcare  il  Mincio, 
egli  era  stato  chiauuito  a.  Milano  dal  suo  concittadino  ;  colà  ri- 
mase po(;hi  giorni,  tornaiulo  al  campo  con  incarichi  del  Go- 
verno Provvisorio  della  Lombardia.  Ved.  G.  Mamkm.  Scritli 
''tìili  >•  iìu-dili,  cit.,  ]»p.  32-34. 


140  KFISTOI.AKIO.  [1848] 

in  Genova.  (^)  Sono  ora  inquieto  pel  silenzio  assoluto 
intorno  a  Cxaribaldi.  (-)  Scrivete  al  Signor  Pietro  Giu- 

(1)  Ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCCII. 

(*)  Silenzio  assoluto  iutonio  a  Garibaldi  non  si  poteva 
veramente  dire.  La  Concordia,  tino  dal  ti  marzo  1848,  dando 
notizia  che  la  famiglia  di  Ini  era  giunta  a  Nizza  (ved.  il  Pro- 
tocollo della  Giovine  Italia,  voi.  VI,  p.  335),  aggiungeva  : 
«Vuoisi  pure  che  in  breve  sarà  in  Roma  1' uomo  che  da  lungi 
fu  spesso  argomento  delle  nostre  parole,  l'intrepido  guer- 
riero, presto  ad  operare  il  senno  ed  il  braccio  a  prò'  della  sua 
terra  che  ora  è  ben  degna  di  averlo  n  figlio  e  difensore,  e  che 
certamente  e'  affretterà  di  liberamente  accoglierlo,  poiché  senza 
di  esso  sarebbe  incompiitta  la  sua  esultanza.  »  Nel  n.  dell' 8 
<lello  stesso  mese  inseriva  una  corrispondenza  da  Genova  in 
data  del  .5,  nella  (piale  si  ritenev;i  «  che  fra  un  mese  poie^ise 
giungere  Garibaldi  con  duecento  prodi  Italiani  della  legione  di 
Montevideo;  »  e  si  aggiungeva:  «  Quelli  degli  Italiani  di  colà 
che  bramano  litornare  per  offrire  il  loro  braccio  alla  santa 
causa  della  liberazione  della  patria  dagli  stranieri  sono  da 
ottocento,  ma  non  partiranno  sino  ad  ora  per  mancanza  di 
mezzi  necessiirii  a. sostenere  le  spese  del  viaggio,  ad  onta  che 
molti  loro  fratelli  colà  abbiano  fatti  sagrificii  per  soccorrerli.  » 
Con  ciò,  la  Concordia  intendeva  di  far  cenno  di  qnella  circo- 
lare, in  data  7  dicembre  1847,  divulgata  a  Montevideo  «  dalla 
Comnussione  creata  per  la  fornnizione  del  fondo  nazionale  ita- 
liano, »  col  quale  fronteggiar  le  spese  occorrenti  al  viiiggio 
dei  legionari,  che  il  periodico  inserì  ]toi  nel  n.  del  9  marzo. 
Di  piti,  nel  n.  successivo,  dava  la  notizia  della  partenza 
da  Montevideo  del  «  prode  Garibaldi.  »  disposto  a  torn.'tre  in 
Italia  «  con  200  de'  suoi  legionari,  »  affermando  che  «  il  basti- 
mento che  li  trasportava  era  stato  noleggiato  a  spese  dei  Liguri 
e  di  altri  Italiani  residenti  in  detta  città.  »  Notizia,  come  si 
«a,  preniiitura,  poiché  è  noto  che  Garibaldi  parti  da  ^ionte- 
video  il  15  aprile  ;  e  sempre  sullo  stesso  argomento,  nel  n.  del 
27  marzo,  lo  stesso  giorno  in  cui  Carlo  Alberto  varcava  il 
Ticino,  la  Concordia  si  riteneva  in  grado  di  «  accertare  che 
il  prode  Garibaldi  era  stato  invitato  dal  Governo  di  S.  M. 
a  recarsi  ne'  Regi  Stati,  ove  gli  era  xtato  preparato  un  posto 
distinto  nell'  armata.  »   Non  meno  inesatta  era  infine  la  notizia, 


I 


[1848]  KriSToi.AKK).  141 

lio  Speran/a,  e  basterà.  Addio  ;    abbracciate  la  so- 
rella: dite  tante  cose  ad  Andrea;  al  padre  e  a  voi 

tutto  l'anìore  i)ossil)ile  «lei 

vostro 

(ilUSEPPE. 

MMCCCXClX. 

AI  RKDATroui  DELLA    Voce  del  Popolo,  (li   Milano. 

[Milano],   24  aprile  [1848]. 

Voi  mi  richiedete  di  collaborazione  e  di  consiglio 
fraterno,  ed  il  darò  1'  una  e  l' altro  volonteroso.  Posso 


data  nel  n.  del  13  aprile,  che  1'  esule  nizzardo  tìuo  dal  20  marzo 
8i  sarebbe  imbarcato  sul  Bifronte  «  con  nu'  eletta  di  25  nomini 
bene  armati  ed  equipaggiati,  »  e  clie  la  nave  «  doA'eva  avviarsi 
a  Civitavecchia.  » 

MMCCCXCIX.  —  Piibbl.  nella  Voce  del  Popolo  di  Milano, 
n.  34,  del  26  aprile  1848.  —  La  Voce  del  Popolo  era  venuta  a  luce 
il  26  marzo  1848,  ad  un  tempo  col  22  Marzo,  presso  la  tipo- 
grafia Maniui.  Aveva  per  motti,  collocati  uno  sopra  e  1'  altro 
sotto  il  titolo  :  Italia  Libera,  W.  Pio  IX  e  Vox  Populi,  Vot 
Dei.  Il  primo  però  scomparve  lino  dal  n.  32  del  26  aprile  1848, 
cioè  tre  giorni  innanzi  a  quello  della  infelice  allocuzione, 
«  sostituito  con  l'altro:  Libertà,  Eguaglianza,  Unità  Nazionale, 
Fratellanza,  Associazione.  Con  quel  n.  la  Voce  del  Popolo  cam- 
biò pure  di  tipogralia,  che  fu  quella  del  Pagnoni,  in  Con- 
trada di  San  Zeno,  e  aumentò  di  poco  il  formato,  che  tut- 
tavia fu  sempre  di  modeste  proporzioni,  appena  la  metà  di 
quello  de'  suoi  confratelli,  il  22  Marzo  e  la  Gazzetta  di  Mi- 
lano. Se  ne  pubblicarono  123  nn.,  durati  fino  al  29  luglio  1848, 
i  quali  recarono  sempre  la  lirma  dei  «  Redattori  responsabili 
Romolo  Grififini  —  dott.  Pietro  Maestri,  »  ad  eccezione  del- 
l'ultimo, iirniato  dal  primo  di  essi,  e  vi  si  dichiarò  che  «at- 
tesa la    nuova    funzione  assunta    dal  Dott.    Pietro    Maestri,  » 


112  Ki'isTor.AiMO.  |lf<48| 

iìisporre  di  pochissimo  tempo;  e  anche  questo  temo 
mi  sarà  tolto  quando,  come  intendo  fra  breve,  avrò 
qui  stabilito  un  Giornale  (ìeW  Associo  sione  N'azionale 
Italiatm.  (')  Procaccerò  nondimeno  di  scrivere  tratto 


chiauiato  a  far  parte  il  «rionio  innaiizì  del  Comitato  di  Pub- 
blica Difesa,  egli  cessava  dalla  redazione  del  periodico  «  perché 
non  venisse  ad  assumere  veste  ufficiale.  »  Nel  n.  già  cit.  del 
26  ivprile  la  Foce  del  Popolo  recava  anche  1'  elenco  dei  «  colla- 
boratori ordinari:  »  Antonio  Allievi,  Salvatori  Bachi,  Camillo 
Cacciatori,  Carlo  Gorini,  Antonio  Mora.  Lnigi  Riboni,  Emilio 
Visconti  Venosta  e  Gaetano  Znccoli,  alcuni  pei  quali  fecero  poi 
parte  anche  delia  redazione  (ÌeW  H alia  del  Popolo  ;  fu  1'  oi*gano 
del  partito  repubblicano  unitario  milapese,  e  quindi  combatté 
il  decreto  di  fusione  del  12  maggio,  che  giudicò  «  infausto,  » 
inserendo  e  lodando  la  protesta  m.nzziniana  contro  di  esso,  sia 
puro  riprovando  il  tumulto  del  29  maggio.  Dopo  di  avere  inserita 
la  lett.  del  Mazzini,  la  Foce  del  Popolo,  oltre  alla  protesta, 
pubblicò  di  lui  un  «  estratto  da  un  opuscolo  intitolato  ai  Lom- 
Ijardi  »  nel  n.  del  28  aprile;  e  in  quello  del  3  maggio  recensì 
in  un  lungo  articolo  1'  ediz.  luganese  degli  Sortiti  letterari 
di  H»  Italiano  rireute,  venuti  a  luce  alla  fine  dell'  anno  prece- 
dente, nella  (|uale  aveva  avuta  tanta  parte  il  Maestri.  Ma  forse 
<lebbono  assegnarsi  al  Mazzini  alcuni  altri  artt.  che  furon  dati 
anonimi,  i  quali  saranno  accolti  in  un  prossimo  voi.  di  scritti 
politici  dell' ediz.   nazionale. 

(')  1j' Ilidia  del  Popolo,  Giornale  dell' Associazione  Nazionale 
Italiana,  cominciò  a  pubblicarsi  il  20  nujggio  1848,  quando  da 
otto  giorni  era  stato  approvato  l'atto  di  fusione  che  ronijieva 
la  neutralità,  se  non  l'accordo,  tra  il  Mazzini  e  i  membri  del  Go- 
verno Provvisorio  Centrale  di  Lombardia.  Già  da  qualche  giorno 
prima  era  uscito  il  programma  del  periodico,  che  firmarono, 
insieme  col  Mazzini,  Salvatore  Bachi,  Achille  Barozzi,  Riccardo 
Ceroni,  Filippo  De  Boni,  Enrico  Gallardi,  Romolo  Griffini,  Lizabe 
Kutfoni,  Pietro  Maestri,  Alessandro  Pesce,  Ercole  Porro,  Giuseppe 
Ile  vere,  Carlo  Tenca  ed  Emilio  Visconti  Venosta.  Fino  al  n.  22  del- 
l'il  g\[}gno  V  Italia  del  Popolo  fu  stampata  nella  tipografia  di 
Pietro  Agnelli;  col  n.  successivo,  ingrandito  un  po'  il  formato, 
cambiò  di  tipografia,  che  fu  quella  della  Concordia,  di  A  .  Arzione, 


[1848]  Ki'isTOi.AHio.  143 

tratto,  e  offerirvi  qualche  articoluccio,  a  testiino- 
niauza.  non  foss' altro,  dell'affetto  che  a  voi  mi  lepi 
e  di  fede  concorde.  La  vostra  bandiera  è  pure  la 
mia.  Per  voi  come  per  me  le  due  sante  parole  Dio 
e  il  Popolo  riassumono  tutta  una  credenza  d' affratella- 
mento della  religione  colla  politica,  di  legge  morale 
divina,  dì  sovranità  nazionale  sola  e  progressiva  inter- 
prete di  questa  legge,  d'eguaglianza  fraterna  evan- 
gelica, di  libertà  universale,  d'associazione  consentita 
a  raggiungere  ordinatamente  e  rapidamente  l'intento 
comune,  d'educazione,  d'amore,  e  innanzi  tutto  — 
necessità  primordiale  e  suprema  —  di  patria  una  e 
indipendente,  che  da  omai  vent'auni  ho  predicata 
come  meglio  ho  i)otuto  e  che  di  certo  non  tradirò 
or  che  tempo  e  dolore  e  lunga  meditazione  ed  eventi 
profetici  d'un' era  nuova  T hanno  riconsecrata  nel 
l'anima  mia.   Abbiatemi 

vostro 

Gius.  Mazzini. 

MMCCOC. 
A   Nicor.A   Fabuizi,  ;i  Modenn 

[Miliino],  25  aprile  [1848]. 

Caro  Nicola, 

Kii'evo  tardi  l'avviso  che  mi  dice  di  scriverti  a 
Modena:  ma  scrivo.  Due  linee  in  fretta,  perché  mi 

e  dal  II.  28  del  17  giugno  Gin8ep])e  Kevere  si  firmò  «  per  la  reda- 
zione. »  Il  periodico  durò  ininterrottamente  fino  al  3  agosto  1848; 
V  fn  uno  dei  meglio  composti  in  Italia. 

MMCCCC.   —  Pnbbl.  da  A,  Akzano.   L'arrivo  della  legione 
AntOìiini  in  Italia  (in  Memorie  storiche  militari,  Città  di  Castello, 


144  KPi.siOi.Aiiio.  [1848] 

inaucii  il  tempo.  Panni  che  tu  dovresti  esser  qui, 
nou  foss' altro  per  pochi  giorni  :  bisogna  assolutauieute 
che  e'  intendiamo.  Qui  v'  è  intrigo,  pasticcio  orribile  ; 
ma  tant'e  tanto  si  va:  ed  abbiamo  chanaes.  Nou  in- 
tendo nulla  di  Sicilia;  né  della  febbre  che  liaiino  di 
avere  un  re  travicello ;(^)  né   di  jNFodena,  né  d'altro. 

1912,  fase.  IV,  p.  511).  L' autografo  si  coii.si'iva  nel  Mumo  del 
Itisoiginieuto  di   Milauo.  Nou  lui  indirizzo. 

(')  Il  13  aprile  1848  il  Pailameuto  hìcìIì.mio  aveva  dichia- 
rato Ferdinando  di  lìorboiie  e  la  sua  dinastia  «  per  sempre 
decaduti  dal  trono  di  l^icilia.  »  Aveva  pure  decretato  :  «  La 
.Sicilia  si  reggerà  a  Governo  Costitnzionale,  e  chiamerà  al  trono 
un  principe  italiano  dopo  che  avrà  riformato  il  suo  Statuto.  » 
In  quel  giorno  solenne.  G.  La  Farina  aveva  pronunziato  alla 
«  Camera  dei  Comuni  »  un  forte  discorso  ;  dichiaratosi  per  la 
decadenza  dei  IJorboni.  e  i>ro8i)cttato  che  la  scelta  del  prin- 
cipe italiano  non  avrebbe  potuto  farsi  se  non  nelle  due  famiglie 
di  Toscana  e  di  Savoia,  aveva  detto  che  alla  x)riina  non  era 
il  caso  di  pensare,  jtoiché  in  quei  giorni  era  avvenuta  la  «  ina- 
spettata e  insperata  rivoluzione  viennese,  durante  la  «luale  si 
era  vociferata  la  possibilità  che  il  Grandnca  di  Toscana  potesse 
occupare  il  trono  absbiiighese,  »  onde  si  sarebbe  avuto  «  a  prin- 
cipe un  figlio  dell'  imperator  d'Austria.  »  In  quanto  alia  seconda, 
il  La  Farina  aveva  osservato  :  «  Se  la  monarchia  costituzio- 
nale piemontese  si  estendesse  sul  Lombardo-Veneto,  essa  acqui- 
sterebbe una  enorme  preponderanza  non  solo  per  le  forze  mate- 
riali, uja  per  la  posizione  geografica:  l'Italia  sarebbe  ricinta 
dalla  doppia  catena  delle  Alpi  e  del  nuovo  Stato.  Questa  pre- 
l)onderauza  sarebbe  enorme  se  il  Piemonte  potesse  ac<iuistare 
la  Sicilia;  terrebbe  l'Italia  ai  due  estremi;  terrebbe  in  mano 
il  Mediterraneo  ;  vantaggio  per  la  nazionalità  ;  danno  e  i)eri- 
glio  per  la  libertà  ;  non  bisogna  sagriticare  1'  una  cosa  per 
l'altra,  imperocché  1' Italia  tende  ad  essere  nazione  libera  ed 
indipendente.  »  Consigliava  quindi  di  soprassedere  alla  scelta 
di  un  principe  e  di  una  forma  definitiva  di  Governo,  lasciando 
all'avvenire  di  decidere  se  la  Sicilia  «  dovesse  essere  uno  Stato 
costituzionale  sotto  un  principe  italiano,  ovvero  se  la  Provvi- 
denza   sorridesse  all'  Italia    una  repubblica  ;  »   e    tanto  più  lo 


[1848J  Krisror.Aitio.  145 

A  ^Modena,  se  puoi  prevalere  perclié  rimaugauo  nel 
provvisorio  Huo  alia  «lecisioiie  di  qui,  e  non  pregiu- 
dichino la  questione,  sarà  molto.  Noi  siaui  ora  V  unico 
partito  legale:  P  uni<;o  che  insista  sul  rimettersi  la 
decisione  finita  la  guerra.  Saluta  Paolo  ;  e  digli  che 
non  ho  potuto  rispondergli;  che  d'altra  parte  io  non 
ho  qui  né  carte,  né  libri,  e  non  poteva  sommini- 
strargli ciò  eh' egli  chiedeva.  (')  Se  vieni,  io  abito  Borgo 
Spesso,  casa  Kosales,  n.  1355.  A  (renova,  gl'intrighi 

consigliava,  in  «[iianto  tutti  saiievano  che  in  Italia  esisteva 
«  U11  partito  grande,  potente  e  nelle  cui  mani  era  l'avvenire; 
un  partito  unitario,  salve  le  libertà  locali.  »  che  si  sarebbe 
manifestato  «  colle  splendide  vittorie,  »  come  tino  allora  si 
era  «  manifestato  co'  grandi  sacrilici  e  co'  solenni  martiri  » 
(ved.  l'Alba  del  21  aprile  1848).  Anche  al  La  Masa  apparve 
affrettata  quella  decisione.  «  Entrando  io  alla  Camera  dei  Comuni 
—  scriveva  due  anni  dopo  —  nel  centro  delle  discussioni  appresi 
«[uella  nuova,  e  chiesi  la  parola  per  combattere  la  mena  mini- 
steriale. Nicola  Fabrizi  chiamavami  sull'entrare  deliii  Camera 
e  dimostravami  la  sua  avversione  a  quel  decreto.  11  presidente 
tagliava  la  discussione,  e  la  Camera  passava  tosto  alla  mac- 
chinata decisione  sulla,  decadenza  del  Borbone,  che  fu  accolta 
con  patrio  delirio  dalla  ringhiera.  Il  presidente  in  quell'istante 
medesimo  progettava  alla  votazione  il  decreto,  non  già  sulla 
sola  decadenza  del  Borbone,  ma  sulla  forma  definitiva  del 
governo.  »  G.  La  Masa,  Documenti  della  rivoluzione  siciliana  del 
1847-1849  in  rapporto  alV  Italia',  'l'orino,  tip.  Ferrerò  e 
Franco,  1850,  p.  229.  Fu  per  queste  ragioni  che  N.  Fabrizi  si 
affrettò  a  raggiungere  Modena,  e  di  là  trasferirsi  a  Venezia. 
(')  Il  Governo  Provvisorio  di  Modena,  sul  quale  ved.  il 
Protocollo  della  Giovine  Italia,  voi.  VI,  pp.  341-343,  aveva  ii> 
«juei  giorni  inviato  al  campo  di  Carlo  Alberto,  a  Volta,  Giuseppe 
Tirelli  in  qualità  di  suo  incaricato  d'  affari,  e  preparavasi  a 
quella  fusione  immediata  col  Piemonte,  per  la  quale  ved.  la  nota 
.alla  lett.  MMCCCXCVII.  Sull'azione  del  partito  contrario  alla 
fusione,  in  cui  aveva  preponderanza  Paolo  Fabrizi,  ved. 
D.  Bianchi,  I  Ducati  Estensi  dall'  a.  1815  all'  a.  1850;  Torino,. 
8oc.  Editr.  Italiana,  MDCCCLII,  voi.  II,  p.   106  e  segg. 

Mazzini,  Scritti,  ecc..  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  10 


146 


Kl'ISTOr.AIilO. 


[1^181 


monarchici  vuu no  a  tale  ch'escono  minacce  di  vita. 
Addio:  ama  il  . 

tuo 

(tIUSEPPE. 


MMCCCCI. 

Ai.i.A  Madrk.  a  Genova. 

[Milano].   26  Jiprile  1848. 
Mia  cara   madre. 

Due  linee  appena.  Ho  ricevut(>  la  vostra.  Non  pen- 
sate alle  ciarle  dei  caffè.  Son  reazioni  senza  senso 
€he  passeranno.  Rassicuratevi  sul  conto  mio.  Fidate 
in  me,  nella  mia  prudenza,  e  ne'  miei  amici.  Vivete 
tranquilli,  ve  ne  scongiuro.  Allarmi,  siffatti  sono  cose 
da  nulla.  Abbiamo  da  provvedere  a  ben  altro.  Udine 
è  presa  dagli  Austriaci;  colpa  dell'inerzia  militare 
del  Governo  e  del  Liberatore.  Fui  chiamato  iersera 
dal  Governo  e  ho  proposto  una  serie  di  misure:  se 
saranno  adottate,  tutto  sarà  salvato.  Vi  terrò  a 
giorno.  (')  Un  abbraccio  al  padre.  Amate  sempre   il 

vostro 
Giuseppe. 


MMCCCCI.  — luedita.  L' autografo  si  conserva  nella  rac- 
colta Natbau.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre  del 
Mazzini  annotò:  «26  aprile  1848.  » 

(*)  Udine  era  caduta  in  mano  degli  Austriaci  il  22  aprile  1848, 
e  fu  detto  in  quei  nionieuti  (ved.  la  lett.  di  F.  Dall' Ongaro  da 
Treviso,  28  aprile,  nel  S2  Marzo  del  7  maggio  1848)  «  per  tradi- 
mento del  Vescovo  e  del  Comitato,  »  mentre  invece  ved.  V.  Mar- 
chesi, Storia  documentata  della  riroluziove  e  della  difesa  di  Venezia 
negli  anni  1848-'49,  tratta  da  fonti  italiane  ed   austriache  :  Ve- 


{1848]  KU'isroi.Aino.  147 

MMC'CXX'II. 

AI.  DiiJKTTORK  della   Concordia. 

Miliiiu.,   27  aprile  1848. 
Signore. 

In  alcune  linee  inserite  nel  vostro  numero  del 
•Jo  aprile  e  segnate  Carteggio  è  parlato  della  banda 

MMCCCCII.  —  Pnbbl.  nella  Concordia  eli  Torino,  n.  104 
<lel  29  aprile  1848,  e  di  là  nel  es  Marzo  e  imW Alba  del 
3  maggio  1848.  lutine,  accolta  dal  Mazzini  in  8.  E.  /.,  voi.  VII, 
pp.   166-167. 

uezia,  Istituto  Veneto  d'Arti  grafiche,  s.  a.,  p.  171.  «  La  nuova 
della  caduta  di  Udine  —  scriveva  pili  tardi  il  Mazzini  nei  Cenni  e 
documenti  intorno  all'  instirrezione  lombarda  e  alla  guerra  regia 
del  1848,  neW Italia  del  Popolo  di  Losanna,  voi.  II,  pp.  20-21  — 
aveva  colpito  gii  animi  di  terrore.  Fui  chiamato  a  mezzanotte  al 
Governo  e  trovai  convocati  parecchi  altri  influenti  repubblicani. 
Bisognava,  dicevano  i  governanti,  suscitare  il  paese,  avviarlo  a 
sforzi  tremendi,  chiamarlo  a  salvarsi  con  forze  proprie  —  e  chie- 
devano additassimo  il  come.  Scrissi  sopra  un  brano  di  carta 
parecchie  tra  le  cose  eh'  io  credeva  opportune  a  raggiunger 
l'intento,  ma  dichiarando  che  riescirebbero  inefficaci  tutte  se  il 
Governo  ne  assumesse  l'esecuzione.  '  Dio  solo,  dissi,  può  spegnere 
«  risuscitare.  Il  vostro  Governo  è  screditato  e  meritamente.  Il 
vostro  Governo  ha  oprato  tìnora  a  sopir  1'  entusiasmo,  a  creare 
«olla  menzogna  una  fiducia  fatale.  E  voi  non  potete  sorgere  a  un 
tratto  predicatori  di  crociata  e  guerra  di  popolo  senza  diftbu- 
dere  nelle  moltitudini  il  grido  funesto  di  tradimeìito.  A  cose 
nuove  nomini  nuovi.  Io  non  vi  chiedo  dimissioni  che  oggi 
sarebbero  fuga.  Scegliete  tre  uomini,  monarchici  o  repubblicani 
non  monta,  che  sappiano  e  vogliano  e  siano  se  non  amati,  non 
disprezzati  dal  popolo.  Commettete  ad  essi,  sotto  pretesto  delle 
sovercliie  vostre  faccende  o  d'  altro,  ogni  cura,  ogni  autorità 
per  le  cose  di  guerra.   Da  essi  enumino  domani  gli  atti  ch'io 


148  KPi.sioi.AUio.  [1848| 

adoperai  male  intenzionati,  provenienti  di  Friincia.  e 
scesi,  credo,  il  di  dopo  in  (lenova  per  avviarsi  qui 
dove  si  combatte  la  guerra  dell' Indii)endenza.  L;l 
banda  male  intenzionata  è  una  legione  d' Italiani  «he 

vi  jjiopoiigo.  Intorno  ad  essi  noi  tutti  ci  stiingercnio  e  staremo 
nialltnaclori  del  popolo.  '  Tra  le  cose  che  si  proponevano  era  la 
leva  della  totalità  delle  oincine  classi  quando  al  Govern<i  pareva 
«overchia  la  leva  dello  prime  tre  e  ne  indugiava  la  eon voca- 
zione al  tinire  d'agosto,  perché  i  conladini  polensero  «llendere 
pacìficamente  al  ricolto.  E  rispondevano  la  bestemmia  che  i 
contadini  erano  auglriaci  d'animo  e  di  tendenze:  i  poveri  con- 
tadini delle  prime  due  classi  tumultuavano  intanto  contro  i 
chirurghi  ohe  ne  respingevano  alcuni  siccome  inetti  al  servizio» 
Io  insisteva  perché  almeno  si  rifacesse  nini  chiamata  ai  volon- 
tari e  mi  poneva  mallevadore,  certo  che  l'esempio  sarchile 
seguito  in  ogni  città  per  la  formazione  d' una  legione  di  mille 
volontari  a  Milano,  purché  mi  fosse  concesso  d'  affiggere  un 
invito  e  sottoscrivere  primo  il  mio  nome.  K  partiva  applaudito  e 
con  promessa  d'assenso.  Due  giorni  dopo,  l'assenso  dell' arruola- 
mento dei  volontari  era  rivocato.  E  «iiiaiito  al  Comitatodi  guerra, 
fu  trasformato  in  Comitato  di  difesa  pel  Veneto  e  subito  dopo 
in  Commissione  di  soccorsi  al  Veneto  composta  di  membri  del 
Governo,  e  tinalmente  in  nulla.  Il  Segretario  faccendiei'e  di  Carlo 
Alberto,  Castagnette,  aveva  detto  :  '  che  al  re  non  piaceva  di 
trovarsi  un  esercito  di  nemici  alle  spalle.  '  »  È  certo,  e  se  ne  vedrà 
la  documentazione  in  appresso,  che  i  volontari  furono  sempre  te- 
nuti in  sospetto  dal  Governo  piemontese,  che  pili  volte  avversò  i 
propositi  dei  capi  e  fu  riluttante  per  un' azione  concorde  nelle^ 
operazioni  di  guerra;  e  questo  stesso  concetto  nudrirono  alcuni 
membri  del  Governo  Provvisorio  Centrale  di  Lombardia.  Proprio- 
in  quei  giorni  della  resa  di  Udine  e  della  proposta  fatta  dal 
Mazzini,  G.  Casati  scriveva  (25  aprile  1848)  al  conte  di  Casta- 
gnette; «Noi  non  possiamo  aggiungere  forze,  giacché  non  si 
potrebbero  riunire  che  corpi  Franchi  e  questi  non  sono  certa- 
mente aggraditi.  Se  si  volessero  uomini  armati,  potrennno  man- 
darne nn  buon  numero,  ma  questo,  al  dire  dello  stesso  Mini- 
stro [G.  di  CoUegno],  imbarazzerebbe  l'armata,  piuttosto  che 
aiutarla.  »  Casati-Castagnetto,  Carteggio,  cit.,  p.  72.  Ii  infine 
da  avvertire  che  quando,  più  tardi,  Antonio  Casati,  tiglio  dell'ex 


[184SJ  K,n!STOF,AiU(».  149 

all'auuuiizio  ricevuto  in  terra  straniera  dell'insurre- 
zione lombarda  decisero  raggiungere  in  ogni  modo 
i  combattenti  la  guerra  santa.  (')  Il  danaro  indispensa- 
bile per  la  mobilizzazione  del  corpo  fu  raccolto  dal- 

Presidente  del  Governo  Provvisorio,  pubblicò  il  suo  libro:  ^i- 
ìaiio,  e  i  principi  di  Savoja  (Torino,  1853),  nel  qnale,  fra  le  molte 
ingiurie  all'indirizzo  del  Mazzini,  era  affermato  ch'egli  si 
fosse  fatto  «  ardito  lino  a  chiedere  licenza  al  Governo  di  for- 
marsi mi  battaglione  d'armati,  »  l'esule  credette  opportuno  di 
rettiticare  quell'asserzione;  e  nell' /<aha  e  Popolo  di  Genova 
dell'  8  giugno  1853  faceva  inserire  una  sua  lett.,  nella  quale 
si  leggeva  :  «  Non  è  vero  eh'  io  mi  facessi  ardito  finora  a  chie- 
dere al  Governo  di  formarmi  un  battaglione  d'  armati.  È  vero 
che,  chiamalo,  dopo  la  caduta  d' Udine,  dal  gov^erno  impaurito, 
«•  richiesto  d'  indicare  modi  perché  si  risuscitasse  1'  entusiasmo 
del  popolo;  e  si  confondessero  tutti  gli  elementi  in  un  solo 
pensiero,  proposi,  accertando  che  l'esempio  sarebbe  seguito 
nelle  altre  città,  e  che  repubblicani  e  regii  si  confondessero 
nell'azione,  che  mi  si  concedesse  facoltà  di  pubblicare  una 
chiamata  ai  giovani  di  parte  nostra  ;  e  promisi  che  io  darei, 
iscrivendomi  primo,  mille  combattenti  al  governo,  i  quali  obbe- 
direbbero a  chi  dirigeva  la  guerra,  purché  si  concedesse  ad  essi 
di  scegliere,  per  via  d'elezione  e  lino  ad  nii  certo  grado,  i 
loro  ufficiali.  È  vero  che  la  proposta,  accolta  con  favore  ed 
espressioni  d'animo  grato,  fu,  dopo  parecchi  .giorni  di  tergi- 
versazioni gesuitiche,  e  per  cenno  di  (|ualche  faccendiere  di 
corte,  disdetta.  » 

(*)  Le  vicende  della  legione  di  esuli  italiani  venuti  di 
Francia  al  comando  del  colonn.  G.  Antonini  costituirono  uno 
dei  tanti  dolorosi  episodi  di  quelle  lotte  politiche  che  si  svol- 
sero in  Italia  e  che  non  furono  tra  le  minori  cause  dell'  esito 
disgraziato  della  prima  guerra  dell'indipendenza  italiana.  Par- 
tendo da  Parigi  il  1»  aprile  1848.  il  Mazzini  aveva  commesso  ai 
membri  del  Comitato  dell'Associazicme  Nazionale  Italiana  il  com- 
pito di  preparare  le  sottoscrizioni  degli  esuli  per  formar  la  le- 
gione che  doveva  venire  in  Italia  e  cooperare  alla  cacciata  degli 
Austriaci.  Il  3  aprile  si  era  tenuta  un'adunanza  di  1800  esuli  In 
cui,  su  ))roposta  di  Lizabe  Ruffonl,  segretario  del  Comitato,  oltre 
ad    approvare    un    «  indirizzo    al    popoli    italiani,    invititndoli 


150  Kl'ISTOI.ARIO.  [1848} 

VAsHociazione  Nazionale  Italiana  alla  quale  lo  pre- 
8Ìe<lo:  e  il  cui  ])roorainnia  ripubblicato  da  più  tjiornali 
d'Italia  e  approvato  dalla  vostra  censura,  non  espresse 

a  proclamare  il  sig.  Lamartine  cittiidino  Italiano,  »  !?i  era 
«  li.soluto  che  una  colonna  <lei  primi  volontari  narebbc  iiartita 
per  1'  Italia  il  giorno  dopo  e  che  altre  colonne  sarebbero  sef/uile,  » 
non  appena  raccolti  i  «danari  occorrenti.»  Fin  d'allora  si 
deciderà  di  affidare  il  comando  della  legione  «  al  colonnello 
Antonini,  antico  soldato  dell'  Impero  »  (ved.  la  Patria  del 
12  aprile  1848),  mentre  Celeste  Menotti  doveva  assiiniere  le 
fnnzioni  di  «  commissario  civile.»  Intanto,  erano  stato  numerose 
le  oflerte  di  danaro:  un  conte  Knsconi  aveva  date  1.500  lire; 
il  tenore  Mario  di  Candia,  500;  altrettante  Giulia  Grisi  e  un 
«mercante  italiano;»  100  ne  avevsi  ott'erte  l'altro  cantante 
Lablache,  1.900  erano  state  raccolte  tra  «  varii  Italiani  »  (ved. 
la  Voce  del  Popolo  del  12  e  la  Patria  del  26  aprile  1848)  ;  e  per 
altre  nobili  gare  di  offerte,  la  nota  alla  lett.  MMCCCLXXVIII)  ; 
le  quali  offerte  erano  andate  a  ingrossar  quel  Fondo  Nazio- 
nale che  si  ?*  visto  con  quanta  tenacia  il  Mazzini  nei  mesi  ])re- 
cedenti  aveva  promosso  in  Inghilterra  e  in  Francia.  La  legione, 
che  uno  storico  suo  non  Ijenevolo  (A.  Akzano,  L' arriro  della 
legione  Jntoiiini  in  Italia,  cit..  p.  514)  afferma  che  «  fosse  misera- 
mente equipaggiata,  »  partita  l'S  aprile  in  ferrovia  da  Parigi, 
e  da  Bruges  in  poi  a  piedi,  era  giunta  a  Lione  il  18.  Colà, 
la  colonna  si  era  ingrossata  di  quegli  esnii  che  tino  dal  27  marzo 
avevano  dichiarato  di  volersi  mettere  in  relazione  con  l'Asso- 
ciazione Nazionale  Italiana  per  avere  i  mezzi  di  venire  anch'essi  a 
combattere  in  Italia(ved.  il  Protocollo  della  Giovine  Italia ,  voi.  VI, 
p.366)  e  altrettanto  si  era  verificato  a  Marsiglia,  dove  la  legione 
era  giunta  il  24,  scendendo  per  il  Rodano  su  imbarcazioni.  Se- 
condo 1'  affermazione  di  giornali  genovesi,  durante  la  traver- 
sata di  Francia  la  legione  italiana  avrebbe  proceduto  al  canto 
della  Marsigliese,  e  con  grida  di  vira  la  Repubblica,  e  quindi 
era  grande  la  preoccupazione  a  Genova  per  il  suo  arrivo. 
La  Gazzetta  di  Genova  del  24  aprile  1848  scriveva  infatti  che 
se  quella  «  banda  »  giungeva  «  per  muovere  in  Lombardia  ad 
aiutare  i  nostri  fratelli  e  scacciare  dall'  Italia  il  dominatore 
austriaco,  »  era  la  «  benvenuta  ;  »  ma  se  «  avesse  avuto  l'animo 
occupato  da  pensieri  demagogici,  »  doveva  sapere  che  avrebbe 


1 


[1848]  Krisioi.Aiuo.  151 

altro  simbolo  fuorché  P  iiidipeudenza  e  l'uuiftcazioiie 
(IMtalin.  Dall'Associazione  esciiouo  i  capi  della  le- 
jjioue  e  le  nonne  regolatrici  della  mossa,   il  cnpo  che 

fatto  «  invano  sue  prove  in  un  paese,  dove  il  popolo  seulira 
pili  che  mai  il  bisogno  di  rimanere  unito  al  Principe  valoroso 
che  combatteea  per  l'indipendenza  d'Italia  e  dove  era  cuore  e 
coraggio  per  imitare  l'esempio  dell'eroica  Chambéry.  »  Anche 
la  Patria  (n.  del  26  aprile  1848)  si  preoccupava  delle  inten- 
zioni di  quei  malaugurati  esuli  {  tuttavia,  scriveva  di  ci)nfi- 
dare  «  nel  senno  e  nel  sincero  amor  di  ^latria  di  chi  dirigerà 
qne'  generosi  per  dubitare  pure  di  non  vedere  moditicato  ogni 
preconcetto  disegno  che  non  tendesse  a  consolidare  il  meravi- 
glioso accordo  che  regnava  tra  tutti  gli  ordini  degli  Stati  in 
Italia.  »  Come  fosse  corsa  la  voce  che  la  legione  di  esuli  venisse 
in  Italia  con  intenzioni  diverse  da  quelle  che  l'animavano, 
s'  ignora;  eppure,  gran  parte  dei  periodici  avevano  pubblicato 
il  nobile  manifesto  del  commissario  civile  C.  Menotti,  in  cui 
era  detto  che  «  gli  uomini  dell'Associazione  nazionale  altro  non 
«hit decano  a'  loro  fratelli  che  d'entrar  partecipi  dei  loro  affetti, 
delle  loro  dottrine,  delle  battaglie,  delle  glorie  e  dei  pericoli;  » 
che  «  intendimento  »  dell'Associazionale  Nazionale  era  di  «  ser- 
vire la  patria  con  la  spada,  con  l'intelletto,  con  la  parola,  in 
lei  e  per  lei  vivere,  pensare  e  operare  ;  »  che  suo  «  dolce  premio  » 
era  <|uello  di  adoperare  tutte  le  sue  forze  per  «  rinnovare  la 
Hcliiatra  italiana,  convertirla  in  nazione,  farla  una,  grande, 
possente,  eterna,  degna  della  santità  del  Campidoglio  e  della 
Croce.  »  E  il  manifesto  conchiudeva  con  un  evviva  all'Italia 
e  a  Pio  IX.  Comunque,  la  legione  italiana,  che  era  salpata  da 
Marsiglia  sul  Caire,  non  appena  giunta  nel  jìorto  di  Genova 
(24  aprile),  ebbe  a  risentire  le  prime  ostilità  del  Governo  pie- 
montese. Una  corrispondenza  del  giorno  successivo  da  quella 
città  al  Risorgimento  (u.  del  27  aprile  1848)  riferiva  infatti  : 
«  Ieri  giunse  l' aspettato  vapore  da  Marsiglia  con  450  o  500  volon- 
tari italiani,  savoiardi  e  probabilmente  qualche  francese,  che 
il  Governatore  sopra  alcuni  rapporti  che  fossero  repubblicani 
non  ha  voluto  ieri  sera  sbarcassero,  malgrado  la  parola  d'onore 
in  contrario  del  loro  condottiere  Antonini,  per  evitare  disor- 
dini in  città,  tanto  più  dio  la  popolazione  e  la  guardia  nazio- 
nale  avversa  alle  idee  di  repnbblicanismo,  era  disposta  a  rice- 


152  KPIHTOI.AHIO.  [1848] 

hi   dilige   è    il    generale  Antonini,    incanutito   nelle 
guerre  di  Francia  e  della  Polonia. 

La  mossa  fu  preceduta  da  un  indirizzo  della  le- 
gione ai  loro  fratelli  italiani,  clie  fu  reso  pubblico  in 
parecchi   giornali,    forse   nel   vostro,  e  che  avrebbe 


verli  niiiliiiiHMitt'.  Devono  (sltiircare  oggi  alla  Lanterna  e  saranuo 
avviati  in  Lombardia,  scortati  e  senz'armi,  le  quali  verratino 
loro  riconsegnate  ai  confini.  »  li  Mazzini  non  avrebbe  certamente 
confutato  il  corrispondente  d' un  giornale  che  gli  era  notoria- 
mente avverso  ;  lo  fece  invece  con  la  Concordia,  diretta  da 
chi  negli  anni  precedenti  era  stato  con  lui  in  relazione  (ved.  la 
nota  alla  iett.  MMCLXXX),  e  che  nel  n.  del  25  aprile,  prima 
ancora  che  la  nave  «he  recava  la  legione  fosse  avvistata 
nelle  aerane  di  Genova,  ])nbblicava  una  corrispondenza  ancor 
più  contraria  agli  esuli  che  non  quella  del  Risorgimento.  Ac- 
cennava al  prossimo  arrivo  degli  «  operai  male  intenzionati  ;  » 
a  quello  di  «  otto  individui  che  la  voce  generale  segnalava 
per  l'antiguardo  della  l>anda  smldetta —  per  esplorare  se 
il  terreno  era  favorevolmente  preparato  jier  accogliere  la 
banda,  »  aggiungendo  che    «  quegli  individui    arrehhero  dorato 

essere    disingannati udendo    dire  che    il    popolo    genovese 

era  parato  a  riceverli  colle  punte  delle  baionette  ;  »  «he  «  il 
brick  da  guerra  Daino  ed  alcune  cannoniere  si  erano  anco- 
rate al  largo  del  j>orto  per  operare  di  concerto  in  caso  che 
•inegli  sconsigliati  tentassero  di  mandare  ad  effetto  il  loro  disegno 
di  proclamare  la  repubblica.»  Infine,  conchiudeva:  «ft  bene 
che  ciò  si  sappia  ovunque.  »  Già  la  direzione  della  Concordia 
aveva  compreso  quanto  fosse  ingenerosa  quella  corrispondenza. 
e  nei  un.  del  26  e  28  aprile  nobilmente  rettificava  le  maligne 
insinuazioni  ;  di  più,  accogliendo  la  Iett.  del  Mazzini,  la  faceva 
precedei-e  dalla  seguente  dichiarazione,  firmata  La  Direzione  : 
«  Ci  facciamo  un  dovere  di  pubblicare  la  seguente  lettera 
direttaci  dall'  illustre  Mazzini  per  richiamare  la  nostra  atten- 
zione sopra  alcune  linee  inserite  nel  n.  del  25  aprile  della 
Concordia,  segnate  Carteggio,  ove  si  dice  :  Finora  non  conqìor- 
vero  [a  Genova]  le  navi  che,  dicesi,  hanno  a  bordo  la  banda  di 
800  operai  male  intemionati.  È  chiaro,  dalla  parola  dicesi,  che 
il  nostro  corrispondente  accennava  ad  un  vago  rumore  e  nulla 


[184>!]  KPiSTor.AiMo.  153 

dovuto  meritare  agli  uomini  che  lo  dettarono  risposta 
fraterna  anzi  diversa  dalle  misere  calunnie  diftuse  da 
non  so  chi,  e  che  mi  pesa  vedere  riprodotte  nel  vostro 
giornale.  La  legione  tu  accolta  in  Genova  con  appa- 
rato (li  precauzioni  governative,  e  quel  che  è  peggio 
con  tale  una  freddezza  dalla  ingannata  popolazione 

Itili.  Nel  11.  seijuentc  la  prima  frase  fu  subito  corretta  in  questo 
modo  :  La  legione  che  si  anpetlava  da  Mainiglia  è  giunta  in  questo 
porto  recando  amicheroli  disposizioni,  Finalinente  nel  n.  28  stam- 
pammo le  seguenti  parole  tlel  nostro  corrispondente  :  Da  piil 
precise  informazioni  pare  si  rilevi  che  i  riscontri  arati  dal  Governo 
da  qualche  console  sulle  iìiteuzioui  della  nota  banda  giunta  di  Fran- 
cia non  fossero  esatti.  Essa  non  è  un'  accozzaglia,  come  dicevasi, 
di  facinorosi,  ma  sihbenf  una  riunione  d' individui  che  caldi  d'amore 
per  V  Italia  corrono  a  ingrossare  la  santa  crociala  che  deve  scacciar 
lo  straniero  dalle  terre  lombarde.  Lasciamo  ora  die  Mazzini  renda 
alla  lej;ione  ed  al  prode  suo  comaTidaiite  la  debita  giustizia; 
noi,  cui  sono  noti  i  dolori,  le  prodezze,  il  patrio  amore  del- 
l'Antonini, vi  aderiamo  pienamente  e  facciamo  plauso  da  lungi 
a  quel  drappello  di  forti.  Non  che  sconoscere,  noi  fummo  sempre 
i  primi  a  rivelare,  ovuiuine  ci  apparvero,  il  coraggio  e  il  genio 
italiano,  le  italiche  glorie  e  sventure.  Essi  fiiroiio  e  sono  gran 
parte  de'  nostri  affetti,  de'  nostri  pensieri.  Chi  può  dunque 
non  venerare  i  nostri  martiri  del  patibolo,  dell'esilio  e  delle 
prigioni  f  le  anime  eroiche  che  serbarono  viva  in  ogni  tempo 
la  fede  italiana,  e  a  cui  si  deve  in  gran  parte  il  prodigio 
de'  nostri  giorni  f  Qualunque  sieno  le  nostre  opinioni  sulle 
presenti  condizioni  della  patria,  noi  tenemmo  e  terremo  sempre 
conto  della  vera  e  provata  democrazia,  come  non  facciamo  gran 
caso  di  <|uella  menzognera  o  frivola  o  puerile  sorta  ieri  dopo 
la  vittoria.  Noi  apprezzeremo  sempre  il  carattere,  1'  ingegno, 
rojiinione  di  Mazzini,  del  sommo  Italiano  che  tanto  sofferse  e 
operò  ])er  l'Italia  ;  sebbene  non  possiamoa  meiiodi  far  voti  perché 
nelle  attuali  circostanze  si  niiisca  a  noi  che  abbiamo  comuni 
con  esso,  ci  si  conceda  di  dirlo,  la  rettitudine  delle  intenzioni 
e  la  grandezza  dello  .scopo  finale,  che  è  l'unità  dell'Italia 
indipendente  e  libera.  »  Per  le  vicende  successive  della  Legione 
italiana,  ved.  le  note  alle   lett.  MMCCCCV  e  MMCCCCXYII. 


154  Kl'lSTOLAlMO.  [1848| 

genovese,  die  dev'essere  statii  punta  mortale  al  cuore 
«l'uomini  «;he  accorrevano  a  «lare  il  sangue  i)er  la 
l)atria  loro,  e  molti  dei  «juali  s'eran»)  preparati  a 
missione  sittatta  con  lunglii  anni  «l'esilio  e  i);itimenti 
virilmente  in«!ontrati. 

È  duro  il  discendere  do[)«)  lunga  assenza,  e  col 
j)alpito  di  chi  cerca  e  merita  amore,  sulla  propria 
terra,  e  in«!ontrjirvi  calunnie  e  mina«;ce,  ri<licole,  è 
vero,  di  baionette.  È  duro  l'accorrere  lietamente,  in 
nome  «l'Italia,  ad  aft'rontare  le  palle  austriache  per 
la  libertà  del  paese,  e  trovarsi  ad  un  tratto  tra  \olti 
ditlìdenti  ed  irosi,  tra  gente  «die  accusa  hi  parola  e 
il  silenzio  d^  ingratitmìine  e  «l'anarchia.  Poco  importa 
del  resto.  Oli  uomini  devoti  a  un'i«lea  non  aspettano 
contorti  se  non  dalla  propria  coscienza  e  dii  Dio  — 
ma,  stiiuan«lovi  come  io  vi  stimo,  ho  sentito  neces- 
sità prepotente  di  richiamare  la  vostra  attenzione 
sul  carteggio  de'  vostri  corrisponjlenti  «li  (lenova, 
perché  le  colonne  della  Concordia  non  si  contaminino 
di  ben  altre  ingratitudini  che  non  quella  di  che  s'ac- 
cusano in  oggi,  per  nuova  moda,  uomini  «die  hanno 
lungamente  amato,  patito,  operato,  quand'altri  taceva^ 
per  la  patria  loro,  uni«}amente  perché  non  rinega  ad 
un  tratto  le  <;redenze  maturate  per  vent'anni  di  studi 

e  «l' esilio. 

(tIuseppk  Mazzini. 


[1848]  KiMSToi.AKU).  155 

MMCCCUIII. 

AI.  GKX.  Giacomo  Filippo  Dk  Mkestkij,  a  Lugaiic». 

[Milano,   1»  maggio   1848]. 

Cai'issiino  <>eiierjile, 

Ti  scrivo  una  linea:  non  ho  tempo  per  altro  ora: 
ma  ti  scriverò  prcKsto,  appena  potrò  darti  qualclie 
risaltato  pratico  dell'opera  mia.  Ebbi  dall'amico  Cliia- 
liva  (')  l'articolo;  lo  diedi  al  I)r.  Carta,  eccellente 
repnb])licano  (")  che  s'incaricò  di  pubblicarlo  in  alcuni 

MMCCCCIII.  —  Piibl.l.  (la  A.  Monti.  Uh  dramma  fra  gli 
usali,  con  docamenti  inediti  e  la  hihlioy rafia  delle  edizioni  di  Capolac/o; 
Milano,  Cadtleo,  1921,  pp.  18-19.  Qui  si  riscontra  sull'auto- 
grafo, conservato  nel  Museo  del  Risorgimento  di  Milatio.  A  tergo 
di  esso,  di  pugno  del  Mazzini,  sta  l'indirizzo:  «Generale 
De  Meester,  Lugano.  »  Sempre  a  tergo,  forse  di  carattere  del 
De  Meester,  è  annotato:  «  Ricevuto  il  3  maggio.  Giuseppe  Maz- 
zini, Milano,  1"  maggio  1848.  liicevuti  il  3  detto.  Scritto 
r 11  detto.  » 

(*)  Nativo  d'Ivrea,  ma  da  pili  anni  andato  in  esilio  a  Milano 
dove  era  proprietario  della  villa  detta  la  Tanzina,  che  fu  poi 
ac<|uistata  dalla  famiglia  Nathau  e  ospitò  più  volte  il  Mazzini. 
Il  Chialiva  era  in  relazione  con  A.  Gabrini  che  lo  aveva  pre- 
seiUato  al  Lamberti  nel  1845  (ved.  il  Protocollo  della  Giovine 
Italia,  voi.  Ili,  p.  352)  ;  e  con  lui  e  col  De  Meester  il  Mazzini 
si  era  dovuto  incontrare  alcuni  giorni  prima,  passando  jier 
Lugano. 

(^)  L'  avv.  Giambattista  Carta,  modenese,  ma  da  tempo 
residente  a  Milano,  conservò  anche  in  appresso,  dopo  la  rioc- 
cupazione austriaca,  i  suoi  sentimenti  rei>ubl>licani,  tenendo 
desta  1'  idea  di  patria  fra  i  suoi  concittadini  con  1'  affissione 
di  manifesti  clandestini,  per  cui  sottri  la  prigionia.  Ved.  V.  Ot- 
TOLINI,  La  rirolnzione  lombarda  nel  1848  e  1849,  ecc.,  cit., 
p.  354  e  segg.  e  A.  Luzio,  I  martiri  di  llelfiore,  cit.,  voi.  II,  p.  9. 


156  KIMSTULAKIO.  [1848] 

giornuli :  se  l'abbia  fatto  nou  so:  ma  ne  cbiederò 
domani,  e  te  ne  dirò.  L'impianto  del  nostro  giornale 
avrà  luogo  tra  pocbissimi  giorni,  e  ne  riceverai  il 
Manifesto.  Tento  organizzare  il  partito  nostro:  e 
spero  riescirvi.  È  forte  abbastanza;  ma  combattuto 
da  un'idea  iV  opportunità,  di  calcolo  momentaneo,  alla 
quale  cede  di  sovercbio.  Qui  il  segreto  del  partito 
Albertista  sta  tutto  nei  rompere  il  Provvisorio  e  pas- 
sare alla  decisione  sulla  forma  del  (loverno.  pendente 
la  guerra,  perché  la  paura  d' essere  abbandonati, 
ridurrebbe  i  più  a  votare  per  lui.  La  nostra  è  quella 
d'impedirli  e  andar  sino  alla  fine  della  guerra.  Pre- 
gaci buona  riuscita:  e  se  risani,  vieni  a  darci  aiuto. 
Ama  il  f,,^, 

(Tiuf<.  Mazzini. 

Lunedi. 

De  Boni  qui  presente  ti  saluta  con  affetto  e 
stima.  (')  Vivi  certo  che  agiremo  attivi  per  la  causa 
nostra;  trionferemo,  forse  quando  si  deciderà  la  que- 
stione, in  Lombardia:  nm  s' anche  no.  pochi  mesi  dopo. 

(1)  F.  De  Boni  era  giunto  ;i  Milano  «  dall'  o8]»itale  Losanna  » 
il  29  marzo  «  troppo  tardi  —  com'egli  scriveva  al  Presidente 
del  Governo  Provvisorio  —  per  difendere  con  gli  altri  l'eroica 
Milano,  che  nobilmente  gelosa  s'era  voluta  da  se  stessa  redi- 
mersi ;  »  ed  oftriva  «  il  suo  ingegno  qualunque  si  fosse,  e  la 
«Ita  vita  al  primo  governo  creato  dal  popolo  nostro  in  sulle 
barricate  »  (ved.  il  22  Marzo  del  1<»  aprile  1848).  Conobbe  allora 
personalmente  il  Mazzini,  con  cui  era  già  da  due  anni  in  cor- 
rispondenza epistolare  «j  fu  suo  attivo  collaboratore  all'  Italia 
del  Popolo.  Il  Governo  Provvisorio  accolse  la  sua  offerta  e  lo 
chiamò  a  far  parte  di  quella  eflSmera  Commissione  nominata 
l'8  aprile  con  l' incarico  di  studiare  e  proporre  «un  progetto 
di  legge  per  la  convocazione  delle  assemblee  primarie,  e  circa 
il  modo  di  riunirle,  di  raccoglierle  e  verificarne  i  voti.  » 


1848]  KPisror.Aiuo.  157 

AkMCCCClV. 

A   Adam  Mickikwicz.  à  Milan. 


[Milaii],   iii.mìi   [2  inai    I848j. 
Frèie. 

Aceordez-moi  ce  noni.  Je  ii'ui  poiiit  avec  vous  la 
tVatoniité  *lu  genie,  mais  j'ai  la  frateriiité  des  as[)i- 
ratious,  des  espérances  et  de  la  foi  daiis  la  croisade 
religieuse  de  rHnmauité  et  de  ma  patrie  se  mouvaut 
en  elle  et  poiir  elle  vers  les  grands  destiiis  de  frater- 
nisatioii  que  Dien  iiiurit.  J'ai  la  avec  amour  vos 
(eiivres,  et  je  désire  ardemment  vons  voir.  Voudriez- 
voiis  m'indiquer  une  henre  ?  Je  vous  envoie,  eii  atten- 
daut,  une  lettre  d'une  amie  commune  et  je  vons  prie 
de  me  eroire 

votre  admirateur  et  frère 

J.  Mazzini. 


MMCCCCIV.  —  Pubhl.  da  L.  Mickikwicz,  Mémorial  de  la 
Légion  polonaise  de  1848,  cre'ée  en  Italie  xìar  Adam  Mickiewicz ; 
Paris,  chez  l'aiiteur,  1909,  voi.  II,  "p.  21.  —  Dopo  le  laboriose, 
ma  Hterili  trattative,  perché  egli,  insieme  con  i  suoi  commili- 
toni, entrassero  a  far  parte  dell'esercito  pontificio,  A.  Mickie- 
wicz aveva  lasciata  Roma  il  10  aprile  1848,  e  si  era  imbarcato 
a  Civitavecchia;  da  Livorno,  dove  era  giunto  due  giorni  dopo, 
aveva  traversato  l'Italia  centrale  e  settentrionale,  ricevendo 
dovunque  festose  accoglienze  (ved.  Id.,  voi.  I,  p.  221  e  segg.) 
ed  il  giorno  precedente  a  quello  in  cui  gli  scriveva  il  Mazzini, 
era  entrato  in  Milano  alla  testa  del  suo  esiguo  drappello  di 
esuli  polacchi.  Per  l'ingresso  trionfale  e  la  successiva  dimora 
del  grande  poeta  polacco  a  Milano,  ved.  In.,  voi.  II,  p.  1  e  segg. 
e  la  notti  alla  lett.  MMCCCCXVI.    . 


15S  KiMsnu.AiMu.  [184<S) 

MMCCCCV. 

A  1,1, A   Mai>ke.  il  Genova. 


[Milano],   ó  niiijjyiu  184^'. 


Mia  cara  madre. 


Abbiate  ])azien/.a:  ma  non  c'è  stato  verso  di  po- 
tere scrivere  tutti  questi  giorni.  Ogni  mattina,  alle 
«ette  e  mezza  comincia  un  andare  e  venire  da  non 
farsene  idea:  persone  che  non  posso  per  più  ra- 
gioni ricusar  di  vedere,  ma  <;lie  vengono  quando 
meno  me  le  aspetto.  Abbiate  peraltro,  madre  mia, 
ferjno  in  mente,  quando  non  iscrivo,  che  non  è  per 
malattia  né  ])er  altro;  ma  per  semplice  imi)ossibilità. 
Vivo  in  un'atmosfera  eccieziouale.  So  peraltro  d'avervi 
scritto  dopo  la  corsa  a  Pavia,  hmedi  o  martedì,  raccon- 
tandovi l'ovazione  eh' ebbi.  Riceveste  quella  lettera  !  (') 

MMCOCCV.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella  rac- 
«olta  Natluiu.  Non  ha  indirizzo,  A  terjio  di  esso,  la  madre  del 
Mazzini  annotò:  «  1848,  5  maggio.  » 

(^)  li  30  aprile  il  Mazzini  era  andato  a  Pavia  per  incon- 
trarsi con  la  Legione  italiana  comandata  dall'Antonini,  la  quale^ 
<lopo  Innglie  trattative  col  Governo  Provvisorio  di  Milano, 
s'avviava  nel  Veneto  (ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCCII  e  A.  Au- 
ZANO,  art.  cit.,  p.  524  esegg.).  La  lett.  alla  niadi-e,  in  cui  dava 
ragguaglio  di  quell' episodio,  andò  smarrita,  poiché  non  si  rin- 
viene nel  carteggio  che  Maria  Mazzini  conservò  con  tanta  cura. 
Nella  Voce  del  Popolo  del  2  maggio  1848  si  leggeva  la  seguente 
-«jorrispondenza  da  Pavia,  in  data  30  aprile  :  «  La  colonna  dei 
volontari  Italiani  accorrenti  da  Parigi  e  dalla  Francia  a  dividere 
<;oi  loro  fratelli  le  fatiche  e  i  iterigli  della  guerra  santa,  giun- 
geva quest'  oggi  a  Pavia  frammezzo  ai  viva,  agli  applausi,  al 
tuonar  del  cannone.   Mossero  ad  incontrarli  la  Guardia  nazio- 


[184f<|  Kl'lSlOI.AKM).  159 

Dico  «luestOj  perclié  le  poste  vanno  malissimo.  Soii 
tempestato  di  gente  die  viene  a  tentarmi',  dico  ten- 

uale  ed  una  legione  di  giovani  Milanesi  addestrati  all'arti- 
glieria ed  all'arte  militare,  di  fresco  giunti  per  discendere  dai. 
Po  iu  aiuto  delle  venete  popolazioni.  S'avanzarono  dapprima 
i  volontari  inermi  e  silenziosi,  come  ([uelli  che  avevano  tro- 
vato la  diffidenza  e  il  sospetto  al  loro  primo  arrivo  in  terra 
italiana,  dal  povero  popolo,  dal  popolo  illuso,  in  cui  gli  amld- 
ziosi,  i  servili  ed  i  tristi  avevano  soffiato  la  paura,  la  diffi- 
denza, il  sospetto  verso  questi  fratelli  primogeniti  nel  dolore 
e  nell' esigilo.  Ma  qui,  nel  suolo  generoso  di  Lombardia,  ven- 
nero completamente  indennizzati,  accolti  con  infiniti  evviva, 
con  baci  ed  abbracciamenti,  salutati  dal  fragor  del  cannone, 
armati  di  que'  fucili  che  la  gelosia  d'oltre  Ticino  aveva  impedito 
impugnassero.  Mille  bandiere  tricolori  illeggiadrivano  la  Strada 
Nuova,  lieta  di  un  tanto  spettacolo.  Viva  l'Italia,  V  Indipeu- 
peiulenza,  V  Unità,  la  Fratellanza.'  erano  su  tutte  le  bocche, 
come  in  tutti  i  cuori!  I  poveri  esuli  ne  furono  commossi  e  per 
un  movimento  spontaneo  alzarono  i  loro  cappelli  sulle  baio- 
nette o  risposero  cogli  evviva  agli  evviva  di  tutti.  Ma  poi,  quasi 
le  antiche  memorie  si  riaffacciassero  alla  loro  mente,  eruppero  in 
un  melanconico  canto,  nel  canto  appreso  nei  giorni  dell'esigilo  ! 
Le  tristi  e  lamentevoli  note,  di   una   pacata  e  soave   cadenza, 

mi  giungev^ano  all'orecchio  ad  intervalli  —  e i  miei  occhi  si 

riempivano  di   lagrime. 

«  Molti  erano  accorsi  appositamente  da  Milano  a  dare  il 
«aluto  di  fratello  agli  ospiti  aspettati  —  fra  questi  Mazzini, 
che  iu  istrada  li  salutava  col  popolo.  Fu  visto,  e  viva  Mazzini 
scoppiò  da  tutte  le  parti  :  viva  Mazzini,  chr  ha  la  regalità  del 
dolore,  del  sagrijicio  e  dell'  esigìio,  che  portò  la  corona  di  spine  fra 
gli  apostoli  ed  i  martiri  d' Italia  ! 

«  E  Mazzini  alla  sera  ebbe  una  ovazione.  Raccoltasi  verso  le 
nove  una  folla  di  popolo,  di  volontari  Milanesi  e  di  quei  di 
Parigi,  con  alla  testa  la  musica,  ci  recaunuo  tutti  in  coujpa- 
gnia  alla  Croce  Bianca,  dov'ei  si  trovava,  e  dove  tratto  dagli 
evviva  e  dagli  applausi,  parlò  da  un  balcone  al  popolo  che 
l'ascoltava  in  religioso  silenzio.  Parlò  della  santa  e  duplico 
missione  dei  volontari  nella  guerra  dell'indipendenza:  una 
missione  m:iteriule,  quasi,  di  battersi,  cioè  di  spargere  il  sangue 


K50  IO  l'I  STOLA  Kio.  [1848] 

tarmi,  perché  questo  volere  eh' io  riiiiiegUi  ora  le 
mie  credenze,  è  uua  vera  tentazione.  Nasca  quel  die 
sa  nascere,  io  non  posso,  madre  mia,  essere  di- 
verso da  quel  (die  sono,  lo  vedo  più  in  là  di  iiudti 
altri,  (luardo,  non  alla  Lombardia,  ma  all'Italia. 
Vj  so  che  per  la  salute  d'Italia  è  necessario,  qua- 
lunque sia  per  essere  il  risultato  immediato  dejili 
avvenimenti,  che  alcuni  pochi  mantenevano  pura  di 
transazioni  codarde  la  bandiera  dell' avvenire.  Io  s<m 
uno  di  quei  pochi  e  la  sosterrò.  Voi  e  il  padre  aiiui- 
temi  sempre  cosi  come  sono.  Al  resto  pensi  Iddio 
che  vede  il  core.  Dejjli  stolti  i  quali  credono  o  fiu- 
<»<>no  (tredere  «di'  io  lavori  per  anil)i/ioiie  non  cni-o.  (') 

piTclié  l'Italia  sia  iiulipen(l«Mite  —  una  missione  lucralo  di 
stringere  i  vincoli  della  fratellanza  tra  tntti  i  popoli  Italiani, 
d'essere  gli  apostoli  della  lil^ertà,  dell'  amore,  dell'associazione 
di  tntti  ad  un  unico  scopo;  perché  una  volta  l'Italia  sia  lil>era, 
sia  grande  in  faccia  al  mondo,  e  possa  riprendere  in  Europa 
l'alto  posto  segnatole  dalla  Provvidenza.  Disse  ch'egli  stava 
organizzando  una  legione  italica,  nella  quale  avrebbe  prestato 
anche  l'aiuto  del  suo  braccio  alla  causa  italiana:  che  la  parola 
gli  mancava  per  esprimere  i  sentimenti  di  cui  era  compreso 
per  le  grandi  dimostrazioni  fattegli  di  amore  e  di  simpatia —  e 
ricomparso  una  seconda  volta,  tratto  dalle  chiamate  e  dagli 
evviva,  gridò  il  grido  sublime  che  raccoglie  e  comprende  tutti 
i  desiderii  :  Viva  V  Italia  indipendente,  libera  ed  una.  »  All' Alberffa 
della  Lombardia  si  rinnovarono  «  gli  evviva  al  prof.  Cairoli,  a 
Mazzini,  all'Italia;  finché  la  notte  inoltrata  disperse  la  mol- 
titudine ebbra  dalle  sublimi  emozioni  d'  una  si  bella  giornata.  » 
Sulle  successive  vicende  della  Legione  italiana  ved.  la  nota 
alla  lett..  MMCCCCXVII. 

(i)  Probabilmente  il  Mazzini  accennava  al  colloquio  che 
cinque  giorni  innanzi  aveva  avuto  con  C.  Cattaneo  e  con  G.  Fer- 
rari (ved.  A.  Monti,  Un  dramma  fra  gli  esuli,  con  dooiimenli  inediti 
e  la  bibliografia  delle  edizioni  di  Capolago.  cif.,  p.  12  e  segg.).  Il 
primo,  dopo  la  parte  decisiva  sostenuta  durante  le  Cinque 
Giornate,    amareggiato    per    la    piega    assunta    dagli    avveni- 


[1848]  KPiSTor.AKio.  161 

Quanto  a  qui.  iiou  so  dirvi  neppur  io  come  vada.  Le 
cose  della  guerra  migliorano:  e  non  v'è  disastro  serio 

menti  politici,  si  era  quasi  appartato  dalla  lotta,  non  già 
«  occupando  il  tempo  —  come  annotavano  i  maligni  autori 
dei  Misteri  repubblicani  e  la  Bitta  Brofferio,  Cattaneo,  Cermisvhi 
e  Ferrari:  Torino,  tip.  Ferrerò  e  Franco,  1851,  p.  49,  —  a  «  fare 
nel  silenzio  del  suo  gabinetto  il  registro  dei  morti  delle  barri- 
cate e  nel  celiare  con  Cernuschi  sui  conigli  del  Provvisorio  » 
(ved.  la  sua  bella  lett.  al  Brenier,  del  10  aprile  1848,  in  C.  Cat- 
TANKO,  Scritti  politici  ed  e2)i8tolario ,  pubbl.  da  G.  Rosa  e  J.  W.- 
Mario;  Firenze,  Barbèra,  1892,  voi.  I,  pp.  161-166)  ;  l'altro,. 
giunto  di  Francia  quindici  giorni  dopo  il  22  marzo,  nou  aveva 
smesso  dal  carezzare  le  sue  idee  in  favore  del  federalismo,  che 
il  Mazzini  aveva  fieramente  riprovate  mesi  innanzi  (ved.  la 
nota  alla  lett.  MMCCCXXXIV),  aggiungendovi  quella  che  il 
trionfo  completo  della  rivoluzione  lombarda  non  si  sarebbe  otte- 
nuto se  non  con  l'aiuto  della  Francia.  Entrambi  recavano  al 
Mazzini  gravissime  proposte  :  rovesciamento  del  Governo  Prov- 
visorio, convocazione  dell'  assemblea  lombarda,  richiesta  d'  aiuto 
allaFrancia,  impedimento  a  Carlo  Albertodi  piùcontinuare  nelle 
sue  fiacche  operazioni  di  guerra  ;  ma  a  tutte  il  Mazzini  oppose 
ragioni  che  no  sconsigliavano  1'  applicazione,  dichiarando  che, 
allo  stato  attuale  degli  avvenimenti,  principale  dovere  era  quello 
di  continuare  la  guerra,  anzi  di  spingerla  con  maggior  vigore; 
e  lasciò  i  due  patrioti  lombardi  assai  scontenti,  specialmente 
il  Cattaneo,  il  quale,  se  è  vero  quanto  ebbe  ad  aifermare  il 
Ferrari,  lanciò  contro  il  grande  agitatore  una  inconsulta  accusa. 
Piti  tardi,  tanto  il  Cattaneo  quanto  il  Ferrari  non  celarono  il 
loro  risentimento  contro  il  tenace  sostenitore  dell'unità  italiana  ; 
uno,  riparato  pirì  tai'di  a  Lugano,  scherzava  con  gli  amici  sulle 
tendenze  albertistiche  di  lui  (ved.  R.  Manzoni,  Gli  esuli  italiani 
nella  Sinzzera  ;  Milano,  Caddeo,  1922,  pp.  10-11),  ma  poi  accettava 
una  missione  a  Parigi,  per  esplorare  per  conto  degli  esuli  repub- 
blicani adunatisi  in  Lugano,  «  quali  speranze  potesse  nutrire 
l'Italia»  (C.  Cattaneo,  Scritti,  ecc.,  cit.,  voi.  I,  pp.  31  e 
165-161);  e  più  tardi  ancora,  amava  di  punzecchiarlo  talvolta 
nelle  note  ai  documenti  deW Archivio  Triennale  delle  cose  d' Italia, 
ciò  che  procurò  una  cortese  protesta  da  parte  di  chi  si  cercava  di 
colpire   (ved.  l' Italia  del   Popolo  di  Losanna,   fase,  del   diceni- 

Mazzini,  Scritti,  ecc.,  voi.  XXXV  (Kpistolaiio,  voi.  XIX).  U 


162  KPISTOI.AKIO.  [1848] 

da  temersi.  Le  cose  politiclie  sono  incerte.  V  è  un  in 
trigo  —  dico  intrigo,  percbé  se  fosse  il  voto  puro, 
spontaneo,  del  paese  non  direi  nulla  —  v't>  un  in- 
trigo per  Carlo  Alberto  che  disonora  lui  e  quei  che 
lavorano  per  lui.  (*)  Se  rieacirà  non  so  ;  ma  certo  è  che 
se  riesce  per  le  vie  legali,  tutti  si  sottometteranno 
al  voto  del  popolo  ;  se  illegalmente,  per  sorpresa,  si 
corre  rischio  di  guerra  civile.  E  la  questione  della 
legalità  o  illegalità  sta  in  questo  che  il  paese  sia 
!r;hiamato  a  dare  il  suo  voto  con  un'Assemblea  Costi- 
tuente al  finir  della  guerra.  Or  se  le  cose  aiulranuo 
fin  là,  vedrò,  secondo  il  voto,  che  decisione  mi  tocca 
prendere:  ma  se  venissero  eventi  improvvisi,  io  non 
vivrò  sotto  la  monarchia.  Lugano  m'accoglierà:  e 
mi  consacrerò  a  scrivere.  Intanto,  son  qui  e  non  mi 
movo.  Non  è   venuto  passaporto  ;    ma  s' anche  fosse 

bre  1850,  pp.  61-62);  l'altro,  toriiiito  sdegnoso  in  Franciii, 
iusistó  sempre  più  nella  sua  idea  repubblicana  federalista,  assa- 
lendo talvolta  indecorosamente  il  Mazzini  ne'  snoi  scritti  (ved. 
un  giudizio  del  Mazzini  su  di  ini  in  S.  E.  I.,  voi.  Vili,  p.  254). 
(*)  8i  trattava  della  gravissima  questione  della  fusione,  che 
fu  ufficialmente  proposta  il  4  maggio  1848  dal  Governo  Prov- 
visorio Centrale  di  Lombardia,  il  quale  si  tolse  da  quella  aitna- 
zione  chiamata  di  «  neutralità  »  (ved.  i  Verbali  delle  sedute  segrete 
del  Governo  Prorvisorio,  in  Casati-C astagnrtto,  Carteggio,  cit., 
pp.  298-310),  ma  che  fu  cominciata  a  disciitere  il  10  e  appro- 
vata il  12  dello  stesso  mese.  All'  adunanza  del  5  maggio  era 
intervenuto  il  marchese  Alberto  Ricci,  il  quale,  delineando  mi 
minaccioso  qnadi'o  delle  condizioni  finanziarie  del  Pienumte,  e 
di  quelle  delle  operazioni  di  gnerra,  aveva  quasi  imposta  la 
immediata  unione  della  Lombardia  al  regno  sabando.  Sulle 
lunghe  negoziazioni  fra  1  membri  del  Governo  Provvisorio,  i 
loro  rappresentanti  a  Torino,  cioè  il  Martini  e  C.  D'Adda,  e  il 
Ooverno  piemontese,  ved.  C.  Pagani,  Uomini  e  cose  in  Milano 
dal  marzo  all'agosto  1848,  cit..  pp.  186-229  e  Casati-Casta- 
•«NETTO,    Carteggio,  cit.,  p.   42  e  segg. 


I 


{1818J  KI'ISIOI.AKK).  163 

venuto,  non  mi  moverei.  Veglierò  bensì  per  avvertirvi 
della  direzione  che  prendon  le  cose,  perché,  comunque, 
vorrei  pur  vedervi.  Abbracciate  per  me  la  buona  e 
bella  Carolina;  e  ditele  eh'  io  le  scriverò.  Mc[ola|  Cam- 
bfiaso]  non  s'è  veduto :(^)  suppongo  abbia  sospeso  la  sua 
partenza.  Addio,  madre  mia:  dite  mille  cose  per  me  al 
])a(lro.  ed  amate  sempre  il  vostro 

Giuseppe.    ^ 

MMCCCCVl. 

A   Caijomna   Cklksia.  a  Genova. 

[Milano],   7  ma-jgio   1848. 
Ror<j(>  Spesso.   1355. 

Sorella  mia. 

Non  m'accusate  ingrato,  s'io  non  ho  risposto  alle 
care  due  vostre  lettere:  v'ho  risposto  cento  volte  in 
ispirito;  e  con  tanto  pili  affetto  quanto  più  mi  trovo 
deserto  da*  miei  concittadini.  So  di  tutti  i  clamori 
sparsi  sul  conto  mio;  leggo  gli  articoli  accusatori; 
ricevo  lettera  anonima  da  Genova  stolidamente  scritta 
che  m'invitava  al  j>entimento!  e  ne  riderei  se  non 
avessi  la  mia  povera  madre  presta  ad  impaurirsi 
per  me.  Poi  mi  duole  veder  gì'  Italiani  ridotti  a  tale 

')  Nicola  Caml)iaso,  fratello  di  Giambattista,  morto  a 
Pari<(i  combatteiulo  nelle  (ile  dei  repubblicani  durante  il  colpo 
<li  Stato  del  2  dicembre  1851.  Antico  attillato  alla  Giorine  Italia, 
per  cui  aveva  sofferto  il  carcere  nel  1833  (ved.  la  nota  alla 
lett.  CI),  apparteneva  a  quella  nobiltà  genovese  clie  nntrì  sensi 
«chiettamente  democratici  e  fu  tra  quelli  che,  all'  annunzio  della 
insurrezione  milanese,  accorsero  a  combattere    in    Lombardia. 

MMCCCCVI.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  presso  la 
Pignora  Carlotta  Celesta,  nuora  della  Carolina.  Non  ha  indi- 
rizzo, uA  timbro  postale. 


164  Ki'isToi.AHU).  [mia] 

dall'  educazioue  della  schiavitù  da  non  intendere 
come  un  uomo  uou  possa  mutar  credenza  come  si 
muta  di  abito.  L'Austria  s'irritava  un  giorno  per- 
ch'io parlava;  oggi  gli  uomini  della  libertà  s'irritano 
perch'io  taccio.  Miserie!  M'accusano  d'aspirare  alla 
dittatura;  e  non  s'avvedono  che  s' io  mai  v' as[)irassi^ 
accarezzerei  appunto  le  oi)inioni  non  mie,  ma  predo- 
minanti. (*)  Ma  è  troppo  parlar  di  me.   Voi.  buona,  vi 

(')  Può  dirsi  che  subito  dopo  l'arrivo  del  Mazzini  a  Mi- 
lano, del  quale  avevano  dato  notizia,  con  pesata  parsimonia  di 
parole,  i  periodici  torinesi  e  genovesi,  in  Piemonte  si  avesse 
avuto  cura  di  occupax'si  il  meno  possibile  dell'  nomo  che  era 
considerato  nelle  sfere  utticiali  come  un  panroso  inculto;  e  già 
dal  10  aprile,  cioè  appena  tre  giorni  dopo  che  l'agitatore  si  tro- 
vava nella  capitale  lombarda,  il  conte  di  Castagnetto  scriveva  aV 
conte  Casati  :  «  Sento  che  è  giunto  Mazzini:  è  fatto  grave  e  non 
so  se  la  causa  d'unione  ci  guadagnerà.  Mi  dicon  esser  la  sua 
divisa:  ma  in  qual  senso?  Voi  a  quest'ora  lo  potrete  giudi- 
caro»  (Casati-CastaGXKtto,  Carteggio,  cit.,p.  45).  Questi  timori 
aumentarono  quando  si  videro  falliti  gli  accordi  per  un'intesa 
tra  i  due  partiti  (ved.  F.  Patktta,  Lettere  di  Carlo  Alberto. 
ecc.,  cit  ,  in  Atti,  ecc.,  cit.,  p.  273);  e  parve  che  una  parte  delhi 
stampa  periodica,  specialmente  1'  Opinione,  oramai  diretta  da 
A.  Hianchi-Giovini,  uomo  quanto  mai  partigiano,  che  poi  fu  rico- 
nosciuto di  fama  non  del  tutto  intemerata,  e  il  Corriere  Mercantile, 
che  con  gli  articoli  del  suo  direttore,  1'  avv.  Papa,  si  dimostrò 
strenuo  difensore  dell'incondizionata  annessione  della  Lombardia 
al  Piemonte,  ricevesse  quasi  la  parola  d'ordine  d'inveire  contro 
il  Mazzini  e  i  repubblicani  lombardi,  accusandoli  di  rovinare  le 
sorti  dell'indipendenza  italiana.  A  Torino,  anche  il  conte  Carlo 
D'Adda,  rappresentante  del  Governo  Provvisorio  di  Milano 
presso  quello  del  Piemonte,  fino  dal  17  aprile  esprimeva  le  stesse 
preoccupazioni;  mentre  il  Casati,  che  probabilmente  aveva 
dovuto  già  tranquillizzare  il  Castagnetto  sul  contegno  assunto- 
dal  Mazzini  a  Milano,  sebbene  nel  suo  carteggio  non  se  n'abbia 
traccia,  il  19  di  quello  stesso  mese,  provando  di  avere  un  alto 
rispetto  per  la  libera  espressione  delle  opinioni  politiche, 
osservava   al   suo    incaricato  esser   naturale   che   «  alla  vigilia 


I 


[1848]  Kl'ISTO[,ARK>.  16") 

siete  riavvicinata  quando  appunto  gli  altri  s'allon- 
tanavano. Qualunque  ne   fosse  la   causa,   io   vedeva 

<li  niiiv  Costituente  tutti  i  partiti  »  si  dovessero  iiiaiiifest.ir 
«  nei  modi  leiiali.  »  e  non  nsceudone,  sarebbe  stato  «  improv- 
vido affatto  il  volerne  impedire  la  espressicme  ;  »  accennando  poi 
al  Mazzini,  aggiungeva:  «Però,  si  deve  osservarle  clie  il  par- 
tito repubblicano  si  è  condotto  fin  qni  con  molta  moderazione, 
e  il  Club  che  si  era  formato  può  dirsi  quasi  sciolto.  Il  Maz- 
zini non  vi  ha  nemmeno  preso  parte,  e  come  tutti  i  veri  repub- 
blicani, agisce  colla  massima  lealtji»  (C.  Pagani,  Uomini  e  coxe 
in  Milano,  ecc.,  cit.,  p.  219).  Comunque,  le  accuse  contro  quel  suo 
sospettoso  riserbo,  accennate  nella  sua  lett.  alla  Celesia,  spun- 
tavano qua  e  l.à;  e  mentre  il  Bianclii-Giovini,  nel  suo  art.  inti- 
tolato: Filquelmont  e  i  repubblicani,  accusava  questi  ultimi  di 
fare  il  ginoco  dell'Austria  (Ojìinionc  del  25  aprile  1848),  in  una 
«orrispondenza  del  20  di  quello  stesso  mese  da  Milano  a T  Cor- 
riere Mercantile  (n.  del  22  aprile  1848)  poteva  leggersi  :  «  Maz- 
zini è  osservato  da  tutti  i  partiti;  ve  n'è  uno  cui  più  s'av- 
vicina. Del  resto,  la  pubblica  spiegazione  non  può  tardare; 
non  può  durare  lostato  apparentemente  neutrale  in  cni  si  è  posto. 
Alcuni  clie  si  credono  bene  informati,  asseriscono  ch'egli  non 
vede  mezzo  migliore  della  repubblica  proclamata  in  Milano, 
per  promuovere  1'  Italiana  unità.  Altri  non  meno  informati  (se- 
C(»ndo  che  dicono),  credono  dar  nel  segno,  affermando  che  egli 
da  Carlo  Alberto  desideia  una  proclamazione  dell'  Italiana  unità, 
con  un  invito  a  tutti  i  popoli  italiani  aunirsi  sotto  il  suogoverno. 
Entrambi  questi  diceni  piacciono  poco.  Comunque  sia,  posso 
assicurarvi  che  Mazzini  farà  forse  tra  poco  una  corsa  nella  sua 
nativa  città.  »  Poco  dopo,  (juando  cioè  il  concetto  della  fusione 
prese  sempre  piti  consistenza,  il  medesimo  periodico  tornò  con 
nujggior  vigore  sull'argomento;  e  in  un  art.,  che  è  forse  ((nello 
8tes>*o  al  quale  alludeva  il  Mazzini,  intitolato:  Z'  Unilà  ita- 
liana (n.  del  4  maggio  1848),  uno  dei  suoi  redattori,  Gerolamo 
Boccardo,  sia  pure  usando  una  grande  temperanza  di  linguaggio, 
affermava  che  il  Mazzini,  il  quale  «  per  1' addietro  aveva  pre- 
stato cosi  segnalati  servigi  alla  causa  della  libertà  d'Italia,  » 
era  allora  un  grave  pericolo  per  l'indipendenza  di  essa,  e  lo 
esortava  a  ritrarsi  dalla  lotta,  ripiegando  il  vessillo  repubbli- 
cano da  lui  agitato  ia  Lombardia. 


166  KrisTOLAUio.  [1«48] 

cou  dolore  il  vostro  star  separata  (l;i  mia  madre.  Or 
siete  vicina  nuovamente,  e  ve  ne  rinj^razio.  Non  la 
lasciate  piti. 

Qui,  le  cose  non  vanno  bene:  e  andrebbero  pe^i^io, 
se  non  fosse  Dio  che  le  aiata.  (Qualunque  cosa  si 
taccia,  considero  la  questione  dellMndipenden/a  come 
sciolta.  L'Austria  non  regnerà  più  su  queste  con- 
trade. Ma  la  questione  dell'  Unità  e  quella  della 
Libertà  i)endono  incertissime.   Vedremo. 

Se  qui  è  proclamata  la  monarchia  di  (J|arlo|  A[l 
berto],  io  dovrò  ricominciare  il  mio  pellegrinag:gio: 
tornerò  ad  esser  esule  e  qualche  terra  m' accojilierà» 
Ma  mi  dorrebbe  assai  d'essere  costretto  a  rijvartire 
senz'abbracciar  mia  madre,  mia  sorella,  mio  jiadre, 
e  i  pochissimi  che  m'amano.  Ilo  da  metter  voi  fra 
«piesti  ?  Panni  di  si.  Mia  madre  parla  di  venire  a 
vedermi  a  Milano.  K  JJio  sa  se  lo  desidero!  j\Ia  non 
dico  nulla,  perché  temo  che  essa  s'  ammali  i)el  viag- 
gio, e  ch'io  debba  averne  rimorsi.  (*)  Forse,  s'a]»rirà 
più  sereno  orizzonte. 

Addio,  sorella  mia:  son  mesto,  ma  tranquillo. 
Ebbi  la  visita  della  cugina  vostra:  ed  oggi,  andrò 
io  stesso  a  visitarla.  A  voi  sono  gratissimo  deirot- 

(')  Maria  Mazzini  rivide  il  tìglio  n  Milano  assiii  più  tiirdi. 
e  quando  le  sorti  della  guerra  erano  oramai  decise  per  il 
disastro  della  causa  italiana  (vcd.  la  lett.  MMCCCCXXXVII). 
V'and*)  dapprima  il  cognato  Francesco  Massuccone,  insieme 
con  la  sorella  Antonietta  (ved.  la  lett.  MMCCCCXXVII)  ai 
primi  di  giugno  ;  e  il  mese  dopo,  quasi  presaga  clic  non 
1' avrebbe  riveduto  mai  piti,  la  povera  e  santa  donna,  vincendo 
le  ritrosie  del  tiglio,  compi  da  sola,  il  viaggio,  relativamente 
lungo  per  lei,  quando  si  pensi  che  da  più  diecine  d'anni  non 
s'era  mossa  da  Genova  se  non  per  raggiungere  la  sua  vil- 
leggiatura di  Bavari,  e  nonostante  avesse  gi.à  varcato  il  scttan- 
taquattresimo  anno  d'età. 


[1848]  KPISTOl.AHM».  167 

ferta  tattanii  :  e  ne  tengo  memoria.  Oggi,  uou  potete 
far  «iosa  alcuna.  L'ijiiziativa  uon  è  tra  voi.  Lasciate 
passarla  burrasca, e  sciogliersi  la<iuestioue  Lombarda. 
Scrivetemi,  se  non  vi  pesa:  e  abbiatevi  un  ab- 
braccio «lalP anima  : 

fratello  vostro 

Giuseppe  Mazzini. 

Indirizzo  mio:  .Sig.  Pietro  Giulio  Speranza.  Gof- 
fredo Mameli,  qui  in  questo  momento,  vi  saluta  con 
affetto:  è  anima  eccellente,  cbeccbé  altri  abbia  potuto 
dirvene. 

m:aiccccvii. 

Ai.LA   Madre,  u  Genova. 

Miliuio],   9  i)i:ij>-io  1848. 

Cara  madre, 

Vi  scrivo  due  linee,  perché  non  lio  tempo  per 
più:  ma  il  gran  punto  per  voi  è  di  non  rimanere 
inquieti  sul  <;onto  mio  o  sulla  mia  salute.  Ho  rice- 
vuto la  vostra  del  6;  e  ho  ricevuto  tutte  le  altre  che 
mi  segnate,  anche  quelle  mandate  per  via  partico- 
lare. Mi  sorprende  che  non  abbiate  ricevuto  la  mia 
della  gita  a  Pavia:  probabihnente  hanno  voluto  to- 
gliervi la  consolazione  di  sapere  come  vostro  Aglio 
era  accolto  in  Pavia.  Qui  avant' ieri  sera  vi  fu  ova- 
zione a  Gioberti;  l'ovazione  fu  guasta  dall' impru- 
<lenza  del  partito  che  si  smascherò  e  domandò  che 
il    popolo   si    dichiarasse    ])er  la    fusione.  Il    i>opolo 

MMCCCCVII.  —  Inedita.  1/ autografo  si  conserva  nella  rnc- 
colta  Natbau.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  «li  esso,  la  madre  del 
Mazzini  annofò:   «1848,   9  niaggio.  » 


168  KPISTOLAKIO.  [1848] 

rispose  male:  vi  furono  dei  fischi;  e  l' entusiasmo 
diminuito  di  molto.  (^)  Ho  avuto  oggi  P  offerta  del  pas- 

(*)  Il  Gioberti  era  giunto  a  Milano  la  sera  del  7  maggio. 
Vi  andava  dopo  di  essersi  abboccato  in  'l'orino  con  1  Ministri 
subalpini  «  per  accelerar  1'  unione,  esplorar  1'  animo  di  Mazzini, 
chiarire  i  pericoli  probabili  e  improbabili  della  costituente  a  voto 
universale  »  (ved.  V.  Giobkrti,  Carteggio,  ecc.,  cit.,  voi.  IV, 
p.  138),  insomma,  come  appunto  s'  esprimeva  lo  stesso  Carlo 
Alberto  (F.  Patktta,  Lettere  di  Carlo  Alberto,  ecc.,  cit.,  in 
Atti,  ecc.,  cit.,  p.  273),  a  controbilanciare  l'influenza  mazziniana. 
In  un;i  corrispondenza  particolare  da  Milano  alla  Patria  (n.  del 
12  maggio  1848),  probabilmente  scritta  del  Massari,  ebe  era  di- 
ventato uno  dei  principali  redattori  di  quel  periodico  e  che  in  quei 
giorni  si  trovava  in  Lombardia,  si  leggeva:  «  Ieri  sera  si  fece  una 
straordinaria  dimostrazione  ad  onore  del  Gioberti  giunto  la  mat- 
tina da  Torino.  Il  grande  scrittore  fn  invitato  a  recarsi  dal- 
l'albergo del  Marino,  dove  abita,  a  quello  della  Bella  Vevezin, 
percljé  maggior  numero  di  popolo  potesse  salutarlo.  La  dimostra- 
zione cominciò  alle  9  e  tini  allo  11  passate.  Che  grida,  che  strepito, 
che  entusiamo  !  Le  bande  musicali  suonavano  un  inno  composto 
per  l'occasione  ad  onore  del  grande  uomo.  V'erano  molti  cittadini 
con  torce  a  vento.  Gli  evviva  a  Gioberti  furono  immensi,  clamoro- 
sissimi: qualcuno  gridò:  viva  Mazzini,  ma  furono  voci  isolate  e 
il  nessun  eco  che  ritrovarono,  fu  cagione  che  coloro  dai  quali 
venivano  prolferte,  preferissero  tacere.  Il  Gioberti  usci  al  balcone 
parecchie  volte,  ma  non  aveva  voce  e  non  potè  parlare.  Parlò 
per  suo  incarico  il  suo  amico  Giuseppe  Massari,  deputato  al 
parlamento  Napoletano.  Dichiarò  il  Gioberti  essere  venuto  a 
Milano  col  doppio  scopo  di  porgere  tributo  di  ossequio  al- 
l'eroica popolazione  milanese  e  di  esortarla  a  nome  dei  Piemon- 
tesi a  stringere  presto  1'  unione  oramai  divenuta  indispensabile, 
necessaria.  Queste  parole  fnrono  accolte  con  fragorosi  evvìvii 
all'unione  ed  a  Carlo  Alberto,  i  quali  si  replicarono  moltissime 
volte.  Più  tardi  anche  a  nome  del  Gioberti  il  Massari  propose 
un  evviva,  a  Milano  V  Italica,  a  Milano  Slato  Unito  dell'  Italia  Set- 
tentrionale ed  al  Governo  prorviaorio.  La  serata  fini  come  aveva 
incominciato,  tranquillissimamente.  l'ino  a  tardi  restarono  molti 
grnppi  nella  piazza  san  Fedele,  fra'  quali  parlò  qualche  repub- 
blicano, ma  la  gran  dimostrazione  era  fatta.  L'entusiasmo  per 


[1818]  KiMsror.ARU).  169 

saporto  Sardo:  sto  fedele  alle  vostre  ingiunzioni,  e  non 
ne  profitto.  Ilo  veduto  domenica   la  Signora,  cognata 


Gioberti  è  indicibile:  il  jrraiur  uomo  è  salutato  come  profeta 
degli  italici  destini,  come  Padre  e  rigeneratore  dell'Italia.» 
In  una  lettera  al  Pinelli,  scritta  da  Somniacampagna  il  12  di 
quello  stesso  mese,  il  Gioberti  affermava  infatti  che  egli  si  era 
«  abboccato  con  alcuni  repubblicani  ;  »  ma  con  quella  intempe- 
ranza di  linguaggio  della  quale  talvolta  peccava,  subito  dopo  ag- 
giungeva: «  Non  posso  dirti  altro  se  non  che  pel  loro  modo  di 
connettere  si  farebbe  ingiuria  agli  animali  invertebrati  a  collo- 
carli nel  loro  regno.  Non  eccettuo  lo  stesso  Mazzini,  da  cui  non 
si  può  sperar  nulla  di  buono  »  (ved.  V.  Giobekti,  Lettere  a  F.  1). 
Pinelli.  ecc..  cit.,  p.  260).  In  quell'  agitarsi  di  passioni  politiche 
che  dilaniarono  Milano  nei  giorni  in  cui  ferverono  le  lotte  per  il 
progetto  (li  fusione,  la  presenza  del  Gioberti,  del  quale  doveva 
esser  nota  la  missione  iìdatagli  dal  Governo  piemontese,  aveva 
certamente  valso  a  infiammare  di  ire  mal  represse  gli  animi  di 
«olox'o  che  rappresentavano  i  due  partiti  che  stavano  a  fronte; 
e  probabilmente,  quando  il  filosofo,  invitato  a  parlare  da  una 
tinesrva  della  Bella  Veuezla,  prospiciente  su  (|nella  piazza  di 
san  Fedele  in  quei  giorni  luogo  di  convegno  per  dimostrazioni 
patriottiche  di  (iiialunqne  partito,  difese  il  tanto  contrastato  pro- 
getto, dovette  udirsi  qualche  voce  di  disapprovazione.  Una  cor- 
rispondenza da  Milano  al  Pensiero  Italiano,  inserita  nel  n.  del 
16  maggio  1848,  faceva  appunto  parola  dell'  incidente  accennato 
dal  Mazzini;  se  non  che,  il  Bettini,  direttore  di  (jnel  periodico, 
non  ostante  1'  antica  amicizia  per  il  suo  antico  compagno  di 
studi,  e  sia  pure  assiduo  frequentatore  della  casa  della  madi*e 
di  lui,  era  grande  ammir.atore  del  filosofo  piemontese.  Regi- 
strava «juindi  con  compiacenza  la  seguente  smentita  alle  voci 
corse:  «Ricevo  lettera  di  costi  in  cui  si  dice  che  qualcuno 
scrisse  da  Milano  essere  stato  Gioberti  coi>erto  di  (ischi  quando 
parlo  della  fusione  della  Lombardia  col  Piemonte  e  Liguria. 
Non  ci  vuol  gran  senno  ])er  capire  che  esistono,  come  in  ogni 
paese  pel  «Usordine  dell'umanità  han  sempre  esistito,  coloro 
che  si  rallegrano  ogni  qualvolta  possano  seminar  zizzania  ove 
deve  regnar  concordia.  Costoro  vorrebbero  ora  far  vedere  ai 
Liguri  che  i  Milanesi  non  vogliono  sentir  parlar  d'  unione  anzi 
di   J'ìixiotie.    Io   vorrei   dar   la   mia  vita   per   far   in    un   istante 


ITO  Ki'isToi,Ai:io.  [1848} 

(li  Caroliiiii.  inillu  di  lei  cas;i  :  mi  piace  molto:  mi  par 
buona  e  gentile  assai.  Del  resto,  le  donne  sono  ormai 
le  uniche  nelle  quali  trovi  la  schiettezza  e  un  po'  di 
core.  (tIì  uomini  sono  tormentati  dalla  febbre  del  cal- 
colo e  dell' oi)portunità.  Dio  mio!  come  la  nostra  causa 
è  rimpicciolita!  Pio  è  con  me;  ed  altri  antichi  amici 
eccellenti  son  pure  qui.  Addio:  madre  mia;  riscriverò 
presto.   Amate  sempre  intanto  voi  e  il  padre  il 

vostro 

(JUTSEPl'K. 

Deve  arrivare  a  (lenova  a  certi  signori  Pastorini 
una  (rassetta  di   libri  e  scritti  per  me.   Scrivo  a  loro: 

•MMiiparir  a  Miliiiiu  tutti  i  Liguri  iiii<'i  fratelli  e  far  lorc  sen- 
tire quanto  qui  hì  «lice  per  ia  pronta  unione  tlei  popoli  del- 
l'Italia  superiore,  anzi  ([uanto  si  aspiri  per  la  stessa.  He  i  Geno- 
vesi fossero  stati .  come  fui  io,  sulia^  piazza  di  san  Fedele,  «(uando 
Gio))erti  parlò  della  pronta  unione  dell'Italia  superiore  come 
hase  della  fu  tura  unione  totale  della  penisola,  avrebbero  mischiati 
anch'essi  i  loro  applausi  ajili  applausi,  ;ii  ijridi  di  <;ioia  dei  Mila- 
nesi, avrebbero  veduto  <^onie  fu  trattalo  un  miserabile  che  nolo 
oso  dar  qjmlclie  segno  di  disapprovazione,  l'avrebbero  veduto, 
circondato  dalla  folla  che  con  invettive  lo  incalzava,  lo  avviliva, 
lo  annientava,  l'avrebbero  veduto  quatto  «quatto  sparite  colla 
coda  fra  le  gambe,  ringraziando  alcuni  jiietosi  cittadini  che 
s'interposero  per  salvarlo  dalla  rabbia  popolana.  8e  i  (Jeuovesi 
poco  dopo  fossero  stati,  al  Circolo  Fulriottico  di  S.  Kedegonda, 
sarebbero  stati  testimoni  del  ricevimento  fatto  all'  autore  del 
Primato  d'Italia,  ed  avrebbero  aggiunto  il  loro  entusiasmo  a 
•piello  di  cui  era  acceso  ogni  cuore  milanese  per  Gioberti,  per  i 
Piemontesi,  per  i  Liguri,  per  Carlo  Alberto,  per  l'italica  unione.» 
Aiwdie  C.  A.  Casati  (Xnove  rivelazioni  nni  fatti  di  Milano,  cit., 
voi.  II,  p.  251^,  fece  cenno  di  ((uesti  iischi,  che  sarebbert»  stati 
uditi  «quando  dalla  tìnestra  di  Gioberti  si  gridò:  Vira  Milano 
capitale  dell'Alta  Italia,  »  osservando  che  «  quel  grido  non  trovò 
eco,  ed  il  silenzio  de*  costituzionali  lasciò  campo  ad  alcuni 
iischi  del  li  oppositori,   che  si  erano  frammisti  alla  folla.  » 


[1848]  KITSTOI-AHIO.  171 

ma  vi  potrebbe  essere,  anzi  vi  sarà  qualche  spesa  :  il 

nolo  è  pagato.   8e  (juinili  vengono  da   voi,   vogliate 

soddisfarli;  e  <lirini    per    mio    governo  quanto  avete 

pagato. 

Col  Governo  sono  in  buonissima  rela/.ione. 

Addio  di  nuovo, 

vostro 

Giuseppe. 
Le  unite  linee  a  Napoleone. 

ABICOCOVIJI. 

Ai.i-A   Madrk,  a  Genova. 

iMilaiio],   12  iiiajjgi.)   [1848]. 

(Vira  madre. 

Una  parola  appena,  perché  mi  manca  il  tempo; 
ma  vi  scriverò  domani.  Sto  bene  di  salute,  e  scrivo 
unicamente  per  dirvi  che  non  abbiate  ombra  d^n- 
quietudine  per  me;  ponendo  anche  che  non  vedeste 
mie  lettere,  ricordatevi  quella  eh'  io  vi  scrissi  concer- 
nente la  relazione  di  Pavia,  e  che  non  vi  giunse 
mai.  V'ho  scritto  due  giorni  sono  raccomandandovi 
certa  «jommissione  per  una  cassa  di  libri  e  carte:  so 
che  la  cassetta  è  giunta;  riceveste  quella  mia  lettera? 

Ho  lo  spleen  pel  modo  con  cui  vanno  le  (;ose 
])olitiche  del  paese.  Abbracciate  il  padre  ed  amate  il 

vostro 

(rIUSEPPE. 


MMCCCCVIII.  —  Inedita.  L' autogiuio  ai  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre 
del   Mazzini  annotò  :   «  12  maggio  1848.  » 


172  KPisTor.ARio.  [1848] 

MMCCCCIX. 
A   PiKTuo  Agnelli,  a  Milano. 

[Milano,   14  iiia<r<ri(>  1818]. 

Caro  Agnelli, 
Urge  che  si  sopprima  dalla  nostra  Protesta,  (')  per 

MMCCCCIX.  —  Inedita.  L'  autografo  h\  conserva  nel  Museo 
<lel  Risorgimento  di  Milano.  P.  Agnelli  era  proprietario  della 
tipografia  dove  cominciò  a  stamparsi  l' Italia  del  Popolo. 

(*)  Ìjìx,  Protesta  contro  la  legge  del  12  maggio  1848.  per  la 
qnale  ved.  la  nota  alla  lett.  seguente,  dapprima  stampata  in 
un  gran  foglio  presso  la  tipografia  di  Pietro  Agnelli,  in  contrada 
S.  Antonio,  n.  4799.  Recava  le  firme  seguenti  ;  Avv.  Giunio  Kaz- 
zoni  -  avv.  Pompeo  Ferrario,  per  V Associazione  Sovranità  Popo- 
lare •  Giuseppe  Mazzini,  per  V Associazioìie  Nazionale  Italiana  - 
Giuseppe  Sirtori,  Enrico  Gallardi  e  Dott.  Ercole  Porro,  per  la 
Società  Repubblicana  -  Dott.  Pietro  Maestri  e  Romolo  Griflfini,  per 
la  Voce  del  Popolo  -  F.  G.  Urbino,  presidente  della  Società  della 
Rigenerazione  Intellettuale  del  Popolo  Italiano  -  Giuseppe  Piolti  de 
Bianchi  e  Carlo  Baravalle,  per  \' Emancipazione  -  Avv.  Antonio 
Negri,  per  il  Uepnbblicano  -  Carlo  Tenca,  direttore  della  Ririnta 
Europea  -  Filip])(>  De  Boni  -  Salvatore  Bachi  -  Giuseppe  Perini  - 
Giuseppe  Revere  -  Emilio  Visconti  Venosta  -  Riccardo  Ceroni  - 
Gaspare  Belcredi  -  Enrico  Cernuachi  -  Andrea  Rota  Negroni  - 
Dott.  Emilio  Perelli  -  Prof.  Fi-ancesco  Brioschi.  La  Protesta  fu 
pure  ristampata  nella  Voce  del  Popolo  del  1.5  maggio  1848,  poi 
neir  Italia  del  Popolo  del  20  maggio  1848,  in  cui  furono  aggiunte 
le  fìririe  seguenti:  Avv.  Carlo  Bellerio  (del  Battaglione  degli  stu- 
denti) -  Giuseppe  Broglio  -  Eugenio  Bussi  -  Tito  Calovini  -  Fermo 
Coduri  -  Luigi  Ferri  -  Pietro  Garcanico  -  Carlo  Lavizzari  -  Am- 
brogio Ronchi  -  Paolo  Rossi  -  Giovanni  Sormani  -  Luigi  Vecchio  - 
Francesco  Zanelli  (del  Corpo  del  Genio)  -  Giuseppe  Balzerotti  -  Giu- 
seppe Getti  -Enrico  Pessina-  Pietro  Rovelli,  tenente  -  Prof.  Fran- 


[184iS]  KPISTOLAKIO.  17S 

ragioni  decisive,  il  uouie  ilei  Siguor  Boiiiotti.  (')  Fate 
dunque  di  sopprimerlo  in  tutte  le  copie  che  tirerete. 
Badate  che  ho  bisogno  di  molte  copie  io  pure,  quanto 
[)iù  presto  è  possibile.  Addio;  amate  (-)  il 

tuo 
(tIUseppe  Mazzini. 

«esco  Arrigoui  -  Dott.  Agostino  Bert.ini,  reiluttoie  della  Gaz- 
zetta Medica. 

(1)  Come  s'è  visto,  quella  tìnua  fu  potuta  omettere  tanto 
dalla  ristampa  della  Foce  pel  Popolo  quanto  da  quella  deAÌ'Italia 
del  Popolo  ;  probabilmeute  figurava  nel  testo  che  fu  diffuso  in 
foglio  a  parte,  e  aHisso  per  le  vie  di  Milano,  suscitando  le  proteste 
della  polizia  del  Governo  Provvisorio  (ved.  la  Voce  del  l'opolo 
del  16  maggio  1848),  dato  che  ad  esso  si  riferisca  il  Pagani, 
il  quale,  nel  suo  voi.  Uomini  e  cose  in  Milano,  ecc.,  cit.,  p.  248, 
tra  quelli  che  sottoscrissero  la  protesta  comprende  appunto  il 
«  dottor  Pietro  Boniotti,  per  l' Italia  rigenerata  ;  »  ctm  che  si  ver- 
rebbe a  concludere  che  l'Agnelli  non  facesse  in  tempo  ad  esclu- 
«lerlo  dall'elenco.  Sebbene  in  (jnei  giorni  fosse  tra  i  pili  scalma- 
nati agitatori  di  piazza,  il  Boniotti  aveva  un  passato  tristissimo, 
che  non  smeuti'in  seguito,  poiché  dopo  1'  agosto  tornò  a  schierarsi 
col  partito  austriacante,  e  andò  a  dirigere  la  Gazzetta  privilegiata 
di  Milano  (ved.  la  Concordia  del  2  settembre  1848).  Nei  Misteri  re- 
pubblicani, ecc.,  cit.,  pp.  86-87,  era  messo  insieme  con  l'avv.  Zini, 
il  prof.  Baraldi  e  l'avv.  Ambrosoli,  ed  era  soggiunto:  «Ma 
questi,  benché  altre  volte  si  spacciassero  per  tante  rette  emana- 
zioni di  Robespierre,  non  trovarono  mai  credenza  né  da  Mazzini, 
né  dagli  altri  del  nostro  partito  :  condannati  a  vivere  una  vita  di 
disprezzo  e  di  isolamento,  odiati,  beffati  sempre,  non  parve  loro 
]tossibile  di  attaccarsi  allagiubba  dell'  imbecille  feld-mareschiallo 
e  nessuno  fa  caso  né  della  loro  apostasia,  né  della  loro  viltà. 
La  merce  e  i  compratori  —  erano  degni  1'  una  degli  altri  :  il 
negozio  legale,  il  fatto  più  che  semplice  —  quindi  non  destò 
né  sorpresa  né  recriminazioni.  Un  Boniotti,  ex-spia  di  Pacta, 
medico  empirico  e  venditore  di  polveri  e  di  unguenti  pei  calli  e 
pel  mal  d'occhi,  giornalista  teatrale  e  mezzano  di  Pacta  a  cui 
procurava  i  favori  delle  corifee  e  delle  sirene  di  terz' ordine.  » 

(')  Non  si  sa  da  chi,  il  te  di  amate  fu  poi  cancellato. 


174 


KPliSTOI.Aiao. 


[18481 


Domenica  sera. 

Ben  inteso,  se  ti  portano  il  nome  di  Cattaneo, 
inseriscilo  subito.  (*) 

E  se  ti  portano  alcuni  nomi  di  studenti,  niettili. 
Insomma,  quanti  nomi  ti  vengono  da  Grlftini,  abbili 
<?ome  mandati  da  me. 


MMCCCCX. 

ALLA  Madre,  ji  Oenovii. 

[Milano],   14  ina<|jgio.  sera   [1848]. 

Mia  cara  madre. 

Ho  appena  tempo  di  scrivervi  due  linee.  i)er  diri 
<ibe  sto  bene.  Non  ho  da  parecchi  giorni  vostre  let- 
tere: ho  scritto  a  voi,  alla  sorella,  a  Carolina;  e  non 
ho   risposta   da   alcuno.    Forse   avrò  domani  lettere 


(')  Può  darsi  che  C.  Ccattuiieo,  invitato  a  sottoscrivere  la 
protesta,  vi  si  rifiutasse,  probabilmente  per  le  ragioni  indicate 
nella  nota  alla  lett.  MMCCCCV.  Il  Pagani  {Uomini  e  cose  in 
Milano,  ecc.,  cit.,  p.  248)  osserva  che  nella  protesta  mancava 
la  firma  di  lui,  che  era  «  repubblicano  autonomo  o  federale, 
mentre  gli  altri  erano  repubblicani  unitari;  »  e  anche  qnesta  è 
una  buona  ragione.  Comunque,  il  Cattaneo,  pur  essendo  con- 
trario alle  direttive  del  Governo  Provvisorio,  che  piiì  tardi  fiera- 
mente criticò  nel  suo  libro  L'insnrrection  de  Milan  en  1848, 
(Bruxelles,  1849)  e  neW Archivio  triennale  delle  cose  d'Italia,  non 
<;redette  per  allora  di  uscire  dal  suo  riserbo  e  di  unirsi  alle 
proteste  dei  repubblicani. 

MMCCCCX.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella  rac- 
•colta  Nathan.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre  del 
Mazzini  annotò:    «  14  maggio  1848.  » 


[1848]  Ki'i.sr(>i.Aiao.  175 

vostre.  Quanto  alla  cassa  libri,  etc.  giunta  in  (Genova 
per  me,  ho  già  a\  uto  riscontro  dal  negoziante  che 
(lice  avermela  spedita.  Qui  voi  già  sapete  come  vanno 
le  cose:  il  Cxoverno  s'è  posto  dalla  parte  di  C[ai*lo] 
A[lberto].  Sono  aperti  i  registri,  come  al  tempo  di 
Napoleone.  Il  29,  secondo  tutta  probabilità,  sarà 
proclamato  re  in  Louibardia  C|arlo]  A[lberto|.  lo  non 
so  bene  clie  cosa  farò.  (*)  Intanto,   lio  iniziato  qui  un 


(')  Dopo  una  serie  eli  laboriosa  sedute,  il  Governo  Prov- 
TÌsorio  Centrale  della  Loinbai'dia  aveva  approvato  la  legge  del 
12  maggio  1848,  con  la  quale  s'invitava  il  popolo  a  iHonun- 
ziarsi  per  la  «  immediata  fusione  delle  Provincie  Lombarde 
togli  Stati  Sardi,  sempreché  sulle  basi  del  suffragio  universale 
/osse  convocata  negli  anzidetti  paesi  e  in  tutti  gli  altri  ade- 
renti a  tale  fusione  una  comune  Assemblea  Costituente,  la  quale 
discutesse  e  stabilisse  le  basi  e  le  forme  d'  una  nuova  Monarcliia 
Costituzionale  colla  dinastia  di  Savoia.»  S'erano  a  tale  scopo 
aperti  i  registri,  sia  per  sottoscrivere  «  l'unione  immediata.  » 
sia  per  approvare  1' altra  formola  «per  la  dilazione  del  voto,  » 
nella  «juale  era  detto  clie  i  firmatari  «non  riconoscendo  l'ur- 
genza di  prender  subito  una  determinazione,  intendevano  che 
fosse  rimessa  a  causa  vinta  la  discnssione  dei  futuri  loro  destini 
politici.»  Era  per  lo  meno  di  assai  discutibile  opportunità  che 
il  Governo  Provvisorio,  fautore  della  prima  di  (jnelle  due  for- 
inole, venisse  da  sé,  avversando  la  seconda,  a  dare  una  smen- 
tita al  suo  proclama  del  22  marzo,  nel  quale  aveva  dicbiarato  : 
«  Finché  dura  la  lotta,  non  è  opportuno  mettere  in  campo  opi- 
nioni sui  futuri  destini  politici  di  questa  nostra  carissima 
patria.  Noi  siamo  chiamati  per  ora  a  conquistare  l' indipendenza, 
e  i  buoni  cittadini  di  nuli"  altro  adesso  devono  occuparsi  che 
di  combattere.  —  A  causa  vinta  i  nostri  destini  saranno  discussi 
e  fissati  dalla  Nazione.  »  Comunque,  se  la  legge  scontentò  il 
partito  repubblicano,  del  (piale  si  fece  eco  dapprima  la  Voce 
del  Popolo,  che  inseri  acerbe  critiche  contro  quel  «colpo  di 
Stato»  del  Goveriu)  Provvisorio  (ved.  C.  Pagani,  Uomini  e 
cose  in  Milano,  ecc.,  cit.,  pp.  236-240),  dipoi  V  Italia  del  Popolo, 
non   contentò    il    partito  piemontese,    specialmente  quello   che 


176  KPJST(M,AKI().  [1848] 

Giornale,  del  quale  vedrete    probabilmente  il  Mani- 
festo. (*)  Vedremo.    Scrivete  e    datemi    nuove    della 


stava  attorno  a  Carlo  Alberto  (ved.  Casati-Castagnkttu,  Car- 
teggio, ecc.,  cit.,  p.  109  e  segg.  e  F  Patktta,  Lettere  di  Carlo 
JU)erto,  ecc.,  cit.,  negli  Atti,  ecc.,  cit.,  p.  260  e  segg.)  e  ad  alcuni 
membri  del  Governo  Piemontese,  al  punto  che,  dopo  lunga  e 
vivace  discussione  alla  Camera  Subalpina,  provocò  le  dimissioni 
del  gabinetto  Balbo.  Il  Mazzini  non  insorse  con  la  sola  protesta 
contro  il  decreto  del  12  niaggio,  poiché  in  ])iù  articoli  dell' //«7ia 
liei  Popolo  avversò  1'  atto  che  egli  riteneva  così  dannoso  all'  unità 
nazionale  ;  e  poiché  era  disposto  dal  Governo  Provvisorio  che  i 
registri  per  le  sottoscrizioni  fossero  depositati  presso  i  parroci, 
il  16  maggio,  in  nome  dell'Associazione  Nazionale  Italiana, 
inviava  ad  essi  la  seguente  protesta,  che  il  Gironi  trascrisse  nella 
Hii-A  Bibliografia  ìnazziniana  itiù  volte  c\\.,  inedita  nell' autogra- 
foteca  Nathan  :  «I  sottoscritti,  coli' uaita  Protesta,  nel  niandar- 
vela  non  hanno  solamente  lo  scopo  di  tener  tranquilla  la  loro 
coscienza  e  sdebitarsi  d'un  obbligo  ch'essi  credono  sacro,  ma 
sentono  il  bisogno  d' invocare  specialmente  1'  attenzione  vostra  sul 
contenuto.  Voi  siete  i  ministri  di  tm  Dio  di  pace  e  d'  amore.  Voi 
siete  come  padri  e  fratelli  venerati  tra  il  Popolo  e  i  suoi  destini, 
fr.a  la  Lombardia  e  l' Italia  intera.  La  decisione,  alla  quale  il 
Governo,  traviato  o  inipanrito  da  agitazioni  illegali,  chiama  le 
popolazioni,  minaccia  la  pace  pubblica,  e  i)uò  dare  il  segno  di 
risse  civili,  mentre  la  decisione  presa  alla  line  della  guerra  e 
con  tutta  la  legalità  di  discussione  alia  quale  le  nature  fatte 
a  immagine  di  Dio  hanno  diritto,  acqueteiel)be  tutti  gli  animi 
e  sarebbe  accettata  da  tutti  i  partiti.  Nel  nome  di  Dio  di  pace, 
nel  nome  di  quel  Dio  che  tanto  amate,  meditate  attentamente 
le  cose  che  i  sottoscritti  vi  dicono  e  illuminate  i  vostri  fedeli 
sulF  importanza  del  loro  voto.  » 

(1)  11  «manifesto»  dell'  Italia  del  Popolo  non  recava  alcuna 
data,  ma  era  dovuto  uscire  tra  il  14  e  il  15  maggio  1848.  Era 
dello  stesso  formato  del  periodico,  in  mezzo  foglio,  e  subito  dopo 
la  tirma  del  Mazzini  stavano  quelle  dei  collaboratori  :  Bachi 
Salvatore,  Barozzi  Achille,  Ceroni  Riccardo,  De  Boni  Filii)po,. 
Gallardi  Enrico,  Grillini  Romolo,  Lizabe  Ruffoni,  Maestri  Pietro, 
Pesce  Alessandro,  Porro  Ercole,  Revere  Giuseppe,  Tenca  Carlo 
e  Visconti  Venosta  Emilio. 


[1848]  Kl'ISTOI.AKIO.  177 

vostra  salute  e  «li  «luella  tìel  padre.  Io  non  ho  ten)i)0 
da  respirare:  ma  coglierò  presto  una  mezz'ora  di 
libertà  inv  scrivervi  a  lungo.  Addio:  abbracciate  il 
padre  e  dite  tante  cose  aj>:li  amici  per  me.  Voi  amate 
senipre  il 

vostro 

(tIUSEPPE. 


MMCCCCXI. 

A   Caklo  Gkimjcnzoni.  il   Ferrara. 


[Milano],   17  maggio  1848. 

Fratello, 

lo  Ilo  tanto  lavoro  sulle  spalle  che  mi  nuiuca  il 
tempo  anche  per  una  lettera  a  voi,  che  io  stimo  ed 
amo  molto.  (M  Ai  buoni  del  resto  non  bisognano  lunghe 


MMCCCCXI.  —  Pubbl.  da  A.  Levi  e  C.  Fanigada,  L'ele- 
zione di  G.  Mazzini  a  deputato  di  Ferrara  alla  Costituente  lìomana 
del  1849  (in  Atti  e  Memorie  della  Deputazione  di  Storia  Fatria 
della  provincia  di  Ferrara,  voi.  XXIV  [1919],  fase.  1",  pp.  23-25 
dell'estratto). 

(')  Il  Mazzini  aveva  stretto  in  (|uei  giorni  relazione  con 
Carlo  Grillenzoni,  ferrarese  (cai  conobbe  personalmente  in  Roma 
1"  anno  appresso,  quando  andò  a  sedere  all'Assemblea  Costituente 
fra  i  deputati  della  provincia  di  Ferrara),  per  mezzo  di  Pietro 
Ripari,  amico  intimo  del  Grillenzoni,  accorso  a  Milano  prima 
del  maggio,  e  accostatosi  d'allora  in  poi  al  Mazzini,  al  quale  iu 
sempre  devoto.  Ved.  infatti  la  lett.  del  Ripari  al  Grillenzoni 
(in  data  16  maggio  1848,  in  A.  Levi  e  C.  Panigada,  art.  cit., 
pp.  21-23),  alla  quale  quest'ultimo  rispondeva  (Id.,  p.  25)  otto 
giorni  dopo,  ringraziando  «  della  relazione  nella  quale  aveva  volute» 
metterlo  col  Mazzini.  »  Tuttavia,  il  Grillenzoni,  riscontrando  la 
lett.  del  Mazzini,  dichiarava  di  non  potere  aderire  all'invito  di 

Mazzini    Sci-Mi.  ecc.  voi.  XXXV  (Kpistolai-io,  voi.  XIX).  12 


178  KPISTOI.AHIO.  [184t<| 

parole.  Leggete,  vi  prego,  la  Ragione  e  il  Programiiia 
del  Giornale.  Vi  rileverete  le  nostre  intenzioni.  Nes- 
suno ci  accuserà  d'essere  stati  incanti  e  di  aver  lan- 
ciato noi  il  guanto  agli  altri  partiti.  Ma  il  silenzio 
prolungato  ci  farebbe  suicidi,  e  qni  si  tratta  non  di 
noi,  ma  dell'avvenire  italiano.  Le  condizioni  interne 
ed  esterne  segnano  venire  il  momento  per  ordinarci 
e  lo  tacciamo.  Xoi  vogliamo  collocare  pnbblicamente 
l'opinione  repubblicana  anzitutto  sopra  un  terreno 
legale,  iniziare  l'apostolato  aperto  dichiarando:  Siam 
convinti  d'essere  l'unico  partito  che  possa  nnificare, 
non  dne  o  tre  parti  d' Italia,  ma  l' Italia.  Se  il  nostro 
convincimento  è  pur  vostro,  unitevi  e  lavoriamo:  e 
insegniamo  finalmente  a  tutti  che  un  i)artito  fondato 
non  sopra  un  mero  calcolo  d'opportunità,  nui  sopra 
una  credenza,  pnò  e  vuole  essere  uno  e  compatto. 
È  l'unica  cosa  che  ora  ci  manchi.  Xoi  abbianio  un 
doppio  lavoro:  l'Associazione  e  il  Oiornale. 


* 


lui,  per  le  condizioni,  iilie  quali  accennsiva  vagamente,  in  cui  si 
trovava  in  quei  giorni  la  città  di  Ferrara,  cosf  da  presso  minac- 
ciata dagli  Austriaci,  e  pur  troppo  non  disposta  a  resistenza  osti- 
nata. «  Lessi  con  piacere  la  vostra  protesta  —  scriveva  infatti,  — 
e  il  programma  del  Giornale.  Quanto  io  consenta  nello  spirito 
che  anima  con  noi  tanti  generosi  Italiani  non  starò  a  ripeterlo 
dopo  che  u'iio  scritto  si  a  lungo  (parnii)  al  buon  Ripari.  Ma 
voglio  che  mi  scusiate  se  non  mi  proferisco  a  voi  né  per  farmi 
centro  qui  dell'Associazione,  né  per  ascrivermi  fra  i  collabora- 
tori del  Giornale,  perché  conosco  clic  mi  proferirei  ad  una  impresa 
u  cui  né  per  lo  spirito  di  questa  Città,  neper  la  capacità  mia 
potrei  i)ortare  quel  giovamento  a  cui  sareste  in  aspettazione; 
ed  assumerei  un  incarico  a  cui  non  potrei  in  alcun  modo  sod- 
<lisfari'.  Con  che  però  non  ricuso  di  portare,  dove  io  possa  e 
come  io  possa,  la  debole  mia  cooperazione  sì  per  ragguagliarvi 
delle  cose  nostre,  si  per  giovare  ed  avanzare  in  ogni  modo  franco 
ed  onesto  la  causa  del  popolo  e  della  libertà  ».   Ii>.,   p.   28. 


[1.^48]  KPISTOI-AIUO.  179. 

La  prima  avrebbe  bisogno  di  ceutri  per  ogni 
dove:  più  ne'  punti  più  importanti  come  Feriara. 
Dai  ceutri  stabiliti  nelle  diverse  città  dello  Stato 
Ponritìcio  escirebbe  poi,  con  un  accordo  organico, 
uiuì  stv.ione  seconda  o  terza  dell'Associazione  Nazio- 
nale. 

Il  Giornale  avrebbe  bisogno  di  soscrittori  e  colla- 
boratori. 

I  soscrittori  manterrebbero  vivo  l' organo  dell'As- 
iiociazione.  e  se  moltissimi,  sarebbero  prova  della  sua 
potenza  e  renderebbero  possibile  la  pubblicazione 
d'altri  scritti  più  popolari. 

I  collaboratori  renderebbero  Paltò  servigio  d' in- 
segnare a  tutti,  dentro  e  fuori,  la  vera  condizione 
delle  cose,  il  vero  stato  degli  spiriti  e  dei  desiderii 
in  Italia.  Abbiamo  bisogno  di  corrispondenti  solle- 
<?iti  e  veritieri.  Se  il  Giornale  vivrà,  come  speriamo, 
noi,  tatto  il  saggio,  proporremo  ai  corrispondenti 
regolari  una  retribuzione. 

Per  ciò  che  riguarda  il  Giornale  vogliate  corri- 
spondere all'indirizzo  che  troverete  appiè  del  Pro- 
gramnui. 

Per  ciò  che  riguarda  l'Associazione,  con  me,  all'in- 
dirizzo: Maria'Dal  Verme,  (*)  Contrada  del  Gesù.  Casa 
d'Adda,  Milano. 

Addio,  fratello.   Vi  stringo  la  mano.  Amate  il 

vostro 
Gius.  Mazzini. 


(')  .Sulla  contessa  Maria  Dal  Verme,  ohe  il  Mazzini  aveva 
■conosciuto  nel  1833  nell'  esilio  in  Svizzera,  ved.  la  nota  alla 
iett.  CCXIII. 


180  KiMsroi.AJUo.  [1848] 

MMCCCCXIL 

ALi-A   Madrk.  a  Genova. 

[Milano].   20  iii!ij>jji()   [184<S|. 
Mia  cani  imulie, 

Due  linee  appena.  Sto  bene.  Ho  ri(;eviito  o<iiji 
cosa  dal  giovine  clie  ni'  avete  raccomandato.  No.  io 
non  ho  camera  dove  sono;  ma  non  pensate  a  quello. 
Quando  mi  direte:  sono  decisa  ih'I  tal  ttMiipo:  prepa- 
rerò ogni  cosa.  Per  ciò  che  avverrà  poi,  non  i>eiìsater 
tidate  in  me.  Sia  ch'io  viva  qui,  sia  ch'io  stia  nel 
Ticino,  sarò  sempre  in  sicuro  e  più  assai  vicino  che 
non  era  prima.  Per  ora  non  parliamo  che  delhi  gioia 
di    star   vicini    alcuni    giorni.   Salutate  gli  amici  ed 

amate  sempre  il 

vostro 

(rlUSEPl'E. 

MMCCCCXlll. 
ALLA  Madrk,  a  Genova. 

[Milano],  24  maggio  [1848]. 

Cara  madre, 

Sto  bene;  non  posso  al  solito  scrivere  che  due 
parole.  A  tutte  l'altre  faccende    mi  s'è  aggiunto  ili 

MMCCCCXII.  —  Inedita.  L'  autografo  si  conserva  nella  rac- 
colta Nathan.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre  del 
Mazzini  annotò  :   «  20  maggio  1848.  » 

MMCCCCXlll.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre  del. 
Mazzini  annotò  :   «  24  maggio  1848.  » 


[1848J  KPISTOI.AUU».  181 

Gioriiiilej  e  potete  tìgurarvi  come  sia  preso  il  mio 
tempo.  Avrete,  spero,  veduto  uu  amico  che  v'  uvrà 
dato  mie  iiuove.  Badate  a  non  dimenticarvi  di  dirmi, 
quando  avrete  preso  una  risoluzione;  perché  sarà 
necessario  ch'io  prenda  le  mie  misure.  Avrei  voluto 
da  un  pezzo  riscrivere  a  (Jarolina,  e  non  ho  potuto. 
Non  ho  più  veduto  la  di  lei  cugina.  Fa  qui  bellis- 
siiuo  tempo:  uu  po'  troppo  caldo  per  me.  Yi  man- 
derò domaui  o  dopo  una  polizza  di  carico  di  certe 
casse  di  libri  clie  devono  giungervi  sopra  una  nave 
mercantile  da  Londra:  sono  i  miei.  Questo  non  deve 
alterare  in  nulla  i  disegni  vostri:  perché  dov' anche 
non  foste  in  (renova,  troveremo  altri  che  s'incari- 
chers\  per  voi.  Addio;  madre  mia:  salutate  di  core 
gli    amici,  abbracciate    il    padre,  e  amate   sempre  il 

vostro 

(rlUSKl'FK. 


MMCCOOXIV. 

AL  <3KN.  Giacomo  Filippo  Dk  Mekstkk.  a  Liig.im». 

[Milano].   24  iiiiig-gi(»  [1848]. 

Caro  generale, 

Carta  mi  rese  l'altro  giorno  il  tuo  articolo:  ed 
eccotelo  a  norma  di  quanto   oggi    mi  dici.  Credo  la 

MMCCCCXIV.^ — Inedita.  L'autografo  si  conserva  nel  Museo 
del  Kisorgiinento  di  Milano.  In  un  foglietto  incluso  nella  lettera, 
forse  di  ))ngno  del  De  Meester,  è  annotalo:  «Gius.  Mazzini, 
Milano,  24  maggio  1848.  Ricevuta  il  27  detto.  Risposto  il 
28   detto.  » 


182  ,  Ki'isroi.ARio.  [1848] 

forma  sia  sembrata  troppo  avventata;  troppo  asso- 
luta. Siamo  in  uu  terreno  ditìicile,  e  biso,uiia  usar 
tattica.  Io  vorrei  scriverti  a  luugo,  ma  non  lio  un 
minuto  di  tempo.  Dio  volesse  clie  tu  potessi  esser 
fra  noi!  Salutami  Cliialiva  e  gli  amici  e  credi  all'af- 
fetto del 

tuo 

Gius.  Mazzini. 


MMCCCOXV. 

Ai.i.A   Maduk,  a  Genova. 

[Milano].   27  maggio  [1848]. 

Cara  madre, 

11  latore  è  amico  intimissimo  mio  e  di  (ìaribaidi. 
Accoglietelo  come  tale.  Vi  darA  nuove  mie.  (*)  Amate  il 

vostro 

(tIU  SEPPE. 


MMCCCCXV.  —  Inedita.  L'  autografo  si  conserva  nella  rac- 
colta Nathan.  A  tergo  di  esso,  di  pugno  del  Mazzini,  sta  l'indi- 
rizzo:  <•  Maria  Mazzini.  » 

(*)  Giacomo  Medici  era  stato  indirizzato  dal  Mazzini  all'An- 
zaui  ed  a  Garibaldi  nel  dicembre  dell845(ved.  lalett.  MCMXLV). 
Nel  momento  di  lasciare  Montevideo,  egli  ignorava  gli  avve- 
nimenti di  Lombardia,  e  lo  ignoravano  pine  i  suoi  due  grandi 
commilitoni,  tanto  è  vero  che  Garibaldi,  atlìdandogli  una  mis- 
sione in  Italia,  gli  aveva  raccomandato  di  intendersi  prinui  col 
Mazzini  a  Londra  (ved.  il  testo  delle  istruzioni  di  Garibaldi 
al  Medici  in  G.  Pasini,  Vita  dd  gen.  (r.  Medici,  ecc.,  cit., 
pp.  13-15).  Se  non  che,  giunto  all'  Havre  nella  prima  quindi- 
cina di  maggio,  egli  aveva  appreso  che  il  Mazzini  non  era  più 


[1848]  Ki'iSTOi.AKH).  18:^ 

MMCCCCXVl. 

A   [Niccolò  Tommaseo],  :i  Venezia. 

[Milano],   27   maggio    1848. 

Amico, 

lo  vi  tempesto  di  lettere:  ma  non  mi  pare  che 
siano  totalmente  inutili.  Vi  reca  questa  il  (;a[)itano 
iV  artiglieria  polacco  Korzeuiowski  ;  e  vi  viene  da  parte 
di    Mickiewicz.  iK)me  che  dev'esservi  caro.  (')  Questi 


in  IiighilteiTa,  ed  allora,  tiavcasanilo  rapidamente  la  Francia, 
era  venato  in  Italia.  Nella  Concordia  del  23  maggio  1848  si 
leggeva  infatti  :  «  Ieri  isalntammo  [a  Torino]  uno  dei  piti  forti 
eonimiiitoni  del  generale  GarihaUli.  Il  sig.  Medici  sbarcò 
all'Havre,  toccò  Parigi  e  giunse  tra  noi  ad  annunciare  prossimo 
l'arrivo  della  legione  di  Montevide<»  e  del  prode  suo  condot- 
tiero. La  spada  e  il  senno  guerresco  di  Garibaldi  giungono  in 
tempo  oj)p<)rtnno.  L' Italia  ora  pili  che  mai  abbisogna  del  biaccio 
e  della  mente  dei  prodi  suoi  figli.  »  Naturalmente,  il  Medici 
accorse  subito  a  Milano  per  concertarsi  col  Mazzini:  e  sembra 
elle  con  lui  avvisasse  ai  modi  più  acconci  per  la  fonnazione 
lii  un  corpo  di  volontari  (ved.  i  suoi  ri<'ordi,  che  furono  cer- 
tamente manipolati  dal  traduttore,  nei  Mémoires  iìe  GAitiitAi.ni, 
tradnitH  sur  le  manuscrU  or'ujiual  pur  A.  Dcjias;  Paris,  Calnumn- 
Lévy,  s.  a.,  p.  90),  e  a  questo  intento  andasse  a  Genova  per 
attendervi   l'arrivo  di  Garibaldi. 

MMCCCCXVl.  —  Pubbl.  da  .1.  W.  Mario,  Della  vita  di 
a.  Mazzini,  ecc.,  cit.,  p.  320. 

i')  Subito  dopo  le  aft'ettuose  accoglienze  fatte  a  Milano  al 
Mickiewicz  e  ai  pochi  Polacchi  colà  giunti  il  1"  maggio  1848 
(ved.  la  lett.  MMCCCCIV),  il  Governo  Provvisorio  aveva  comin- 
ciato a  creare  mille  ostacoli  perché  si  formasse  una  legione  polacca 
per  avviarla  contro  il  nemico.  Ne  sono  prova  i  molti  documenti  che 
illustrano  la  narrazione  che  ne  fece  L.  Mickiewicz  {Mémorial  de 


184  KIMSTOLAHU).  [1848] 

esuli  della  nazione  sorella  vennero  qui  i»er  costituirvi 
un  nucleo  di  legioni  polacche  :  nucleo  prezioso  perché 
porrebbe  a  fronte  degli  slavi  militanti  nell'esercito 
d'Austria  uji  elemento  simpatico,  e  i)iù  {)erc]ié  sarebbe 

Itt  Léfilon  polonaise,  ecc..  cit...  voi.  II,  p.  45  e  segg.);  né  valse  u 
riiiinovere  ijiiellii  opposizione  la  visita  fatta  dal  Mickiewioz  al 
campo  di  Carlo  AlbcM'to,  per  esortarlo  ad  accettare  i  servigi  de'  suoi 
coniiiiilitoni.  ohe  anzi  le  preo<;cnpazioni  diplomatiche  ne  resero 
sempre  pili  difficile  l'accettazione.  Scriveva  1"  anno  appresso  il 
Mazzini  {Ceìini  e  docHmeuii  intorno  all'  insurrezione  lombarda,  ecc., 
cit.,  nell'/<«/i«  del  Popolo  di  Losanna,  voi.  II,  p.  262)  che  «  per 
terrore  d'nn  rimprovero  da  J'ietrohurgo  »  si  orano  lasciati 
«all'ozio  increscioso  di  mia  easerma  in  Milano  Miekiewicz 
e  i  suoi  Polacchi  sino  al  giorno  in  cui  la  determinazione  di 
sottrarli  a  Venezia  clic  per  suo  suggerimento  li  aveva  accettati 
fé'  si  che  fossero  chiamati  ili  campo.  »  Stanco  dei  lunghi  indugi, 
il  poeta  polacco  aveva  infatti  deciso  di  offrire  l'oi)era  della  sua 
legione  al  Governo  Frovvi^rio  della  Kepnhhlica  di  Venezia,  e  il 
24  maggio  aveva  colà  inviato  a  «piestf)  sc<»po  il  Korzeniowski. 
capitano  d'artiglieria  pohicco  al  servizio  della  legione  formata 
a  Milano,  facendo  balenare  a  quel  Ministro  della  Guerra,  Fran- 
cesco Solerà.  1'  immenso  vantaggio  clie  ne  sarebbe  risnltaro 
usando  i  suoi  (rommilironi  nella  lotta  «  contre  l'armée  austri- 
ohienne  composée  en  grande  partie  de  Slaves  »  (L.  Mickiewicz. 
op.  cit.,  voi.  lì,  pp.  370-371).  E  per  meglio  facilitare  questa 
accettazione,  il  Mickiewicz  iiveva  pregato  il  Mazzini  di  appog- 
giare la  proposta  presso  il  Tommaseo,  col  quale,  dimenticando 
perallorale  polemiche  degli  anni  precedenti,  l'agitatore  genovese 
era  entrato  in  rapporti  epistolari  (II).,  voi.  II.  pj».  372-384). 
Lo  scrittore  dalmata,  che  per  le  sue  predilezioni  verso  1' ele- 
mento jugoslavo  era  più  d'ogni  altro  in  grado  di  apprezzare 
il  grande  aiuto  che  si  porgeva  a  Venezia,  accolse  di  Imon  grado 
l'offerta  e  rispose  al  Mazzini  che  aveva  messo  a  (juesto  scopo  il 
Korzeniowski  in  relazione  con  l'Antonini.  Più  tardi  «  deplorò 
profondamente  che  sia  per  le  condizioni  di  uno  stato  impoverito 
da  una  massa  di  soldati  piiì^che  inutili  e  per  inopportuni  sospetti 
si  fosse  rigettato  quel  soccorso  che  poteva,  in  nn  istante,  cambiar 
faccia  alla  guerra.  »  Ved.  V.  Marchesi,  Storia  documentata  della 
rirolmiotre  e  della  difesa  dì    Venezia,  ecc.,  cit.,  p.  201. 


I 


I 


[1848]  K.risioi.AiMO.  185 

pelilo  vivente  dell'affetto  che  deve  correre  e  corre 
tra  la  Polonia  e  noi.  Qui  il  governo  provvisorio  non 
intende  che  i  niescliini  calcoli  d'opportunità  sugge 
riti  dagli  agenti  di  C[arlo]  A[iberto]j  e  non  [>uò  inten 
dere  né  Mickiewicz,  né  Polonia,  né  altro  die  valgn. 
^fa  voi  siete  tatti  per  intendere  queste  cose,  e  con- 
tido  che  i  Polacchi  potranno  lodarsi  di  migliore  acco 
glimento.  Durate  forti  e  sostenitori  della  bandiera 
repnl)l)licana  per  un  po'  di  tempo  ancora,  ed  aiiiate  il 

vostro 

(t.    MAZZIjSI. 


MMCCOCXVIl. 

AI,    GKNKUAKE    GIACOMO    ANTONINI.    !l    Venezi:i. 

Milsino.  27   iiiaojri(,  1848. 

Ci  enera  le, 

(Quando  vi  commettemmo  in  Parigi  il  santo  uflRzio 
di  condurre  in  Louibardia  i  volenterosi,  i  quali  si 
congregarono  per  accorrere  a  difesa  della  patria  ed 
entrar  partecipi  della  grande  opera  dell'  italico  riscatto, 
noi  sai)evamo  che  in  voi  erano  tutte  le  parti  di  vero 
soldato  e  di  vero  cittadino.  Onorano  il  vostro  nome 
memorevoli  fatti  d'arme;  ma  quel  che  più  vi  onora 
si  è  che  la  vostra  fede  da  voi  espressa  come  dai 
pari  v^ostri  si  esprime,  col  ferro  in  mano,  sui  campi 
di  guerra. 

Voi  siete  cittadino  soldato;  e  sentite  e  intendete 
la  santità  del  vostro  uffizio,  perché  sentite  e   iiiten- 

MXICCCCXVII.  —  Pnbbl.  ueW Italia  del  Foj)o1o  <\\  MiUiuo, 
<1p1  28  iiiacjjrio  1848. 


ÌHtì  KIMSTOI.AIUO.  I1<?!4S] 

<ìete  la  santilà  «Ielle  libere  cittadiuaiize.  In  Polonia 
voi  non  difendavate  la  patria  italiana,  ma  la  patria 
umana:  e  segnaste  del  vostro  sangue  il  polacco  ves- 
sillo. In  Polonia  voi  eravate  sacerdote  armato  della 
)iostra  eterna  religione. 

E  voi  consacrate  ora  <}uel  che  vi  rimane  di  vita 
alla  nostra  madre  comune,  la  quale  ringiovanisce  per 
virtù  di  novelle  credenze.  Noi  tìimino  profondamente 
contristati,  o  fratello,  <]uaudt)  leggemmo  <5lie  il  ferro 
v'avea  mortalmente  ferito:  ma  ci  consola  ora  sapere 
che,  quantunque  grave,  mortale  non  fu  quel  colpo  : 
e  «die  privata  non  sarà  la  patria  dell'opera  vostra.  (') 

(')  D.i  Puviiv,  (love  il  30  aprile  1848  s'era  imbarcato  co» 
la  sua  legione  per  raggiungere  Venezia  (veil.  la  nota  alla  let- 
tera MMCCCCV  e  A.  Aiszaxo.  L'  arri  co  della  legione  Antoniui  iti 
Italia,  ecc.,  cit.,  in  Memorie,  cit.,  p.  528  e  segg.))  l'Antonini  era 
arrivato  a  Padova  il  5  maggio,  quindi  aveva  avuto  incarico  di 
presidiare  il  forte  di  Mai'ghera,  prendendo  parte  al  combat- 
timenti» del  12  in  Treviso.  In  (inello  stesso  giorno  l'Antonini 
era  stato  nominato  dal  Governo  Provvisorio  comandante  della 
città  e  fortezza  di  Venezia  e  il  21,  avuto  notizia  che  il  nemico 
si  disponeva  all'  investimento  di  Vicenza,  insieme  col  Manin  e 
col  Tommaseo  s'avviava  a  quella  volta  per  recarvi  aiuto  di 
truppa  e  di  munizioni.  Un  testimonio  dello  scontro  ivi  avve- 
nuto (G.  Fantoni,  //  traccio  del  generale  (ì.  Jntoiiiiii,  in  Hi'- 
rista  Stor.  del  Risorgimento,  a.  Ili,  [1898J,  i)p.  479-488)  cosi 
narrava  quell'episodio:  «Nel  giorno  innanzi  «]uesta  città  era 
stata  assalita  la  prima  volta  dal  corpo  ausiliario  austriaco 
disceso  dall'Isonzo,  forte  di  16.000  agguerriti  soldati  d'ogni 
arimi,  con  40  pezzi  di  cannoni  e  racchette,  la  cui  metà,  operante 
gagliardamente  e  d'improvviso,  venne  respinta  da  soli  tremila 
valorosi  cittadini  e  volontari  della  1^  Legione  romana  Gallieno, 
senza  linea,  senza  cavalleria,  e  fuori  dalle  barricate,  malgrado 
il  vivissimo  fuoco  di  bombe,  di  razzi  e  di  suscitati  incendi. 
Né,  il  giorno  dopo,  il  ributtato  nemico  tentava  rinnovare  T  at- 
tacco ;  imi  abl)andonata  Vicenza,  si  sollecitava  a  guadagnare 
la  strada  di  Verona  per  raggiungere  lo  scopo  precipuo  del  suo 


[18i8]  KI'ISTOLAKIO.  187 

La  j>raiHlezza  della  tede  sta  sopra  ad  ogui  lode,  c> 
j^eiierale;  ci  è  dunque  tolto  lodarvi  —  e  noudiineiio 

coiigimigiineiito  col  grosso  dell'esercito  Kacletzkiauo  trincerato 
in  quella  fortezza.  Le  truppe  italiane  arrivate  in  questo  giorno 
a  Vicenza,  benché  troppo  tarili,  non  pertanto  speravano  e  cliie- 
ilevano  anelanti  di  lanciarsi  ininiantinente  all' inseguinient(» 
delle  orde  straniere  che,  battute  e  vergognose,  si  ritiravano. 
11  gen.  in  capo  Durando,  cui  sfuggiva  ancora  una  volta  l'oc- 
oasione  di  poter  disputare  il  passo  ai  rinforzi  di  Nugent,  e 
stimando  teuieiario  consiglio  correre  colla  sua  trujjpa,  ancora 
interiore  di  numero  ad  inseguirli  e  richiamarli  a  ))attaglia, 
trattenne  quo'  slanci  generosi;  nui  fu  solo  il  gen.  Autonini 
che  non  volle  tenersi  fermo,  e  sorti  colla  sua-Legione  e  due 
concessegli  compagnie  di  Cacciatori  Svizzeri,  con  una  sezione 
d'artiglieria  pontificia,  e  parecchi  volontari  vicentini,  per  ten- 
tare di  oftendere  1'  inimico  e  di  rimuoverlo  dalla  posizione  che 
aveva  presa  all'Olmo,  un  miglio  dalla  città Il  combatti- 
mento provocato  dall'Antonini  vcnnegiudicato  unaprova  d"  indo- 
mito coraggio.  Egli  spinse  i  suoi  vivacemente  al  fianco  del- 
l'esercito imperiale  disteso  a  destra  sulle  ultime  chine  dei 
colli  di  Biron  e  di  Creazzo,  vincendo  gli  ostacoli  d'un  ponte 
già  prima  rotto  sulla  via  dell'Olmo  e  d'una  barricata  eretta 
a  guardia  di  quel  passo  dal  nemico.  Ma  questo  tutto  a  lui  si 
rivolse,  allargando  l'ala  sinistra  sulla  vicina  strada  ferrata 
parallela  a  quella  maestra,  e  fulniin.-indo  dalle  alture  minaccio 
di  circuire  le  brevi  schiere  assalitrici  costrette  a  ripiegarsi. 
Svolazzavano  al  passar  delie  palle  i  bianchi  capelli  del  vecchio 
italiano,  intrepido,  solo  a  cavallo  in  mezzo  ai  suoi  fratelli  e 
ligliuoli —  In  brev' ora  cadevano  circa  cento  di  queir  amorosa 
famiglia,  e  sovr'essi  pioveva  il  sangue  del  generale,  schian- 
tato da  mitraglia  il  braccio  che  drizzava  la  spada  alla  carica.... 
Quando  con  sovrumana  audacia,  ponendosi  dinanzi  ai  cannoni, 
senti  sfracellarsi  il  braccio  destro,  gridò:  'Avanti!  nulla  mi 
importa  del  braccio  e  della  vita,  mi  basta  solo  che  non  si  perda 
l'Italia!'  Trasportato  al  palazzo  Torresan,  l'Antonini  ebbe 
amputato  il  braccio  dal  chirurgo  Petrali  ;  e  poiché  gli  Austriaci 
mandavan  colà  bombe,  sapendo  che  era  la  sede  del  qnartier  gene- 
rale, fu  trasferito  nel  palazzo  Bonollo,  da  dove,  la  sera  del  24, 
fu   <'niidotto  a   Venezia.  Il  Mazzini  seppe  la  sciagura  toccata  al 


188  Ki'iSTOLAitic.  [1848] 

possiamo  dirvi  che    altera  è  la    nostra    associazione 
d'essere  onorata  del  vostro  nome. 

Noi  vi  desideriamo  felicità,  e  desideriamo  all'Italia 
uomini  che  vi  sonnellino. 

Ver  l'Associazione  nazionale  italiana 

Il  Pkksidkntk 

(tIUseppe  ini  azzini. 

Ir-    SlCGIlKIAKIO 
LiZABK  RlTFFONI. 


prode  genenile  assai  per  tempo;  e  sono  certaiiieiite  sue  le  st-- 
gneiiti  parole  che  si  leggono  iiell' 7/flZirt  del  Popolo  del  24  mag- 
gio 1848  :  «  Siamo  fatti  consapevoli  di  lagrimevole  notizia.  Il 
generale  Antonini,  uscito  di  Venezia,  niovea  al.la  volta  di  Pa- 
dova, guidando  una  colonna  di  1.200  uomini.  Si  scontrò  col 
nemico  ;  fu  sanguinoso  il  conllitto  :  e  un  colpo  d'artiglieria 
Troncò  il  braccio  al  generale.  Si  teme  della  vita  di  qjiesto  valo- 
roso italiano,  veterano  soldato  della  libertà  nostra,  il  quale 
con  molta  gloria  militò  in  Polonia  nella  guerra  d'indipendenza 
dell'anno  1831.  —  Speri.amo  «die  la  morte  non  ci  torrà  questo 
prode  che  tanto  si  è  adoperjito  per  la  santissima  nostra  causa.  — 
Veniva  da  Parigi  capitanando  una  legione  di  volontari  foi'inata 
<ìa]V Associazione  Nazionale  Italiana;  era  scampato  da  pericidi 
di  tante  battaglie;  si  sentiva  felice  di  poter  offrire  gli  ultimi 
giorni  della  sua  caduta  età  alla  patria,  alla  religione  nostra 
e  morire  come  era  sempre  vissuto.  Speriamo  che  ci  sarà  dato 
rivedere  ancora  ed  abbracciare  l'onorato  amico,  onorato  degna- 
mente dell'amore  de'  suoi  fratelli.  »  Ved.  pure  l' Italia  del  Popolo 
del  31  maggio,  in  cui  fu  pubbl.  una  nobile  lett.  dell'Antonini, 
il  quale,  lasciata  poi  Venezia  come  protesta  per  il  decreto  di 
fusione  (ved.  V.  Marchesi,  Storia  documentata,  ecc.,  cit.,  p.  17.^ 
e  segg.)  andò  a  Bologna,  dove  perorò  nel  Circolo  felsineo, 
insieme  con  lo  Zambecearie  il  gen.  A.  Morandi,  la  istituzione  di 
un  Governo  provvisorio  e  fece  parte  del  Comitato  di  guerra 
(ved.  A.  Dai.i.oi.io,  La  difesa  di  Venezia  nel  1848,  ecc..  cit., 
p.  120  e  segg.),  e  infine  (27  luglio)  a  Milano  (ved.  V  Italia  del 
Popolo  del  giorno  successivo). 


[1848]  KPISTOI.AHIO.  189 

MMCICCXVllI. 

TO  Emimk  Hawkes,  London. 

[Milaii],   May  30'",   1848. 

I  write,  dear  Emilie,  to  Stolzinau  ;  and  I  liope 
he  wiil  teli  yoii  what  I  say  about  our  politicai  coii- 
dition.  I  bave  refused  to  be  a  M.  P.  for  Geiioa^ 
and  for  1  do  not  kuow  wbat  place  iii  Piedniont: 
ret'iised  to  be  more  tliaii  that  with  the  man  Charles 
Albert:  refused  ali  the  ofters  of  the  tempter:  and 
I  remain  the  republican  Joseph  you  know.  Do  not 
believe  (this  is  not  for  you,  but  for  my  male  friends) 
that  it  has  been  owing  to  pride,  reaction,  or  any  other 
narrow  feeliJig;  no;  I  told  ali  tempters  the  same  woids 


30   maggio  1848. 

Scrivo,  cara  Emilia,  a  Stoizman  ;  e  spero  vi  riferirà 
quello  die  gli  dico  intorno  alla  nostra  condizione  politica. 
Ho  rifiutato  di  esser  Deputato  di  Genova  e  di  non  so 
quale  altro  luogo  del  Piemonte:  ho  rifiutato  di  essere 
anche  di  piti  con  Carlo  Alberto;  ho  rifiutato  tutte  le  of- 
ferte del  tentatore;  e  rimango  il  Giuseppe  repubblicano 
clie  voi  conoscete.  Non  crediate  (questo  non  è  per  voi, 
ma  per  i  miei  amici  di  sesso  maschile)  ch'io  l'abbia 
fatto  per  orgoglio,  per  reazione  o  per  qualunque  altro  sen- 
timento meschino  :  no  :  a  tutti  i  tentatori  ho  detto  la  stesse 


MMCCCCXVIII.  —  Pubi»!.,  ili  gran  parte,  da  E.  F.  Ri- 
CHARDS,  op.  cit.,  pp.  85-87.  Qui  si  dà  integralmente,  8u  una 
copia  inviata  alla  R.  Commissione  dalla  predetta  Signora. 
L'autografo  si  conserva  presso  gli  eredi  Ashursfc. 


l'JO  KIMSTOI.AIMO.  |1848] 

tliat  1  address  to  Charles  Albert  in  my  mani- 
festo of  the  Italia  del  Popolo.  Was  1  not  right  ? 
Meanwhile,  I  am  here,  disliked,  dreaded,  suspected, 
caluniniated,  threatened  more  than  ever  :  and  my 
writings  are  biirnt  in  my  native  town,  Genoa,  al- 
mo.st  under    the    eyes  of    my    poor    mother;  (M  and 


parole  clie  rivolgo  a  Carlo  Alberto  nel  mio  manifesto  del- 
l' Italia  del  Popolo.  Non  ho  avuto  ragione  ?  Intanto  sono 
qui,  pili  che  mai  odiato,  temuto,  sospettato,  calunniato, 
minacciato:  ed  a  Genova,  nella  mia  città  natalo,  i  miei 
scritti    sono    bruciati    quasi    sotto    agli    occhi    della    po- 


(*)  La  sera  del  16  maggio  1846  alcune  copie  della  protesta 
mazziniana  al  decreto  di  quattro  giorni  innanzi  per  l'annessione 
immediata  erano  bruciate  in  piazza  di  Banchi  a  Genova.  Tutti 
i  periodici  piemontesi  e  genovesi,  perfino  il  Pensiero  Ilaliano 
{n.  del  17  maggio  1848),  lodarono  quell'atto.  In  una  nota  a 
quella  protesta,  inserita  nella  Bibliografia  mazziniaìia  più  volte 
cit.,  il  Gironi,  clie  in  quei  giorni  si  trovava  a  Milano  ed  era 
già  entrato  in  rapporti  col  Mazzini,  dava  le  seguenti  notizie  : 
«  Sullo  abbrnciamentodi  questa  protesta  io  lio  raccolto  in  Genova 
<la  un  testimone  quanto  segue:  in  Banchi  la  protesta  fu  letta  ad 
alta  voce  da  un  tale  di   nome  Valle,  poi  fu  ibridato:  si  abbruci, 

«  il  primo  che  mise  questo  grido  fu  certo  G ,  denunciatore 

<lel  figlio  che  il  Consiglio  di  guerra  divisionario  di....  gli 
condannava.  Giuseppe  Solari,  giovine  di  commercio  che  era  pre- 
sente, deplorava  l' atroce  fatto,  dicendo:  un  giorno  forse  cono- 
Jìcerete  quel  che  fate!  Fu  una  sola.  La  cosa  consumossi  fra  poco 
l)iu  di  cento  persone,  e  quello  che  arse  la  protesta  fu  un  certo 
Frixione,  giovine  di  perdutissinii  costumi,  figlio  d'  un  banca- 
rottiere, già  carcerato  tre  mesi  per  cagione  di  furto  consumato 
Il  danno  di  un  suo  zio,  di  un  oggetto  di  belle  arti;  e  liberato 
sulla  aft'ermazione  dello  zio,  ricordarsi  aver  detto  al  nipote  gli 
procurasse  la  vendita  dell'oggetto  che  asseriva  involatogli.  Nel 
1847  o  sui  primi  del  1848  venne  in  Genova  un  Triestino  cre- 
•ditore  del  Frixiqne,  il  credito  era  liquidato,  e    non  doversi  clie 


■[1848]  Kl'ISTOI.AKIO.  191 

threateuings  of  death  are  uttered  bere  at  Milau.  How 
thereactioiiliasbeenprodiiced — how  they  bave  spread 
amoug"  the  lower  classes  caluuiiiies  agaiust  me— bow 
tbey  contrive  to  iriake  me  appear  a  sortof  an  ambitious 
Catalina — woiibl  form  too  long  a  cbapter  for  me  to 
write  it.  (*)  I  feel  quite  strong  and  nnmoveable  and 


vera  madre  mia:  e  qui  a  Milano  sono  pronunziate  minacce 
<li  morte.  Sarebbe  troppo  lungo  scrivervi  come  eia  avve- 
nuta la  reazione  —  come  abbiano  sparso,  nelle  classi 
più  basse,  calunnie  contro  di  me  —  come  facciano  di 
tutto  per  farmi  apparire  una  specie  di  ambizioso  Catì- 
lina.    Io    rimango    però    forte    ed    impassibile,    e    sorrido 

pagare  o  andare  in  carcere.  Una  mattina,  mentre  il  Frixione 
era  a  Banchi,  passa  il  creditore,  egli  fattosi  all'orecchio  dei 
conoscenti  che  avea  attorno  dice  loro  accennando  il  Triestino: 
quella  è  una  spia  austriaca.  La  voce  si  diffonde  rapidissima,  il 
Triestino  accennato  è  perseguitato;  corre  via  incalzato  dalla 
gente  alle  spalle  che  sempre  ingrossa  gridando:  alla  spia 
uustriaca.  Si  rifugia  in  una  casa,  passa  iu  un'altra,  è  tratto 
alle  carceri  di  S.  Andrea  per  sua  sicurezza,  ed  ha  fortuna  di 
poter  partir  l'indomani.  Cosi  Frixione  iiaga  il  debito.  Co- 
testo stesso  boia  della  protesta,  nella  rivoluzione  genovese  del 
marzo  1849.  essendo  incaricato  di  recare  nna  somma  di  danaro 
dal  palazzo  dncale  ad  uno  dei  forti,  se  la  prese  per  sé  e  non 
si  vide  pili.  » 

(*)  Scriveva  pili  tardi  il  Mazzini  {Cenni  e  documenti  inlorno 
<iir insurrezione  lombarda,  ecc.,  cit.,  nell'//a/j«  del  Popolo  di 
Losanna,  cit.,  voi.  II,  pp.  21-22):  «  A  me  iscrizioni  sui  muri  e 
lettere  anonime  intimavano  morte.  Un  Cerioli,  non  ricordo  se 
prima  o  dopo  il  12  maggio,  appiccò  per  le  cantonate  una  tiritera, 
la  cui  conclusione  affermava  eh'  io  aveva  ricusato  veder  mia 
madre  per  diversità  d'opinioni  politiche.  La  povera  mia  madre 
viaggiava  appunto  allora  verso  Milano  per  abbracciarmi  e  bene- 
dire alle  mie  credenze.  Non  so  d'  un  repubblicano  che  sia  sceso  sf 
basso  da  calunniare  la  vita  privata  de'  suoi  avversari  poli- 
tici. »  Ved.  pure  il  Corriere  Livornese  del  3  giugno  1848. 


192  KPISTOLAUIO.  [1848J 

smiling  at  «11  tliis:  biit  I  caiiuot  deuy  my  feeling  eu- 
tirely  an  exile  in  my  country;  feeding;  niy  soni  witli 
its  own  substance.  like  the  Peliean  witli  its  little 
ones.  Do  not  exaggerate  to  yoiuself  my  positiou 
here.  I  bave  pleiity  of  yonng  people  ready  to  do 
anytbing  for  my  sake  and  on  my  bidding  :  1  ani, 
politically,  strong  enougb;  and  that  is  tbe  cause  of 
tbe  uproar  from  tbe  royalist  party:  but  I  was  speak - 
ing  about  myseìf,  about  Josepb  and  not  abont  Maz- 
zini. I  am  well  in  bealtb  :  wonld  to  (lod  that  I  could 
know  tbat  you  are  strong  as  1  ani.  I  am  working 
day  and  nigbt;  what  else  could  1  do?  tbere  is  no 
alternative:  eitber  to  leave  oflfand  fly  to  some  conntry- 
place  or  nook  there  to  live  nnknown,  and  witbout 
tbe  least  politicai  activity,  or  to  bave  not  a  single 
moment  free,  not  even  to  write  to  my  friends.  Will 
you  wiite  a  long  letter  full    witli  particubirs  about 


a  tutto  questo  ;  ma  uon  posso  nascondere  che  mi  senta 
un  vero  esule  nel  mio  paese,  clie  nutro  1'  anima  mia  con 
la  sua  propria  sostanza,  come  fa  il  pellicano  con  i  suoi 
piccini.  Non  esagerate  nella  vostra  mente  la  mia  posi- 
zione qui.  Ho  molti  giovani  che  sono  pronti  a  fare  qua- 
lunque cosa  e  ad  ubbidire  ad  ogni  mio  cenno:  sono,  po- 
liticamente, abbastanza  forte  ;  e  questa  è  la  ragione  per 
cui  il  partito  regio  fa  tanto  rumore  :  ma  stavo  parlando 
di  me  stesso,  di  Giuseppe,  e  non  di  Mazzini,  Di  salute 
sto  bene  :  volesse  Iddio  che  potessi  sapere  che  anche 
voi  siete  forte  come  me  !  Lavoro  giorno  e  notte  :  che 
altro  potrei  fare  ?  Non  v'  è  da  scegliere  :  rinunziare,  e 
fuggire  in  qualche  luogo  di  campagna,  in  qualche  na- 
scondiglio per  vivere  sconosciuto,  senza  la  minima  atti- 
vità politica,  o  non  avere  un  solo  minuto  libero,  neanche 
per  scrivere  ai  propri  amici.  Mi  scriverete  una  lunga 
lettera    piena    di    notizie    di    tutta    la    vostra    famiglia  ? 


[1848]  KPISTOI-AI5IO.  193 

ali  youi-  family  ?  and  teli  tliein  ali  that  I  wish  to 
write  every  day  to  each  of  thein  and  cannot.  Stili, 
they  eau:  wliy,  tben,  are  they  silent?  Why  does 
Caroline  necer  write  ?  It  was  ali  \  ery  vvell  to  keep 
aloof  at  Muswell  Hill;  but,  wliem  I  aiu  in  Milani 
Wbat  is  Bessie  doing?  Has  slie  compieteli/  forgotteu 
me?  Eliza  too;  sbe  sent  me  once  a  weekly  papier 
in  wbicb  ber  Louis  Blanc's  translation  was  inserted; 
tben.  sbe  gave  it  up.  As  to  you.... 

You  bave  been  in  tbe  country:  wbere  f  At  your 
sister's  ?  Wbat  is  sbe  doinj»  "?  Wbat  are  my  two 
yonng  correspoudents  doing  f  Remember  me  to  tbem 
ali:  and  to  tbe  Dillons.  Wbat  is  Mr  Stoue  doing, 
and  painting?  Does  be  stili  keep  Acbilles-like  in  bis 
tent  or  bas  be  fairly  and  cordially  reconciied  to  C'a- 
roline?  And  wbat  are  you  painting?  Teli  me  every 
bit  of  tbing    concerning    you    and    tbe    family:  my 


e  direte  a  tutti  che  desidero  ogni  giorno  di  scrivere  ad 
ognuno  di  loro  e  non  posso  farlo  ?  Essi  possono,  invece  : 
perché  dunque  tacciono?  Perclié  Carolina  non  mi  scrive 
maiì  Era  giustissimo  che  si  tenesse  appartata,  a  Muswell 
Hill:  ma  ora  che  sono  a  Milano  I  Che  fa  Bessie?  Mi  ha 
completamente  dimenticato  ?  Ed  anche  Eliza  ha  fatto  lo 
stesso:  mi  ha  mandato  una  volta  un  giornale  settima- 
nale in  cui  era  inserita  la  sua  traduzione  di  Louis  Blanc: 
poi  lia  smesso.  In  quanto  a  voi.... 

Siete  stata  in  campagna  :  dove  ?  Da  vostra  sorella  f 
Che  cosa  fa?  E  che  cosa  fanno  le  mie  due  giovani  cor- 
rispondenti? Ricordatemi  a  tutti  loro  ed  ai  Dillon.  Che 
cosa  fa  il  Signor  Stone,  e  che  cosa  dipinge  ?  Rimane  an- 
cora rinchiuso  nella  sua  tenda,  come  Achille,  o  si  è  giu- 
stamente e  cordialmente  riconciliato  con  Carolina?  E 
che  cosa  state  dipingendo  j>oì?    Raccontatemi  qualunque 

Mazzini,  .Scritti,  ecc.,  voi.  XXXV  (KpiatolHrio.  voi.  XIX).  IM 


194  Ki'jsioi-AKUi.  [1848] 

life  is  so  dreai-y  !  How  is  the  brewery  goiiifj  oii  't 
What  is  William  about  ?  How  is  liis  liealth  ?  Is  lie, 
and  Sydney,  James  and  Sbaeu — tke  Trinmviiate — 
acting  politically  in  any  way  ?  Ask  James— tlieni  ali 
singledly  and  coUectively  to  write  every  fortnight 
a  ratlier  long  letter  to  me  for  the  Italia  dei  Popolo  : 
a  correspoudence  summing  up  the  state  of  paities, 
the  progress  of  public  opinion,  Chartism,  Ireland, 
international  tendencies  and  so  forth.  They  will  be 
translated:  and  it  will  be  a  great  service  to  us  and 
a"  great  kindness  to  me.  Let  it  be  a  settled  thing, 
and  let  me  bave  a  letter  within  a  few  days  froni 
the  reception  of  my  letter.  (*)  If  aiiything  concerning 


iiiinimii  cosa  clie  riguarda  voi  e  la  vostra  famiglia  :  la  mia 
vita  è  COSI  triste  !  Come  va  avanti  la  birreria  ?  E  cosa  fa 
Guglielmo  e  come  sta  di  salute?  Sta  occupandosi  in  nes- 
sun modo  di  politica  insieme  con  Sydney,  Giacomo  e 
Sbaen  —  il  Triumvirato?  —  Chiedete  a  Giacomo  —  a 
tutti  loro,  singolarmente  e  collettivamente  —  di  scrivermi 
ogni  quindicina  una  lettera  piuttosto  lunga  per  V Italia 
del  Popolo:  che  sia  una  corrispondenza  clie  riassuma 
la  situazione  dei  partiti,  il  progresso  dell'opinione  pub- 
blica, il  Cartismo,  l'Irlanda,  le  tendenze  internazionali 
e  cosi  via.  Saranno  tradotte:  e  sarà  una  cosa  utilissima 
per  noi  ed  una  grande  cortesia  verso  di  ine.  Fate  in 
modo  clie  questa  sia  cosa  già  stabilita  e  die  io  abbia 
una  lettera  poclii  giorni  dopo  clie  avrete   ricevuta  la  n»ia. 

(*)  Dall'  Inghilterra  fu  corrisposto  assai  tardi  e  Cdu  par- 
simonia a  questo  invito  dal  Mazzini.  Neil'  Italia  del  Popolo 
comparvero  infatti  solamente  due  corrispondenze  da  Londra  : 
una  prima,  con  la  d;ita  del  3  luglio,  firmata  S[tan9feldf],  fa 
pubbl.  nel  n.  del  10  di  qnello  stesso  mese  ;  una  seconda,  con 
la  data  del  12  e  con  la  sigla  S.  W.  Hfawlces?].  in  quello  del  20. 


I 


|184S]  Ki'ii^Tor-Aino.  195 

the  state  of  public  opinion  iibont  our  affiiirs  caii  be 
included,  so  mudi  tlie  better.  Theu,  2'"',  1  want  tó 
receive  every  day  the  Mornitig  Ghronicìe  :  can  you 
uudertake  that  for  me,  and  liave  it  seut  to  the  of- 
fice ofthe  paper  f  I  will  reimbnrse  you  through  3ios- 
selli.  By  the  way,  do  not  press  too  hard  in  your 
Judj>inent  upon  (irrisi  aiid  Mario.  They  gave  each, 
I  tliink,  oO  or  40  pounds  in  Paris  for  our  Italian 
Legion:(*)  and  they  bave  suffered  losses  owing  to 
the  tinancial  crisis.  Stili,  Mario  ought  to  be  bere.  J 
sciid  a  second  copy  of  the  iscritti,  fearing  that  the 
man  troni  Lugano  would  forget  my  instructions. 
Kemember  me,  as  kindly  as  you  can,  to  my  Mary: 
is  she  realiy  of  use!  She  is  the  very  goodness; 
only  1  fear  her  bodily  weakness:  I  liope  she  will 
not  forget  her  old  master.  Keep  for  me  ìiovr  paint- 


Se  vi  possono  inserire  qualche  cosa  che  riguardi  lo 
stato  dell'opinione  pubblica  sui  nostri  avvenimenti,  tanto 
meglio.  In  secondo  luogo,  voglio  ricevere  ogni  giorno  il 
Morning  Ghronicìe:  potete  occuparvene  voi,  e  farmelo  man- 
dare all'  ufficio  del  giornale  ?  Vi  rimborserò  per  mezzo  di 
Rosselli.  A  proposito,  non  siate  troppo  severa  nel  vostro 
giudizio  sulla  Grisi  e  su  Mario.  Credo  che  ciascuno  di  loro 
abbia  dato  a  Parigi  trenta  o  quaranta  sterline  per  la  nostra 
Legione  Italiana,  ed  abbiano  sofferto  delle  perdite  per 
via  della  crisi  finanziaria.  Pure,  Mario  dovrebbe  esser 
<iui.  Mandai  una  seconda  copia  dogli  Scritti,  temendo  che 
r  uomo  di  Lugano  potesse  dimenticare  le  mie  istruzioni. 
Ricordatemi  il  pitì  aflfettuosaraente  possibile  alla  mia 
Maria  :  vi  serve  davvero  a  qualche  cosa  ?  È  la  bontà  in 
persona;  ma  ho  paura    della  sua    debolezza  fisica:  epero 

(')  Veci,   iiifalti  la  nota  alla  lett.   MMCCCCII. 


196  KPISTOLAIUO.  [1ÌS48] 

ing  troni  Moore  :  wliy  did  you  take  it,  iiistead  of 
having'  sent  it  to  Genoa  to  my  niother  ?  1  will  daini 
it  //'  once  I    settle    somewhere.    Addio:    writiiio-   or 

silent,   I   ani  ora  e  sempre 

yonr 
Joseph. 


non  dimenticlierà  il  suo  vecchio  padrone.  Serbate  per  me 
la  vostra  copia  dal  Moore;  perché  l'avete  trattenuta  invece 
di  farla  mandare  a  Genova  a  mia  madre?  La  reclamerò^ 
se  riuscir*'»  un  giorno  a  sistemarmi  in  qualche  luogo. 
Addio  :  o  che  scriva  o  che  taccia,  sono  ora  e  sempre-, 

il   vostro 

GlUSKPPK. 


MMCCCCXIX. 

ALLA  Madrk,  a  Genova. 

[Milano].   30  in:io«i<)   1848. 

Carissima  madre, 

Due  linee  al  solito;  sto  bene  di  salute.  Vi  scrivo 
]>erclié  semai  udiste  le  cose  di  Milano,  le  sommosse,  etc. 
sappiate  che  non  ci  ho  che  fare.  Ben  inteso  che  non 

MMCCCCXIX.  —  Piil)l>l.  da  Se  mai  udiste  a  mi  conoscouo,. 
nel  Pensiero  Italiano  del  .31  maggio  e  nellsi  Concordia  del 
1°  giugno  1848.  Nel  primo  di  quei  periodici  il  brano  di  lett. 
era  preceduto  dalle  seguenti  parole:  «Nel  supplemento  di 
ieri  si  stampava  una  lettera  proveniente  da  Milano,  la  quale 
gettava  il  sospetto  che  Mazzini  potesse  essere  stato  dei  pro- 
motori del  moto  ivi  avvenuto.  Per  la  giusta  appreziazione 
del  fatto  pubblichiamo,  pregati,  il  seguente  brano  di  un'altra 
lettera  del   Mazzini  stesso    a    sua    madre,    che    serve    come  di 


[1848]  Kl'lSTOI.AUK).  197 

mauca  al  solito  chi  mi  aflQbbii  ogni  cosa  clic  accade,  ma 
i  buoni  e  gli  onesti  mi  conoscono.  (*)  Sento  che  la  sorella 

protesta.  »  E  nell'  nitro,  con  non  velato  rimprovero  al  gior- 
nale ili  Genova,  il  (juale  aveva  mostrato  che  Maria  Mazzini 
iiveva  fatto  premure  per  render  i^ubblica  la  dichiarazione  del 
tiglio,  era  avvertito:  «Ciò  facciamo  non  piegati,  e  tanto  pi» 
volentieri  quanto  troppo  ci  doleva  nn  sospetto  che  molte  let- 
tere giunteci  presentavano  come  un  fatto.  »  L'autografo  si 
conserva  nella  raccolta  Nathan.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di 
esso,  la  madre  del  Mazzini  annotò  :   «  30  maggio  1848.  » 

{})  Quelle  dimostrazioni  avvenute  il  28  e  il  29  maggio,  e  che 
furono  pili  volte  narrate  (ved.  C  Casati,  X^^uove  rivelasioni  sui 
fatti  di  Milano,  ecc.,  cit.,  voi.  II,  pp.  278-294,  in  cui  è  molta  ric- 
chezza di  particolari,  ma  non  sempre  equanimi;  V.  Ottouni, 
La  rifoluzioite  lombarda  del  1848  e  1849,  cit.,  pp.  239-247;  C.  Pa- 
gani, Uomini  e  cose  in  Milano,  ecc.,  cit.,  pp.  266-271,  ecc.).  Kife- 
rendosi  alla  prima,  il  Mazzini,  iìììU' Italia  del  Popolo  del  30  mag- 
gio 1848,  in  cui  era  ricostruito  quello  «  spettacolo  or  grande  od 
eloquente,  or  tumultuoso  e  confuso.  »  aftermava  che  i  membri 
dell'Associazione  Nazionale  Italiana  non  avevanopreso,  non  jjote- 
vauo  prendervi  parte  alcuna;  e  riferendosi  alla  seconda,  la  deplo- 
rava e  Idasimava  «  altamente,  »  dimostrandosi  compiacente  clie 
la  conclusione  di  quel  tentativo  esprimeva  «  1'  affetto  all'ordine 
e  r  abborrimento  di  qualunque  atto  di  violenza  illegale.  » 
Hi  sa  invece  che  la  stampa  periodica  ostile  al  Mazzini  e  al 
partito  repubblicano  diede  carico  ad  essi  dei  tumulti  avvenuti; 
e  che  giunse  in  buon  punto  una  lett.  di  C.  Correnti  (ved.  la 
Jfieta  Italiana  del  5  gingno  1848)  a  smentire  1'  accusa.  È  però  da 
avvertire  che  il  Mazzini  non  era  stato  contrario  alla  prima  mani- 
festazione, notando,  senza  censurarlo,  che  «  un  avviso  a  stampa 
del  27,  senza  nome  d'autore,  invitava  i  cittadini  nella  piazza  di 
san  Fedele,  per  chiedere  al  Governo  Provvisorio  Centrale  di  Lom- 
bardia come,  con  quali  condizioni  e  diritti  sarebbesi  al  Piemonte 
unita  la  Lombardia,  se  la  costituzione  subalpina  varrebbe  a 
Milano,  e  se  le  nnove  leggi  sarebbero  determinate  da  una  costi- 
tuente —  infine  per  chiedere  al  Governo  nn  pegno  solenne,  la 
guarentigia  d'  un  decreto  perché  la  libertà  rimanesse  inviolata.  » 
Il  debole  Governo  Provvisorio,  sia  j>ure  a  malincuore,  era  sceso 
a  quella  dichiarazione,  la  (|uale,  per  la  forma  con  cui  era  stata 


19S  KIMSTOLAIMO.  [lfc!48) 

lia  sospeso  il  suo  viag«>io  qui  per  injilattia  del  niii- 
rito.  (guanto  a  voi,   as))ettate    pure,   quanto    occorre 

redatta,  aveva  tutt' altro  che  paeiKcati  gli  animi.  La  Foct  del 
Popolo  (il.  del  29  maggio  1818)  aveva  infatti  lodati  gì"  intenti 
die  s'erano  proposti  i  dimostranti  del  giorno  precedente  e 
riconosciuto  che  il  proclama  del  Governo  Provvisorio  tradiva 
«tutto  il  malumore»  che  quei  fatti  avevano  «  messo  nell'animo 
degli  onorevoli  membri  »  di  quella  rappresentanza.  A  rendere 
ancor  più  tragica  la  situazione  che  si  era  verificata  nelle  due 
triste  giornate,  sembra  che  di  quello  concitate  })assioni  voles- 
sero trarre  profitto  la  parte,  per  «inanto  esigu.a,  piiì  tiirlioienta 
della  popolazione  milanese  e  tutti  coloro  ciie  si  erano  dati  con- 
vegno a  Milano  per  sfruttare  a  loro  vantaggio  personale  la 
nuova  (condizione  delle  cose.  Contro  «iiiegli  scalmanati,  che  si 
agitavano  nei  circoli  politici,  fu  lanciata  l'accusa,  non  si  sa 
se  meritata  o  no,  di  agire  d'intesa  col  nemico;  e  si  notò  il 
fatto  che  alcuni  periodici  austriaci  accennavano,  velatamente  o 
no,  a  moti  politici  che  si  sarebbero  svolti  a  Milano  (ved.  V.  Or- 
Toi.iNi,  op.  cit..  p.  246),  e  che  l'esercito  nemico,  nninifestaiido 
proprio  allora  una  grande  attività,  si  disponeva  ad  assalire  i  vo- 
lontari toscani  e  napoletani  a  Ciirtatone  e  a  Montanara  (ved. 
C  Pacjani,  op.,  cit..  p.  271).  Comunque,  il  29  maggio  la  diino- 
Mtrazione  assunse  un  carattere  ancor  piti  grave,  c-iilniinando  a 
quello  d'un  vero  colpo  di  .Stato.  Principale  attore  di  essa,  che 
dapprima  parve  continuar  le  proteste  del  giorno  precedente,  fu 
quell'  Urbino,  ebreo  mantovano,  andato  negli-  anni  innanzi  a 
Parigi,  da  dove  il  suo  concittadino  Attilio  Partesotti,  fattosi  spia 
dell'Austria,  ne  denunciava  la  presenza  come  pericoloso  scrittore 
(ved.  il  Frolocollo  della  Giovine  Italia,  voi.  I,  pp.  289  e  oOl). 
Capitato  a  Milano  subito  dopo  lasoilevazione,  avevaapertoscnola 
di  lingua  italiana,  e  immischiatosi  nelle  lotte  politi(;he.  fondata, 
fra  le  moltissime  che  vi  pullularono,  <|uella  Sociiità  della  llige- 
ìierazione  intellettuale  del  Popolo  italiano,  che  aveva  data  la  sua 
adesione  alla  protesta  mazziniana  contro  la  fusione.  Era  certa- 
mente individuo  di  coscienza  assai  elastica,  perché,  dopo  che  fu 
tratto  in  carcere,  si  rivolse  al  Casati  con  una  umile  supplica, 
implorando  la  generosità  del  Governo  Pi'ovviaorio  (ved.  C.  Ca- 
sati, op.  cit.,  voi.  II,  pp.  491-499);  e  liberato  nel  luglio,  e 
tornato  a  Parigi,  vi   pubblicò  a  sua  difesa  un  oimscolctto  intito- 


[1848]  KiMSTOi.Aino.  199 

])er  la   vostra  salute»)  per  altro:  ma  non  per  paura 
iìvgW   Austriaci  die  non  vejijiono  di  <'erto  a  .Milano. 

laro:  JusUjlealiou  d'une  répuhlicain  à  Milan.  Con  l'Uibiiio  furono 
uiaggiorniente  in  vista  <iuell' avv.  Romani,  redattore  del  llepnb- 
blicano,  rimproverato  per  certe  sue  prei;edenti  piaggerif  all'  impe- 
ratore d'Austria,  il  Curti,  che  fu  visto  acclamare  l'ingresso  del 
Mazzini  a  Milano,  il  Bresciaiiiui,  che  tratto  in  carcere  e  rimastovi 
tino  agli  ultimi  di  luglio,  continuò  poi  a  inveire  contro  ai  re  e 
agli  arisrocratici  in  opuscoli  stampati  alla  macchia,  intine,  Enrico 
Cernnschi,  arrestato  anch' egli  con  gli  altri  scalmanati,  non 
ostante  1'  eroica  parte  avuta  nelle  Cinque  Giornate.  Non  ebbe  la 
stessa  sorte  Carlo  Cattaneo,  sebbene  il  Corriere  Mercautile  (n.  del 
29  maggio  1848),  per  aver  veduto  il  suo  nome  in  una  lista  di 
membri  d'  nn  Governo  da  sostituire  a  quello  presieduto  da  G.  Ca- 
sati, lo  coprisse  di  contumelie,  alle  quali  il  vero  organizzatore 
della  sollevazione  milanese  rispondeva  con  sdegnosa  urbanità 
(ved.  Vltalia  del  Popolo  del  5  giugno  1848),  giudicando  i  fatti 
del  29  maggio  una  «  povera  farsa.  »  Di  essi  è  utile  riportare 
((ui  la  narrazione  che  ne  fece  ì'ItaUa  del  Popolo  del  30  mag- 
gio 184S  :  «  Il  decreto  pubblicato  la  mattina  (del  29  maggio) 
per  rispondere  alle  inchieste  della  popolazione,  non  che  tran- 
(juillare  a  parecchi  l'animo,  aveva  spiaciuto  sembrando  loro 
che  il  Governo  Provvisorio  con  parole  di  trojipo  acerbe,  non 
potesse  raggiungere  lo  scopo  supremo,  la  <iuiete  e  la  confi- 
denza. E  correvano  le  pili  strane  voci;  il  battaglione  <U'gli 
studenti,  i  dragoni,  e  molti  della  Guardia  nazionale  volessero 
|)rotestare  alla  piazza  di  san  Fedele,  chiedendo  al  Governo 
non  rimproveri,  ma  leggi;  fosse  già  pronta  una  nuova  com- 
missione, formata  ile'  cittadini  Durini,  Strigelli,  Guerrieri  e 
Imperatori  per  assumere  le  redini  della  pubblica  cosa  dal 
giorno  29  tino  alla  convocazione  della  costituente:  minaccias- 
sero gravi  fatti.  Verso  mezzogiorno,  la  piazza  di  san  Fedele 
er.i  gremita  di  gente  ;  aggiravausi  intorno  strane  figure;  l'uno 
interi"ogava  l'altro,  inquieto  dell' esito  della  dimostrazione  che 
(juasi  tutti  ignoravano  a  che  tendesse,  giacché  anda\'asi  tra- 
sformando contro  il  desiderio  de'  buoni.  Non  compariva  che 
il  battaglione  degli  studenti,  i  quali  anelavano  combattere  gli 
Austriaci,  desideravano  partire  subito,  ma  colla  certezza  che  i 
loro    diritti    di    cittadini    fossero    salvi.    Dicesi    che  i  dragoni 


200  KPISTOLAKIO.  [1848] 

Avete,  si)ero,  veduto  a  quest'ora  il  Medici  aiui 
cissiiiio    mio:    ed    egli    v'avrà   dato    uiui    polizza   di 

HÌauo  iituti  chiusi  in  caserma  —  che  i  corpi  di  guardia  nazio- 
nale non  abbiano  spedito  che  una  deputazione,  secondo  pre- 
ghiei'e  del  Governo  —  che  al  corpo  degH  Istruttori  gli  stessi 
ntìicialì  abbian  conteso  d'uscir  di  Castello.  Intanto  la  molti- 
tudine pili  e  pili  s'addensava,  e  con  reiterate  istanze  chiedeva 
al  balcone  il  Governo.  Indi  si  intese  una  voce:  —  Venite  al 
balcone;  re  lo  diciamo  ancora  una  volta.  —  Ignoriamo  per  qual 
consiglio  nessun  membro  del  Governo  rispondesse  ;  ciò  forse 
avrebbe  evitato  i  successivi  disordini.  Quand' ecco  la  folla, 
sotto  il  balcone,  con  un  moto  subitaneo  si  rompe,  una  ban- 
diora  si  muovo  alla  volta  della  contrada  del  Marino:  e  una 
folla  di  studenti,  d'artigiani  e  di  facchini  si  precipita  verso 
l' ingresso  del  palazzo  governativo.  In  quel  punto  giungeva 
l'ordine  di  chiuder  la  porta;  ma  la  irruente  moltitudine  non 
dà  tempo  e  penetra  nel  cortile,  sale  le  scale,  e  invade  le  sale 
del  Governo.  Parecchi  raccontano  taluno  impugnasse  armi  ;  un 
drappello  di  guardia  civica  abbassasse  il  fucile  contro  gì'  irrom- 
penti, ed  uno  fosse  ferito.  Noi  sappiamo  di  certo.  S'udiv.i  al 
di  fuori  uno  strepito  sordo  di  mille  jiersone  altt^rcanti  ;  erano 
gl'invasori  che  in  mille  guise  e  con  varii  rimproveri  stringe- 
vano i  membri  del  Governo.  II  Casati  non  era  con  essi,  ma 
in  un'altra  sala,  ove  disputavasi  con  l'Urbino;  ignoriamo  il 
loro  colloquio.  Inline  vedemmo  il  balcone  e  le  finestre  popo- 
larsi di  studenti  in  abito  militare,  di  uomini  con  braccia  nude 
e  di   tutta  sorta  di   gente. 

(Ina  voce  dal  balcone.  —  O  cittadini,  il  presidente  viene 
per  mantenere  la  parola  —  compare  il  presidente,  sema  sciarjìa 
tricolore,  pallidissimo  in  volto,  e  V  Urbino  f/U  si  mette  a'  fianchi, 
con  in  mano  una  carta.  Molti  co'  gesti  s' affannano  per  imporre 
sihmio ;  forti  rumori  al  di  dentro. 

Urbino.  —  Or  si  tratta  di  ben  altro;  il  Governo  provvi- 
sorio si  dimette  in  corpo — 

La  moltitudine  in  piazza.  —  No!  Noi   No!   —  Si!   Si! 

E  allora  surse  un  tumulto  da  non  potersi  descrivere,  perché 
da  taliiiii  era  stato  variamente  interpretato  l'annunzio;  taluni 
credevano  fosse  cosa  combinata  con  lo  stesso  Governo,  che 
da  un  quarto  d'ora  sembrava  comunicasse  co'  rimostranti.  Il 


[1848]  Ei'is<iOLAKio.  201 

carico  per  le  casse  cbe  devono  giunger  da  Londra. 
Sono  in  bastiiuento  mercantile,  e  Dio  sa  quando  arri- 

presideiite  fé"  segno  negativo,  strapiiò  di  mano  all'Urbino  la 
carta,  lacerolla  e  ne  gettò  con  isdegno  i  frammenti;  e  allora 
in  piazzii,  dalle  circostanti  finestre  tutti  diersi  a  gridare  :  Il 
Governo  resti  e  dia  la  guarentigia.  Abbasso  il  perturbatore  !  Vira 
iì  presidente  Casati!  E  tutti  agitavano  le  mani,  le  canne,  i 
cappelli  per  accennare  cbe  il  Governo  restasse.  Un  citta- 
dino dalla  finestra  della  Bella  Venezia  voleva  parlare,  ma 
indarno. 

Il  presidente.  —  Cittadini,  io  non  sono  comparso  tìuora, 
perché  .sono  indisposto,  sfinito.  Accogliete  due  parole  ;  mi  manca 
la  lena  per  dirne  di  piti.  Ma  siate  certi;  il  Governo  non  vi 
abbandona  e  non  vi  abbandonerà  mai.  —  Vivissimi  ed  altissimi 
applauxi;  nn  cittadino  lo  ricinge  d'ima  sciarpa  tricolore  e  gli 
bacia  le  mani.   —  Il  decreto  di  (jnesta  mattina.... 

Una  voce.  —  È  un'insolenza!   —  lunghi  romori. 

Il  presidente.  - —  Quel  decreto  Iia  il  valore  d'  una  dichia- 
razione assoluta,  è  legge,  perché  hi  volontà  del  popolo  è  legge; 
(j^uel  decreto  sarà  la  base  indeclinabile,  inalterabile  della  vo- 
stra libertà,  che  sarà  mantenuta. 

Uno  dal  l>alcone.  —  Parlate  di  guarentigie!  Ma  quello  eh' è 
stato  pubblicato  <|uest'oggi  stabilisce  una  libertà  derisoria 
per  noi  ! 

Dalla  piazza.  —  No!  No!  Viva  Casati!  Viva  il  Governo 
Provvisorio  I 

Il  presidente  si  uitira;  ed  è  tosto  sgombrato  il  palazzo. 
Questo  vedemmo.  Vien  detto  che  1'  Urbino  avesse  già  formate 
liste  di  nomi  per  un  nuovo  Governo:  e  non  registreremo  cotesti 
nomi,  reputando  le  persone  accennate  d' intelletto  e  di  cuore, 
e  però  inconsapevoli  dei  disegni  e  delle  intenzioni  dell'  Urbino, 
clr  è  ora  in  carcere. 

Tutta  Milano  si  commosse  profondamente  alla  nuova  del 
colpevole  attentato,  e  pili  che  colpevole,  ridicolo,  opera  soli- 
taria di  alcune  menti,  che  forse  intendevano  imitare  Barbès 
e  con  più  felice  esito.  Il  Presidente  appena  fu  scorto  in  una 
contiada,  venne  con  affetto  circondato  dalla  moltitudine.  In 
sulla  st^ra  tutta  la  guardia  nazionale  stilava  in  sulla  piazza 
di  san    Fedele,   levando    applausi,   protestando  che   sarebbe   al 


202  Kl'ISIOl.AKIO.  |1S4S| 

vano:  ina  quando  arriveranno,  eccovi  fin  d'ora  le 
mie  istruzioni:  vorrei  die  si  ritirassero  tutte  le  carte 

Governo  Provvisorio  un  sempre  vigile  e  lido  sftstegno.  Il  Ca- 
sari  rispontlevii  a  iiu  dipresso  queste  parole: 

O  cari  cittadini,  in  voi  riconosco  veramente  il  i>o)k>1o  di 
Milano,  in  voi  la  mi»  patria  che  amai  e  amerò  sempre  in  (iiia- 
lunqne  circostanza.  Da  dieci  anni  :issnnto  da  voi  a  ttitelare  i 
vostri  diritti,  nella  picciola  sfera  delle  mie  attribn/ioni  ho 
ct'r(;ato  sempre  combattere  le  nsnrpazioni  anstriaclie  ;  ora  risor- 
gente la  patria,  ntt'ratelliito  strettamente  alle  sue  sorti,  nniti 
nello  stesso  pensiero,  nniti  nelle  fatiche,  tntto  con  voi,  tutto 
per  voi  potremo  ogni  cosa  per  la  difesa  della  patria.  8u  voi 
riposiamo;  voi  dovete  difendere  i  diritti  della  patriii  —  <ip- 
plaitHÌ.  —  Permettetemi  che  assista  silenzioso  a  qnesta  santa 
dimostrazione,  giacché  non  posso  più  reggermi  né  j)arlare 
—  applausi.  —  Ma  credetemi;  la  guardia  nazionale  creata  in 
momenti  dìnìcilì  per  la  tutela  dell'ordine  sarà  mantenuta  sem- 
pre per  la  tutela  dell'ordine — upplaiixi. —  Scusate  le  mie 

parole  interrotte:  il  mio  cuore  è  tanto  commosso,  la  vostra 
ai)prov.izione  tanto  mi  è  cara!  —  appìauxi  lunfjhisshiii  —  Io 
vi  ringrazio  non  .solo  per  me,  ma  per  la  jtatria  eh'  io  veggo 
assicurata  nella   tiducìa  clie  avete  jjel  Governo  —  «j>j»/«((«(. 

l'ita  mce.  —   Guai  a  chi   tocca  il  Governo  I 

Allre  voci.  —  Morte  a  chi   lo  tocca! 

//  presideule.  —  La  patria  è  1'  oggetto  solo  delle  nostre 
cure;  ad  essa  abbiam  sacrificato  e  sacri liclieremo  tutto;  e  voi, 
generosi,  colla  vostra    forza   ci  difenderete  da  quelli    che   son 

nemici  dell'ordine —  applausi  —  K  noi  saremo   fortissimi, 

ijuando  facciate  eseguire  a  nornui  della  religione,  del  iliritto, 
della  libertà  vera.  Né  dittìdiamo  di  questo,  che  siete  composti 
in  tale  ordine,  eh' è  in  voi  veramente  il  simbolo  della  patria. 
Onde  vi  ringraziamo  invocandovi  mille  benedizioni  in  nome 
di  Pio  IX,  dell' arcivescovo  nostro  e  de'  nostri  diritti  !  l'.vviva 
i  conservatori  della  libertà  e  della  giustizia. 

Altro  disse  che  fra  (|ue'  festevoli  commovimenti  di  nudti- 
tudine  non  abbiam  potuto  raccogliere.  L'arcivescovo  anch'esso 
parlò  e  benedisse  al  popolo  ;  tutta  la  città  fu  illumitata  a  segno 
d'universa  letizia;  né  altro  d'una  rivoluzione  restava  che  il 
giubilo  d'averla  dissipata.  » 


(1818]  KlMSTOl.AKIO.  L'OJ> 

manoscritte  per  niaiularmele  dove  sarò:  e  che  un 
aniieo  si  togliesse  la  noia  di  fare  il  catalogo  esatto 
dei  libri  e  me  lo  spedisse  :  vedrei  allora  (iiiei  pochi  dei 
quali  potrei  avere  bisogno.  Vidi  e  con  molto  piacere 
l'Abbate  J)e  Macchi,  e  sono  grato  a  Carolina  per 
avermelo  fatto  conoscere.  Ebbi  la  lettera  di  Tunisi. 
Sapeva  già  di  (rioberti  :  gli  scriverò  due  linee  in 
Roma.  (')  Qui  fa  caldo  molto.  (Jurate  la  vostra  salute. 
Abbracciate  il  ])a(lre  e  amate  sempre  il 

vostro 
Giuseppe. 

(^*)  Il  Gioberti  era  «imito  a  Genova  la  notte  del  22  mag- 
gio, e  v'era  ^tato  accolto  con  indescrivibile  entusiasmo.  Nella 
Concordia  del  2tì  dello  stesso  mese  si  leggeva:  «  L'illustre  Gio- 
berti prima  di  lasciar  Genova  volle  conoscere  personalmente 
i  genitori  di  Giuseppe  Ma/.zini.  Accompagnato  da  alcuni  amici, 
ei  vi  si  portava  a  casa  e  gli  ab))racciava  con  altetto.  dicendo 
loro  che  sebbene  le  sue  dottrine  politiche  non  si  accordassero 
con  quelle  del  loro  liglio,  ciò  non  pertanto  ei  gli  professava 
tutta  la  stima  e  tutto  l'amore,  siccome  uomo  che  alP altezza 
dell'intelletto  riunisce  un'anima  generosissima  ed  un  eccel- 
lente cuore.  Dopo  uno  scambio  di  attcttuose  espressioni.  Vin- 
cenzo Gioberti  prendeva  commiato  dai  coniugi  Mazzini,  dicen- 
dosi lieto  d'aver  fatta  la  personale  conoscenza  dei  genitori 
del  primo  iniziatore  dell'  indrpendema  ilaliana.  »  Di  (|Uella  visita 
si  era  menato  grande  rnnu)re  in  Itali.i  ;  e  il  Corriere  Livornese, 
uno  dei  pochi  periodici  che  erano  favorevoli  al  Mazzini,  pole- 
mizzando col  Corriere  Mercantile,  scriveva  il  o  giugno  1848  : 
«  Oh  come  non  avete  profittato  del  niemoral)ile  esempio  dato 
dal  pili  grande  sostenitore  delle  opinioni  cui  fate  eco,  il  Gio- 
berti, che  nella  città  vostra  faceva  una  sola  visita,  ed  era  alla 
madre  del  Mazzini,  rendendo  cosi  omaggio  al  suo  oppositore 
di  cui  rispetta  1'  ingegno  e  la  virtii  I  K  neppure  rispettate  quel 
vostro  concittadino,  di  cui  dovreste  menar  vanto,  il  Mazzini, 
o  lo  chiamate  con  ironia,  il  misterioso,  il  sublime  e  disinteressato 
apostolo,    non    vedendo,  che    tutti  gli    uomini    onesti    d'  Italia, 


204  Kl'ISTfH.AHIO.  [1848] 

MMCCCCXX. 

Ai.r.A  Madre,  a  Genova. 

[Milano],   2  giugno  [1848]. 

Cara  madre, 

Ho  la  vostra.  Mia  buona  luadre,  i)rendete  il  mio 
consiglio:  non  v'affannate  tanto  per  l'opinione  altrui 
sul  mio  «'Olito,  (ria  tanto  e  tanto,  come  io  scriveva 
ieri  a  un  Deputato  di  Torino,  si  va  tutti  al  sepolcrc), 
dove  non  sono  altri  giudici  fuorché  Dio  e  la  coscienza. 
Se  tutte  le  a<;cuse  mi  rendessero  infelice,  avreste, 
anumdomi,  ragione  di  soffrire  i>erme;nja  io  non  lio 
dolore  delle  ciarle  altrui:  anzi,  qualche  volta  mi  met- 
tono di  buon  umore.  Come  v'  ho  già  detto,  io  non 
ebbi  che  fare  col  pasticcio  dell'altro  giorno.  Feci  una 
dichiarazion<»  che  forse  avrete  veduta:  (')  ma  quanto 
all'affaccendarx  i  in  (lenova  per  provaie  la  mia  inno- 
cenza, lasciate  un   po'  <;he  ci'edano  quel  che  vogliono. 

anclie  i  niii  opjxtsti  oppositori  alle  sne  credenze,  non  gli  pos- 
sono negare  (jnelle  lodi  die  in  bocca  vostra  soltanto  suonano 
ironiclie  ?  »  Infatti,  lo  stesso  Gioberti,  dnrantc  la  sna  breve 
diinora  a  Milano,  aveva  avnto  parole  cortesi  all'  indirizzo  del 
Mazzini,  cui  chiamava  «generoso  Lignre»  nel  suo  art.:  G.  Maz- 
zini e  i  repubblicani,  pnbbl.  nel  Pio  IX  del  10  maggio  1848.  Ma 
più  tardi,  quando  la  passione  ]>olìtica  lo  rese  ingiusto,  assalì  vio- 
lentemente l'esule  nel  programma  al  Saggiatore  e  nel  liiuìio- 
rameiito  (lib.  I,  cap.  11°).  Partito  da  Genova  il  24.  il  Gioberti  era 
entrato  in  Konia  il  giorno  dopo,  scendendo  all'albergo  d'Inghil- 
terra, in  A'ia  Horgognona,  libattezzata  poi'  l'occasione  via  Gioberti. 

MMCCCCXX,  —  Inedita.  L'  autografo  si  conserva  nella  rac- 
colta Nathaii.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre  del  Maz- 
zini aniiorò:   «2  gingilo  1848,   con  nota  dei  libri  da  inviarli.  » 

(*)  La  Dichiarazione  deW AsxoGiazione  Nazionale  Itdliana  ai 
Milanesi,  comparsa  nell'  Italia  del  Popolo  del  30  maggio   1848. 


[1848]  K  PI  STOLA  u  IO.  205 

Ho  vetliito  il  fratello  di  Checoo^  e  ric^eviito  oj^ni  cosa: 
e  <Vogni  cosa  vi  sono  gratissiiiio.  Perché  mai  Aiito- 
niettji  non  venne?  OosMian  die  fare  le  cose  di  Milano 
<;on  mei  e  col  V' edere  i  miei  parenti?  A  ogni  modo, 
profittate  della  dilazione  e  se  per  caso  giungessero 
neir intervallo  le  casse  di  libri  da  Londra,  date  a 
lei  le  mie  carte.  Se  no,  appena  arrivano,  mentre  nn 
amico  farà  il  catalogo  domandato  da  me,  fate  che 
in  una  cassetta  mi  vengano  spedite  tosto  le  carte, 
i  volumi  e  fascicoli  che  troverete  dispersi  nelle  casse, 
deìV  Eticyclopétìie  Nouvelle  ;  tutti  quanti  sono:  mi 
sono  assolutamente  necessarii  :  un  i)iccolo  manuale  di 
Cronologia  se  pur  lo  trovate,  francese.:  le  cose  di 
^richelet,  e  quelle  di  Foscolo.  Del  resto,  parleremo. 
Non  ho  ora  la  vostra  sott'oc(diio,  e  non  so  se  vi 
siano  cose  alle  quali  io  dovessi  rispondere.  Abbrac- 
ciate e  confortate  il  padre.  Risponderò  due  linee  al 
Uev.  Maineri.  (')   Vi  risciiverò  prestissimo.  Amate  il 

vostio 
Giuseppe. 

Porrò  dopo  dimani  una  letterina   per  la  zia. 

(*)  Il  sacerdote  Filippo  Mainieri  era  stato  fra  quei  Genovesi 
accorsi  in  Lombardia  all'annunzio  dell'insurrezione  di  Milano; 
e  il  28  luglio,  quando  cioè  cominciarono  a  delineaisi  i  rovesci 
ilelle  anni  piemontesi,  e  Genova  si  mise  in  agitazione  e  promosse 
una  protesta  al  Parlamento  «  contro  l' inerzia  colpevole  del  Mini- 
stero e  contro  i  gretti  municipalismi,  »  egli  arringò  il  popolo  con 
un  acceso  proclama  (ved.  la  Concordia  del  31  luglio  1848).  Pili 
fardi  segui  Garibaldi  in  Toscana  e  in  Romagna,  in  qualità  di 
«  cappellano  della  1»  legione  italiana;  »  ma  a  Rieti  il  generale 
fu  costretto  a  farlo  imprigionare,  perché  commise  un  grave^ 
reato  di  sangue  (ved.  E.  Lokvinson,  G.  Garibaldi  e  la  sua 
legione  nello  Staio  Romano,  ecc.,  cit.,  voi.  I,  p.  SO,  passim).  Nel 
1851  Maineri  fu  accusato  di  veneficio  contro  il  p.  Bartolomeo^ 
Kottaro  genovese;  ma  fu  assolto  per  insufifìcienza  di   prove. 


206  KiMSTOi.Auio.  [1848 

MMCCCCXXT. 

A   CIARLO  Matteioci.  il  Milano. 


[Miliino].  domenica   [4  giujjiio   1848] 

Caro  Matteueci. 


tto  S 


Ti  sono  «rato  dei  due  biglietti.  Non  lio  detto 
])ei  Toscani  la  metà  di  quello  clie  avrei  voluto.  (') 
Quanto  a  cAo  clie  tu  mi  dicevi  nel  primo  tuo  biglietto, 
ti  dirò  che  io  proftersi  al  (Jovenio  di  qui  1000  gio 
vani,  armati  ed  e(|uii>aggiati  a  i>roprie  spese,  volontari 


MMOCCCXXI.        Pnl.l»!.,  in  parte,  d.a  N.  Bianchi,  C.  Mat-  S 
tencci,  ecc.,  cit.,  j».   152,  in  oni  è  apposta  la  data  del  28  niag-  ^^B 
gio  1848,  clie  non  couipari.sce  nell'originale.  Carlo  Matteueci, 
insegnante  di  tisica  all'Università  di  Pisa,  aveva  conoscinto  il 
Mazzini   a  Londra   nel   settembre   del    1846   (ved.    la   nota  alla 
lett.  MMLVII).,I1  23  marzo  1848,  all'  annunzio  dell'  insurrezione 
milanese,  s'era  unito  al  battaglione  degli  studenti  toscani  ane-  ^^ 
lauti  di  correre  in  Lcunbardia  e  dal  Governo  granducale  era  stato  ^H 
rivestito  dell'  autorità  di  commissario  civile  del  piccolo  esercito 
toscano  (ved.  N.  Hianchi,  C.  Matteueci,  cit.,  p.  141).  Rimase  per 
più   tempo  inoperoso  sullo  balze  dell'Apennino,  per  le  fiacche 
<leIiberazioni  di  quel  Governo  stesso,  per  cui  ebbe  più  volte  rt 
protestare,  e  arrivò  in  Lombardia  solamente  pochi  giorni  prima 
del  29  maggio,  durante  il  quale  si   trovò  lìrosente  alla  scena  di 
palazzo    Marino,  e  fu    tra,   quelli  che    si   misero   a    difesa    del 
Casati  (ii>.,  p.  153).  L'autografo  sta  nel  carteggio  di  N.  Bian- 
clii,  posseduto  dalla  Biblioteca  Comunale  di  Reggio  Emilia.  A 
tergo  di  essosta  l' indirizzo,  di  pugno  del  Mazzini  :  «  Prof.  C.  Mat- 
teueci, Bella  Venezia,  »  indicazione  che  fu  poi  cancellata,  e  sosti- 
tuita con  «  Marino.  » 

(*)  L'art,   del  3  giugno,  che  aveva  scritto  quando  si  sparse 
la  voce  della  morte  del   Montanelli  a  Curtatone. 


I 


[1848]  KlMSTOI-Al!U..  207 

scelti,  tra  i  quali,  naturalinentej  io  scendeva:  e  mi 
furono  ricusati:  come  mi  furono  ricusati  altri  aiuti 
córsi  e  svizzeri,  come  mi  furono  ricusati  alcuni  uftì- 
ziali  distinti  nostri  di  Si)agna.  Sicché  vedi  che  non 
<''è  colpa  mia.  E  quanto  al  tono,  non  ùeW  Italia  del 
Popolo,  che  spei'o  aver  sempre  mantenut.M  nei  termini 
della  moderazione,  nui  delle  mie  poche  linee  tìrmate 
d'ieri,  se  tu  avessi  veduto  «li  articoli  bassamente 
vilhini  ch'escono  da  un  mese  contro  di  me  nei  vostri 
giornali:  se  tu  volessi  ricordare  e  la  vigliacca  secu- 
rità  deW esilio  <lel  Risorgimento,  e  gli  insulti  giorna- 
lieri del  Corriere  Genovese  e  d'altri,  (M-e  le  accuse  di 


(')  Era  infatti  iiiio  dei  pochi  art.  che  recava  hi  firma  del 
Mazzini.  E  «[uauto  al  «  tono  »  di  esso,  che  vi  aveva  rilevato 
il  Matteucci.  doveva  for.se  riferirsi  alle  parole  di  velato  rim- 
provero del  Mazzini  per  le  «  grida  festanti  »  udite  la  sera  del 
31  )naggio  «  che  rivelavano  1'  ebbrezza  della  vittoria  nel  po- 
polo milanese  »  alla  notizia  della  fortunata  giornata  di  Coito. 
«  Io  pensava  alle  povere  madri.  —  aveva  infatti  scritto  — 
alle  sorelle,  alle  amiche  dei  giovani  toscani  spenti  tra  le  Grazie 
e  C'urtatone;  al  dolore,  sublime  di  conforti  italiani  e  di  nobile 
orgoglio,  pur  sempre  dolore  che  visitava  in  quell"  ore  stesse 
l'anime  loro:  all'energia  morale  che  una  pili  composta  mani- 
festazione e  una  solenne  testimonianza  d' affetto  escita  in  <(nei 
momenti  dai  frat<'illi  nella  patria  comune  avrebbe  forse  ag- 
giunto ad  esse  ])er  sostenerlo.  E  avrei  voluto  che  se  non  la 
jtrima.  la  seconda  parola  proferita  da  quei  che  annunziavano 
al  popolo  la  A'ittoria  fosse  stata  parola  di  conforto  a  quelle 
dolenti  ;  avrei  voluto  che  se  non  il  jìrimo.  il  secondo  pensiero 
degl'Italiani  avesse  promosso  un  in^iri^^o  che  ne  alleviasse  il 
cordoglio  e  un  ricordo  perenne  della  patria  riconoscente  a  (jiiei 
forti  immaturamente  mietuti.  »  E  più  sotto,  conchiudendo  la 
sua  commemorazione  per  il  Montanelli,  aggiungeva  le  parole 
seguenti,  che  non  potevano  avere  il  consenso  del  Matteucci, 
il  quale  aveva  favorita  la  fusione  della  Lombardia  al  Piemonte: 
«E  lo  rividi  or  son  pochi  giorni;  sconfortato,  addolorato  nel- 
l'anima dal  decreto  del   12  maggio,  dalla  ]>iega  che  assumevan 


208  EPISTOLARIO.  [1848] 

iioii    aver  voluto  veder   mia    madre    .stampate    inaile 
umra  di  Milano,  mentre  la  i)overa  mia  madre,  atter- 

Uì  cose,  dall'errore  che  convertiva  in  questione  dinastica  la 
questione  nazionale,,  in  una  ipotetica  federazione  di  Stati 
l'Unità  vagheggiata.  Parlava  meno  eloquente  del  solito  e  con 
intonazione  mestissima.  Non  so  s'egli  avesse  presentimento, 
ma  certo  aveva  desiderio  di  morte.  I  rischi  delle  persecuzioni 
non  avevano  potuto  domarlo  ;  la  delusione  lo  trovava  debole 
e  stanco.  E  la  morte  venne:  dovitnqne  tu  vedi,  dice  Goethe, 
indizio  di  Genio,  iut  sei  cerio  di  trovar  presto  ìa  corona  del  martire, 
E  la  fede  intensa  e  l'amore  son  parte  di  Genio.  Forse  meglio 
per  lui.  Dio  sa  di  <|uante  calunnie,  di  quante  nuove  delusioni 
avrebbero  gli  uomini,  s'ei  viveva,  abbeverato  la  candidissima 
anima  sua;  e  se  il  Dubbio,  pili  amaro  assai  della  morte,  iu)n 
l'avrebbe  un  giorno  sdorata  dall'impura  sua  ala.  »  Calunnie 
contro  il  Mazzini  e  contro  tutti  coloro  che  non  avevano  ap- 
jirovato  il  decreto  di  fusione  del  12  maggio  1848  non  erano 
mancate  nei  periodici  favorevoli  al  Governo;  ad  alcune  di 
quelle  del  Corriere  Mercantile  (il  Genovese  (jui  indicato  dall'agi- 
tatore) si  fa  cenno  nella  nota  alla  lett.  seguente;  nel  Risor- 
f/imento  del  18  maggio  1848,  uno  di  quei  redattori,  che  si 
celava  nella  sigla  A.  L.  S.,  a  proposito  della  nota  protesta  che 
era  stata  pubbl.  nella  Voce  del  Popolo  e  dei  firmatari  di  essa  scri- 
veva :  «I  nomi  di  molti  fra  questi  miserabili  ignoti  ed  oscuri, 
li  salviamo  dalla  indegnazione  dei  buoni.  Troppi  noti  sono  quelli 
di  altri  molti.  Maestro  e  donno  è  quel  Mazzini,  anima  indomita  e 
turbolenta  che  dalla  vigliacca  sicurezza  dell'esilio  tanti  generosi 
giovani  a  certa  inutile  morte  con  improvvidi  scritti  ed  eccita- 
menti mandava.  Havvi  Filippo  De  Boni,  fecondo  compiiator 
di  cronache,  poeta  non  ultimo,  ma  povero  politico  finora,  e 
non  miglior  cittadino.  Havvi  un  Kevere,  forse  colui  che  presso 
noi  avrebbe  dovuto  informarsi  a  migliori  sentimenti.  Havvi 
per  ultimo  il  sig.  F.  A.  Urbino!  Come  noi  conoscete?  Chinate 
il  capo,  o  Signori,  egli  stesso  vi  si  annunzia.  Egli  è  nientemeno 
die  II  Presidente  della  Società  della  Rigenerazione  intellettuale  del 
popolo  Italiano.  Che  dalla  indegnazione  al  riso,  si  potesse  facil- 
mente passare,  questo  titolo  pomposo  ed  altri  di  cui  si  fre- 
giano questi  falliti  rivenditori  d'idee  repubblicane,  per  la 
prima  volta  ci  fanno  edotti.  » 


[1848]       •  KIMSTOI-AKIO.  209 

l'ita  dalle  iniuacce  ilei  partito  monàrchico  in  Genova, 
mi  scongiurava  di  darle  la  mia  parola  d'onore  che 
non  andrei  a  (ìenova,  certo,  mi  troveresti  moderato 
abbastanza.  Lode  al  cielo,  io  non  ho  mai  proferito 
bassezze,  né  minacciato  morte,  né  calunniato  anima 
viva,  per  credenze  diverse  dalle  mie.  liendimi  questa 
^^iustizia  ed  ama,  come  puoi,  il 

tuo  att'.mo 

Gius.  Mazzini. 


MMCGCCXXII. 

A    GOFFKEBO    MAMELI,    a    Bozzolo. 

[Milano],   6  ghi^uo  [1848]. 
Caro  (rott'redo, 

Ti  sono  «ratissimo  della  nuova  conoscenza  e  delle 
tue  linee;  sarei  più  grato  se  fossero  meno  laconiche: 
e  se  tu  mi  dicessi  due  parole  sulla  missione  che  t'eri 
assunta.  (')    Fu    qui    La   Masa;  (^)    e    sarà   «pii    fra 


MMCGCCXXII.  —Inedita.  Ne  esiste  una  copia  ueirauto- 
grafoteca  Natban. 

(')  G.  Mameli,  come  gran  parte  dei  Genovesi,  non  soddi- 
sfatto di  essere  agli  ordini  del  Torres,  era  passato  tra  i  v^olon- 
tari  della  Legione  Mantovana,  combattendo  con  essi  a  Go- 
veruolo  e  a  Vicenza.  Prima  però  di  varcare  il  Mincio  «  era 
stato  chiamato  da  G.  Mazzini  a  Milano,  »  lino  a  quando  «  tornò 
al  campo  con  incarichi  del  Governo  Provvisorio  »  di  Lombar- 
dia.  Ved.   G.  Mameli,   Scritti  editi  e  inedili,    ecc.,    cit.,  p.    34. 

(2)  G.  La  Masa,  ancor  prima  che  le  truppe  borboniche 
avessero  repressa  la  sollevazione  delle  Calabrie,  radunata 
una  «  legione  sicula,  »  era  accorso  nell'Italia  settentrionale. 
Rimasto   alcun    poco  a  Ferrara,  dove  fu  sdegnato  di  trovarvi 

MAzzixr,  Scritti,  ecc.,  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  14 


210  KPISTOLAltlt).  [18 

due  o  tre  «jiorni   Dall' Ou^aro  ])er  coiiimissione  ideu- 

anoora  i  Tedeschi,  orgauizzò  una  specie  di  blocco  di  (|U(lla 
fortezza,  poi,  a  istanza  del  principe  di  Canino  e  di  alcuni 
uMziali  pontifici  andati  a  lui  da  Treviso,  si  recò  nei  Veneto  con 
la  sua  legione  ,(ved.  G.  La  Masa,  Documenti  della  rirolmione 
«iciliana  del  1847-49,  ecc.,  cit.,  pp.  266-270).  A  Treviso  propose 
al  Governo  Provvisorio  Veneto  «  una  nuova  riorganizzazione  pei 
corpi  volontari  componendoli  a  squadre,  »  che  fu  approvata. 
«  Tu  saprni  —  si  leggtna  in  una  corrispondenza  ail'//rtJ«rt  del 
Popolo  del  30  nniggio  1848  —  clic  il  17  si  è  costituito  un  comi- 
tato de'  corpi  volontari!,  che  si  dimanda  Conif'njUo  militare  preitso 
il  comando  generale  de'  corpi  volonlarii,  perché  si  rannodi  ed 
accentri  1' azione  di  unesti  corpi,  perché  i  rapjtorti  fra  essi  ed 
il  Governo  sian  celeri,  perclié  sia  fiicihnente  provveduto  alle 
nc»'esHÌtà  della  guerra  e  de'  volontarii.  Il  Comitato  si  ehlx» 
l'approvazione  del  Manin  e  dell' Armandi;  risiederà  per  ora 
a  Treviso:  indi,  ove  sarà  l'azione.  G.  La  Masa  <•  presidente; 
A.  Mordini  segretario;  e  membri  ne  sono:  L.  Zambeccari,  De 
Capitani,  Fabrizi.  V.  Caldesi,  A.  Giacomelli,  G.  A.  Romeo, 
L.  Manzi,  (J.  Varisco,  G.  Modena.  Al  colonnello  Morandi  fu 
<lato  il  comando  superiore  dei  Corpi  franchi,  secondo  il  desi- 
<lerio  esternato  dal  comitato  medesimo.  »  Intanto,  il  Consiglio 
militare  non  si  occupava  di  sole  faccende  guerresche,  che  il 
21  maggio  lanciava  ai  'l'revigiiini  un  proclama,  firmato  dal  I^a 
Masa  e  dal  Mordini,  esort.-indosi  a  non  seguire  il  «  male  augu- 
rato esempio  di  Milano,  »  riguardo  alla  fusione  col  Piemonte, 
e  il  26  dello  stesso  mese  ne  rivolgeva  un  altro  ai  «  volontari 
italiani,  »  dichiarando  che  erano  stati  «  trattati  sovente  con 
superbo  disprezzo,  o  manomessi  con  meditato  al)l»andono  dai 
pedanti  della  milizia.  »  Più  tardi,  il  La  Masa  ebbe  a  rimjiro- 
verare  il  generale  Armandi  di  attraversare  i  disegni  del  Con- 
tiiglio  militare.  «  Era  scopo  del  Consiglio  militare  —  scriveva 
infatti  —  il  correre  sul  Cadore  con  4.000  volontari,  e  vinco- 
lare il  nemico  ai  contini  e  chiudergli  il  passo Armandi  in- 
vece di  raccogliere  dissipava  le  truppe  che  erano  a  Treviso, 
«>  negava  loro  i  materiali  di  guerra,  e  i  cannoni  di  montagna. 
Il  tempo  passava  ed  i  nemici  scendevano  a  torme  dal  Cadore: 
*ii  facevano  delle  brevi  sortite  ed  il  nemico  fuggiva  sempre 
loro  d'innanzi,   al  di  là  del   Piave.   —  Per  compire  il   numero 


■'""■ 


{1848]  Erisroi.AKio.  211 

tiea.  (')  Che  lUuiio  i  Modaiiesi?  vedesti  Kiiffini  f  (*) 
iiisomiuji  scendi  dalle  nuvole  e  dimmi  qualche  cosa  iu 
pio j tosi t<).  Possibile  che  debbano  esser  nostre  tutte  Io 
virtiì,  fuorché  hi  costanza  nei  disegni!  Dopo  quella  del- 
l' 1 1  uuirzo  che  annunziava,  come  sai,  un  ritardo,  venne 
da  Montevideo  un' ultra  del  lo.  che  annunziava  miiìlio- 


flie  alil>is<)giiuva  all'  iiiii)iesii  del  Cadore,  La  Masa.  hisciaudo 
Ja  sua  legione  a  Treviso,  come  presidente  del  Consiglio  correva 
lì  Milano  per  raccogliere  i^uanti  volontari  poteva  da  quelle 
pani.  Un  battaglione  di  Civica  mobili/.zato  si  moveva  allora 
da  Milano  con  due  cannoni  per  recarsi  solleciì^^o  a  Treviso  sotto 
la  direzione  del  Consigli»)  —  uu  l>attaglione  di  polacchi  guidati 
dal  celebre  Mickiewicz,  soprannominato  il  profeta  della  Po- 
lonia, si  offeriva  al  La  Masa  per  venire  ammesso  in  Treviso 
<]uante  volte  il  Governo  veneto  lo  accettasse  ;  Mazzini  e  De 
Boni  offerivano  4.000  .Svizzeri  che,  completamente  armati,  essi 
avevano  arruolato  ]»er  la  guerra  d'Italia.  In  fra  otto  giorni 
La  Masa  compiva  la  sua  missione  e  tornava  con  questa  speranza 
in  Treviso  ed  in  A'euezia.  Facea  i)re8euti  ad  Armandi  le  sue 
operazioni,  e  questi  freddamente  rispondeva  davanti  al  Consi- 
glio ohe  l'ascoltava  e  fremeva:  Noi  non  vogliamo  né  Sviz- 
zeri, né  Polacchi.  Noi  non  siamo  in  obbligo  di  <lifendere  le 
jtrovincie  venete  che  lianno  fatti»  tanto  poc(»  ]»er  noi.  »  La 
Masa,  op.   cit.,  pp.   269-270. 

(/)  Fr.  Dall' Ongaro  trova  vasi  in  ([uei  giorni  a  Treviso, 
difesa  animosamente  dalla  guarnigione  comandata  dal  Zambec- 
cari;  ma  subito  flopo  la  resa  di  quella  città,  avvenuto  il  14  giu- 
gno, andò  a  Venezia,  dove  si  .schierò  in  quel  gruppo  repub- 
blicano che  era  avversario  alla  fusione  col  Piemonte.  Ved. 
V,  Makciiksi.  Storia  dommentata  della  rivoluzione  e  della  difesa 
^i    Venezia  negli  anni  1848-'4'J.   ecc.,   cit.,   p.   232. 

i')  Lasciat»)  il  Mazzini  a  Milano  (ved.  la  nota  alla  lett. 
MMCCCLXXVII).  G.  B.  Ruftini  era  andati»  a  Modena  (ved. 
V Indipendenza  Italiana  del  20  aprile  1848),  dove  tentò  opporsi 
alle  t«ndenze  fusioiiiste  di  quel  Governo  Provvisorio,  poi  partf 
(30  giugno)  i»er  il  campo,  in  qualità  di  capitano  dei  volontari 
modenesi  (ved.  G.  Sfokza,  A'smìì  estenui  in  Fiemonle,  in  Ardi., 
i-\r.,  voi.  I,  p.  99). 


212  Kl'lSTOI.AKIO.  [1<>48, 

iato  l'Auzaiii  e  decisi  ji  inibavcarsi  subito  i  legionarii. 

Ogni  giorno  è  dunque  ])Uoiu>  per  udirli  arrivati.  (') 

Se  hai    nuove   di    Montanelli,  che    spero   vivo  e 

prigioniero,  trasmettile,  te  ne  prego.  (-)  E  se  accade 

(')  .Sul  ritorno  di  Garibaldi  in  Italia  correvano  »:ia  du 
qnalohe  mese  le  notizio  più  disparate  (ved.  infatti  la  nota  alla 
lett.  MMCCCXCVIII)  :  e  non  erano  vei aniente  rinsi-iti  a  proci- 
Harle,  tanto  quello,  avvenuto  in  modo  ahjnanto  niisterios^o,  di 
G.  Medici  (ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCUXV),  qnanto  l'altro 
della  fainìti;lia  del  generale,  avvennti  entrambi  nel  marzo  (ved. 
il  Protocollo  della  Glorine  Italia,  voi.  VI,  pp.  335-337).  Pro- 
bal)ilmente,  il  Mazzini  doveva  attingere  a  fonte  assai  pili 
attendibile  di  quella  dei  periodici,  osservando  che  il  ritardo 
alla  partenza  dipendeva  dallo  gravissime  condizioni  di  salnte 
del  povero  Anzani,  che  tuttavia,  per  il  ealdo  suo  amor  di 
patria,  anelava  di  giungere  in  Italia,  da  dove  erano  arrivate 
in  America  notizie  confuse,  se  non  di  sollevamenti,  certo  di 
risveglio  del  sentimento  nazionale  (ved.  E.  JJkamhii.i.a,  Fran- 
cesco Anzatii;  Como.  Gagliardi.  1910.  p.  20):  ed  infatti,  sia 
pnre  animati  dalle  migliori  speranze,  i  legionarii,  dÌ8p<meu- 
dosi  a  salpare  per, l'Italia,  ciò  che  avvenne  il  lo  aprile  1848,. 
nulla  sapevano  degli  ultimi  avvenimenti  di  Lom])ardia,  e  anzi 
vagheggiavano  di  approdare  .sopra  una  costa  di  Toscana,  get- 
tandosi alla  ventura  (ved.  G.  Gaimbai.di,  Memorie,  ediz.  cit., 
p.  171);  e  n'ebbero  fortuita  conoscenza  a  San  Palos,  sulla 
costa  spagnuola,  in  una  breve  fermata  della  nave,  che  ave- 
vano ribattezzata  Speranza,  e  che  giunse  nelle  acque  di  Nizza  il 
21  ginguo.  Ved.  peraltro  notizie  la  nota  alla  lett.  MMGCCCXXVI. 

(■-)  Il  Montanelli,  caduto  ferito  a  C'urtatone,  era  stato  fatto 
prigioniero  e  condotto  a  Mantova,  poi  ad  Innspruck  (cfr.  Cinque 
lettere  di  G.  M.  a  S.  Centofanli,  Pisa,  Nistri,  191  ;  per  nozze 
Fazio-Carta);  tuttavia,  si  sparse  la  voce  eh' ora  caduto  morto, 
e  il  Mazzini  lo  commemorò  uell'//«/ia  del  Popolo  del  3  giugno  1848. 
È  però  evidente  che  qualche  giorno  dopo  giunsero  notizie  pili 
veritiere  (ved.  infatti  lo  stesso  periodico  di  tre  giorni  appresso)  ^ 
ma  quella  certa  s'ebbe  solamente  il  14  (ved.  Il),  del  16  giu- 
gno 1848).  Il  Mazzini  aveva  personalmente  conosciuto  il  Monta- 
nelli quando  questo  era  andato  a  Milano;  si  rividero  poi  a  Firenze 
l'anno  a])presso,  e  pili  dopo  ancora  diventarono  avversari.  In 


1 


[l.SJS]  KIMSI'OI.AIMO.  218 

fatto  o  cosadji  inserirsi  nel  giornale,  scrivi  o  fa  scrivere 
.subito  con  particolari.  Fate  almeno  clie  il  nostro  fior- 
itale abbia  una  ])arte  che  sia  la  Cronaca  dei  roìontarii. 

Avete  un  jiiornale  vostro.  j)er<lio!  dovreste  niet- 
rervi  in  quattro  i)er  farlo  1)noiio.  utile  e  potente,  non 
solamente  jier  abbonati,  ma  anclie  i)er  redazione. 

(Jra.  a  noi:  e  in  questo  almeno  dovresti  trovarti 
pienamente  d'accordo  con  me.  L'acchiusa  nota  è  di 
Verdi.  Cogli  il  })rimo  momento  d' isi)irazione  che  non 
sia  ricordo  delle  tue  Orazie.  uni  ispirazione  bellicosa, 
popolare:  e  mandami  un  Inno  che  diventi  la  Marsi- 
^glie8e  Italiana:  e  della  quale  il  ])opolo.  per  usjtr  la 
frase  di  Veidi.  scordi  l'autore  e  il  poeta,  A'edi  dunque 
i'  fa  —  senza  per  altro  scordare  l'altra  commissioius  (*) 

una  nota  alla  iiecTologia  ciL  il  Gironi  scriveva  nella  pili  volte 
lioortlata  sua  Hihìiof/ rafia  Mazziniaìia:  «  Qnoste  parole  furono 
scritte  dal  Mazzini  profondamente  commosso  per  l'infausto  aii- 
inmzio.  Il  Montanelli  nel  niovimonto  riformista  aveva  dissentito 
da  lui.  ma  venuto  in  Milano  andò  a  trovarlo  alla  abitazione 
di  JiorgoHpes-so.  e  gli  si  gettò  ai  piedi,  dimandandogli  scusa, 
abbracciandolo  poi.  pi;ingendo  di  rammarico,  di  (enerezza,  di 
venerazione.  Discorsero  a  lungo,  si  separarono  amici.  All'an- 
nunzio della  morte  io  ho  sentito  il  Mazzini  esclamare:  Ora  che 
ci  eravamo  hitcxi!  Il  Montanelli  Jion  mori,  e  gli  tornò  avversario 
dopo  il  '19  per  influenze  francesi,  e  femminili,  e  lasciò  non  belle 
traecie  di  ijuesta  ridesta  avversione  nelle  sue  infelici  Memorie.  » 
{')  Il  Mameli  aderì  all'  invito  del  Mazzini,  o  inviò  dal 
<am)»o  l' inno  :  All'  armi!  AlVarmi,  ecc.  Ved.  M.  MkxìtMINI,  Verdi 
/  V limo  militare  (nella  Tribuna  del  27  luglio  1907).  11  Verdi, 
che  aveva  conosciuto  il  Mazzini  a  Londra  nel  giugno  dell'anno 
jtrecedente  (ved.  la  lett.  MMCLXXVIII),  non  fu  in  (jiiello  suc- 
cessivo il  solo  tra  i  grandi  nniestri  dell' arte  musicale  italiana 
a  rivestire  di  note  inni  patriotici  ;  infatti,  weW Italia  del  Popolo 
del  28  maggio  1848  si  leggeva  la  notizia  seguente,  che  forse 
aveva  dato  al  Mazzini  l'idea  di  rivolgi-rsi  al  Mameli  per  lo  stesso 
argomento:  «  11  maestro  Rossini  per  dimostrale  afletto  alla 
})atria  |»rometteva  al  P.  Ugo  Hassi  un  Inno  nazionale  con  parole 


214  Ki'rsroLAHio.  [1848] 

Qui  sempre  la  stessa  vita:  dai  Kajm  le  stesse 
8cioc<thezze  e  «'aliiiinie:  ma  se  ciò  li  diverte,  cotiti- 
Jiiiiin).  (*)   Ama.  se  puoi,  il 

tuo 

(tIUSEPPI!. 

Ahbomite  gli  amici. 

Vorrei  ])nre  che  Bixio  andasse  a  Treviso:  e  vorrei 
che  a  nome  mio,  presentandosi  a  Z[ambeeeari],  s'inten- 
desse con  essi.  (') 

diMtute  (lai  i)a(lr«  stesso;  so  non  i-Iih  le  solleoitiidiiii  <U'l  sncro 
itiiiiisfero  al  campo  di  guerra  ed  mia  ferita  togliendo  al  lìassi 
di  scrivere  la  poesia,  il  gran  maestro,  non  pili  oltre  voleiid<> 
indugiare,  Testi  va  delle  sue  note  alcuni  eleganti  versi  dell' av- 
voeato  Filippo  Martinelli.  L'Inno  è  consaerato  alla  fiiiardii» 
Civica  bolognese.  » 

<*)  L'avv.  G.  A.  Papa,  il  <|iiale  nel  Corriere  Mercantile  da 
lui  diretto  (mi.  del  31  maggio  e  del  3  giugno),  aveva  scritto 
due  violenti  articoli  contro  i  re]>iil»l>licani  milanesi.  accuHan- 
doli  come  fautori  e  responsaldli  delle  due  sommosse  dei  giorni 
precedenti.  Il  corrispotulent^e  milanese  di  (iiieilo  stesso  perio- 
dico non  era  stato  meno  accanito  del  suo  direttole,  poiché  in  una 
lett.  del  29  maggio  (8ii])pl,  al  Corriere  Mercantile  del  giorno 
successivo)  aveva  atì'ermato  die  iiell' elenco  dei  nuovi  memltri 
di  Governo  proposto  dall' IJrliiiio  iignrava,  oltre  al  Cattaneo 
«ingegno  senza  carattere»,  e  al  Cernusclii  «clic,  va  sempre 
vestito  alla  S.  .Iiist.  »  il  Mazzini  «  il  misterioso,  siildime  i> 
disinteressato  apostolo,  »  ed  in  un'altra  del  30  (siippl.  allo 
stesso  periodico  del  giorno  dopo)  attenuava:  «Né  Mazzini,  né 
De  Boni,  furono  veduti  nel  luogo  della  sommossa.  Però  tutti 
i  concerti  furono  presi  nel  dui»  da  essi  presieduto.  K  alcuni 
dicono  che  durante  l'azione  continui  messaggi  loro  venivano 
spediti  dalla  piazza  di  S.   Fedele.  » 

(-)  Nino  Hixio,  insieme  con  la  colonna  dei  volontari  geno- 
vesi, si  era  già  unito  con  la  legione  di  L.  Zambeccari,  il  quale 
era  stato  creato  comandante  della  piazza  di  Treviso.  Colà  rimase 
fino  alla  capitolazione  di  quella  città  (14  giugno),  per  cui  lo 
Zambeccari  fu  acerbamente,  ma  non  ingiustamente  rimproverato. 
Ved.  A.   Dali-omo,  La  difesa  di    Venezia  net  y<9-/<S'.   cit.,  }>.  77. 


[1848]  Kl'lSTOI.AKIO.  215 

MMOGCCXXIJI. 

ALLA   Ma  DKK.  a  Genova. 

[Milano],   8   «jiiigno   1848. 

Min  cara  madre. 

Vi  scrivo  le  «lue  solite  linee  per  ilir\i  elie  sto 
])eiie.  Ho  veduto  il  fratello  di  Checco,  ed  egli  potrà 
darvi  imove  mie  personali  soddisfacenti,  ilo  veduto 
il  8Ì!L;nor  (yclcsia,  ricevuto  da  lui  il  re(>jilo  della  zia, 
e  conversato  una  mezz'ora  con  lui:  egli  si  ferma 
ancora,  credo,  uiui  quindicina  di  giorni  qui  :  iiT  ha 
ju'omesso  rivedermi:  n>a  forse  andrò  io  stesso  a  ve- 
derlo, anche  pel  piacere  di  ve<lere  un'altra  volta  la 
cugina  di  Carolina.  Dite  a  quest'  ultima  che  mi  sono 
tenuto  coni' io  doveva.  Il  N'illani  è  un  e(;(;elleiite 
uomo:  e  ho  ricevuto  il  biglietto  suo  con  ])iacere. 
(guanto  alle  esortazioni,  cara  madre,  io  non  fo  né  ]»iù 
né  meno  di  quello  che  la  coscienza  mi  detta.  L'es- 
sere approvato  o  no  è  cosa  sec<nularia.  Dio  ])rov- 
veda.  lo  non  posso  né  ])redi(;are  quello  (die  non 
«vedoverò:  né  tacere  interamente:  ho  parlato  fljiora 
liberamente  fuori  d*  Italia,  e  non  ])OSso  condannarmi 
al  silenzio  in  Italia.  Ma  sono  ])rudente,  e  non  dovete 
temere.  Qiuinto  all' occuparmi  di  me  qui,  non  saprei 
che  fare.  Quand'  anche  ottenessi  qui  guarentigie  per 
rimanere,  non  servirebbero.  (\^8sato  il  Governo,  cesse- 
rebbero. Xon  posso  finora  decidere  cosa  alcuna  sul 
conto  mio.  11  mio  movermi  o  non  movermi,  dipen- 
derà «lalla   i>iega  (die    prenderanno  le    cose.  Ai)pena 

MMCCCCXXIII.  —  Iiieilita.  L' autografo  si  conserva  nella 
ruocoHa  Xatlian.  Non  lia  indirizzo. 


'21(i  ^    KPisroi.Aiiio.  [1848] 

potrò  vedervi  chiaro,  ve  ne  dirò;  ora  non  posso.  Dite 
alla  Sijifnora  Bixio  che  la  lira  italiana  è.  per  quanto 
ne  sOj  il  fraii(M).  Ho  la  vostra  4  giii<iiio.  Piove,  tuona, 
e  nondimeno  fa  caldo  assai.  Spero  dunque  veder  presto 
Antonietta.  J)a  Carolina  el)bi  la  lettera  niandataini 
])el  De  Marchi:  non  altro  ch'io  ricordi.  Il  i)re/.zo d'asso- 
ciazione al  Cliornale  è  di  10  franchi  il  trimestre, a  meno 
che  la  Lombardia  \\w\  sia  già  Piemonte,  nel  qual 
<;aso  sarebbe  otto.  ])el  resto,  è  una  ])ena  il  doversi 
S(;riv«*r(*  di  queste  cose,  essere  tanto  vicini  e  non 
])oterci  v^edere.  Non  parlo  ora  di  voi.  che  a  (juesto 
naturalmente  ])enso  sempre  sempre,  ma  i)arlo  anche 
ili  Carolina.  Ilo  veduto  un  Avaf;iiina  che  dovete  riccu- 
dare,  e  eh' è  venuto  a  trovarmi  qui  dal  Piemonte  dov'è 
«indice.  V  acchiudo  due  linee  i)er  la  zia.  Che  fa 
l'Andrea?  Datemi  sue  nuove,  e  di  tutti  jìii  amici. 
Abbra«H*iate  il  i>adre,  se  è  con  voi.  E  anuite  sem[)re  il 

vostro 
Giuseppe. 


MMCCCCXXJV. 

A    GlDSKl'l'K    liAMBEUTI.    il    He'^f'io. 


[MiliMKi",   N  •jiiigTio,   frodo    [1S4SI 

Caro  (iiuseppe. 

-    Ebbi  la  tua,  e  vidi  Helloli  (^)  che  mi  diede  l'altre 
tue  linee.  Ilo  dati  jjli  ordini  i>er  «li  abbonati:  e  anche 

MMCCCCXXIV.  —  Pnl.bl.  da  D.  Giuuiati,  Dim-etito  lettere, 
roc,  cit.,  pp.  290-291.  Qui  si  ristampa  snll' antoorrafo,  possedute» 
dal  dr.  Daniele  Vare.  Non  lia   indirizzo. 

(')  Rinaldo  Belloli,  esule  reggiano  dal  1831  al  1848  in 
Parigi,  che  aveva  preso  parte  alla  spedizione  di  Savoia,  e  negli 


^ 


[1848]  KJ'ISTOI.AIMO.  217 

{un  «lue  Beljii  proposti  da  Tirelli.  C)  Qui  coiuiiiciano 
a  carciar  via;  e  per  t'arsi  via,  eoiiiinciaiio  da  un  Giri- 
baldi,  autore  d'un  libretto  stampato  due  anni  sono 
<'ontro  Ciarlo]  AjlbertoJ  e  die  j?li  fruttò  al  solito  la 
tamil  di  si)ia  «ìiil  partito  moderato.  (ìli  hanno  intimato 
«raudarsene  entro  ventiquattr'ore.  poi  entro  tre  giorni. 
Lascio  1'  uomo  che  non  conosco  abbastanza,  ma  il 
caso  è  illei>ale  e  foriero  d'altri.  (*)  Paratm  ad  omnia. 
Anche  nel  Veneto  tramata  fusione  e  insurrezione 
pel  11):  sicché  il  Governo  ha  dovuto  raccogliere 
un-asseuiblea  che  deciderà  pel  1S.  Yedreuio.  0  Ricevo, 

mini  successivi  rimasto  sempre  fedele  alla  Gioitine  Italia,  alla 
qiirtle  aveva  appartenuto  lino  dal  18;!3  (ved.  le  note  alle  lett. 
CCLXXIX  e  D,  e  il  Protocollo  della  Giovine  Italia,  voi.  I.  p.  43, 
paxaim). 

(^}  lìaldassare  Tirelli,  esule  carpigiano  del  '31,  che  da  pili 
anni  aveva  lissato  la  sua  dimora  a  Liegi.  Ved.  su  di  lui  il 
l'iolocollo  (Iella  Gitn-ine  Italia,   voi.   I,   j).   105,  pa>t»im. 

(*)  Su  Lorenzo  Giribaldi  e  sul  suo  iilyello  contro  Carlo 
Alberto  ved.  il  l'rotocollo  della  Giovine  Italia,  voi.  V,  p.  84, 
2)assim.  Dopo  l'agosto  esulò  nel  Canton  Ticino,  da  dove  inviò 
corrispondenze  al    l'enniero   Italiano  e  al    Messaggere   Torinese. 

r')  La  decisione  da  parte  del  Governo  Provvisorio  di  Ve- 
lU'zia  ei'a  stara  adottata  in  seguito  all'  indirizzo  in  data  31  mag- 
gio 1848  dei  delegati  dei  comitati  di  Padova,  Vicenza.  Treviso 
e  Jìovigo,  coi  <]uale,  &  prese  in  nnitura  considerazione  le  circo- 
stanze tutte  delie  provincie  »,  si  sperava  che  anche  il  Governo 
di  Venezia  si  fosse  «  avviato  »  a  qiiella  «  fusione  cui  stavano  per 
arrivare  col  mezzo  di  registri  il  Governo  Loinltardo  e  le  succitate 
Provincie  Venete.  »  Infatti,  con  i  due  decreti  del  3  giugno  suc- 
cessivo il  Governodella  Kepulthlica  Veneta  convocava  in  Venezia 
un'Assemblea  Nazionale,  nella  quale,  a  cominciare  dal  giorno  18 
delle»  stesso  mese,  si  doveva  deli)»erare  «  se  la  questione  rela- 
tiva alla  presente  condizione  politica  dovesse  essere  decìsa  subito 
od  a  guerra  finita,  »  determinando  «  nel  caso  che  restasse  deli- 
berato per  la  decisione  istantanea,  se  il  territorio  veneto  dovesse 
fare  uno  Stato  da  sé,  od  associarsi  al   Piemonte.  »   Il   Mazzini, 


21 S  KIMSrol.AIMO.  [lS4f<] 

«•OH  più  frequenza,  lettere,  auoiiiine.  clie  in"<uiiiun/.iaiio 
il  i)uoiiale  vendicatore  <ìi  ('[arlo]  A[U)erto|:  pajjassero 
almeno  la  posta!  Io.  come  vedi,  non  posso  dirli  cosa 
alcuna  di  me.  [)erclié  non  posso  prevedere  io  stesso  ' 
cosa  farò.  Non  posso  quindi  invitarti:  IJelloli  mi  dice 
<;he  Iiai  dise«>iio  di  stabilirti  in  Kejj^iiio:  né  io  posso 
sconsigliarti  :  dico  solo  die  in  qualunque  luo^o  e 
tempo  t'avrò  vicino,  mi  parrà  d'avere  vicino  uno 
de'  miei  mi<;liori  amici.  I)ovrel>l>e  tinalmcnte  ,iiiun- 
f^ere  a  momenti  (larihaldi  :  se  andrà  sul  Venete».  «^ 
molto  probabile  eli"  io  mi  lasci  trascinale  ad  una 
passe jjjiiata  militare  con  lui  :  ma  for.se,  la  diM-isione 
del  IS  mi  forra  aiKdie  ((uell*  ultimo  «fusto.  Scrivi 
])ure  a  Kuiz  (')  pel  (liornalc:  baiino  fatto  le  a/ioni: 

.nel  11.  (lei  1-  giii<;ii«  1848  df.U'Ihilia  del  Popolo,  si  iiioHtro  natii- 
raliiiente  coutriirio  alla  possibile  iuinessioiic  ;  d'altra  parte, 
«'onsiderato  clic  le  «  coimIìzìouì  della  i^iierra  nchìainavano  dal 
(ìovenio,  dalla  <i;iiardia  civica,  dai  militi,  e  dai  cittadini  tutti 
la  cura  pili  assidua  per  l'etlicacia  delle  difese,  e  pel  inauteiii- 
nieuto  della  traiKiuillità  interna,  »  con  decreto  del  13  «riniino 
il  Governo  Provvisorio  «Iella  Kepubldica  Veneta  sospeiidcvii 
l'adnnan/a  di  <]neirAsseni)dea.  clic  fu  invece  aperta  il  3  luglio. 
In  essa  parlarono  per  la  dilsizione  il  Toininaséo,  per  la  fusione 
iiniuediata  il  Paleocapa.  I).  Manin  disse  poche  jijenerose  paiolo; 
esortò  il  partitio  suo,  il  repnbhlicaiio,  a  cedere  alia  necc.ssità 
delle  cose,  notando  che  tutto  quello  che  per  all()ra  si  faceva 
era  provvisorio,  giaccìié  era  «fatale  che  i  destini  d'Italia  xi 
decidessero  da  una  Dieta  italiana  convocata  in  Roma;  »  e  1"  im- 
mediata fusione  al  PieiiKfiite  e  alla  Lombardia,  secondo  la  for- 
mula proposta *dal  Ministro  Castelli,  fu  approA^ato  con  127  voti 
favorevoli,  contro  6  contrarli.  Per  le  lunghe  negoziazioni  col  Go- 
verno Provvisorio  di  Milano,  ved.  C.  Pagani,  Uomini  e  cose  in 
Milano,  ecc.,  cit..  pp.  472-r>19,  e  A'.  Mauciiksi,  Siorin  della 
rivoluzione  e  della  difesa  di  Venezia,  ecc.,  cit.,  p.  127  e  segg. 
(')  Ferdinando  Ruiz,  esule  napoletano  in  Francia,  pili 
volte  cit.  A  Nerers,  dove  risiedeva,  si  era  acquistato  nn' ottima 
posizione  finanziaria  e  morale  (ved.  il  Protocollo  della   (liarine 


[1818]  KIMSIOI.AIMO.  219 

si  spende  diabolicamente,  «^  Siirebbe  doloroso  il  dover 
più  tardi  morire  d*  inanizione.  Vengono  so*;crittori  ; 
ma  a  star  in  piedi,  se  ne  vorrebbero  2000  (;irca.  A'e- 
desti  Griaiinone  1  Mi  duole  assai  il  suo  silenzio  eou 
me  :  lo  temo  dissenziente  e  non  so  perché.  Parlagli 
o  scrivigli,  ti  prego,  a  mio  nome;  e  digli  che  mandi 
qualche  cosa  nWItalia  del  Popolo.  (')  Lui  o  altri,  vorrei 
])ure  avere  un  corrispondente,  che  seguisse  le  fasi 
dello  si)irito  pubblico  e  ne  compendiasse  in  lettera 
pel  (xiornale.  in  ogni  Provincia  d'  Italia.  Veùi  un 
po'.  Quanto  a  IMetro.  non  so  pur  dov'ei  sia:  se  no, 
gli  scriverei.  E  d'altra  ]>artc,  non  ho  proprio  tempo 
ed  è  un  miracolo  ch'io  scriva  a  te  queste  linee. 

(Jome  sta  (xiuditta?  Vorrei  pur  vederla  mezz'ora! 
e  non  vi  rinunzio:  ma  già  i  miei  desiderii  son  con- 
dannati. Abbraccia  paternamente  tua  figlia  per  me. 
Mia  sorella  che  dovea  essere  qui  da  un  pezzo,  s'  è 
arrestata  davanti  alle  nuove  di  Milano:  verrà  nondi- 
meno, credo,  tia  due  o  tre  giorni. 

Addio  :  ama  senìi)re  il  tuo 

(ilUSEPPE. 

Angelo  Usiglio  è  a  Modena?  Gli  ho  mandato 
certo  danaro  per  mezzo  d'Accursi:  lo  vide?  gli  scrissi 
j)ure,  e  non  n'ho  risposta. 

Perché  non  mi  mandano  più  V Atelier  da  Parigi! 

Italia,  voi.  VI,  1».  342).  Fedele  ai  priucipii  della  Giovine  Italia. 
<iii  dal  1842  aveva  annualmente  contribuito,  senza  mai  mancare 
lina   volta,  con  240  lire  al   fondo  dell'Associazione. 

(^)  Il  (ìiannone  aveva  lasciato  Parigi  insieme  con  la  le- 
gione <iell'Antonini  (ved.  F.  SoLKRio,  Il  patriottismo  di  /'.  Gian- 
none,  ecc.,  cit.,  p.  107),  accompagnandola  tino  a  Marsiglia; 
o  andato  a  Livorno,  aveva  proseguito  per  Modena,  dove  era 
stato  accolto  freddamente  da  (piel  Goveino  Provvisorio,  perché 
contrario  al  i)rogetto  di  fusione  col  Piemonte  (In.,  pp.  108-112). 


220  Ki'isn.i.Aisio.  [184S] 

MMCCCCXXV. 

A   Gkoi{(;k  Sani>.  rt  Noliaut. 

[Milau],   12  .jiiin   [l^<48]. 

J'ij^iiore,  moli  amie,  si  le  .lomnal  qiie  je  dirige 
ici,  Vltaìia  del  Popolo,  a  pu  vous  parveuir.  Je  l'ai 
tait  adresscr  aii  bureau  de  la  Canne  du  Peuple.  dont 
j'ai  reru  trois  niiméros  seulemeul.  .l'appiends  aujour- 
d'iiui  de  liOudres  «pie  vous  avez  été  (breée  de  sus- 
pendie  sa  ]>ublication.  La  Vrnie  Réimhìique  lu'ap 
prend  que  vous  étes  à  Xoliant.  Je  ju-ésume  doiic  que 
vous  u'avez  Jamiùs  vu  tuon  .lournar:  ce  qui  ne 
in'em|)é(die  i»as  de  vous  adresser  une  demande.  Voulez- 
vous  écrire  quebpie  cliose  sur  Titalie  et  me  l'envoyerf 
Je  serai  votre  rradu<*teur.  Ce  u'est  «jue  pour  uue 
Ibis:  uìais  je  tiens  à  ee  que  votre  noni  paraisse  une 
fois  du  ujoins  dans  un  riourual  (pie  je  dirige:  il  me 
porterà  boulieiir.  l'.crive/.  ee  que  vous  voulez  :  des 
C(Uiseils:  eu  fm'me  de  lettre  ou  d'article  :  et  sans 
restrietions.  ,1<'  suis  eomuie  toujours  franclieuieut 
républieain  et  unita  ire.  Mou  Journal  ]);irait  tous  les 
jours,  ed  ])ourvu  que  je  pnisse  publier  votre  article 
en  méuie  temps.  vous  pouvez  l'envoyer,  si  cela  vous 
<'onvient.  ti   le    Vraie  Répuhlique. 

Vous  étes  mallieureuse;  je  le  suis  coiume  vous. 
La  réaction  domine  cliez  nous  couime  chez  vous. 
On  nous  calomuie.  on  nous  menace:  on  écrit  sur  les 


MMCCCCXXV.   —  Inedita.  L"  auto'-rafo  si  conserva  nella 
raccolta  Natlian.  Non   lia   indirizzo. 


|lS48j  KPisi'()i,A);io.  221 

miirs:  mort  aux  républicains!  Ou  ni'euvoye  des  lettres 
anonynies  pour  ine  dire  qiie  je  dois  me  prépaier  à 
la  iiioi't  par  le  poignard  :  ou  cherclie  à  aineuter 
le  peiiple  coiitre  iious.  Tout  ceci  ii'a  rieu  de  bieii 
ellVayaiit:  mais  le  fait  est  qiie  je  me  sens  exilé  daus 
inon  pays:  regrettaut  quelquetbis  les  bronillards  d'Au- 
gleterre  cornine  je  regrettais,  daus  l'exil,  ma  i)risou 
de  Savona.  La  vie  est  bieii  triste,  o  moii  amie;  mais 
c'est  à  vous,  dout  la  vie  est  aassi  triste  que  la 
mieuue.  que  je  dis  cela.  Je  uè  suis  pas  découragé, 
je  suis  mallieureux,  voilà  tout.  Ma  deriiière  émotion 
date  du  milieu  des  ueiges  du  St.-Gothard  ;  dei>uis 
lors,  ma  vie  coule  comme  la  source  au  désert,  sur  uu 
roclier.  Je  l'écoute  couler  comme  si  ce  n'était  pas 
mou  affaire.  Je  u'ai  pas  vfi  ma  mère.  La  réactiou 
à  (léiies,  par  suite  de  mou  refus  d'accepter  les  ouver- 
tures  du  parti  Cli[arles]- Albert,  a  été  teììe,  que  la 
pauvre  femme  m'a  sui)plié  de  uè  pas  aller  la  voir; 
j'ai  du  lui  eu  douner  ma  parole  d'iiouueur.  ^Nla  soeur 
arriverà  ici  sous  deux  jours.  Ce  qui  arriverà  de  moi 
après,  je  l'iguore.  Cli[arles]-Albert  est  mainteiiaut  roi 
«le  Lombardie.  Je  u'ai  pas  accepté  l'amnistie:  il  y 
avait  une  déclaratiou  de  tìdélité  à  siguer.  Je  suis 
donc  ici,  parlant  et  imprimaut  république,  saus  la 
moiudre  garautie.  Mais  je  suis  décide  à  pousser 
jusqii'au  bout,  et  à  attendre  les  évéuemeuts.  Écri- 
vez-moi  quelques  mots;  et  accueillez  ma  demaude.  si 
VOU8  le  pouvez.  Adieu,  mou  amie  ;  airaez  bieu 

votre  ami 
Joseph. 


222  Ki'is^TOi.Aiiio.  [1848] 

MMCCCCXXVI. 

ALLA   Ma  DKK,  a  Gtinova.  , 

[Milano],  martedì'   lo  «giugno   1848. 

Mia  cara  madre. 

Aspetto  oggi  Autonietta;  ma  intanto  vi  scrivo^ 
perché  verrà  probabilmente  tardi  percb'  io  possa  impo- 
stare. Ho  ricevuto  Ui  vostra  del  IO  coli' accliiuso  bi- 
glietto della  zia.  Ho  veduto  Garzia.  Ho  veduto  un 
altro  genovese  noto  a  voi  che  verrà  a  darvi  mie 
notizie.  Ho  piacere  che  il  Signor  Celesia  esprima 
un'opinione  favorevole  a  me.  Non  ho  ancora  p(>tuto 
vmdare  a  vederlo,  ma  andrò  donuuii  o  dopo.  Come 
mai  non  avete  veduto  il  mi<>  indirizzo  ai  Battaglione 
degli  studenti  sul  mio  Giornale,  ma  invece  su  quello 
della  Voce  del  Popolo  f  Io  credeva  che  gli  amici  vi 
facessero  leggere  tutti  i  numeri.  (*)  Mi  duole  che  non 


MMCCCCXXVI.  —  Inedita.  L"  aiitogrufo  si  eoiiserv  a  nella 
raccolta  Natluin.  Non   ha  indiii/zo. 

(*)  Era  stato  pubbl.  \\(:\V Italia  del  Popolo  del  5  giugno  1848  ; 
la  foce  del  Popolo  (n.  del  (ì  gingno  1848)  non  riprodusse  già 
quell' indii'izzo,  ma  altre  parole  elie  a  quei  giovani  ebbe  a 
rivolgere  il  Mazzini.  «Ieri,  gli  studenti  delle  scienze,  lettere 
ed  arti  —  si  leggeva  nel  cit.  periodico  —  perfettamente  orga- 
nizzati in  battaglione  di  1500,  s'avviavano  da  Milano  a  Brescia, 
<'  di  là,  dopo  breve  dimora,  al  campo.  Noi  siamo  ancora  troppo 
commossi  per  dilungarci  in  parole  e  descrivere  minutamente 
la  solenne  loro  x^mtenza.  E  sebbene  a'  guerrieri  che  volano 
alle  patrie  battaglie  si  addicano  più  iiori  ed  auguri  e  vivi 
iimplessi  che  sospiri  e  lagrime,  noi  non  troviamo  per  essi  l'addio 


[1841?!]  Ki'isroi. Alilo.  2L'H 

siaiu>  giuutc    aiicorii    le    casse  di    libri    da   Londra; 
qualunque  cosa  accadesse,  gioverebbe  che  io  avessi 

della  Spartana,  ma  il  pianto  dell' amico,  del  fratello,  dell'a- 
mante, il  bacio  tormentoso  di  chi  si  distacca  dai  suoi  piti  cari. 
La  nostra  buona  città  si  atteggio,  al  par  di  noi,  ad  una  malin- 
conica festa:  Milano  ebbe  uno  di  quei  sussulti  simpatici  che 
rivelano  l'indole  sua  aitettnosa  e  generosissima,  le  sue  viscere 
eroiche  e  materne.  Come  quando  giunse  fra  noi,  riconosciuto 
e  festeggiato  all'improvviso,  Giuseppe  Mazzini,  l'apostolo  della 
libertà  italica,  come  quando  arrivarono  i  Polacchi,  questi  sven- 
turati nostri  consanguinei,  Milano  si  riscosse  dalla  sua  vita 
famigliare  e  pacitica,  per  salutare  in  un  istante  di  atfetto  odi 
i'spansioue  indicibile  i  ligli,  i  salvatori  della  patria,  la  eulta 
giovcntii  di  Lombardia.  Le  vie  erano  gremite  di  gente;  la 
moltitudine  affollata  sul  corso  di  Porta  Orientale,  sulla,  strada 
di  Circonvallazione,  sul  Hastionc.  nel  vicinato  delia  stazione 
della  strada  Ferrata,  accalcata  sui  balconi,  alle  tìnestre,  i>ro- 
digava  saluti  ed  auguri,  ìiaci.  tiori,  ed  applausi  al  sacro  drap- 
pello :  numerose  coorti  di  Guardie  Nazionali,  di  varii  corj)i  d'e- 
sercito stilarono  dinanzi  a  lui;  le  l)ande  musicali  suonavano  a 
festa.  J^e  fanciulle,  le  madri,  gli  amici  piangevano  —  e  da!>- 
pertiitto  la  lagrima  brillava,  gemma  divina,  sulle  atìisse  pupille. 
Addio,  dolcissimi  amici,  addio  fratelli,  congiunti  di  mente  e 
di  cuore.  Non  altre  parole  voglio  ripetervi  di  «juellc  che  avete 
udito  ilall' illustre  Maestro,  (]uaiido  con  gentile  proposito,  con 
generoso  impulso,  foste  a  congedarvi  da  lui  e  dargli  un  caldis- 
simo addio,  a  tributargli  uno  spontaneo  preziosissimo  evviva.  Fato 
tesoro,  o  giovani,  di  quelle  parole;  serbatele  come  ricordo 
perenne  nell'animo,  come  reli(juia  immortale  di  lui  che  volle 
per  la  gioventù,  pe'  suoi  celesti  istinti,  ringiovanita  l'Italia. 
■•  Grazie  siano  resi  a  voi.  clie  avet,e  visitato  la  mia  solitudine, 
che  in  (piesti  giorni  di  dolore  avete  confortato  di  un  saluto 
amoroso  e  fraterno  la  conturbata  anima  mia.  Kammentatcvi 
che  in  cima  alla  vostra  baionetta  non  istà  solo  la  salvezza 
materiale,  l'indipendenza  della,  patria,  ma  brilla  l'idea  di  cui 
<i()ve(e  essere  apostoli,  per  cui  vi  esponete  al  nuirtirio  e  alla 
morte.  Questa  idea  è  l'unità,  è  la  libertà  delTa  patria;  farla 
libera  ed  una,  ecco  la  vostra  missione.  Né  mai  vi  riposate 
sopra  i   conquistati    allori  e    le    glorie,  se   prima    non    l'avete 


224  Ki'is^Toi.Aino.  il^4S] 

con  ine  Mitte  le  carte  (;he  vi  sono  e  (;lic  contenjiouo 
note  e  studi,  che  i)oti'(4)bei'o  seivirnii  a  lavorare:  e 
una  cassetta  di  libri.  8e  dunque  ^iunfiono,  prestate 
un  amico,  onde  faccia  subito  un  catalogo  accurato 
di  tutti  i  libri  completi  o  incompleti;  siccb'io  ])ossa 
indicare  (piali  uii  bisojtjnano.  E  quanto  a  tutto  quello 
che  v'è  di  manoscritto,  siccoiue  non  posso  farne  scelta, 

raggiunta.  Spazzate  dell' ultimo  sliaiiierit  la  terra  Loiiibania, 
accorrete  sulla  Venezia,  e  ]iorjf(!tele  una  mano  soccorrevole, 
aiutatela  a  sollevarsi  a  completa  libertà.  Di  poi,  se  l'Italia 
nostra  non  è  forte  e  felice,  se  un  interno  nemico  la  tiranneggia 
e  si  frappone  fra  essa  e  la  lilu-rtà.  discendete  perfino  nel- 
l'estremo limite  della  penisola,  unitevi  ai  fratelli  di  Sicilia  e 
correte  a  vendicare  il  sangue  di  Napoli,  compite  la  generosa 
crociata.  E  sempre  la  benedizione  di  Dio  discenda  soi>ra  di  voi  I 
Poiché  segnando  la  via  che  Iddio  vi  addita  e  la  vostra  coscienza, 
ispirandovi  dal  vostro  cuore  e  dal  vostro  pensiero,  a'oì  s.nete 
primari  strumenti  della  risurrezione  della  patria,  voi  la  farete 
potente,  libera  ed  una.  '  »  Il  battaglione  degli  studenti  era  stato 
creato  por  iniziativa  d'una  commissione  composta  dei  giovani 
Pavesi,  Grillini,  Fossati,  Jiussi,  Bolla,  Pellegrini,  (lariboldi, 
Horgo-Caratti  e  Vannutti,  i  quali  avevano  a  (juello  scopo  steso 
un  proclama  «ai  loro  confratelli  delle  provincie  Lombarde,» 
che  fu  jiubbl.  nella  Foce  del  Fopolo  del  28  aprile  1848.  Tardò 
assai  tempo  a  formarsi  e  ad  essere  equipaggiato;  comi>osto  di 
otto  compagnie,  ebbe  per  comandante  il  colonnello  Francesco 
Pasotti,  antico  utticiale  del  Regno  Italico  e  della  rivoluzione 
del  1831  (ved.  la  nota  alla  lett.  IV),  esule  in  Francia,  chia- 
mato a  Milano  nell'  aprile  del  1848  certamente  dal  Mazzini. 
Insottereuti  della  disciplina  militare,  presero  parte  al  tentativo 
di  ribellione  del  29  maggio,  si  negarono  di  «  rinunciare  al  diritto 
di  petizione  e  di  libertà,  »  ecc.  e  (juando,  partiti  da  Milano, 
furono  condannati  a  lunga  inazione  a  Montechiari,  nel  Bresciano, 
inviarono  lunghi  e  reiterati  lamenti  alla  Voce  del  Popolo  e  al- 
l'/<aHa  del  Popolo.  Finalmente,  l' Il  luglio  il  battaglione  parti 
per  Asola,  e  il  14  si  trovò  a  Pietole,  sotto  le  fortificazioni 
di  Mantova,  ov' ebbe  il  primo  battesimo  di  sangue  (ved.  la 
Voce  del  Popolo  del   19  luglio  1848). 


[1848]  Kl'lSTOLAKIO.  L!2i> 

sarà  necessario  farne  subito  un  involto,  e  spedirmelo. 
iSt'Usjite  l'insistenza:  ma  le  carte  son  la  mia  vita. 
fo  sto  bene  di  salute:  se  non  che  ho  luolto  da  fare, 
e  fa  un  caldo  ch'io  non  m'aspettava  a  MihiJio.  Sento 
che  hanno  fatto  tra  voi  Kamorino  colonnello  onorario 
della  (Inanlia  Civica.   Bravi  !  (')  Dite  al  padre  che  il 

(')  Il  Kamorino.  esule  a  Parigi  dopo  la  sua  azione  durante  la 
spedizione  in  Savoia,  era  capitato  a  Milano  nell'aprile  del  1848. 
per  «  olìVire  la  sua  spada  a  quel  Governo  Provvisorio,  e  cer- 
tamente per  suggerimento  del  Mazzini  aveva  ottenuto  un  ritìuto,^ 
«•ontro  il  (juale  aveva  protestato  con  una  lett.  che  aveva  inviata 
al  Feiisiero  Italiano  (u.  del  20  aprile  1848).  Sembra  che  bri- 
«lasse  anche  in  »iuei  giorni  })er  avere  un  comando  nell'eser- 
cito piemontese,  «  persuadendo  il  pubblico  dell'  inettitudine  dei 
generali  in  carica,  e  in  primo  luogo  del  Bava.  »  ma  anche  questa 
volta  senz' alcun  risultato  (ved.  F.  Patktta,  Lettere  di  Carla 
Alberto,  ecc.,  cit.,  in  Atti  della  li.  Avo.  di  Scienze  di  Torino,  cit., 
pp.  238-243).  Partito  da  Milano,  era  andato  a  (Genova,  dove 
(23  maggio)  era  stato  bene  accolto,  non  ostante,  com'egli  stesso 
scriveva,  «  les  sourdes  menées  mazziniennes.  »  (li).,  p.  242,  e 
il  Pensiero  Italiano  del  24  maggio  1848).  Infatti,  il  Circolo  Nazio- 
nale aveva  tenuta  una  adunanza  in  suo  onoro  la  sera  del  26^ 
nella  quale  l'avv.  N.  Federici,  vice  presidente  del  Circolo  «con 
brevi,  ma  calde  parole,  areva  accennato  come  fosse  grato  vedere 
iu  mezzo  ad  essi  un  uomo  il  quale  dopo  aver  preso  parte  alle 
glorie  e  ai  pericoli  degli  spiriti  napoleonici,  avesse  combattuto 
e  fatto  risuonare  chiaro  il  suo  nome  per  la  causa  della  libertà, 
<]uando  era  delitto  pronunziarne  solo  il  nome;  e  nelle  pianure 
polacche  e  presso  quella  generosa  nazione  degnamente  sostenuta 
la  famadella  virtù  italiana  ;  »  e  aveva  conchiuso  «augurando 
che  presto  veni ssegli  aperto  quell*  arringo  ove  darebbe  novella 
jirova  del  suo  valore  e  della  militare  sua  perizia.  »  Sul)ito  dopo,  il 
Jtamorino  era  sorto  a  ringraziare;  e  riaffermato  il  suo  grande  amore 
j»er  la  causa  della  libertà,  ricordando  gli  anni  trascorsi  «  nel- 
l' esilio  e  nelle  amarezze  d'ogni  natura,  »  dichiarava  che  queste 
ultime  erano  piti  gravi  in  quel  momento  «poiché  l'arringo- 
aperto  dal  risorgimento  italiano  a  lui  veniva  precluso  da  iiacche 
considerazioni  di  prcinìneuza  nella  gerarchia  militare,  »  aggiuu- 

Mazzini,  Scritti,  ecc.,  voi.  XXXV  (Kinstolario,  voi.  XIX).  \'p 


22i>  KiMsroi.AKio.  [1848] 

jjiiovane  Daneri  è  al  campo  e.  credo,  sottotcìieiiie. 
Certo,  come  (lice  l' amico  Andrej».  dii)ende  «nui  parte 
dei  nostri  tati  dalla  Francia:    ma   non  v'ha   dubbio 

gemlo,  con  «videiite  uf'ceniio  uUe  «meiiedei  inaz/iiiiaui,»  di  «non 
essore  undiito  iiiiiniine  dal  coiic-orso  «Iella  caliiiuiìa,  ma  sperare 
sarebbersi  dissipate  le  iiebltie  e  la  patria  avrebbe  in  lui  rav- 
visato un  non  degenere  liglio.  »  Era  allora  sembrato  opportuno 
all'avv.  Manri/.i,  appoggiato  nella  sua  proposta  da  Carlo  Celesìa, 
che  il  Circolo  Nazionale  dovesse  «scrivere  un  indiriz/.o  al  He, 
artiiK'lié  accoffliesue  sotto  la  sua  bandiera  e  nel  suo  grado  il 
generale  Kaniorino;»  ma  l'avv.  Federici  aveva  subito  obbiet- 
tato «  non  credere  fra  le  iittribuziiuii  del  Circolo  iunoltrare 
indirizzi  di  tale  natura,  »  nulla  impedendo  «  allo  stesso  di 
j>res<'ntarsi  a  combattere  sulle  ]>iannre  lombarde.  »  Al  che  il 
Uamorino,  con  quella  prosopoj)ea  che  fu  una  delle  cause  della 
sua  rovina,  aveva  replicato  energicamente  :  Io  fui  e  sarò  sempre 
cittatiino-Holdato  ;  la  mia  vita  è  sacra  alla  difesa  della  libertà.  iSe 
V  esercilo  che  eombaile  annovera  centomila  valorosi  soldati,  ebbene,  io 
noHtpirò  il  r.eiitomilauno  (ved.  il  Pensiero  Italiano  del  28  mag- 
gi») 184S).  11  Circolo  Nazionale  gli  de<-retava  poi  per  acclamazioB* 
tina  spada  d'onore  «  a(?ci(>  con  essa  si  prr.Ktntassc  a  combattere,  » 
«  il  ti  giugno,  il  presidente,  avv.  Cesare  Cabella,  lamentando  che 
«  il  lavoro  tardava  ad  essere  compiuto  pili  che  non  si  aspet- 
tava, »  glie  ne  dava  notizia;  e  la  Guardia  Civica  genovese  lo 
accdamava  suo  «  colonnello  onorario  :  »  di  che  il  Ramorino,  par- 
tendo l'8  giugno  «alla  volta  del  campo  lombardo,»  dove  lo 
chiamava  «  un  sacro  dovere  di  cittadino.  »  pubblicamente  rin- 
graziava, conchiudendo  la  sua  lett.  :  «  Se  facendo  l.i  chiamata  di 
tutte  le  Guardie  Civiche  vi  si  chiedesse:  dor'è  il  rostro  Colon- 
nello?  Rispondete:  La  Guardia  Civica  di  Genova  (/li  affidò  la  nobile 
mixsione  di  -sno  rappresentante  presso  V  Armata  nazionale  sui  campi 
bielle  baltafiUe»  (ved.  il  Pensiero  Italiano,  suppl.  al  n.  dell' 8  giù 
gno  1848).  Contro  le  decisioni  prese  dal  Circolo  Nazionale  prò-? 
Testò  poi  in  una  corrispondenza  da  Genova  V Italia  del  Popolo  dell 
22  giugno;  e  contro  il  Ramorino,  al  ([uale  non  era  venuta  e  non 
venne  meno  la  stima  da  parte  di  coloro  che  militavano  nelle  file 
•della  democrazia,  insorse  lo  stesso  Mazzini,  dichiarando  nel  u.  del 
29  luglio  1848  dell'Itola  del  Popolo:  «  Compariva  tre  o  quattro 
«xiorni   addietro    un    lungo   articolo    siili* JcreHi/f    d'Italia  con- 


I 


(1848]  Ki'iSToi.AKio.  227 

rtlcuuo  elle  la  Repubblica  starà.  Ho  piacere  clie  venga 
iuiclie  Ajjostino.  Io.  da  Parigi  in  poi.  non  lio  più  avuto 
cenno  «li  vita  da  (Jiovanni,  (*)  A  proposito  di  candi- 

oeriKMite  il  «generale  Itaiiiorìno  e  l' impresa  di  Savoia  condotta 
nel  1X34  dagli  esuli  italiani.  In  quell'articolo,  non  ]»rovocato 
4la  noi  che  per  rignai'do  alla  libertà  di  scelta  del  paesee  per  abltor- 
riinento  da  ogni  ]>oleniica  jiersonale,  avevamo  taciuto  quanto 
per  noi  si  pensava,  erano,  a  giustiticare  la  condotta  d'allora 
ilei  generale,  sbagliate  accuse  senza  ritegno  e  senza  fondaniento 
^'ontro  i  capi  della  spedizione.  Non  sono  nH»nienti  questi  ]>er 
^liscnssioni  lunghe  e  fastidiose  su  persone  e  fatti  passati.  Ma, 
provocati  da  quell'assalto  e  richiesti  della  nostra  opinione,  noti 
possiamo  che  dichiarare  :  la  nostra  opinione  intorno  alla  condotta 
<lel  generale  pubblicata  con  prove  di  fatto  il  lo  febbraio  1884 
nel  VI  fascicolo  della  Giovine  Italia  ed  altrove,  iìruiata  per  gli 
Italiani  da  Giuseppe  Mazzini.  Giovanni  Kufìtini.  L.  A.  Melegari, 
Carlo  Dianco  e  pei  Polacchi  dal  generale  Giacomo  Antonini, 
■e  dagli  utìiciali  Francesco  Gordaszewski  e  Costante  Zazleski,  non 
aver  subito  né  potuto  subire,  d'allora  in  poi.  mutamento  alcuno. 
Oggi  come  allora  ripetiamo  al  generale  le  parole  che  conchiu- 
■devano  «juel  documento:  «E  voi  pure,  generale,  potrete  forse, 
/atto  nemplice  volontario  (Cella  libertà,  stendere  un  velo  sulle 
•colpe  che  vi  fanno  reo.  o  sollevarvi,  morendo  per  la  causa  ita- 
liana, del  grave  peso  che  vi  sta  sopra.  »  Né  qui  cessarono  le 
simpatie  dei  democratici  piemontesi  e  liguri  a  favore  del  Ra- 
morino.  p<»iché,  riparato  egli  a  Torino  dopo  i  disastri  dell'a- 
gosto, fu  assai  festeggiato  nel  Circolo  Nazionale  dai  membri 
•<li  quella  Società  Federativa  fondata  dal  Gioberti.  '\'^èd.  il  ZVw- 
sifro   italiano  del   21    settembre  1848. 

(')  Agostino  Ruttini,  che  da  tempo  risiedeva  a  Edimburgo, 
•era  infatti  partito  di  là  il  30  maggio:  dopo  qualche  giorno  di 
dimora  a  Londra  e  a  Parigi,  giunse  a  Milano  il  24  giugno 
(ved.  C.  Ca<ìxacci.  op.  cit.,  353),  dove  si  trattenne  fino  al 
1-^  luglio  (ved.  la  Ictt.  MMCCCCXXXIII).  Sua  intenzione  era 
•di  correre  in  Lombardia  e  di  combattervi  come  volontario 
la  guerra  dell'indipendenza,  restio  com'era  di  sottoscrivere 
la  formola  dell'amnistia,  al  qual  proposito  aveva  scritto 
alla  madre  il  20  aprile:  «  1/ amnistia  è  una  cagnara:  tìgu- 
Jiiti  che    ha    esasperato    me  che    sono  moderatissimo  I    I"]    mia 


228  Ki'isToi.Aisio.  [1848] 

dature,  m'è  stata  oftVitti  gioiMii  sono  quella  di  .Spiamo 
in  Piemonte.  Ma.  ho  ricusato  i»er  le  mille  rajiioiii  che  non 

intenzione  viiijji^iare  con  pas<8iipoi'to  inglesf  o  francese.  K  ver- 
jiTogna  elle  nello  stato  atfcnale  d'  Italia  8Ì  parli  ancora  di  pro- 
scritti e  (li  iininistie.  Non  sianio  noi  che  nintaninio.  KiMiene 
iSna  Maestà  :  il  nostrct  fu  ineio  «Miore  cronologico  :  credcninio  pos- 
HÌl)il«'  qniiulici  anni  fa  «(nello  clie  ogjji  ii  fatto;  volemmo  nel  '3S 
quello  per  eni  Carlo  Alberto  combatte  nel  '4S  »  (II).,  pp.  .Si>2-333). 
Persuaso  poi  dal  fratello,  *nutò  idesi,  anolie  perché  nel  frat- 
tempo (26  maggio)  era  stato  eletto  deputato  nei  due  collegi  di 
Cicogna  e  di  Genova  (3"  circondario).  Il  fratello  Giovanni  era 
ripatriato  ancor  prima.  Eletto  deputato  per  Taggia  il  29  aprile, 
e  ripugnando  alla  sua  coscien/.a  di  sottoscrivere  la  formola 
per  l'amnistia,  aveva  tentato  di  ottenere  il  passaporto,  senza, 
condizioni,  all'ambasciata  Sarda  a  Parigi  (Ii>..  p.  336),  ma  il 
Brignole-Sale  lo  aveva  accolto  freddamente,  anzi,  quando  il 
Itiittìni  gli  feci^  notare  che  era  deputato  «fu  esattamente  c(Mue 
se  gli  arense  detto  ch'era  un  ciabattino»  (Ii>..  p.  338),  ni"-  erano> 
valse  a  rimuovere  le  ditticoltà  le  racocunandazioni  del  Gi«>berti 
(II).,  p.  336).  Aveva  (|uindi  deciso  di  «  penetrare  lino  a  Nizza 
senza  passajxnto,  veder  d'ottenerne  uno  a  Taggia,  v  di  là  pro- 
cedere speditamente  per  a  Torino.»  K  aggiungeva:  «  >Se  l'as- 
semblea mi  amujette  senza  ditlicoltiì,  tanto  meglio;  se  op[><>ne 
la  mancanza  della  dichiarazione  prescrittn  dall'atto  di  amnistin, 
farò  istanza  per  esaere  abilitato  a  presentare  alcune  spiegazioni 
ed  osservazioni,  ed  attender*»  la  decisione  della  Camera.  Nel  ca.s(» 
pero  che,  sia  dietro  deliberazione  di  (juesta,  o  riliuto  d'udirmi, 
sia  dietro  arresto  alla  frontiera  o  all'  interno,  od  altro,  io 
mi  trovi  nella  assoluta  impossibilità  di  esercitare  il  m.indato,. 
in  questo  caso,  io  dico,  e  checché  mi  costi,  mi  sarà  jinr  forza 
indirizzarmi  agli  elettori  di  Taggia.  e  sottometter  loro  la  mia 
condotta  e  le  ragioni  tli  quella:  locché  farò  senz'irà,  senza 
spampanate,  con  dignità,  ma  con  misura»  (li)..  p.'337).  Tut- 
tavia, non  giunse  a  questi  estremi,  poiché,  partito  da  Parigi 
il  15  maggio,  trovò  :il  contine  un  ordine  del  Ministro  del- 
l'Interno di  lasciarlo  passare  (Io.,  p.  339  e  il  Pensiero  Ilaliarw 
del  28  maggio  1848),  e  il  29  maggio  prestò  giuramento  alla 
Camera.  Era  però  un  uomo  del  tutto  cambiato  nei  riguardi 
del   Mazzini.   Da  Torino  scriveva  il  4  giugno  al    fratello  Ago- 


1^4^  Kl'ISTOI.AIUO.  229 

iiuportu  il  (lire.  (')  lo  Lo  bisogno  di  rinuiueniii  iiuli- 
l>en<leiite.  Voglio  ben  essere  moderato  ueli'espiessioiie 
delle  mie  idee,  ma  voglio  poterle  dire,  occorrendo, 
con  i>ienissiiiui  libertà.  La  vita  parlamentare  mi  riesci- 
rel;)be  or  noiosa.  Le  mie  idee  sono  idee  d'avvenire. 
E  Ilo  bisojiiio  «li  serbarmi  fedele  a  quelle.  Addio; 
madre  mia:  vi  scriverò  quando  avrò  veduto  Anto- 
nietta: innate  sempre  il 

vostro 

(in  SEPPE. 

MMCCCCXXVll. 

ALLA  Madrk,  a  Genova. 

[Milano],   venertli  [Itì  giugno   1!S48]. 

]Mia  cara  madre. 

Non  V'ho  scritto  i)rima,  perché  sai>evo  che  vi  scri- 
vevano mia  sorella  e  Ohecco.  Ed  io  non  aveva  aSvSO- 

>tiiio  «li  aver  trovato  a  Genova  «  la  Signora  Mazzini.  »  non  più 
<inin»U  la  Signora  Maria  «l'altrt;  volt»',  «sempre  ((nella  (lessa, 
fuori  e  dentro,  tutta  l'eticeuze,  tutta  politica,  tutta  negazione 
il'ogiii  spontaneità»  (Ii>.,  p.  340);  e  di  essere  <o"iii8cito  di 
scuotere  dal  letargo  Cainpaiiella  ed  altri  paralizzati  da  certo 
rispetto  umano  rinipetto  a  Pippo»  (In.,  pj».  343-.344).  Jniine, 
aggiungeva:  «Mazzini  è  «jui,  e  dappertutto,  impopolarissimo. 
I/lia    voluto»   (II).,   p.   346). 

(')  Nella  prima  votazione  del  29  aprile  1848  era  riuscito 
eletto  il  cav.  Bartolomeo  Bona,  intendente  generale  delle  strade 
ferrate  piemontesi,  ma  quella  elezione  non  era  srata  convalidata. 
Tuttavia,   nella   votazione  del   26  giugno  il    Mona  fu   rieletto. 

M.MCCCCXXVII.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
ra<'eolta  Nathivn.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso.  l;i  madre 
del   Mazzini  annotò:   «  16  giugno  1848.  » 


230  KIMSTOI.AKIO.  [1848J 

liitamente  reinj)<>  di  respirare.  Non  ho  bisogno  ili 
dirvi  hi  ofioia  (die  ho  provato,  rivedendo  Antonietta. 
Mi  pare  inutile.  [)erché  potete  iniiiiauinarlo  da  per 
voi.  Mi  duole  che  il  (Jiornale,  le  faeeende  e  che  so 
io  ci  tolgono  d'essere  insieme  quanto  vorremmo.  Oggi 
siamo  a  pranzo  da  una  Signora  che  lia  voluto  asso- 
lutamente veder  hi  sorella.  Essa  riparte  hmedi.  Vi 
darà  tutte  notizie  di  me:  e  vi  dirà  inoltre  <iualche 
suggerimento  intorno  alhi  vostra  venuta,  lo  ho  dato 
ordine  oggi  all' ufticio  «lei  (liornale  che  vi  mandino 
addirittura  i  numeri.  Xoii  vedo  il  perché  non  avreste 
ciò  ch'io  scrivo.  Desidero  anzi  che  tacciate  leggere 
il  Giornale  al  padre.  Sto  bene  :  ma  ho  la  testa  come 
se  avessi  dentro  un  juuliiu)  a  vento,  tante  sono  le 
})ersone  che  mi  vengono  intorno.  Xe  ho  cinque  in 
questo  monientO;  e  non  so  nemmen  ii»  (]iiello  ch'io 
scriva.  Addio:  abbracciate  il  i)adre:  vi  scriveiò  lunga 

mente  lunedi.  Amate  il 

vostro 

(Ul^SHI'l'K. 

MMCCCCXXVllI. 
A  G.  Elia   Bknza.  u  Genova. 

fMiliUio].    19  j,nu.i;ii(>  [1848  . 

(Jaro  Elia. 

Ti  reca  queste  linee  con  un  mio  saluto  d'amico 
il  Signor  Leon  Favre,  mandato  dal  suo  Governo  in 
Piemonte.  (')  Ama  noi.  la  causa  nostra  e  l'  IJnuiuità. 

MMCCCCXXVUI.  —  Inedita.  L' :uiro.i,'iaf'(>  si  conseiva  nel 
Musco  Civico  del  Risorgimento  di  Genova. 

(')  Eni  stato  nominato  console  a  Genova,  dove  jjiiinse  il 
27  giugno  1848  (ved.  il  Foixiero  Ilaliano  di  quello  stesso  giorno). 


18!   m\ 


[1,S48]  KlMSroi.AHKJ.  231 

VoiTfi  ch'ci  si  tbniiasse  uiui  jiiasta  idea  del  p:iese 
e  de;jli  elementi  <;lie  vi  s'iigituiio.  Tu  puoi  jiiovjiijili 
assai  in  questo  e  te  lo  laecouìando.  Fa  cb'ei  possa 
«'ouosceie  il  presente  e  indovinar  l'avvenire. 

••  1  tenipt  none — but  witli  Trutli,  "  antico  mio 
jiiotto:  e  però  lo  mando  anche  a  te  die  co'  tuoi  iuu»\i 
amici  calcili  colle  nii<>liori  intenzioni  del  mondo  una 
strada  non  mia:  e  che.  airanu)re  tuo  per  1"  Italia, 
innalzi,  nel  tuo  §  dell'Indirizzo,  a  pensiero  di  sintesi 
una  mera  teorica  (ro])portunità  e  di  transazione. 
)iella  quale  1*  intimo  tuo  core  non  crede.  (M  I>el  resto 
rimani  amico  al  tuo  ve(;chio  amico  e  (;redi  al- 
l'amore  del  j-^^^^ 

(xlUSEPPK. 

llicordami.  ti  prej^o.  a  (liovanni:  e  di^ii  (die  non 
vedo  il  perché  ei  non  potesse  scrivermi  una  linea 
entrando  in  Italia.  Dov'è  A»>()Stino!  K  che  fa  sua 
ina<lre  ?  Dijili  di  scrivermi. 

(').  L' iii(ìiii/z<)  (li  risposta  :il  discorso  della  Corona  era 
stato  presentato  alla  Camera  Subalpina  nella  seduta  del  27  niag- 
ilio  1848  dal  relatore  Pietro  Derossi  di  Santarosa,  ed  era  stat*» 
]nn;raiiieiite  discusso  nelle  sedute  successive,  infine,  dopo  nume- 
rosi emendamenti,  approvato  in  quella  del  7  giugno.  Durante 
la  liiscussione,  il  Henza  aveva  preso  la  parola  per  due  emen- 
damenti: la  prima  volta  il  5  giugno,  riguardante  il  i&  15,  e 
propose  che  dopo  la  parola  re»j>o«»a/>i/t/à  fosse  aggiunto  :  «eh»' 
verrà  con  apposita  legge  stabilito;»  la  seconda,  il  giorno  Buc- 
<ressivo.  in  cui.  non  rinnegando  i  suoi  principii  unitari,  propose 
che  invece  ili  «di  altre  piovincie  sorelle»  fosse  detto  «delle 
altre  provincie  sorelle.»  jierché  «non  s'intendesse  che  colhi 
Lombardo-Veneto  rimanesse  compiuta  la  fusione  italiana.  »  Per 
un  suo  «  Indirizzò  ai  popoli  dei  Ducati  di  Modena  e  di  Parma 
e  ai  popoli  lombardi  e  veneti,  »  da  lui  proposto  nella  seduta 
del  10  luglio  1848  del  Parlamento  Subalpino,  ved.  il  reuskro 
Italiano  di   tre  giorni  dopo. 


232  KiMSTOr,Ai!H>.  [1X481 


MMOC'CCXXIX. 

Ai.T.A  Maduk.  a  Genova. 

IMilaiio].   v.'iicrdi  22  j;iuj:no  [1848]. 


Mia  t'ara   iiiadir. 


H 


J)a  oltre  a  una  settimana  non  lio  lettere  vostre,  e 
comincio  ad  essere  in(iuieto.  Xon  sono  j)iu  a  Londra 
dove  il  mare  jioteva  iini>edire  le  lettere:  e  non  so 
quindi  a  clie  attribuire  il  vostro  silenzio.  Anelie  la 
sorella  tornata  dovrebbe  scrivermi,  e  non  vedo  nulla. 
Vorrei  che  mi  fosse  detto  tutto,  male  o  beiie  clic  sia. 
Aspetto  dun<iue  lettere  ansiosameiìte.  Domani  verrà 
a  vedervi  (^amUiaso.  i\  darvi  mie  nuove  personali. 
Ieri  fui  nella  processione  tlel  Coi'pus  Domini  :  con 
deputazione  di  IL*  rappresentanti  TAssemblea  Xa/io- 
nale.  stendaido  uostro.  colle    nostre   divise,    etc.    (') 

Amate,   voi  e  il  padre,   il 

vostro 

(InTSEPPi:. 


MMCCCCXXIX.  —  Inedita.  L"  n litografo  si  conserva  nella 
laceolta  Nallian.  Non  lia  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre 
del   Mazzini   annotò:   «  22  giugno   1848.  » 

(')  «Ieri  —  si  leggeva  nell'//rtZi<i  del  Popolo  del  2o  giu- 
gno 1848,  —  in  occasione  della  solennità  del  Corpus  Domini, 
l'Associazione  nazionale  italiana  era  invitata  a  far  parte  della 
consueta  processione.  Una  deputazione  della  inedesinia  v'in- 
tervenne, preceduta  dal  suo  stendardo  sul  ([uale  leggevansi  lo 
l>arole  :    Unità,  Dio  e  il  Popolo.» 


[I>ì4<ì  Ki'isToi.Aitio.  233 

MMCCHX  XXX. 

ALI. A   Mai>ke.  a  Genova. 

[Milano],   27  giugno   1848. 
Cara  niadre. 

Ho  ricevuto  due  o  tre  lettere  di  Genova  tutte 
a.ssierne.  una  vostra  del  15  insieme  a  una  del  25; 
lo  stesso  anche  da  altri.  Credo  che  sia  pili  disordine 
postale  che  altro.  Mi  manca  ancora  una  lettera,  crede», 
che  scriveste  all'arrivo  d'Antoni«'tta  e  nella  (piale 
essa  tbr.se  scriveva  due  linee.  Dite  a  Garzia  che  ho 
quindi  ricevuto  anche  il  suo  bigi  iettino,  e  va  bene. 
Vi  i)arrà  strano  e  a  me  riesce  doloroso  sospendere 
anche  di  pochi  «giorni  una  cosa  <'he  desidero  da  dicias 
sette  anni,  cioè  l'abbracciarvi.  .Ma  n(»n  i)reiidete  deci- 
sione circa  al  «iiorno  della  |>artenza  prima  d'un' altra 
mia  lettera.  Lamia  iJaiira  è  «piesta:  chele  cose  del 
]>aese  e  Io  slancio  «-he  il  Governo  pan*  disposte»  final  ' 
mente  a  prendere,  obblighino  me  pure  ad  andare 
altrove  per  i>ochi  «iiorni  a<l  aiutare  f}uello  slancio 
dove  ve  ne  è  più  bisogno.  Mi  dorrebìie  assai  che 
epiesio  accadesse  mentre  siamo  insieme.  Or  questo 
]>uò  dipendere  in  parte  dalle  mosse  di  Garibabli: 
spero  sapere  ogjcfi  o  domani  dov'egU  intenda  diri- 
gersi e  alloia  potrò  s(;ri vervi  se  potete  scegliere  il 
momento  a  vostro  pia(;ere,  o  se  devo  indicarvelo  io. 
♦Stava  già  ]>ensando  con  gioia  a  scegliere  il  luogo 
elove  avremmo  i>assato  quel  po'  di  temj>o,  «piando  le 

MMCC'C'CXXX.         Inedita.   I/antografo  si   conserva   nella 
raccolta  Xatlian.  Xon  lia  iii(1ìri//,o. 


234 


Kl'ISroI^AIMO. 


184?<1 


(ìiH^isioni  prese  icrsera  sulla  ^iu?rni  ({ili  «lai  (ioveiiio 
«^  Paiiivo  (li  <ìaiib[iil(li]  produssero  corte  coiiibinazioni 
(•he  mi  rendono  incerto.  (M  Sta  bene  della  coniinissione 


(')  (iiiril)iil(li  era  giunto  a  Nizza  a  bordo  dell' /•,',sj/f)«//crt, 
<;he  Itatteva  l>aii(lic'ra  americana  e  comaudava  egli  stesso,  con 
)a  sua  legione  (;oni{)usta  di  144  uoiiiiiii.  A[)peiia  Hbarcato,  8Ì 
era  recato  dal  governatore  generale  della  divisione  di  Nizza, 
conto  De  Sontiaz,  per  «sentire  se  nulla  si  opponeva  alla  di 
lui  pernuinenza  in  patria  sino  al  giorno  26,  epoea  in  cui  inten- 
deva partire  alla  volta  di  («enova  per  <[uin<li  recarsi  al  campo  in 
l^ombardia,  o  colla  sua  compagnia  combattere  per  l' indipendenza 
d'Italia»  (ved.  A.  Cavaciocchi,  Le  prime  tjeita  di  Garibaldi  in 
Italia,  nella  liirisla  Militare  Italiana,  disp.  VI  [ll'O?].  p.  9  del- 
l'estratto).  Rimaneva  invece  a  Nizza  tino  al  29,  nel  (jual  giorno 
giungeva  a  Genova  per  via  di  mare,  e  il  suo  arrivo  colà  era 
cosi  narrato  in  una  corrispondenza  da  quella  città  ììW Italia 
del  Popolo  (n.  del  1"  luglio  1848):  «Ieri  iirrivo  in  «(uesta  il 
nostro  prode  generale  Garibaldi  con  una  trazione  della  sua 
legione,  accresciuta  in  Nizza  di  non  jioclii  nomini.  11  .Signor 
liatlaelle  Kabi>attino  [sic],  direttore  dell' aiiiministrazionc  dei 
piroscafi  sardi,  aveva  messo  uno  dei  suoi  battelli  a  disposi- 
zione di  vari  amici  del  generale  che  avanti  ieri  sera  gli  andarono 
incontro  onde  portargli  dei  rinfreschi,  ma  non  fn  dato  a  qnesti 
di  rinvenirlo,  perché  il  bastimento  che  lo  portava  erasi  avvi- 
cinato alla  costa  di  levante  per  ])rcnder  vento  favorevole  ad 
entrare  iti  porto.  Descriverò  F  entusiasmo  che  il  valoroso  cam- 
pione, ed  i  .suoi  militi  destarono  nel  popolo  e  impossibile.  Appena 
si  seppe  il  loro  arrivo,  fu  un  accorrere  improvviso  di  gente 
sul  ponte  reale.  e<l  un  prolungato  eccheggiare  di  evviva  durante 
1'  avviarsi  da  quel  jionte  verso  i  preparati  alloggi  sia  del 
generale,  che  dei  legionarii.  Siiarcarono  x»rima  questi,  poi  il 
generale,  ed  alloggiarono  i  militi  nella  caserma  san  ]<eonardo, 
il  Garibaldi  in  casa  d'un  Antonini  suo  amico.  Il  generale  ieri 
sera  è  stato  al  teatro  Carlo  Felice,  ed  appena  vi  comparve  fu 
salutato  da  una  salve  di  vivissimi  ajtplansi.  M<dti  volontari  s' in- 
corporei-anno  nella  sua  legione  per  seguire  questo  celebre  guer- 
riero italiano.  »  Sulle  sue  «  mosse  »  successive,  ved.  le -note  alle 
lett.  MMCCCCXXXIV  e  MMGCCCXXXVI.  11  Mazzini  fondava 
grandissime    speranze  sul    concorso   che  l'eroe    di    Montevideo 


[184SJ  K.i'isioi.AKio.  -35 

data  airAntoiiiiii  da  Medici:  ma  coniiiiria  a  soiineii- 
dermi  la  dilazione  dell* arrivo:  e  m*  aspetto  die  perché 

avrebbe  prestato  per  ie  Inture  operazioni  d\  guerra.  s[»e(ialMieiitt« 
•lopo  che  il  Governo  Provvisorio  della  L<nul)ardiii.  roiupendo  iiu 
iiidiiurio  che  era  stato  daniiosissiino,  aveva  emanato  (25  giiii^no) 
<;in«iiie  decreti  con  i  <niali  :  1<^  si  istituiva  nii  Comitato  centrale 
straordinario  percompiere  l'orj^anizzazione  e  l'arredamento  della 
Guardia  nazionale  e  per  moldlizzariie  la  mau;gior  parte  [lossi- 
bile;  2°  si  istituiva  nn  Comitato  pei  profughi  veneti,  composto 
di  Veneti  e  di  Lombardi  :  o"  si  procedeva  immantinente  alla 
formazione  d' nu  esercito  di  riserva  che  spalleggiasse  1' esercito 
italiano  e  coprisse  la  frontiera  ionib;irda:  4°  erano  chiamati  a 
formar  parte  dell'esercito  le  classi  disponibili  dei  nati  negli 
anni  182.>,  1824.  1825.  eccettuati  gli  ammogliati,  e  si  anticipava 
la  leva  dei  nati  nell'anno  1828;  5»  considerato  che  «nella 
santa  guerra  in  cui  tutta  Italia  comhallera  per  la  cacciata  del 
barbaro  una  sola  era  la  bandiera,  come  uno  solo  eia  il  (ine 
per  cui  tutta  Italia  s' «/•«  levata  a  combattere,»  si  ritenevano 
uHQciali  e  soldati  dell'esercito  italiano  e  inscritti,  »inando  lo 
ricliiedevano  «  ne'  ruoli  dell'esercito  lomitardo,  soldati  e  volon- 
tari Napoletani  d'ogni  grado  e  d'ogni  arma,  i  quali  col  gene- 
rale Guglielmo  l'epe  aceKano  seguito  la  bandiera  d'Italia.»  K 
questi  disperali  appelli  il  Governo  Provvisorio  aveva  fatto 
precedere  da  un  proclama  col  quale,  smesse  le  frasi  rigurgi- 
tanti del  facile  entusiasmo  delia  rettorica,  delle  ([uali  s'era 
abusato  in  quelli  precedenti,  si  delineava  un  ([uadro  pauroso 
della  situazione  e  si  additava  il  pericoloso  nemico  che  «coperto 
fra  l'Adige  e  il  Mincio  dai  baluanli  ch'egli  da  tanto  tempo 
studiosamente  si  preparava  per  ultimo  rifugio,  ingrossava  d'  uo- 
mini, ed  aizzaiulo  gli  istinti  barbarici  rinfiammava  i  suoi  soldati. 
se  non  al  coraggio  vero,  almeno  all'  avido  furore  del  saccheggio 
e  «iella  strage.»  Piibl>licandoli  nell'Z/<i?irt  del  Popolo  del  27  giu- 
gno 1848.  il  Mazzini  atfermava  che  con  (jnei  provvedimenti  il 
Goverin)  l'rovvis(»rio  aveva  tinalniente  trovata  la  via  giusta,  e 
scriveva:  «  Lode  a  Dio  I  possiamo  citare  decreti  del  Governo,  t» 
non  biasimare.  La  nostra  voce,  la  voce  della  giuirdìa  nazionale, 
la  voce  del  paese  irritato  ha  trovato  ascolto;  e  il  (iovenio  s'è 
d<"9to  alla  coscienza  dei  pericoli  che  sovrastano,  alla  vergogna 
di  lasciar   jtrolungarsi  con  perdita   una  guerra  che  la  nazione. 


236  KIMSTOLAKIO.  [Igi 

ci  sono  tutti  i  miei  inaiiosciitti.  atìoudeià.  Dite  ad 
Aiitonietta  che  bo  ricevuto  la  sua:  all'amico  N[apo- 
leoue]  che  ho  ricevuto  le  due  mandate  all'  indirizzo 
Inglese.  Addio:  abbracciate  il  padre;  credo  che  dopo 
aver  veduto  voi,  finirò  per  (convincervi  che  ])os8o 
fare  una  corsa  in  (lenova  ed  abbracciare  anche  lui. 
Ditemi  un'altra  cosa,  ed  è  se  avete  concerto  eoi  padre 
sul  tempo  che  a  un  di  i>resso  passerete  con  me.  Amate 
sempre  il 

vostro 

(Ill^SEPPE. 


guidata  come  dovciii-ii,  avreWbe  potuto  iìiiire  in  un  mese,  al 
8eu8o  «li  doveri  1  ungameli  te  dimenticuti.  uia  che  possono  cont- 
pirsi  ìincora.  alia  fiducia  nelle  popolazioni  che  lo  circondano. 
E  alla  fiducia  in  esse  riposte  le  popolazioni  rispornleranno  col- 
1' azione  e  colla  vittoria,  li'  indirizzo  ai  Lombardi  ciie  soggiuu- 
giaiuo  [tarla  quasi  in  ogni  sua  linea  parole  degne  degli  uomini 
ai  quali  sono  riv«dte  e  della  santa  causa  che  s'agita  in  Lom- 
bardia. I  decreti  che  lo  accompagnarono  seguano  le  prime 
orme  softra  una  via  che  guida  a  Corti  fatti  e  darà  salute  al 
paese;  le  prime  orme  diciamo,  perché  tutto  pende  dalla  insi- 
stenza logica  colia  quale  il  (jioverno  pi'ocederà  sulla  rai»idità 
dell'esecuzione,  sulla  direzione  che  verrà  data  alle  forze  richieste. 
Di  «lueste  cose  terremo  discorso  ogni  giorno.  Intanto,  e  non 
dovremmo  aver  bisogno  di  dirlo,  parola,  opera,  sagrificio,  noi 
protteriamo  e  daremo  tutto  perché  si  corra  e  speditamente  la 
via  segnata.  Dovunque  sorge  una  voce  che  chiama  in  nome 
della  patria  italiana,  ivi  abbiamo  e  ci  mostreremo  fratelli. 
Dovunque  move  una  bandiera  che  guida  all'onore  all'indi- 
pendenza, seguiremo  non  ultimi  ;  e  poc«»  importa  la  mano  che 
la  sorregge.  Uniamoci  tutti  e  vinciamo:  questo  è  debito  nostro. 
Al  resro  provvederà  l'avvenire.» 


[1S4S]  KiMsroi.Aiuo.  :io7 

MMOCCCXXXr. 

Ai-i.A    Mai>uk.  :i,  Genova. 

[Miliiiio].   30  .uin.irno   184?<. 

31  ii»   Ciira   madre. 

Ilo  la  vostra  del  li.S.  Siamo  ora  in  regola.  An- 
cora due  giorni  e  potrò  dirvi  quale  decisione  pos- 
siamo prendere.  Dio  sa  se  un  contrattempo  niMn- 
cresce:  ma  navighiamo  sopra  un  mare  burrascoso  e 
non  siamo  arbitri  di  noi  stessi.  Pagherei  non  so  quanto 
penihé  ci  fossimo  già  consolati  un  po'  assieme.  Del 
resto."  ripeto,  tra  due  giorni  vi  scriverò  sicuramente 
in  ))ro])osito.  Quanto  al  mio  venire  in  Genova,  io 
credo  i)er  convinzione  che  non  vi  sarel)be  per  me 
il  menomo  rischio:  ma  non  intendo  con  questo  sop- 
])rimere  la  mia  parola  d'onore;  anzi  ve  la  confermo 
e  starò  interamente  al  cenno  vostro.  Son  veramente 
lieto  che  siano  giunte  le  casse;  ripeto  le  mie  istru- 
zi<mi  :  vorrei  che  qualcuno  facesse  la  nota  esatta  dei 
libri  e  me  la  spedisse;  vorrei  poi  che  le  carte  mano- 
scritte mi  venissero  messe  in  un  fascio  senz'ordine 
e  spedite  imhifo.  Son  le  mie  provvigioni  e  ne  ho 
bisogno  assoluto  in  qualunque  modo  o  luogo  io  mi 
sia.  Se  non  avete  un'occasione  sicura  subito^  pregate 
qualcuno  che  consegni  addirittura  l' involto  alla  Dili- 
genza ])er  qui:  avvisandomi  contemporaneamente  del- 
l'invio.  Abbiate  pazienza  di  tutte  queste  noie:    ma 


MMCCCCXXXI.  —  Inedita.   L' autografo  si  conserva  nella 
rae<-o!f;i    Natliaii.   Non   Ini  iixlirizzo. 


■J38  KPiSTOi,Ai<io.  [1848| 

non  so  come  tare.  Del  resto  non  dovete   temer    per 
le  carte;  sono  Ijivori  e  non  carte  segrete. 

Vorrei  clie  diceste  a  Federico  ch'io  iiiiuidai,  se 
ben  ri<'ordo.  la  lettera  contenente  nno  stami)ato  su  Ka- 
niorino  all'indiiizzo  (».  J>.  (Jambiaso,  poi.  che  scrissi 
a  Ini  l'ederico  una  lettera  per  la  posta  «iorni  sono, 
che  mi  dorrebl)e  assai  non  gli  venisse  ricapitata. 

Ho  veduto  le  vostre  litlessioni  e  quelle  del  padre 
sull'impiego,  carriera,  ctc.  !Non  posso  ora  discuterle. 
Ma.  cara  madre,  la  mìa  vita  non  è  mia:  io  non  sonori 
])ivi  iuilividuo:  sono  sotto  l'impero  di  certe  neces- 
sità regolatrici  della  mia  condotta,  che  non  ])osso 
rompere. 

Addio:  amate  sempre  il  vostro 

GiiTSEPrE. 

MMCCCCXXXII. 

A    FltANX'KSCO    PaSOTTI,    il    MiliUlO. 

[Milano],   jriovedi  [....   «iingtio   1848]. 

</aro   l'asotti. 

►Se  v'è  modo,  fammi  il  ]>iacere  di  accettare  nel 
<Jorpo  Universitario  i  cpiattro  studenti  francesi  che 
ti   ])rcsentano  questo  biglietto:  sojio  qui  in  una  posi- 

MMCCCCXXXII.  —  liu'tlita.  L'autografo  si  consciva  nel  Mu- 
seo liei  Kisorgiiueuto  d'Imola.  A  tergo  di  esso,  di  pugno  del  Maz- 
zini, sta  l' indiiiz/o:  «Al  col.  Pasotti.  »  Su  Francesco  Pasotti, 
<;lie  terminò  la  sua  lunga  carriera  militare  in  qualità  di  co- 
lonnello nell'esercito  sardo,  vcd.  le  note  alle  lett.  IV,  e 
MMCC"C('XXVI.  Era  stato  nominato  colonnello  del  battaglione 
degli  studenti,  il  (juale,  dopo  di  essere  stato  lungamente  ino- 
peroso a  Milano,  era  st.ato  inaiato  a  combattere  solamente 
nel  luglio.  Ycd.  la    Voce  del  Popolo,  del  17  luglio  1848. 


[18i8]  KIMSTOI.AKIO.  239 

ziono  strana  venuti  colle  ])iù  candide  e  niijjfliori  inten- 
zioni del  mondo  a  combattere  jfli  Austriaci  e  non 
sanno  dove  dar  del  cai>o. 

Accoglili,  ti  prego.  Ti  sarò  grato. 

Ama  semi)re  il 

tuo 

Gius.  Mazzini. 


MMCCCCXXXlll. 

ALLA   Mapkk.   a   Tieiiova, 

[Milivnoì,  (loiiKMiicii   [2  liij>ii(>   1848Ì. 
('aia   madre. 

Vorrei  die  faceste  avere  <'on  (|uanta  jiiii  solleci- 
tudine è  i)088ibile  l'unito  biglietto  a  quel  giovine 
Medici.  <*he  conoscete.  Supi>ongo  clie  o  per  mezzo 
<li  N[apoleone]  o  di  Federico  vi  sarà  facile  mandar- 
glielo. So  <die  doveva  venire  <la  voi  insieme  a  (lari- 
bjaldi]  e  ne  Ilo  piacere,  (guanto  a  (larib[aldi|,  mi  duole 
cir«'i  si  lasci  convincere  di  venire  al  (^ampo  come 
Colonnello  o  anche  (ienerale  nell'esercito  regolare; 
non  sarà  più  il  (larib[aldi]  che  l'Italia  amava  e  ammi- 
rava. (*) 

Sto  bene;  spero  tra  un  gioiiio  o  due  di  scrivervi: 
venite:  intanto,  sull'incertezza,  mandatemi  le  carte. 
Dite  a  N|apolcone]  che  ho   ricevuto   la    sua.  Saluta- 

MMCCCCXXXIII.  —  Iiieditii.  L'autografo  si  connerva  iielliv 
raecolt.a  Nathaii.  Non  lia  indirizzo.  A  tergo  «ti  esso,  la  madre 
del  Mazzini   annotò:   «2  luglio  1848.» 

(')  Ved.   la  nota  alla  lett.  seguente. 


24  0  Ki'isroi.Aiiio.  118 


temi  (!on  aftetto  l'Andrea.  Agosfino  stato  (]ui  è  parti 
ieri  per  Torino.  Abbracciate  il  padre  ed  amate  ii 

vostro 
Giuseppe. 

MMCCCOXXXIV. 

A   GiLSKiM'K  Lamhkuti.  il  Reggio. 

[Milano],   ;^  luglio  (l,S4f<J. 
Caro  (ìiu.sei>pe. 

Ebbi  la  tua.  Ordinai  per  ^li  al)boiia menti.  tSejuui 
a  farne,  se  puoi.  lmi)orta  molto  die  non  cadiamo, 
('he  «;osa  taccia  altrove,  non  so:  ma  qui  il  (lioriiale 
fa  bene,  e  ci  riconduce  di  molti.  (ìli  eventi  poi  fanru> 
ancdie  più.  Vedremo.  Di  me  non  so  <;lie  dirti.  Ho 
avuto  qui  per  una  settimana  mia  sorella.  Avrò,  spero, 
presto  mia  madre:  ma  non  so.  nulla  di  i)ositivo  tìnora, 
K  te  ne  dirò  quando  sappia.  Scrivo,  scrivo:  ma  quando 
giungerà  Garibaldi,  ho  quasi  fermo  d'andar  con  lui  a 
qualche  colpo  disperato  sul  \'eneto.  Se  u'  esco,  data 
prova  di  non  cUrar  la  vita,  tornerò  a  scrivere.  Scrivendo 
o  combattendo,  mi  parrà  d' essere  in  un  deserto.  Ma 
tinche  vivo,  ho  deciso  galvani/zarmi  e  andare  innanzi. 
Fa  tu  lo  stesso.  Importerebbe:  1"  Grescere  con  soscrit- 
tori  e  corrispondenze  im[»ortanza  al  Giornale,  li"  Im. 
]>iantare  un  piccolo  nucleo  d'Associazione  Nazionale: 
col  (juale,  occorrendo,  io  i)Otessi  mettere  a  contatto 
i  Lombardi.  Che  il  nucleo  rappresenti  cifra  d'elementi 
o  no,  poco  monta  per   ora.   Vedi  un   i)o'.  ])a  LMetro 

MMCCCOXXXIV.  — Pubbl.  da  D.  Giukiati,  IJiieceuto  lettere, 
ecc.,  cit.,  pp.  293-294.  Qui  «i  riscoutra  siili"  autografo,  pos- 
seduto dal  dr.  Daniele  Vaie.  Non  lia  indirizzo. 


m 

ito    ■ 


(18+.S]  KiMsioi. Alilo.  24 1 

Jio  avuto  lettera.  Lami  «^  in  X'altelliiia.  (')  In  <|iialii!iqiie 
ln()<i«)  io  mi  stia,  se  in  Italia,  vedo  evidente  che  avrei 
bisooiio  ora  di  due  se^^retarii  o  altro,  die  fossero  meco 
e<*orri.spo!idesseroi>ernie.  Jo  lascio  indietro  e  scontento 
qninili  moltissimi  individui  ])er  non  aver  tempo  a  ri- 
spondere alle  loro  lettere.  Ma  di  volontarii  non  ne  ho^ 
e  non  posso  i){i<iarne.  Avrei  biso^iino  d'esser  [)aiiato  io. 

Domani,  vado  in  processione  in  (Jorpns  Domini  I 
con  12.  deputazione  dell'Associazione  Nazionale,  baii- 
dieia  nostia.  ec(;,.:  invitati  s'intende. 

Addi*»  :  non  t' adirare  del  mio  silenzio  :  vorrei 
scriverti,  e  non  so  come  fare.  Amami,  eh'  io  t'  amo 
e  stimo  molto  pili   che  non  dico  e   forse  non  (^redi. 

Tuo 

(rITTSEPPE. 

Mercoledì. 

(Questa  doveva  venirti  con  Moja.  il  quale  non  si 
f<M!e    i)iii   vivo:   quindi  è  di  data  antica.  (") 

(')  Aiiioiiio  Jjaiiii,  esiilw  torli vchso  del  'ìiì,  dapprima  nel 
deposito  di  Aieiigoii  (ved.  hi  nota  alla  letfc.  MCCCXXVIII),  poi, 
ottenuto  un  iinpiej^o.  (rasferitosi  a  Saint-Qiientiii.  era  rimasto 
sempre  devoto  al  Mazzini  e  alla  Gioriiie  Italia,  alla  (fuale  si  era 
.tlHliato  lino  dalla  sua  istituzione,  e  aveva  continuato  tuì  a|>par- 
tenere  anche  nel  suo  secondo  periodo,  in  cui  <|;li  fu  conferito  il 
jjradodi  ordinatone,  'l'estimonianze  di  questa  sua  lunga  devozione 
alle  idee  mazziniane  stanno  nel  copioso  carteggio  che  tenne 
col  Lamberti,  riassunto  e  distribuito  per  entro  i  sei  voli,  del 
Protocollo  della  Giovine  Italia.  Venuto  in  Italia  dopo  le  Cinque 
«Giornate,  e  chiamato  forse  in  Lombardia  dal  Mazzini,  fu  caix» 
di  Stato  Maggiore  del  generale  D'Apice,  e  combatté  allo  Stel  vio, 
nei  (rorpo  dei  volontari,  sottoscrivendo  la  tìcra  protesta  di  re- 
sistere ad  ogni  costo,  dopo  i  rovesci  delle  truppe  regolari. 

i'^)  Infatti,  era  stata  cominciata  a  scrivere  fino  dal  20  giugno. 
Ved.  la  lett.  MMCCCCXXIX.  Su  Cristoforo  Moj.i,  attillato  alla. 
Gioirne  Italia  tino  dai  1832.  per  cui  aveva  sofìerto  il  carcere,  dal 
quale  esci  con  l' indulto  del  1842,  ved.  la  nota  alla  lett.  MDXX^'. 

Mazzini,  Scrìtti,  i-tc.  voi.  XXXV  (Kpistoljiiio,  v«l.  XIX).  16 


24i 


KI'ISJ'OI.AISIO. 


I18J8Ì 


Sto  per  avere  F  ultima  delusione  in  Garib[aldi].  C) 
Quanto  alle  cose  di  qui,  abbiamo  jfià    riguadagnato 


Aiiclregli  era  staro  in  corrispondenza  col  Lamberti,  continiianiìo 
a  tener  fede  all'associazione  mazziniana  pni-e  in  se<>nifo.  Ved. 
il  l'rotocollu  della  Giovine  Italia,  voi.  II,  ]».  UH,  passim. 

{^)  Era  qnesta  la  prima  nnbe  clie  otfnscava  le  relazioni 
tra  (|uei  due  grandi  ]>atrioti.  ma  clie  si  dissipò  assai  jier  tempo. 
11  Mazzini  aveva  ]»otent,emenfce  contribnito  a  di  vulgare  in  Italia 
ed  in  Inghilterra  il  nome  di  (iaribaldi,  esaltandone  la  gloriosa 
impresa  d'America,  non  solamente  con  nn  apposito  opnscob», 
che  aveva  avuto  larga  diffusione  in  ])atria  (ved.  la  nota  alla 
lett.  MMLXXV,  jja««t»j).  '»"•  '"  ""  "rt-  »'  Times,  con  cui  l'aveva 
difeso  dalle  accuse  del  Journal  iles  Déhais  (ved.  la  nota  alla 
lett.  MCMLXXl).  La  corrispondenza  epist<dare  tra  di  loro,  spe- 
cialmente per  merito  di  Giambattista  (Jiineo,  durava  da  qualche 
anno,  e  piti  volte,  ad  es.  sullo  scorcio  del  1846,  Garibaldi  aveva 
«spresso  al  capo  della  Glorine  Ilalia  il  pr<)posito  d'imbarcarsi  con 
la  sua  legione,  e  scendere  su  «umiche  costa  italiatia  a  proclamarvi 
r insurrezione  (ved.  la  nota  .alla  lett.  ^IMCXX\'I).  V,  poi  da  ag- 
giungere che,  data  la  grande  distanza  e  la  ditlicoll.à  delle  comu- 
nicazioni, egli  non  era  esattamente  informato  dello  svolgersi 
delle  vicende  politiche  italiane,  ed  è  per  questa  ragione  che 
alla  line  del  febbraio  1848  aveva  spedito  in  Italia  Giacoin<) 
Medici,  cui  provvi'deva  di  apposite  istruzioni  ])er  il  Mazzini 
«  raccomandava  di  agiro  in  perfetto  accordo  con  lui  (ved.  la 
nota  alla  lett.  MMCCCC^XV.  e  ])er  le  delusioni  jnovate  pure  dal 
Medici  riguardo  a  Garibaldi,  le  note  di  lui  ai  Mémoires  de  Gaki- 
HAi.Di,  ediz.  cit.,  vol.II,  pp.  80-83,  e  R.  .Soriga,  Note  (larihaldiiie. 
nella /i?<(««.  Stor.  d.  Risorfiimento,  a.  IV  [1917].  iq>.  1H9-173).  Quindi, 
non  può  mettersi  in  dubbio  che  imbarcandosi  egli,  co'  suoi  legio- 
narii,  e  ignorando,  come  si  è  visto,  i  meravigliosi  fatti  delle  Cin- 
que Giornate,  l'iniziativa  presa  da  Carlo  Alberto  contro  l'Austria, 
infine,  le  decisioni  dei  Governi  di  Firenze,  di  R<una.  di  Napoli,  di 
•contri)»uire  alla  guerra  d'  indipendenza,  continuasse  negli  stessi 
propositi.  Non  aitpena  sceso  a  Nizza,  e  resosi  conto  della  vera 
fiituazione  politica  d'  Italia,  <'onfusamente  appresa  durante 
il  viaggio,  dovette  prendere  subito  una  risoluzione:  e  fino  dal 
giorno  (25  giugno  1848),  in  cui  i  suoi  concittadini  gli  ottrirono 
nn    grande    banchetto   all'liAtel    New    York,  fece    dichiarazioni 


I 


(1S48]  KiMsroLAHio.  243 

tiiiito  feiieiK)  (la  poter,  se  volessimo;  l'ovescijir  questo 
(loveriio   iV  imbecilli  domani,    ^hi    la    questione    sta 

;iss:ii  siniomaticlie  :  «  Voi  —  egli  disse  —  sapete  che  io  non 
fili  mai  partigiano  «lei  re;  ma  poiché  Cario  Alberto  si  lece  il 
clit'ensoie  della  causa  popolare,  io  ho  creduto  dovergli  recare 
il  mio  coiuorso  e  (juelio  dei  miei  camerata  »  (ved.  la  Coucordia 
del  29  giugno  1848).  Queste  recise  dichiarazioni  erano  ripetute 
dall' organo  ulliciale  del  Governo  l'rovvisorio  della  Lombardia, 
in  cui.  ricavando  la  notizia  dal  cit.  periodico  torinese  {Concordia 
del  23  giugno  1848).  era  attennato  che  Garibaldi  aveva  detto  «  in 
pubblico,  appena  sbarcato,  di  non  essere  republilicaiio.  ma  italiano 
e  pronto  a  versareriiltimagocciadel  suo  sangue  pel  re  e  per  l'Ita- 
lia »  fved.  il  22  Marzo  del  24  giugno  1848);  e  iwm  erano  affatto 
smentite  in  seguito,  quando  cioè,  trascorsi  pochi  giorni  di  riposo 
nella  sua  città  natale,  egli  partiva  alla  volta  di  Genova.  Colà  en- 
trava per  via  di  mare  la  mattina  del  29  giugno,  e  sceso  per  primo 
:i  terra,  assisteva  poi  allo  stilamento  dei  legionarii,  i  quali  «  a 
suoli  di  tromba,  preceduti  dalla  bandiera  italiana,  eolio  scudo  di 
•Savoia,  e  dalla  loro  propria.  »  andavano  ad  alloggiare  nella 
caserma  di  san  Leonardo,  assegnata  ad  essi  da  quel  Governa- 
tore, ottenendo  dall'  autorità  militare  accoglienze  ed  aiuti  che 
non  avevano  certamente  ricevuto  i  legionarii  dell'Antoniiii 
<v('<l.  l.\  Concordia  del  3  luglio  1848  e  A.  Ca vaciocchi.  Le  prime 
ijesUi  di  Garibaldi  in  Italia,  ecc.,  cit.,  pp.  10-13).  Di  «[iiesti 
sentimenti  espressi  da  Garibaldi  era  indubbiamente  informato 
il  Mazzini  dai  suoi  amici  di  Genova,  come  ai»parisce  dalla  già 
<it.  coirispondeiiza  inviata  da  quella  vìtth  nW  Italia  del  Pojìolo 
(u.  del  l"  luglio  1848),  nella  quale  doveva  contenersi  i)iu  di 
([Hello  che  il  jx'iiodico  mazziniano  publdicava.  Ma  la  delusione 
fi'  accrebbe  quaiirlo  Garibaldi  accetto  riiivito  di  visitare  la  sede 
di  quel  Circolo  Nazionale,  oramai  avverso  al  Mazzini  perle  note 
ragioni  (ved.  una  corrispondenza  da  Genova.  nell'/<rtita  del  Popolo 
<lel  22  e  il  commento  che.  dandone  conto,  vi  a])pose  il  Corriere 
Mermntihi]pA  24  giugno  1848).  Colà  Gari))aldi  si  presentò  la  mat- 
tina del  2  luglio,  salutato  da  un  applaudito  discorso  dell'  avv.  Ca- 
bella,  iiresidente  del  Circolo,  al  quale  egli  rispose  «  modeste 
parole  di  ringraziaiuento.  »  Interpellato  quindi  da  un  membro  del 
Circolo  a  dire  qual  fosse  il  suo  giudizio  sulle  cose  della  guerra 
e  sulla  )»osizi()ne  <lell' esercito    piemontese,  egli,  dopo  di    aver 


244  Kl'lSTOI.ARIO.  [1848J 

nltrove.  X<»ii  lio   potuto  aver  lìuora  mia  copia  .stam- 
j)ara    <le<ili     Statuti     dell' Associa/Aitile.     Sono     sotto: 


<lichiarato  ili  non  iivor  capsicifà  bastanre  iiiiroiiuiiziareiiuesto  giu- 
dizio, agjjimise  tuttavia  :  «  Il  magjiior  pciicolo  ciie  ci  sovrasta 
mì  è  quello  die  la  guerra  ni  prolunghi  e  non  sia  tenuiiiata  in 
((uest'anno.  Xt»i  doltbiatno  fari'  ogni  sforzo  possìl»iit^  perclié  gli 
Austriaci  siano  presto  cacciati  dal  suolo  it.iliano.  e  non  si  abbia 
a  sostenere  una  guerra  di  due  o  tre  anni.  Or  noi  non  possiamo 
ottenere  quest'intento,  se  non  siamo  fortemente  uniti.  Si  dia 
bando  ai  sistemi  politici,  non  si  aprano  discussioni  sulla  forma 
di  governo,  non  si  destino  partiti.  La  grande,  l'unica  (incstit>ne- 
dei  momento  è  la  cacciata  dello  straniero,  e  la  guerra  dell'in- 
dipendenza. Pensiamo  a  questo  solo.  Uomini,  armi,  danari,. 
ec('o  ciò  che  ci  liisogna,  non  dispute  oziose  di  sistemi  politici.  » 
Fin  qui,  egli  i)oteva  ritenérsi  in  perfette»  acc<»rd(>  col  Mazzini  ^ 
se  non  eiie.  ribadendo  un  concetto  già  esi>resso.  concludeva:  «  Io 
fui  republdiciino  :  nni  ([uando  seppi  che  Carlo  All>erti>  si  era  fatto- 
caiupi«>ne  d'  Italia,  io  ho  giurato  d'  nbiiidirio.  e  seguitare  fedel- 
mente la  sua  bandiera.  In  luì  solo  vidi  riposta  la  si>eranza 
della  nostra  indipendenza:  Carlo  Alberto  sia  dunciue  il  nostio 
(rapo,  il  nostro  simbolo,  (jli  sforzi  di  tutti  gì'  Italiani  si  con- 
centreranno in  lui.  Fuori  di  lui  non  vi  può  essere  siilute.  Ciuai 
a  noi  se  inve<'e  di  stringerci  fortemente  intorno  a  (piesto  capo, 
disperdiamo  le  nostre  foize  in  conati  «liversi  ed  inutili,  o  peggio 
ancora  86  coiuinciamo  a  spargere  fra  noi  dei  semi  di  discordiii. 
Uniiunoci,  nniumoci  nel  solo  i)ensiero  della  guerra;  facciamo- 
per  la  guerra  ogni  sorta  di  sagrili  ciò»  {Concordia  del  5  luglio  1848). 
Lo  stesso  giorno,  il  (iovernatore  mi-iitaredi  Genova,  il  (piale,  come- 
s'è  già  notato,  era  un  esule  del  "21,  toriuUo  in  Italia  nel  184S.  av- 
vertiva il  Ministro  della  Guerra  che  (iariitaldi  lo  aveva  prevenuto, 
che  sarebbe  subito  partito  pel  camito  «  onde  prendere  gli  ordini 
del  re  »  (A.Ca  vaciocchi,  art.  cit..  p.  12);  ed  infatti,  in  una  corri- 
spondenza da  (ienova  alla  Concordia  del  6  luglio,  si  annunziava:: 
«  11  nostro  Garibaldi  è  partito  avanti  ieri  sera  per  il  campo  di 
Carlo  Alberto,  all'oggetto  di  mettersi  a  disposizione  dell'esercito 
nostro,  e  per  essere  autorizzato  ad  arruolare  nella  sua  legione- 
molta  gioventii  ardente  e  desiderosa  di  seguitarlo  ]>er  combatte  re- 
contro l'Austriaco  che  va  di  giorno  in  giorno  ingrossandosi  ;  non 
avendo  potuto  fin  qui  nulla  ottenere  dal  Ministero,  abbcnché  il 
nostro  Governatore  piti  e  piti  volte  glie  ne  avesse  richiesto.  »- 


I 

I 


ll!S4sl  Ki'isroLAiuo.  245 

stampa.  (')  Xon  temere,  oi-j-aiiiz^zo  :  ma  sono,  strano  h 
olirsi,  quasi  solo  :  non  a  ciarlare.  Dio  uè  ^luirdi.  ma 
a  concretare,  a  fare.  Il  (ìiornale.  qui  almeno,  fa  un 
uran  bene.  Xon  possono  sapere  airi'ffieio  se  tu  abbia, 
dato  (lue  o  tre  abbonati.  I*a<ia  ])er  ,«inei  che  ricordi. 
Poi   vedremo. 

Addio:   amami   e  cnMliiiii  tuo 

Susanna.  Miss  Hill.  8cii>ione  ti  risalutano  cara- 
mente.  Tu  licordami  alla  tua  Solia  :  non  i>rendere 
<'S»M))pio  da  n)e  e  scrivimi. 

MMCCOCXXXV. 

ALI. A    Maduk.  a   Genova. 

[MilaiK.j.   8  luglio   1S4S. 

^ria   cai'a    madrr. 

IN'usando  e  ripensando,  il  meglio  è  che  voi  ve- 
niate. Xessum»  in   questi   tem])i  sa   cosa    |)ossa  acca 

')  yiieili  «Icllii  Sezione  ioinhiinhi  «ìell'Associiizione  Nazio- 
naie  Italiana;  ed  insieme  con  il  prograninia  dell'Associazione, 
(ile  tu  «ineilo  stesso  dell'  Italia  dei  l'opolo,  fniono  jmbbl.  in 
no  o)tiiscolo  di  20  iip..  presso  la  ripogratia  della  Concordia  di 
A.  Arzione,  dove  si  stampava  il  cit.  periodico.  (ìli  Statuti  reca- 
vano la  data  di  Milano.  20  ginjjno  1848.  e  la  lirnia  dei  mem- 
l>ri  «lei  (Comitato  della  Sezione,  compost*»  di  :  Gaetano  Caiiloni, 
Uomolo  Griffini,  Pietro  Maestri,  Giovanni  Pezzotti.  Ercole  Porro, 
Cesare  Morra  e  Giuseppe  Gadda,  i  due  ultimi  in  (jualità  di 
Set;ret,ari. 

MMCCCCXXXV.  —  Inedita.  1/autografo  si  conserva  neli;», 
raccolta  Nathaii.  Non  lia  indirizzo.  Però,  a  terjì;o.  il  Mazzini 
scrisse:  «  Medici,  »  al  finale  doveva  essere  diretta  una  lelt.  che 
era   unita  con   questa. 


24tj 


EPISTOLA  lilO. 


(ìere;  io  stesso  non  so  cosa  farò  tra  un  mese  o  tra 
venti  giorni.  Ma  non  vedo  i)er(;hé  non  itrotìttercniuio 
«lei  venti  giorni  per  vederci  e  stare  un  po'  assieme. 
Venite  dunque  senza  dirtìcoltà;  se  do\essimo  anche, 
per  «lualdie  affare  in  Italia  die  mi  cliiamasse  altrove. 
se|>aiarci  prima  clie  non  vorremmo,  tant*  e  tanto  <i 
saremmo   veduti  e  i>arlafi. 

Rimami  dunque  in  mani  vostre  decidere:  se  deci- 
dete, scrivetemi.  11  me<»lio  è  sceiulere  alla  ncìhr 
Venezia,  dove  io  farò  |>reparare  la  camera. 

Ho  avuto  la  vostra  dall' amico  l>ossi.  (M  (iarilialdi 
è  un'altra  delusione,  ma  ci  sono  a \  vezzo.  Xou  so 
se  vediate  ^I<m1ìcì.  ma  vorrei  die  >;li  capitasse  il 
bijil ietto  ac<*Uiuso. 

Addio,  madre  mia:  sciivendo  o  vedendolo,  date 
il  mio  abbraccio  al  padre,  e  ad  Antonietta.  Scrivo 
in  fretta  al  solito.   Amate  il 

vostro 

GU7H¥A*VV.. 


(i)  Benigno  Bossi,  esnle  milanesi;  del  '21.  riparriiitc  (bilia 
Svizzera  dopo  le  Cinque  Giornate.  Il  Mazzini  era  in  relazione 
con  Ini  Hno  dal  1832  (vod.  la  nota  alla  lett.  XLV).  Già  d;ii 
primi  giorni  del  Governo  Provvisorio  di  Lombardia  era  statO', 
inviato  a  Londra  con  missione  diplomatica  (ved,  C.  Fa<ìani, 
Uomini  e  cose  in  Milano,  ecc.,  cit.,  p.  400  e  Casati-Castagnktto, 
Cailfdffio,  ecc.,  cit..  p.   127),  ma  n'era  stato    poi    richiamato. 


[1848]  Ki'isroLAitio.  L'17 

MM(:(X'CXXXVI. 

A    (ioli  HKDO    MaMICI.I.    il    GeilOVil. 

Miliinoì.    17  liij,'li<)  [1848]. 
Caro  (lortVedo, 

111  l>i}>ilettiiio  napoleonico  ([»er  laecniisnio).  Hi\i«> 
«'  andato  a  l'ariji'i:  tornerà.  (')  —  Ilo  niiiiulato  l' inno, 
rlie  mi  |)ia(;e  assai,  a  Verdi  :  lio  tolto  due  strofe, 
lina  perché  concernente  il  re  di  Xapoli-  (die  non  esi- 
sterà pia  «inaiido  <lurerà  l'inno:  l'altra  per  un  avemo 
tdie  in  un  ('auto  poi)ol:ire  non  ])iiò  stare.  (-)  —  (Jari- 
baldi  professa  essere  sempre  lo  stesso:  né  io  leji'.iio 
nella  coscienza.  Il  fatto  è  che  iia  rinunziato  alla  \  ia 
<dr  ei  si  era  s('elta  in  atjcordo  <'on  me.  per  [)render 
hi  solita:  e  "li  frutterà  disinjiaiini  atroci;  comunque, 
ra«'cojilie  elementi  che  j>li  incep[>eraiino  in  ogni  guisa; 
forma  un  corpo  di  \<dontari.  e  gli  danno  per  con- 
vegno Como  I  S"  ei  riesce,  non  vedo  iuconTeniente 
a  (die  gli  s'accentrino  buoni,  intorno:  è  un'occasione 
per  riunirsi:  e  del  resto  può  essere  cTie  ei  duri 
buono.  (■')  —  Qui   i   nostri  crescono  in  numero.  —  Le 

MMCJCCCXXXVI.  —  Iiiecìit:!.  Ne  «-sistf  iiiiii  conia  nella 
raccolta    Xaliiaii. 

(')  Nino  IJixio  era  accorso  a  Parigi  ai  letto  del  fratello 
Alessandro,  che  era  stato  j^raveiiieiite  ferito  <liiraiite  l' insiirre- 
/.ioiie  del  24  jj^iiigiio. 

(*)  Sulle  varie  redazioni  dell'inno  di  Mameli,  |ter  cui 
ved.  la  nota  allalett.  MMCCCCXXII.  è  da  consultare  A.  N[rri]j 
Spigolaliire  mameUane.,  nella  Gazzella  ili  (leiiora  dell'  aprile  1922. 

t')  Lasciata  Genova  la  sera  del  2  Juj^lio,  Garibaldi  era 
<rorso  dililato  a  Roverbella,  presso  il  qnartier  «generale  di 
Carlo  Alberto,  ma  s'avvide  di  essere  accolto  (ion  diftidenza,  e 
«  deplorò,  nelle  titubanze  ed  incertezze  di  quell'  uomo,  il  destino 
iriale  aftidato  della  hmu  povera  patria»  (G.  Gai!II{am>i,  Meiìiorie. 


248  Ki'isi'oi.Aiuo.  [184^] 

<308e  (lelbi  ^iKM'ia   vallilo    malissiiiio.  né    ho    bit<o<>iio 
<ìi    dillo    a    voi  :    colpa    a[>|»iuiro  (ìelT  esser    fatta    la 


t8j   m\ 


«'(li/,  cir.,  |>p.  175-176).  Fu  (M)iisi(jliiit<)  (li  iiiularc  :i  Toiiiid. 
per  intendersi  con  (jiiei  Ministri  (A.  Cavaciocciu,  air.  eit., 
j).  (ì),  e  v'iindò  int'iitri  ;  nni  Vincenzo  Ricci  gli  pi'opose  di  «  pai- 
tiie  per  ^'enezia  jxt  rcndeiv  i  ntili  servizi  come  corsaro  »  (li>.. 
p.  7).  «  Anniimiamo  con  i!;iiii)ilo  -  si  lej^jjevji  nella  Coticmdia 
dell' 11  lu<;lio  1848  -—  l'arrivo  a  Torino  del  prode  Gaiibaldi. 
Nell'aspetto  d(deeinente  anstero  e  marziale  si  scorjje  la  sicnrezza 
dell'anima  temprata  insieme  ai  ])in  forti  e  sii  pin  y:entili  sen- 
timenti (li  sacrilizio  e  d'amoie  di  patria.  \'iene  ora  dal  campo, 
e  non  dnV)itiamo  die  l'accoglienza  non  sia  stata  (|nale  conviene 
ai  due  c.anntioni  d'Italia.  •Saitpiano  i  Ministri  seitondare  il  1m<jn 
volere  del  Re.  e  allidare  al  (ir;inde  Italiano  una  missione  degna 
di  Ini.  ma  tosto,  senza  rignardi  e  ItMitezze  Iniroeraticlie  o  d'altro 
genere.  »  Fnrono  invece,  pili  che  lentezze  Inirocratiche,  ditti- 
di'iize  e  proposte  irrisorie,  delle  (piali  si  ritenne  offeso  Garibaldi, 
al  punto  die,  insieme  con  G.  Medi(;i,  con  cui  s'incontro  «  sotto 
i  {lortiei.  »  (»  si  ri(!oncilio  subito  (Gahiiiai.di.  Mémoiiei*.  ediz. 
di.,  voi.  II,  1».  8:ì),  (!orse  tre  giorni  dopo  :i  Milano,  dove  ebbe 
certamente  nn.'i  siiicgazione  col  Mazzini.  «  Ieri  a  sera  —  annun- 
ziava 1" //((/««  liti  Popolo  il {'\  1.")  luglio  1848  —  la  piazza  di  san  Fe- 
dele stipata  di  g(;iite  testimoniava  a.  (Garibaldi  la  fede  die  gì'  Ita- 
liani rijiongono  nel  suo  provato  (coraggio,  e  coiik»  per  noi  si 
saj)}>ia  onorare  i  forti  die  comliattono  le  battaglie  della  libertà. 
Alle  liete  (*  sidemii  a(!COglienze.  egli  rispose  l'orti  ed  italiane 
}>arole  e  tali  da  assicurarci  die  alla  prodezza  del  Inaccio.  per 
la  (jiiale  deliitamente  egli  ha  gran  linoinanza,  risponde  santa- 
mente l'opera  del  pensiero,  e  la  grandezza  del  cuore.  N«>i 
iidinimo  con  animo  conlidente  le  sue  par(*le  siccome  (jiielle 
d'  nonio  uso  a  suggellarle  con  altissimi  fatti.  »  Ved.  pure  nella 
Voce  di'l  Popolo  di  ([lidio  stesso  giorno  una  sua  frase  che  fu  "^Mì 
variamente  commentata.  Colà  ebbe  subito  offerta  (14  luglio)  del  l^|l 
grado  di  maggior  generale  nel  1' esercito  lombardo  (ved.  A.  Ca- 
VAt'KXHMii,  art.  cit..  p.  14)  e  l'autorizzazione  di  organizzare  un 
corjio  di  volontari.  «  Crediamo  —  riferiva  anzi  la  Voce  del 
Popolo  nel  u.  ora  cit.  —  gli  sia  affidato  il  comando  in  capo 
di  tutti  i  Corpi  Franchi  e  dell'  alta  linea  di  contine  di  Lom- 
bardia,   in   luogo  di   Giacomo  Durando  che  va   all'esercito.  » 


[ISJSj  KIMSTOI.AKK).  249 

iiiieriii  sotto  un  vessillo  di  re.  —  \i  nuiiulo  mio 
Statuto:  h'jij^ett'lo  <*  fate  «jiicl  clie  potete.  Davanti 
ad  una  <»uena  europea,  che  si  fa  d'ora  in  ora  più 
inevitabile,  la  nostia  «-redenza  d«'ve  assolutamente 
])render  corpo,  ordinarsi,  formare  una  cassa,  etc.  Vo 
teliamo  afìiuliar  ne'  corpi:  contale  insomma  le  forze  e 
tenercele  d'occliio.  —  Se  potete  o[»erare  su  via  sif- 
fatla.  scrivetemene.  —  Ma  se  v'assumete  di  farlo, 
escite  dal  vajifo.  con<;ietate  :  ojjiii  membro  adempia 
scru|>olosamente  le  condizioni  :  ogni  corpo  abbia  un 
rappresentante  e  un  cassiere.  —  JIo  presso  di  me  il 
l»ortafoylio.  —  Non  v'  eia  clic  uno  de'  bij>lietti  Mac 
stri,  e  lo  mando.  —  Date,  se  i»otete  vedeilo.  nmi  C()pia 
Statuto  a  De  Stefani,  ('i  —  Ilo  <pii  mia  madre  die 
vi  dice  tante  cose.  —  Amatemi  semi)re:  io  vi  amo 
assai.   —  Addio  «li   nuovo:  vostro 

(Jh^seppk. 

Potendo,  vojrliat»' scrivermi  col  ritorno  doì  iatoie. 

MMCC(;CXXXV11. 

.V  OiAct>MO  Mazzini,  a  Geii«v:i. 

iMihuioì.    1S   liij-li<.  [1S4.S:. 

Caro  Mazzini. 

Ilo  veduto  con   piacere  die  stai  bene  e  die  andavi 
a   Nervi  sabl>ato:  (piando  s»'i    <;olle  buone  scucile  no 

'>  FiliiiiK»  De  Stefani,  «li  Savona,  che  noi  1847  era  andato 
a  Pari<i;i  a  stndiarvi  medicina,  e  colà  era  entrato  in  relazione 
col  Lamberti  (ved.  il  l'rotoaoìlo  della  Giovine  Italia,  V(d.  V, 
]>.  5!',  paxxi»»).  l'er  i  snoi  sentimenti  patriottici  ved.  II).,  voi.  VI, 
pp.   2H4-23(). 

MMCCCCXXXVII.    —    Inedita.    L' antojjrafo    .'<i    c<»n»erva, 
nella  ra<;coIta  Natiian.   Non    ha   indirizzo.    A    ter<;o  di   csho.    la, 


250  Ki'isToi.AHio.  [1848]' 

stre  aniiclie  io  som  cuiirtsi  :  me  le  salarerai  d' affetto 
jissierne  al  tìglio:  e  il  8iff.  (liulio:  IMppo  e  noi  tutti 
stiamo  l)eiie. 

Eoli   .... 

luten-oinpo  io.  perché  è  venuta  una  Signora  a 
visitar  la  madre,  e  lia  dovuto  metter  ♦•iii  la  i»eniia. 
Io  vi  scrivo  questo  uiio  saluto  in  mezzo  a  cinque 
persone,  e  mia  madre  vi  dirà  couie  la  mia  camera 
è  un  (rauipo:  e  la  uiia  vita  una  coiiversazione  con-BJ 
tinua  :  non  lio  che  la  notte  per  s(MÌvere.  La  uuidre 
sta  iH'iie  :  fa  bel  tempo;  io  l'ho  ti-ovata  pili  forte 
clic  non  credeva,  lìisojiiierà  puie  clic  un  uioruo  o 
l'altro  veda  voi  i>ure:  e  (!re<lo  che  io  potrei  venire 
per  «pialcbe  j»iorno  in  Genova  senza  i>eri(;olo.  Ma  di 
questo  parleremo.  Addio:  conservatevi:  e  aldùate 
fede.   Amate  sem])re  il 

vostro 

(lirsi-^t'Pi;. 


Il 


Mi  ha  interrotto:  (;ome  vedrai  io  non  so  (■(i>a  ti 
scriva:  addio,  son  stretta  dal  tempo  perché  i)arte 
la,  posta:  tutti  stiam  bene:  e  sta  lieto  ed  ama  la 
tua  Maria:  sono  assediata  da   visite:  a<ldi(>. 


injnh«  del  Mjizziiii  annotò  :  «  Al  padre.  18  Ini^lio  1848.  nnioii;^ 
essendo  io  a  Milano.  »  È  ovvio  avvertire  che  la  prima  jtarte  e 
il  po.scritto  della  lett.   sono  di  pngno  della  madre  del  Mazzini 


[1848]  KIMSTOI.ARIO.  251 

MMCCCCXXXVIII. 

A  GiusKi'i'E   Lamiìicuti,  a  Reggio  Emilia. 

[Milano],   -.-iovedi   [20  Inoli,)   1848]. 

Caro  (riiiseppe. 

Aspetto  un'occasione  [)er  mandarti  "li  Statuti 
staui|)ati  che  ho  qui,  e  scriverti  un  po'  conMenzial- 
niente  (U  quel  che  tacciaiuo.  Si  guadagna  ogni  giorno. 
T'ho  scritto  molti  di  sono:  non  m'hai  risposto.  Dimmi, 
hai  tu  teco  copia  della  letterina  di  Xardi  ?  (')  Se  Thai, 
mandiunela  subito  per  la  posta.  Il  25,  noi  celebriamo 
<iui  l'anniversario  della  juorte  dei  Bandiera;  ed  io 
l;ii<)  un  <lisc«nso  che  stamperemo.  (-')  Mia  madre  è  (pii. 

MMCOCCXXXVIII.  —  Pili»!»!,  da  J).  Giuuiati.  Ihieceiito 
ie(/!fre,  ecc.,  cit.,  p.  294.  Qui  si  riscoutia  buU' autografo,  po8»o- 
iliito  dal  dr.  Daniele  Vare.  Non   ha  indirizzo. 

(*)  Quella  che  Anacarsi  Nardi  s^TCTa  scritto  a  Tito  Savellì 
dalle  carceri  di  Cosenza,  già  pubbl.  d-il  Mazzini  (ved.  la  nota 
.-Illa  lott.  MDCCCVIII)  e  diffusa  poi  in  fac-siniile. 

(-)  L'annunzio  di  ((uoila  cerinionia  era  cosi  dato  nell'  Italia 
(id  Popolo  del  24  luglio  1848:  «L'Associazione  italiana  celebra 
domani  in  S.  Fedele,  alle  otto  e  mezzo  del  mattino,  il  funebre 
anniversario  della  morte  dei  fratelli  Handiera.  Chi  crede  nelle 
verità  che  questi  santissimi  martiri  professavano  operando,  chi 
crede  nella  religione  che  questi  precursori  della  riv<duzione 
italiana  suggellaroiu)  del  sangue  loio,  darà  certamente,  inter- 
veiKMxlo,  una  testimonianza  d'affetto.  »  Era  deciso  dai  membri 
dell'Associazione  clie  il  Mazzini,  dopo  il  rito  religioso,  avrebbe 
conmiemorato  i  martiri,  pronunciando  quel  discorso  che  poi 
diede  a  luce  nel  suppl.  al  n.  66  ùeW  Italia  del  Popolo  del 
26  luglio  1848;  ma  cosi  non  avvenne,  ed  infatti,  in  una  nota 
alla  stampa  di  quel  discorso,  il  Mazzini  avverti:  «  Queste  parole 
dovevan  proferirsi  nella  chiesa  dove  si  celebravano  1' esef|uie  dei 


•252  Ki'i.sroi.AHio.  [1848] 

con  iiie.allii  Bella  Vtnezin.  S<'  tossimo  pili  vicini,  ti  diivi 
<ìi  fjire  mia  corsa  ]»cl  L*r>.  Vedresti  intanto  mia  madi'O. 

niarlii'i:  iiiii  iioii  fu  couccmso.  »  Deil.a  ceriiuoiiiii  e  dello  Htraiio 
divieto  lii  Voce  del  Popolo  (n.  del  !.'">  IiiìtHo^  1848)  cosi  iiìutìivìi  : 
«  Staiiiiittiiiii  convenivano  in  piazza  e  in  chiesa  S.  Fedele  i 
membri  dell'Associazione  Nazionale  Italiana,  col  loro  illnstre 
Presidente  e  la  bandiera  dall"  immortale  cipresso,  la  9^*  Coni- 
]»a<^nia  del  Battaglione  de<>li  Studenti,  varii  (Irappelli  rappre- 
sentanti la  (Tnardiii  Nazionale,  e  una  folla  di  po]>olo.  per  assi- 
stere ad  un  fnneltre  sacro  alla  memoria  dei  JJandiera  e  degli 
infelici  loro  confratelli  martiri  di  Cosenza.  TI  lutto  era  sull'abito, 
una  leligiosa  com])unzione  nel  (more  e  sul  volto  di  tutti:  la 
cerimonia  fu  (juefa  e  solenne  come  l'idea  ed  il  martirio  a  ctii 
si  rendeva  ricordanza  e  tributo.  Si  asi)etta\a  da  Mazzini,  jmdre, 
maestro  ed  amico  dei  Martiri,  si  aspettava  una  viva  parola, 
il  pjirissimo  accento  di  commemorazione.  1"  espansione  tlei  ce- 
lesti affetti  che  lui  intiammaiio.  e  trasser  gli  eroi  alle  sublimi 
im]>rese.  Ma  dall'altezza  degli  invocati  canoni,  il  l'roposto 
signore  della  chiesa  die  niego, -ponendo  pure  im])edimento  accio 
die  un  sacerdote,  dellii  negra  sfola  rivc^siito.  leggesse  dal 
pergamo  i  religiosi  concetti  di  che  il  Mazzini  rivesti  il  suo 
com])ianto.  lOgli  jierò,  il  l*roi)osto,  parlò  —  o  meglio  —  lesse 
un  proprio  discorso.  Parlò  i>arole  di  pace  a  gente  che  nnll'altro 
lui  predicato  che  pace,  insegnando,  a  modo  degli  Apostoli, 
evangelicamente  la  sua  dottrina.  Trasse  occasione  dal  convegno 
per  discorrete  di  rinunzia,  degli  spirili,  come  se  alcuno  })otesse 
abdicare  il  suo  spirito,  a  costo  di  farsi  inanimata  niareria,  o 
pedissequo  segnitatorc  doli"  altrui  convenienza.  Impi'ontò  le  sue 
proposizioni  delle  profane  allusioni  del  giorno,  anziché  ani- 
marle della  divina  aura  della  f<'de.  (Jom])iute  l'esequie,  tutti 
i  venuti  con  t'\  ano.  volavano,  dietro  seguitando  la  baiulieni 
dell'Associazione  <'he  rapidamente  tornava  a  sua  sede,  quasi 
involatidosi  sdegnata  dell<'*dure  parole.  Lungo  la  strada  la 
moltitudine  in  folla  faceva  gli  cvriva  u  Mazzini,  .•ili' apostolo 
della  libertà,  all'insigne  cultore  dell'Italiana  idea.  Giunta  alla 
casa  dell'Associazione  Nazionale  Italiana,  ne  invadeva  in  un 
lampo  il  cortile,  ansiosa  di  vedere  e  di  udire  il  grand"  nomo, 
che  là  pregato,  nel  libero  recinto,  alla  luce  del  sole,  lesse  e 
disse  ]>arole.  che  Inngainente  risiioneranno  negli  animi  ch'el»I>ero 


9 


[1)54^^  K.nsioLAin»).  253 

liiivoiii.  ri  |)r<'<>o.  propani  rossatura  dell'Associa- 
zioin*.  li»'  cose  (Iella  ufiiena  vaii  male:  ma  si  raddriz- 
zeranno, «'  con  prolitto  della  salila  idea.  (Questa  è  erisi 
dalla  «piale  es(;irà  torse   molto  bene.    Addio:  ama    il 

tuo 

(llUSKPPK. 

l'ietro  dov' e  ?  Non  ni"  lia  risposto  mai.  Y\  riiban 
le  lettere* 

Salutami  a  tua  tì.j'lia.  Susanna  e  Miss  Hill  ti 
salutano  eon  affetto:   (')  e  Scipione,  etc. 

felicità  «li  farne  tesoro.  Iddio  e  il  Popolo,  Vciitii  e  l-ibcrtà. 
Fede  e  Martiriu.  ecco  le  forinole  supreme  de*  suoi  c«)ncefti  e 
della  sua  «lottrina.  —  Ma  agli  studenti,  a  questi  prediletti  figli 
della  patria,  iidoratori  del  piiì  santo  iiitare,  egli  mosse  parti- 
taniente  un  ringraziamento,  un  consiglio,  un  a«ldio.  rendendo 
grazie  che  fossero  stati  a.  riverire,  a  consolare  di  loro  piesenza 
la  vecchia  sua  madre,  salutandoli  a  nome  d'Italia,  [lerclié 
corressero  alla  vittoria,  destinati  a  riaidlitare  il  soldato,  a 
rajipresentare  il  milite,  apostoli  armati  dell'idea,  difensori 
ardenti  della  libertà.  Gli  a|)plausi,  gli  ei'viva  coronavano  ad 
ogni  istante  il  Maestro,  che  con  voce  comnu>ssa  sentiva  pur 
una  volta  il  contento  di  rivelar  la  sua  fede,  di  espandersi  col 
cuore  al  mondo  amico.  Donne  che  avevano  intelletto  d'amore 
gli  stringevan  la  «lestra,  facendo  eletto  circolo  intorno  a  lui, 
intorno  all'improvvisata,  ma  grande  tribuna  dell' apostolo.  Le 
grida  di  Viim  V  Italia  salivano  al  cielo,  perocché  s'indirizza- 
vano dall'anime  inspirate  ad  una  idea  divina.  Tutti  partivano 
di  là  trepidanti,  lagrimaiiti.  compresi  della  viva  parola,  e  del 
grande  insegnamento.  La  compagnia  degli  Studenti  stilava,  fra 
gli  applausi  de'  concitta<iini,  prossima  a  realizzare  il  concett»»,. 
a  spaiiilere  il  suo  sangue  per  la  patria:    Ora  e  sempre.  » 

(')  Susanna  Tancioni,  la  sua  padrona  di  casa  «li  Londra, 
da  «love  aveva  raggiunto  il  Mazzini  a  Milano.  Miss  Hill,  inglese, 
«la  pili  anni  legata  con  l'agitatore  di  «levota  amicizia  (ved. 
la   iett.    MrKMjrxXXVII).  era  pur  essa  andata  a  Milano.  In  pili 


254  KPiSTOi.AKiu.  [18481 

MMCOCCXXXIX. 

A   GirsiciM'K   Er.iA   Iìknza.  a   Torino. 

Miliino.   2tS  hìffWc,  fl.S4«]. 
Caro   Klia. 

Ti  niccomaiuìo.  e  ])ev  mezzo  ino  ai  lliitliiii  (*)  e  a 
qualche  altro  amico  tuo  il  Sig.  Santelli.  Egli  ti  <lirà 

l'argomento  per  cui  viene  in  Torino.  —  Faresti (') 

<r  ascoltarlo  i)aziente  e  ....  in  che  cosa  i)UOÌ  gio- 
vargli ....  pieno  (li  meriti  verso  gì' italiani  esuli  e 
non  esuli:  mi  è  noto  sin  dal  1S31  :  lo  conobbi  a 
Tìastia  :  e  non  el)hi  che  a  lodarmene  in  tutti  i  sensi.  (') 

'^"••^  '^  ^"^^  Gius.   Mazzini. 

1111.  dell'  lUiIia  del  Popolo,  a  coiiiìnciare  «la  quello  del  2(»  «giu- 
gno 1848.  comparve  il  sej^ueiite  annunzio:  «  Miss  Hill  di  Londra. 
«tabilitaHÌ  di  recente  a  Milano," dà  lezioni  di  liiigiiii  ingle.se  tanto 
in  casa  propria  che  Inori;  abita  nella  contrada  di  Santa  IJade- 
jifonda,   n.  fl91    A,  primo  piano.  » 

MMCCCCXXXIX.—  Inedita.  L'autografo  si  conserva  presso 
la  Signora  'J'eresa  Aiif'ossi-Im])erjali.  liglia  di  G.  Elia  Benza.  A 
tergo  di  esso,  di  jmgno  del  Mazzini,  sia  l'indirizzo:  «A  (Giu- 
seppe Elia  Heiiza,   Depiitafo.  a   Torino.  » 

(1)  Sui  due  fratelli  Riilìlini.  colleglli  del  Kenza  al  Parla- 
inento  Sultalpino  ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCXJXXVI.  E  pure 
<!ol  Benza  furono  tra  i  fiuarautatré  deputati  cbe  si  astennero 
nella  storica  votazione  del  29  luglio  1848,  con  la  quale  fu 
approvata  la  legge  che  concentrava  nel  Governo  del  Re  tutti 
i  poteri  legislativi  ed  esecutivi,  salvo  1'  impunità  parlamentare 
eie  istituzioni  costituzionali.  Una  lett.,  sottoscritta  da  entrambi 
i  fratelli,  in  data  di  Torino,  30  luglio  1848,  con  cui  spiegavano 
la  loro  condotta  a  questo  riguardo,  si  legge  nel  Pensiero  Jlnliaiio 
•del   1"  agosto  184S. 

(2)  Ai  tre  luoghi  indicati  con  puntini,  la  carta  è  lacerata. 
(■•*)   Uno  dei  due  fratelli  Santelli,  per  i  quali   ved.  la  nota 

alla  lett.   LXXIIL 


ISl.v  Kl'ISTCH.AliU» 


MMOCCOXL. 

A  Manfhki>c>  Fanti,  a  lìret^ciii. 

[Milano,    ....   lujrlio  1848]. 

Caro  Fanti, 

Bisoffiui  che  tu  parta  immediatamente  per  qui.  (^)  Vi 
va  della  salute  del  i)aese.  ])ate  le  idee  ]>er  una  difesa 

MMCCCCXL.  —  Inedita.  L'  autografo  si  conserva  nel  Museo 
del  liisorgiiuonto  di  Milano.  Vi  è  unita  la  seguente  nota  a  lapis: 
«  Questa  lettera  fu  consegnata  aperta  da  Mazzini  al  dr.  Pie- 
tro Bordini  in  Milano  negli  ultimi  di  luglio  1848,  perdio  la 
recasse  a  Brescia  al  gen.  Fanti.  Arrivato  a  Brescia,  il  Bordini 
seppe  che  Fanti  era  partito  per  Milano,  e  perciò  la  lettera  non 
fu  recapitata.  » 

(1)  Dolio  il  fatto  d'arme  del  24  luglio  a  Sommaeampagna, 
che  fu,  è  vero,  d'esito  incerto  e  contrastato,  ma  che  può 
riguardarsi  come  l'ultimo  successo  dell'esercito  piemontese,  le 
sorti  della  prima  guerra  dell'indipendenza  italiana,  già  cosi 
pregiudicate  ]>er  la  quasi  totale  rioccupazione  austriaca  del 
Veneto,  s'avviavano  rapidamente  ad  una  detinitiva  catastrofe. 
Rotto  a  Custoza  il  25,  l'esercito  pienumtese  cominciò  la  disa- 
strosa ritirata  su  Villafranca,  quindi,  varcato  il  Mincio,  e  du- 
rata a  Volta  (26  luglio)  quell'  ostinata  resistenza,  in  cui, 
coni' ebbe  a  scrivere  il  Mazzini  (Cvnui  e  dociiìiienti.  ecc..  cit., 
iit'W  Italia  (ìel  Popolo  di  Losanna,  voi.  II.  p.  272),  s"  erano  ope- 
rati «  miracoli  di  valore,  »  giunse  a  Bozzolo,  da  dove  Cario  Al- 
berto, lanciato  che  ebbe  (28  luglio)  quell'eloquente  proclnnui 
agl'Italiani  spronandoli  a  un'ultima  «levata  formidabile.» 
continuò  la  ritirata  su  Cremona,  giungendovi  il  30  luglio  e 
prendendo  posizione  dietro  l'Adda,  infine  accampandosi  (2  ago- 
sto) a  Codogno,  col  proposito,  che  fu  subitamente  mutato, 
<li  «lirigersi  su  Piacenza.  Queste  tristissime  notizie,  conosciute 
a  Milano,  avevano  fatta  grandissima  impressione  su  quel  Go- 
veru")  Provvisorio,  già  debole  per  sua  intima  costituzione, 
rimasto    di    piti    acefali»    per    l'assenza    del    Casati,  andato    a 


256 


KI'ISTOI.AKIO. 


j)azi<)nale,  e  costituito  in  fncciii  al  |ml)))lico  il  Coiiii- 
taro  (li    Difesa.   rii)!irrinii,  volendo,  per  Brescia:  e  noi 


Torino  lìii  (lui  12  liti^iio  ^'  non  più  toriiiito  in  I.omiI>:ii'(Ìììi. 
iinzi  chiiiniiito  il  27  di  <iim;IIo  stesso  mese  a  [ìiesicder»'  (|nel 
Ministero  clie  fu  detto  misto:  inlìne.  essuitoiato  «lopo  che  la 
Oamera  Subalpina  el>l»e  approvata  (28  j;in<,Mio)  la  fusione  delia 
Lombardia  col  Piemonte  (ved.  C.  Pagani.  Coniitii  e  cose  in 
Milano  dal  marzo  all' agosto  i84S,  eit.,  ]).  1^19).  Tuttavia, 
non  pensò  subito  Jtd  urifere  sulle  difese  estreme,  thè  anzi,  i>er 
via  liei  suo  orjjano  uHìciale,  tentò  di  tran«iuilliz/.are  il  ])o]iol(> 
milanese  con  «prudenti  menzojrne  »  (II).,  pp.  344-34")  e  Coivi 
<;  documenti,  eec,  cit..  ueW Jlalia  del  Popolo  di  Losanna.  V(d.  II. 
p.  272):  e  fu  solamente  quando  il  M.izzini  inviò  «un  amico 
agli  uomini  del  Governo  non  pili  veduti  da  lui  dopo  il  12  mafj- 
gio,  per  supplicare  che  non  provocassero,  ingannandolo  siiicv 
agli  estremi,  il  popolo  a  ferociji  di  riazione»  (Ii>..  voi.  II. 
p.  272),  che  esso  provvide  alla  nomina  (27  luglio)  di  un  Comi- 
tato di  pubblieu  difesa,  composto  del  Varesi,  deìl'Arese  e  del 
Correnti,  eon  l'avv.  Ht;stelji  come  segretario  (ved.  V  Hai  io  dei 
Popolo  di  Milano,  del  27  luglio  1848).  8e  non  che,  avendo  essi 
rifiutat»!  di  assumere  la  terribile  responsabilità,  il  giorno  dopo 
li  sostituì  col  Maestri,  col  Kestelli  e  eoi  Fanti  «repubblicano  il 
primo  d'antica  data:  non  repubblicano  fino  allora  il  secondo,  e 
noto..,  per  aver  lavorato,  ma  per  errore  di  buona  fede,  alla  fu- 
sione di  Venezia:  pili  soldato  il  terzo  che  uomo  di  concetto  poli- 
tico »(ved.  Cenni  e  documenti.  ì:cc.,  (i\t..i\fi\\'  Italia  del  Popolo  (\\  Lo- 
sanna, voi.  II,  p.  272  e  la  lett.  di  A.  Mauri,  in  data  29  luglio  1S4S, 
a  G.  Casati,  nella  quale  il  Fanti  era  definito  «  una  speranza  del 
partito  mazziniano.  »  in  C.  Pagani,  op.  cit.,  p.  349).  E  d'allora 
inpoi  «  rimase  inoperoso,  nullo,  nelle  proprie  sale,  »  tino  a  qiumdc» 
(2  agosto)  si  sciolse  definitivamente.  Il  Fanti,  accettato  l'in- 
vitochegli  aveva  fatto  il  Mazzini  (ved.  la  lett.  MMCCCLXXXIX). 
era  giunto  a  Milano  verso  i  primi  di  maggio,  ma  v'era  rimasto 
in  disparte,  limitandosi  a  frequentare  talvolta  la  dimora  del 
Mazzini  e  a  studiare  lo  .svolgimento  delle  vicende  politiche: 
e  prima  ancora  <'he  su  proposta  dell'agitatore  genovese,  che 
jie  stimava  le  rare  doti  militari,  fosse  chianuito  a  far  parti- 
dei  Comitato  di  pubblica  difesa  (ved,  C.  Cattanko,  Dell'  ìw^vr- 
rezionedi  Milano  nel  fS48.  ecc.,  ediz.  cit.,  p.  2.51  e  segg.),  aveva 


[1848]  KPisior.AKio.  257 

faremo  eseguir  le  tue  i<lee.  «la^li  altri  membri.  Ma 
ora,  il  popolo  che  ebbe   il   tuo  nome   da   noi    e   dal 

presenziato  quell'adunanza  tenuta  al  Palazzo  Marino  la  sera  tra 
il  27  e  28  luglio,  a  cui  erano  intervenuti,  oltre  ai  generali  Leclii, 
Sobrero  e  Garibaldi,  il  Mazzini,  il  Cattaneo,  il  Bercbet,  il  De 
Boni,  ed  altri,  cioè  i  priucipali  esponenti  dei  varii  gruppi  politici 
di  Mìlauo,  per  dare  consigli*  sul  da  farsi  in  .tale  critico  momento  » 
(C.  Casati,  Nuove  rivelazioni  kuì  fatti  di  Milano,  vìt.,  voi.  II, 
pp.  339-340).  In  quell'adunanza  si  era  ammesso  die  «nel  caso 
in  cui  l'esercito  sardo  fosse  fermato  dietro  la  buona  linea  del 
Mincio,  per  jjarte  dei  Lombardi  si  sarebbe  fatto  ogni  possibile 
sforzo  per  dare  appoggio  ai  Sardi  su  detta  linea,  »  disponendo 
«  un  forte  coucentramento  di  quante  più  forze  si  potessero  rac- 
cogliere a  Castel  Goffredo,  sulla  sinistra  del  Cbiese»  (F.  Cakan- 
1)INI,  Vita  di  Manfredo  Fanti;  Verona,  Ci  velli,  1872,  p.  71).  Una- 
nime era  stato  il  consenso  clie  al  Fanti  si  affidasse  il  comando  di 
tutte  le  forze  che  si  sarebbero  fatte  convei'gere  su  quel  punto,. 
ma  il  prode  soldato  s'era  schermito,  osservando  che  lo  Zìiechi,. 
pili  elevato  in  grado  di  lui,  doveva  esser  chiamato  all'impor- 
tante carica:  e  allora  s'era  deciso  che  l'esercito  da  mettere 
in  efficienza  si  sarebbe  diviso  in  due,  tra  Castel  Goffredo  e  Bre- 
scia, affidando  quest'ultima  difesa  al  Fanti,  il  quale,  infatti,  parti 
la  mattina  dopo  per  Brescia,  ignaro  dell'  altra  decisione  presa 
a  suo  riguardo.  Al  Mazzini  fu  dato  pertanto  l' incarico  di  richia- 
marlo a  Milano,  come  apparisce  dalla  lett.  qui  pubbl.  ;  della- 
qual  cosa  era  pure  data  notizia,  nel  modo  che  segue,  neU'Italia- 
del  Popolo  de]  29  luglio  1848:  «Un  inviato  partiva  tra  un'ora 
e  le  due  dopo  mezzanotte  alla  volta  di  Brescia  per  invitare  a 
nome  del  Governo  il  generale  Fanti  a  Milano,  si  che  il  Comi- 
tato di  difesa  nazionale  regolarmente  costituito  possa  imme- 
<ìiatamente  procedere  all'adempimento  della  propria  missione.. 
Noi  contiamo  le  ore  coli' ansia  di  uomini  che  dalla  costituzione 
di  questo  potere  dipendono  l'ordine  interno  e  la  salute  del 
jiacse.  Prima  condizione  d'  ogni  azione  è  il  ristabilimento  della 
fiducia  tra  governanti  e  governati,  tra  chi  deve  dirigere  e  chi 
deve  eseguire.  Questa  tidncia  non  esiste  in  oggi;  né  gli  uomini 
che  per  inettezza  o  mal  volere  hanno,  con  una  indeterminabile- 
serie  di  errori,  trascinato  il  paese  sull'orlo  della  rovina,  lianiuv 
diritto  d'averla.   11  Comitato  di  difesa  dev'essere  costituito  ap- 

Mazzini  Scritti,  eci-..  voi.  XXXV  (Epistolario.  Voi.  XIX).  17 


258  Kl'I8T(»I.AIUO.  [1X48 

Governo  ti  vuole;  e  se  non  vieni,  cadiamo  nell'sinar 
cliia.   Vieni  dunque  in  nome  del  paese:  e  ama  il 

tuo 
Gius.  Mazziini. 

pena  gimiga  il  geuerale  Fanti  ;  e  se  uou  giunge  o  e  forzato  dalla 
condizione  delle  cose  in  Brescia  a  non  accettare,  sostitnendo 
a  Ini  il  generale  Antonini  [che  era  ginnto  a  Milano  il  27  luglio 
dà  Bologna,  dove  faceva  pnrte  di  qnel  Comitato  di  gnerra 
(ved.  ì'Italia  del  Popolo  del  giorno  successivo  e  A.  Dai.i.olio, 
La  difesa  di  Venezia  nel  1848.  ecc.,  cit.,  pi>.  120-121)].  Il  Comi- 
tato COSI  costituito  parli  al  i>opolo  il  (suo  programma.  Noi  lo 
appoggeremo  in  tutto  cbe  giovi  alla  salute  del  paese  con  quanta 
energia  possiamo  attingere  alle  luicessità  della  patria  e  alla 
nostra  fede.  Siamo  uniti,  attivi  e  valenti,  e  nulla  è  perdut().  » 
Il  Fanti  corse  subito  a  Milano  (30  luglio):  e  sembrano  del  Maz- 
zini le  seguenti  parole  con  le  quali  V  Italia  del  Popolo  di  quello 
stesso  giorno  ne  lodava  i  primi  atti  :  «  Il  generale  Fanti  lia  dato 
e  dà  opera  con  tutta  l'energica  attività  del  suo  carattere  a 
raccogliere  ed  ordinare  gli  elementi  indispensabili  alla  «lifesa 
della  città,  se  mai  venisse  assalita.  Esule  ijer  all'etto  alla  patria 
del  1831,  rattemprato  ne'  suoi  principii  dalle  softerenze,  educato 
alle  guerre  d'insurrezione  per  lungo  volgere  d'anni,  sempre 
ne'  pericoli,  sempre  sereno  e  non  minor  di  se  stesso,  la  gra- 
vità delle  cose  italiane  e  le  comuni  sventure  lo  faranno  piti 
grande:  egli  ci  condurrà  ad  essere  vincitori  dell' avversa  for- 
tuna. Il  generale  confida  nella  coraggiosa  natura  de'  Lombardi  ; 
questi  devono  pienamente  in  lui  conlidare  :  sen/a  fiducia  reci- 
proca, intiera,  saldissima,  tutto  sarebbe  vano.  E  vedremo  se 
siamo  degni  di    libertà;  gli    uomini    clic    vogliono    morire    yicr 

vincere,  vincono,  e  non  muoiono se  si  muore  che  im])orta, 

«piandola  patria  sia  salva!  Appena  il  generale,  toccando  Milano, 
s'aggiunse  al  Comitato  che  lo  aspettava,  si  senti  clic  una 
gagliarda  mano  stringeva  le  redini  della  cosa  pubblica  ;  iori 
l'altro  tutta  la  popolazione  agitavasi  per  le  strade  inquieta 
dei  soprastanti  pericoli,  irosa  contro  i  nulli  governanti,  impau- 
rita quasi,  ignorando  su  cui  posare;  ieri  sera  non  s'udivano  che 
le  grida  di  entusiasmo,  le  quali  salutavivno  la  colonna  Garibaldi 
«  le  acclamazioni  al  Fanti,  le  quali  signilicavano  :  —  Siate  il 
benvenuto  I   Siate  la  nostra  niente,   e  iu)i  saremo  il    l>racci()  I  » 


[18481  Ki'isToi.AKio.  259 

MMCCCCXLI. 

A  Giacomo  Mkdici.  a  Bergamo. 

Milano,   [30  luglio   1848]. 

l'er  r amor  (U  Dio,  non  lui  fate  ovazioni  ora:  ci  ve- 

ilreino  a  r»ei\t?anio.  (')  In  ricambio  del  ])ensiero  gentile, 

io  ti  maiulo  due  volontari. 

G.  Mazzini. 


MMCCCCXLI.  Pubbl.  da  G.  Pasini,  Vitadel  gen.  G.  Medici, 
ecc.,  cit.,  1).  27.  Sta  in  una  lettera  di  Filippo  De  Boni  al 
Medici,  del  tenore  seguente  :  «Il  Mazzini  m'incarica  di  rin- 
graziare tutta  la  compagnia  in  nonie  suo.  Egli  vorrebbe  salu- 
tarvi. ab)>racciarvi  tutti,  uno  ad  uno;  non  potendo  essere  in 
c*as<a  a  questi'ora,  egli  abbraccia  voi,  perclié  abbiate  a  mani- 
festare la  sua  gratitudine  ed  il  suo  amore  inversoi  suoi  fratelli 
d'arni»'.  Addio,  mio  Medici.   Hicordate  il   vostro.  » 

(^')  Dopo  r  infruttuosa  visita  al  campo  di  Carlo  Alberto 
e  l'inutile  suo  pellegrinaggio  a  Torino  (ved.  la  nota  alla 
lett.  MMCCCCXXXVI).  Garibaldi  si  era  deciso  a  raggiungere 
Milano,  dove  ebl)e  a  ricevere  le  migliori  accoglienze  da  parte  di 
■(|ut'l  Governo  Provvisorio,  il  quale  lo  aveva  nominato  (15  lu- 
glio 1848)  nuiggior  generale  dell' esercito  lombardo,  con  l'inca- 
rico di  costituire  una  legione  di  volontari  (ved.  A.  Cavaciocchi, 
Li' prime  gesta  di  Garibaldi  in  Halin,  cit.,  p.  14,  e  per  le  feste 
■che  gli  erano  state  lattea  Milano,  la  Voce  del  Fopolo  e  V  Italia 
del  Fopolo  del  13  luglio).  La  gita  a  Torino  gli  aveva  procurata 
la  riconciliazione  con  G.  Medici,  raccomandata  a  quest' ultimo, 
dal  Ietto  di  morte,  da  F.  Anzani.  e  con  lui  s'era  accompagnato 
a  Milano  (ved.  i  Mémoires  rfe  Gauiuam)!,  cit.,  voi.  II,  pp.  81-85  e 
■G.  Pasini.  Vita  del  gen.  G.  Medici,  ecc.,  cit.,  j).  23),  dove  entrambi 
incontrarono  a  principio  grandi  difficoltà  per  ottenere  dal  Go- 
verno Provvisorio  l'armamento  dei  volontari  che  accorrevano 
iul  iscriversi  nella  «  colonna  Garibaldi,  »  formata  a  battaglioni, 
un  de'  quali  fu   intitolato  al   nome  d'Atizani   (ved.   G.  Pasini, 


260  KplsTot.AHio.  [1848] 

MMCCCCXLIl. 

A  JuLKS  lÌASTiDK,  à   Paris. 

[Miian],  31  jnillet  [184.^]. 

^Foii  «;liei'  Bastide, 

Vons  ilevez  tivoir  re^ii  une  demaiiile  d'intervention 
du  roi  Charles-Albert,  et  une  antre  dn  <»ouveriieinent 

MMCCCCXMI.  —  Pul»hl.  in  .1.  Hastidk.  La  népnblìqHv 
Fratìfaise  et  l'Italie  en  iS48,  récit»,  ìiotea  et  (ìocnmciit»  diploìnati- 
ques,  cit.,  pp.  44-45. 

op.  cit.,  loc.  cit.).  Tuttavia,  gli  ostacoli  si)aiiioiio  da  sé,  quaiulo. 
giunte  a  Milano  le  tristi  notizie  de'  rovesci  delle  armi  idenion- 
tesi.  Gariì)aldi  lanciò  (27  Inglio)  il  noto  proclama  «alla  gio- 
vontrì.  »  primo  d'  una  serie  di  quelli  che  uno  storico  fiancese 
giudicò  degni  di  stare  al  paragone  con  i  proclami  del  lìona- 
parte  ;  e  Mazzini,  firmandosi  un  «  milite  della  legione  di  Gari- 
baldi, »  die  fuori  lo  stesso  giorno  il  suo  ai)iiello  «  ai  Gio- 
vani »  (ved.  il  suppl.  'à,\\'  Italia  del  Popolo  del  27  luglio  1848), 
esortandoli  ad  accorrere  «al  campo  italiano,  al  baluardo  del- 
l'Alpi.» La  legione  di  volontari  garibaldina  ])arti  da  Milano 
il  30  luglio.  «  Ieri  sera  —  si  leggeva  \wÀV Italia  del  Popolo  àt'l 
giorno  successivo  —  una  parte  della  colonna  Garibaldi  s'avviava 
per  Bergamo,  salutata  dalle  grida  festose  dell' intiera  Milano, 
che  aitine,  conscia  del  grave  pericolo,  non  impaurita,  sentiva 
rinascere  gli  antichi  fremiti,  e  diciamo  antichi,  ì)cnché  fra  mezzo 
non  sia  che  un  intervallo  di  tre  mesi,  tre  mesi  di  sonno  gua- 
dagnato, come  or  tutti  sanno.  Questa  nuova  milizia,  che  or  vola 
alle  Alpi,  commossa  dall' onor  nazionale,  guidata  dal  desiderio' 
di  vendicare  i  caduti  a  Sommacampagua  e  a  Monzambauo,. 
anelante  la  pugna,  seminerà  per  tutto  ove  passi  l'ardor  della 
pugna;  riscalderà  le  speranze  ove  intiepidiscano,  le  rinfiammerà 
ove  durino.  Oggi  l'uomo  italiano  si  alzi  intero;  fortificato  dello^ 
etesso  pericolo,  si  ribattezzi  nelle  battaglie;  chi  vuole  vincere^ 


l1ìj4N|  Ki'isroi.AHio.  261 

provisoiie  par  M.  CTiienieri.  llu  troisième  envoyé 
doit  vons  étre  arrivé  au  uoni  d' une  fractiou  de  la 
garde  uationale.  (') 

vince.  Confusi  ai  veterani  difensori  della  repubblica  di  Monte- 
video  stan  molti  giovani,  che  d.a  quelli  impareranno,  se  non 
il  coraggio,  l'arte  di  farlo  fecondo.  La  serena  intrepidezza 
del  loro  capo,  il  cui  nome  è  carissimo  a  tutta  Italia,  perché 
rappresentante  dell'onore  italiano  oltre  l'oceano,  ispirerà  la 
tiducia  della  vittoria:  ubbidienti  alla  sua  militare  sapienza, 
avrem  la  vittoria.  Lo  accompagni  la  provvidenza,  che  veglia 
sulle  nostre  sorti  ;  la  bandiera  a  questi  prodi  afìHdata  ritornerà 
gloriosa  per  cento  prove,  sia  di  sgomento  a'  nemici,  ispiri  non 
siiperal)ile  ardire  ai  soldati.  .Sea;uitela  confidenti,  o  Lombardi; 
in  ogni  luogo  sacro  raccoglietevi  intorno  ad  essa,  benedicendo 
ed  accrescendo  la  santa  legione  Garibaldi.  »  Nel  frattempo, 
a.  Medici  era  rimasto  a  Milano,  non  si  sa  se  per  organizzare 
nuove  colonne  di  volontari,  o  per  suggerimento  del  Mazzini, 
in  vist:i  degli  avvenimenti  che  si  facevano  sempre  pili  incal- 
zanti, per  i  quali  si  poteva  peusare  a  una  «insurrezione  armata 
repubblicana»  dentro  le  mura  della  capitale  della  Lombardia 
(ved.  G.  Pasini,  op.  cit..  p.  26).  Se  non  che,  lo  stesso  30  luglio, 
un  ordine  del  Comitato  di  publdica  difesa,  lirmato  dal  Maestri, 
gì' imnoneva  di  partire  nella  serata  «colla  propria  compagnia 
sulla  strada  di  ferro,  per  raggiungere  Garilialdi  a  Bergamo» 
(II).,  loc.  cit.);  e  poiciié  il  Mazzini  ebbe  sospetto  che  i  volon- 
tari guidati  dal  Medici  «  nella  maggior  parte  ardenti  e  intlnenti 
mazziniani,  »  vedessero  pubblicamente  acclamarlo  prima  della 
l>artenza.  fece  sapere  al  prode  capitano  che  tutto  ciò  non  si 
fosse  fatto  (Ii>.,  lo(;.  cit.).  Per  la  partenza  del  Mazzini  per 
Jiergamo,   ved.   la  nota  alla  lett.   MMCCCCXLVI. 

(')  La  richiesta  di  un  intervento  francese  in  Italia,  alla 
<iuale  Carlo  Alberto  si  era  dimostrato  sempre  contrario,  fu  messa 
in  discussione  nel  Consiglio  dei  Ministri  a  Torino  il  30  luglio 
(ved.  C.  Casati,  Xitore  ricelaziotii  sui  falli  di  Milano,  ecc..  cit., 
voi.  IL  p.  334),  di  fronte  ai  pericoli  che  si  facevano  sempre 
più  minacciosi,  e  fu  cahleggiata  da  G.  Casati,  che  fin  dai  giorni 
dellirlìlierazionedi  Milano  aveva  sempre  vagheggiato  un  accordo 
con  la  Francia.  La  proposta  rimase  però  sospesa,  perché  nel  frat- 
tempo erano  state  intavolate  trattative  per  un  primo  armistizio/ 


262  K  l'I  STOLA  UIC.  [lS48j 

Intlivitluelleinent  parlant,  je  ii'ai  rieu  à  taire  cu 
tout  ceci.  Je  peiise  qii'il  est  de  iiotre  devoir  de  iious 
Kaiiver  par  noiis-mème.  J'ai  toujours  ìhv(K]iu'  mie 
guerre  eiiropéeiine.  jaiuais  une  iutervcntioii  d-aiis  la 
questioii  iralieiine.  Mais  si,  invite  par  d'aiirres  (jiie 
noii.Sj  la  Fraiice  doit  noiis;  ai)p<)rter  Tappili  de  sou 
éi>ée.  qiie  ce  soit,  <lii  inoiiis.  réi»ée  de  la  l{é[)iibliqne. 
et  non  celle  d'ime  Frauce  saiis  croyaiices.  Xe  v(uis 
fiez  ]>as  à  des  coiiditioiis  inoiiarchiqiies:  ne  sonillez 

aiidiite  i>oi  a  vuoto  (C  Pacjaxi.  romini  e  cose  in  Milano,  t-cc. 
<nt.,  pp.  455-457);  e  fu  iilloni  «-ho  Ciiilo  AUn-rto  vi  si  liecise 
e  il  Ministero  inviò  a  Parij^i  il  march.  Aiiieito  liieci  (ved. 
Id..  p.  461  e  segg.  ;  C.  Casati.  J's'uove  riì'dazioni  sui  fotti  di 
Milano,  ecc.  eit.,  voi.  II,  p.  355  e  sejjg.  ;  Casati-Castacnkito. 
Carteggio,  cit.,  pp.  ixxij-lxxiv  ;  J.  Uastidk.  La  UépìihUqne  Fiaii- 
faise  et  l'Italie  en  1848,  ecc.,  cit.,  p.  60  e  se<jg.).  Intanto,  il 
Governo  ProwLsorio  di  Milano  spediva  ])nie  a  Parigi  un  suo 
rappresentante  (2><  luglio):  e  prohaldlniente.  per  l'importanza 
assunta  dal  Comitato  di  puliltlica  difesa,  composta  per  due 
terzi  dielemi'iiti  devoti  al  Mazzini,  si  volle  che  a  l'arigi  si  recasse 
<piello  che  nel  Governo  Provvisorio  rappresentava  il  partito 
repubblicano.  Fu  scelto  infatti  Anselmo  Guerrieri,  il  quale, 
com'è  naturale,  si  trovò  in  contrasto  con  i  due  che  rappresenta- 
vano il  Governo  pietnontese.  tanto  come  Ministro  ordinario,  cioè 
il  march,  lìrignole-h'ale.  (juanto  come  inviato  straordin.irio,  il 
(piale  era  quello  stesso  andato  a  Milano  ai  primi  di  maggio 
ad  imporre  quasi  la  fusione  della  Lombanlia  col  Piemonte,  aven- 
dovi forse  unico  avversario  fra  i  membri  del  Governo  i'rovvi- 
sorio  chi  in  (piel  momento  doveva  considerare  come  suo  alleato 
al  conseguimento  di  un  identico  intento  (ved.  la  nota  alla 
lett.  MMCCCCV).  La  scelta  era  stata  quindi  quanto  mai  infe- 
lice sotto  tutti  gli  aspetti;  e  ohe  fosse  tale,  ajiparve  in  quella 
conferenza  che  ebbe  luogo  a  Parigi  il  2  agosto  fra  i  tre  rap- 
presentanti italiani,  il  Cavaignac!  e  il  Bastide  (ved..  oltre  agli 
scritti  già  cit.,  V.  Ottolini,  La  rivoluzione  louiharda  del  1848- 
1849,  cit.,  pp.  286-287;  G.  Montanislm.  Memorie,  ecc..  cit.. 
voi.  II,  pp.  370-373  e  480-484,  e  specialmente  una  lett.  del 
Bastide  al  Brignole-Sale,   della  quale  fu  data  lettura  al  Parla- 


[IS-IX]  Kl'ISTor.AKK).  263 

pus  votre  <liai»eau  eii  iuscM-ivaiit  dessns:  Ponr  un  ro/; 
ce  roi  ii'a  i)lns  iiiénie  la  seule  chose  qii'il  eùt:  la  force. 
Vene/,  i)oiii'  la  eause  narioiiale.  Venez  poiir  le  peu- 
ple  italieii:  c'est  avee  lui  que  vons  pourrez  Jeter 
les  bases  «l'uue  solide  ali  lance.  Tout  le  reste  n'aboii- 
tirait  <in'à  rauarchie  pour  noiis  et  au  «léslionneur, 
je  n'Iiésite  pas  à  le  dire.  |>onr  la  France. 

Joseph  Mazzini. 

MMCCOCXLIII. 

A   GiusKCi'K  Lambkuti.  !i  Reggio  F^miliii. 

[Miliino],   10  ;igost<)   [l848j. 
(.'aro  Giuseppe, 

11  latore  è  De  Boni.  Va  in  Bologna,  etc.  per  conto 
nostro,  rappresentante  dell'Associazione  Nazionale, 
(riovalo  tu  i)ure  di  consiglio,  e  di  lettere,  e  d'indi- 
rizzi. (') 

mento  Subalpino  nella  seduta  del  21  ottobre  1848  e  fu  pul>bl. 
nel  National,  poi  nella  Concordia  del  4  novembre  1848),  dalla 
quale  esci'  fuori  non  già  la  prouiesaa  d'intervento,  ma  la  pro- 
posta di  mediazione,  di  cui  preso  l'iniziativa  l'Inghilterra.  Il 
terzo  inviato,  da  scegliersi  dalla  guardia  nazionale  milanese,  che 
da  più  giorni  s'adunava  a  tumulto  in  piazza  san  Fedele  (ved. 
V Italia  del  Popolo  del  29  luglio  e  l^  agosto  1848).  era  Antonio 
Mora,  il  quale  in  un  indirizzo  presentato  il  6  agosto  1818  al 
Cavaignac  «da  parte  dell'emigrazione  lombarda  (ved.  la  cit. 
traduzione  degli  Ultimi  tristissimi  fatti  di  Milano,  pp.  o9-40)  si 
firmava  «  délégué  par  la  garde  nationale  de  Milan  auprès  de 
r.\sHemblée  Nationale   pour  demander    l'intervention  aruiée.  » 

MMCCCCXLIII.  —  Inedita.  L' autografo  ai  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  A  tergo  di  esso,  di  pugno  del  Mazzini,  sta  l' in- 
dirizzo:  «A  Gius.  Lamberti,   Reggio.» 

(*)  A  Bologna  erano  convenuti  i  pili  ardenti  raj)presentanti 
del  partito  repubblicano  italiano,  e  da  jiiu  giorni,   nei^ circoli 


264:  Ki'isTOi.AiMO.  [1848 

Io,  come  intendi,  non  ho  tein[)o  da  respirare 
Abbiani  tradimenti,  diplomazia  in  prospettiva.  Ma  il 
Governo  qui  è  in  mani  nostre  per  ora:  e  benché  rovi- 
nate le  cose,  qualche  cosa  faremo.  Mia  madre  è  partita. 
Io  parto  prestissimo  per  Bergamo:  legione  (laribaldi: 
ti  scriverò;  agita,  somiuovi:  fa  la  tua  parte.  Forse 
andrà  tutto  male:  ma  forse  ne  escila  qualche  cosa 
di  buono.  Addio  : 

tuo 

GiusKri'K. 

MMCCCCXLIV. 
ALI, A   Maduk.  a  Genova. 

[Milano],   l"  ajjosto   1848. 
Mia  cara  madre. 

Oggi  scrivo  io  diie  linee  in  fretta.  Sto  bene.  Ilo 
dormito:  mangio,  ^on  temete  di  nulla.  Non  inten(h> 
che  cosa  voglia  dir  la  sorella,  scrivendo  in  una  lettera 
che  veniva  a  voi,  che  bisognava  pensare  al  mio  allon- 
tanamento da  Milano.  Ma  una  volta  per  tutte,  è  neces- 
sario ch'io  dica  francamente  una  cosa  a  tutti  voi  che 
m'amate.  Non  nù  date  consigli.  Non  fauno  che  aggiuu- 

politici,  era  stata  ventilata  la  proposta  di  nn  Governo  prov- 
visorio. Ved.  A.  Dallomo,  La  difesa  di  Venezia  nel  1848,  ecc., 
cit.,  p.  103  e  aogg.  Era  qniudi  terreno  preparato  per  la  diffu- 
sione delle  idee  mazziniane.  Tuttavia,  costretto  dagli  avveni- 
menli,  il  De  Boni  non  potè  andarvi,  anzi  abbandonò  Milano 
non  prima  del  5  agosto.  Ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCOXLV. 

MMCCCCXLIV.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  La  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre 
del   Mazzini   anuotò:   «  Primo  agosto  1848.  » 


1 


I 


[1848]  KiM.STOi.AUio.  265 

<;erini  dolore  seuza  ch'io  possa  cedervi.  Dire  a  me 
d'abbaudouare  ora  la  Lombardia  è  lo  stesso  che  se 
diceste:  Tradisci  e  disonorati.  È  tempo  che  quei  che 
m'amano  si  sollevino  al  vero  amore,  a  quello  che 
insegna  il  Dovere,  non  a  quello  (;he  indebolisce.  Se 
una  sorella  o  altri  ha  diritto  di  dire  a  me:  vattene  ; 
la  sorella  o  la  madre  del  Gen.  Fanti  o  di  qualunque 
altro  ha  diritto  di  dir  lo  stesso;  e  se  tutti  cedessero 
all'amore  dei  loro,  entrerebbero  dapi)ertutto  gli 
Austriaci  e  scannerebbero  madri,  figli  e  ogni  cosa. 
3^  tempo  che  impariamo  ad  amar(;i  nobilmente,  reli- 
giosamente, lo  ho  doveri  da  compiere:  incoraggiatemi 
a  comjuerli.  Se  Dio  ci  serba  altre  prove,  sia  fatta  la 
volontà  sua;  subiamolo  (;on  onore  e  con  fede.  Sapete 
quanto  io  v'ami:  e  quindi  <;h'io  penserò  a  voi  e 
m'avrò  sempre  tutti  i  riguardi  possibili;  fidate  in  me, 
ma  non  mi  chiedete  ciò  ch'io  non  posso  fare. 

La  rotta  dell'esercito  continua  in  buon  ordine. 
Ma  qui  si  pre[>ara  difesa.  E  a  Dio  piacendo,  non  si 
cadrà.  Ora  che  (;i  hanno  rovinato  ogni  cosa,  fanno 
cera  a  noi  repub))licani,  perché  ci  sanno  più  energici 
e  più  sinceri  degli  altri.  Sono  in  continuo  contatto 
col  «'«unitato  di  J)ifesa.  L'altra  sera,  il  popolo  in 
piazza  voleva  ch'io  entrassi  al  (loverno:  ricusai  per 
le  ragioni  clie  sapete;  e  i)erché  non  si  mettessero 
dissidi!  di  partiti.  (*)  Se  i  miei  genovesi  moinirchici 

(')  III  lina  corrisiioiideiizii  da  Milano,  in  data  29  iii<;iio, 
alla  Concordia  (n.  d<'l  1"  agosto  1848),  accennandosi  alla  nomina 
del  Comitato  di  publdica  difesa,  coini»osto  di  «  nomini  egregi, 
e  «[liei  elle  vai  meglio,  iniluenKati  da  uomini  capacissimi,  »  era 
tioggiiinto:  «  Moltissimi  avevano  messo  innanzi  Cattaneo  e  Maz- 
zini ;  essi  si  rilìiitarono  per  rispetto  a  certe  suscettibilità,  e 
perché  altri  non  desse  un  colore  di  partito  al  Governo  die  ora 
non    vuole,  non  deve  essere  che  italiano.  Ieri   sera  ancora  una 


266  Kl'l  STOLA  RIO.  [184!S] 

aveì^sero  iiii'oinln'a  di  buona  tede,  dovrebbero  rinder 
jiiusMzia  alla  condotta  dei  reimbl)li('aiii.  Tutte  le  nostre 
predi/.ioiii  sono  avverate,  e  nondimeno  noi  non  inten- 
diamo cavarne  il  inenonio  partito  pel  n(»stro  principio. 
Non  ci  o(;cupianio  che  di  difendere  il  i)aese.  ('oniini 
del  Comitato  di  Ditesa,  (xcnerali,  aiutanti,  consiglieri. 
Siam  tatti  repubblicani,  non  «liciamo  una  parola  di 
repubblica,  e  abbiain  fatto  piii  in  tie  jiiorni  clic  non 
essi  in  tre  mesi. 

Io  [Kirto  domani  |>er  iJer^amo:  ho  da  fili- là.  Non 
temete  di' nulla.  Vi  scriverò.  K  al  resto  provveda 
Iddio. 

Abbracciate  o  scrivete  al  padre.  Tantc^  cos«ì  alh 
sorella.  K  date  un  abbiacelo  per  me  anclie  a  ('aro- 
lina.  Appena  io  ])ossa.  scriverò  alle  persone  clic  mi 
sci'issero  i>er  me/:/o  vostro.  Addio:  madie  mia.  amat»'' 
sempre  il 

\(>stro 

(tIUSKTPE. 

Tante  cose  all'Andrea. 

P.  S.  E  probabile  ch'io  maiuli  Susanna  in  Crcnova!* 
Non  ho  l)iso<;no.  nel  caso,  di  rac(;omandarvela.  a  voi. 
a  Ferrari  e  a<;li  amici.  Dopo  i  miei,  è  la  persona 
che  m'ama  di  i)iù,  ed  ama  voi.  K  quella  che  ha  sempre 
pensato  a  tutte  le  cose  mie  materiali  in  Londra,  e 
non  vorrei  esserle  ingrato  per  tutto  l'oio  del  mondo. 
Son  convinto  che  bastano  queste  mie  parole,  jx'rché 
voi  le  siate  amica  e  madre. 


folla  iimneiis:i  in  piazza  iSaii  Fedele  proclamava  Mazzini.  Kirli 
non  solo,  lo  po880  assentire  altamente,  era  adatto  straniero  a 
tal  dimostrazione,  ma  ne  senti  dolore  profondissimo:  mand(> 
tosto  a  dire  clie  non  poteva,  non  voleva  accettare  per  le,  stesse 
cause.  » 


I1S4S1  KIMSTOI.AKIO.  267 


MM(JCCCXLV. 


:\liliui().   8  aj^osto  [1848]. 

Do  queste  linee  ai  due  iiiiiiei  De  Boni  e  llevere:(') 
desidero  che  i  miei    juniei   e   gli   amici   della   buona 

MMUCC(-'XLV.   —  Inedita.  L' aiitoj^rafo  si  couserra  nella 
raocolta  Nutlian.  Non  lia  indirizzo. 

(')  Filippo  De  Boni  e  Giuseppe  Hevere  erano  stati  (ino  a 
«luel  «giorno  attivi  collaboratori  aU^Italia  del  Fopolo,  anzi  il 
secondo,  a  cominciare  dal  17  giugno,  aveva  assunta  e  tìriuata 
«  per  la  redazione  »  la  responsabilità  giuridica  del  periodicTt. 
Escirono  insieme  da  Milano  il  5  agosto  «a  capitolazione  con- 
sumata »  (ved.  la  lett.  di  E.  Cernuschi  ad  A.  Bianchi-Giovini, 
nel  Pernierò  Italiano  del  22  settembre  1848),  col  proposito  di 
avviarsi  a  Venezia,  dove  infatti  convenivano  parte  di  quegli 
esuli  che,  perduto  quasi  tutto  il  Veneto  e  tutta  la  Lombardia, 
volevano  continuare  a  combattere  in  (iualun(|Uti  modo  sotto  un 
vessillo  repubblicano.  Mutarono  ]»erò  di  proposito  per  via,  poi- 
Q\\f  il  De  Boni  andò  a  Novara,  a  Torino,  inline  a  Genova,  che 
per  i  disastri  piemontesi  in  Lomb-ardia  senti  lierissimo  dolore,, 
e  pili  d'ogni  altra  città  italiana  si  dimostrò  ostile  contro  i  re- 
sponsabili del  cattivo  conducimento  della  guerra  (ved.  la  nota 
alla  lett.  MMCCCCLIII).  Invece,  il  Revere  riparò  a  Venezia. 
dove  fu  membro  influente  di  quel  Circolo  Italiano,  contro  il 
quale  si  schierò  il  Governo  della  Kepul)blica  (ved.  V.  Mau- 
CHK.Si,  Storia  documentata  della  rivoluzione  e  della  difesa  di  Ve- 
nezia, ecc.,  cit.,  p.  265  e  segg.),  al  punto  da  ordinare  lo  sfratto 
ai  pili  ardenti  rappresentanti  di  esso,  fra  i  quali  era  appunto 
il  Revere.  (Id.,  p.  310).  Una  protesta  di  lui,  contro  l'accusa 
lanciatagli  da  A.  Bianchi-Giovini,  di  essere  stato  «  tra  i  capo- 
rioni del  repubblicanismo  di  Milano,  i  quali  fuggirono,  quando 
il  nemico  non  era  ancora  giunto  a  Lodi,  »  si  legge  nel  Pensiero 
llaìiano  del    12  ottobre   1848. 


268  KPKsroLAKio.  [184 

causa  abbiano   fede   in   ossi   e  con   essi   s'inteudaiio 

<;onie  con   uomini  che   rappresentano  l'Associazione 

Nazionale  Italiana. 

(li US.  Mazzini. 

MMOCCCXLVI. 

ALLA  Madre,  n  Genova. 

[Milano],   3  agosto   1848. 

Mia  cara  madre. 

Due  parole.  Qui,  dopo  crisi,  dubbii,  etc,  par  certo 
cbe  verrà  l'esercito  piemontese  a  fare  un  campo  trin- 
cerato e  «li fender  Milano;  piiì,  il  re  in  persona.  Ora, 
abbiamo  qui  il  (len.  Ollivieri.  (commissario,  (ilter 
ego,  etc.  Naturalmente,  il  (Jomitato  di  Difesa  a<iiva 
tro])po  bene(')  e  siccome  il  credito  veniva  sulla  nostra 

MMCCCCXI.Vl.  —  liiLMlitii.  J/' autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Natlian.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madie 
del   Mazzini   annotò  :    «  3  agosto   1848.  » 

(')  Il  Comitato  di  pubblica  difesa,  noi  giorni  precedenti, 
av^eva  dati  provvedimenti  per  resistere  all'invasione  nemica, 
che  erano  stati  allora  nnanimamente  lodati,  come  lo  furono  poi 
dagli  storici  di  quelle  gravi  vicende,  i  quali,  sia  pure  non  bene- 
voli al  nuovo  reggimento  di  cose,  li  dichiararono  opportuni. 
«Da  che  l' intero  Comitato  sussiste,  —  scriveva  V Italia  del  Popolo 
del  31  luglio  1848,  —  non  conta  che  un  giorno  di  vita,  molti 
provvedimenti  comparvero,  i  quali  annunziano  che  alla  gran- 
dezza della  sventura  non  mancheranno  gli  uomini.  Il  Comitato 
facea  partire  la  legione  GaribaMi  e  una  parte  della  guardia 
nazionale;  —  ennuiava  un  decreto  sull'emigrazione,  giacché 
parecchi,  i  quali  si  atteggiavano  come  salvatori  della  patria, 
ora,  suonando  la  minaccia,  tentano  rifuggirsi  in  Isvizzera,  per 
sottrarsi  alle  comuni  fatiche;  —  come  la  linea  dell'Adda  è  la 
sola  che  sia  difendibile,  la  sola  che  adesso  possa  rattenere 
r"  impeto  degli  Austriaci  contro  Milano,  cosi  stabiliva  una  com- 
missione d'uomini  periti    nell'arte    e    nelle  prove   guerresche, 


[18-lS]  KPISTOLAIUÓ.  26J> 

nuance^  non  bisognava  lasciar  die  Milano  fosse  salva 
))<n'   noi.  Comunque,    io   non  i)osso  né   voglio  clifen- 

(ilie  intenda  a  foitilìcartì  quella  linea,  la.  (lanipagiia  e  la  città 
di  Milano;  — stabiliva  che  tosto  si  dia  mano  ai  lavori  di  terra, 
ed  è  già  pronto  il  corpo  de'  pontonieri  tli  Monza;  —  nominava 
nomini  che  pensino  etìtìcacemente  ad  approvvigionare  Milano  e 
l'esercito,  ad  attivare  i  trasporti  d'ogni  genere;  —  istitnivann 
consiglio  permanente  pnnitivo  di  gnerra  per  gindicar  snl  mo- 
mento tntti  qnelli  che,  investiti  d'  mi  comando  o  d'  una  funzione 
dalla  patria,  mancassero  al  loro  uftìcio,  che  sarebbe  tradi- 
mento alla  patria.  E  qnesto  consiglio  di  gnerra  agirà  tosto 
che  sia  dichiarata  Milano  in  istato  d'assedio  <!on  ogni  potere 
di  vita  e  di  morte.  »  Anche  pili  tardi  il  Mazzini  osservava  che 
il  Comitato  aveva  operato  «con  attività  singolare»  e  fatto 
«  in  tre  giorni  assai  piti  che  non  il  Governo  in  tre  mesi  » 
(Cenni  e  documenti,  ecc.,  cit.,  woìV lUiUa  del  Popolo  di  Losanna, 
voi.  II,  p.  273);  e  dall'importanza  delle  disposizioni  prese,  e 
dal  modo  con  cni  erano  notificate,  senza  ingerenza  alcuna  da 
]iart.e  del  Governo  Provvisorio,  sembrava  che  oramai  in  quel 
Comitato  dovessero  sommare  l'antorità  e  la  responsabilità  della 
difesa.  Dal  giorno  in  cni  Carlo  Alberto  aveva  posto  il  suo  qnartier 
generale  vicino  a  Cremona  (30  luglio)  era  convenuto  tra,  il 
<'omando  piemontese  e  il  Comitato  di  pubblica  difesa,  dapprima 
che  l'esercito  regolare  si  sarebbe  «schierato  fra  il  Po  e  l'Adda, 
appoggiando  la  dritta  a  Cremona  e  la  sinistra  a  Pizzighettone:  » 
di  poi,  che  sarebbe  andato  «  a  difendere  la  linea  bassa  del- 
l'Adda fino  a  Cassano  »  (ved.  Gli  ultimi  tristissimi  fatti  di  Milano 
narrati  dal  Comitato  di  pubblica  difesa;  s.  1.  n.  a.,  ma  con  la 
data  di  Italia,  16  agosto  1848,  p.  19);  invece,  si  seppe  a  Milano 
che  Carlo  Alberto  aveva  mutato  di  proposito,  che  sarebbe  stato 
strategicamente  opportuno  di  proseguire  (C.  Pagani,  Uomini 
e  cose  in  Milano,  ecc.,  cit.,  p.  342),  e  si  disponeva  a  contiu.uare 
la  ritirata  su  Milano,  inseguito  sempre  dagli  Austriaci.  Nella 
notte  dal  2  al  3  agosto,  secondo  tutte  le  testimonianze  del  tempo 
(seguite  da  F.  Carandini,  Vita  di  Manfredo  Fanti,  ecc.,  cit., 
p.  75  e  da  C.  Casati,  Nuove  rivelazioni,  ecc.,  cit.,  voi.  Il,  p.  348), 
dall'I  al  2,  secondo  C.  Pagani,  Uomini  e  cose,  ecc.,  cit.,  p.  361, 
basandosi  sopra  un  proclama  del  2  agosto  del  Comitato  di  pub- 
blica difesa,   una  deputazione    della    quale    facevano    parte   il 


270  KrKSTor.Aitio.  [1818 

dere  la  città  insieine  a  S.  M.  e  parto  quindi  fni  un'ora 
per  Bergamo,  dovo  lio  da  tare.  (*) 

Fanti,  il  Restelli,  e  lo  Strigelli,  (luesf  ultimo  iiienibn)  deiroramai 
spento  Governo  Provvisorio,  si  recò  a  Lodi  «  per  sentire  quali 
fossero  le  intenzioni  del  re  intorno  alla  difesa  di  Milano:»  e 
non  ostante  le  eloquenti  esortazioni  del  Fanti,  che  sembra  non 
potesse  parlare  direttamente  a  Carlo  Alberto  (lo  ammette  il 
Carandini,  ma  lo  escludono  il  Mazzini,  il  Cattaneo,  il  Maestri 
e  il  llestelli,  gli  ultimi  due  estensori  degli  Ultimi  frisi ixnimi 
fatti  di  Milano,  ecc.).  (|uella  deputazione  non  riusci  a  smuo- 
vere Carlo  Alberto  dal  proposito  di  continuare  la  disastrosa 
marcia  su  Milano.  Contemporaneamente,  a  intralciare  ancor  piti 
1' oi>era  del  Comitato  di  pubblica  difesa,  giungevano  in  Milano 
(2  agosto)  il  generale  Angelo  Olivieri,  commissario  regio  con 
la  presidenza  del  Consiglio  e  lo  speciale  incarico  degli  affari 
di  guerra  e  il  marchese  Massimo  Corderò  di  Montezemolo,  com- 
missario regio  per  gli  affari  di  finanza,  i  quali,  insieme  col 
<lott.  G<aetano  Strigelli,  commissario  regio  per  gli  affari  politici 
amministrativi,  secondo  «  le  stipulazioni  portate  dalla  con- 
venzione 13  giugno  1848  conchiusa  fra  il  Governo  di  S.  M. 
Sarda  ed  i  Delegati  del  Governo  Provvisorio  di  Lombardia,» 
dovevano  formare  un  Consiglio  Amministrativo  generale,  in  cui 
sommavano  «  momentaneamente  tutti  i  poteri  del  Governo  in 
Lombardia.  »  Era  la  cessazione  del  Governo  Provvisorio,  costi- 
tuito in  «  Consulta  straordinaria,  »  e  virtualmente  quella  del 
l^omitato  di  i)ubblica  difesa,  che  fu  tuttavia  pregato  a  conti- 
nuare ne'  suoi  provvedimenti,  da  dovere  essere  subordinati  alla 
sanzione  dei  commissari  governativi;  ed  era  pure  l'impossibi- 
lità, da  parte  del  Mazzini,  di  continuare  a  rimanere  in  Milano. 
«Io  vidi  i  tre  —  scriveva  l'anno  appresso.  —  intesi  le  loro 
parole  alla  moltitudine  raccolta  sotto  il  palazzo,  rividi  Fanti, 
■corsi  le  vie  di  Milano,  studiai  gli  aspetti  e  i  discorsi  ;  e  disperai. 
11  popolosi  credeva  salvo  ;  era  dunque  irrevocabilmente  perduto. 
Lasciai  la  città.  Dio  solo  sa  con  che  core,  e  raggiunsi  in  Ber- 
gamo la  colonna  Garibaldi.  »  Cenni  e  documenti,  ecc.,  cit.,  nel- 
i' Italia  del  Popolo  di  Losanna,   voi.  II,  p.  474. 

(')  Il  Mazzini  giunse  infatti  a  Bergamo  nel  lìomeriggio 
del  3  agosto,  accompagnato  da  Scipione  Pistrucci  e  andò  a 
iscriversi  semplice  milite  nella  compagnia  del  battaglione  Anzani, 


(1848]  KPisroi.Aitio.  271 

.Siisiiiiua  i>er  ora  nou  parte  più.  A  Torino,  per  quanto 
ho    veduto,    impazziscono:    i)arlo    della    (liniera.    (') 

coriiaiKÌatii  dal  capitano  (i.  Me<li(;i.  Era  armato  di  cjiielia  cara- 
Ijiiia  inglese,  la  finale,  i-otue  apparisce  dalla  lett.  JNIMCCCCLI, 
nel  partire  da  Londra  gii  era  stata  donata  da  Mrs.  Ashnrst  ;  e  gli 
In  antidata  la  piccola  l)audiera  della  compagnia.  Ved.  G.  Loca- 
TKLM  MiLK.><i,  Garibaldi  e  Mazzini  a  Berf/aino  (nella  liasnegna  Storica 
lìti  HiKorfiiìneuio.  a.  VII  [1920].  p.  71  e  segg.).  In  quello  stesso 
giorno  Gariinildi  av<'va  ricevuto  l'ordine,  da  parte  del  Comi- 
tato di  pubblica  difesa,  di  partire  a  marcie  forzate  da  Bergamo 
a  di  concentrare  tutte  le  truppe  da  lui  raggranellate  intorno 
alla  capitale  lombarda  per  molestare  il  nemico  di  fianco  e  alle 
spalle  II).,  p.  73).  Partì  infatti  da  Bergamo  co'  suoi  volon- 
tari all'  alba  del  giorno  successivo,  di  modo  che  il  Mazzini  rimase 
colà  poche  ore,  durante  le  «jnali  fu  ospitato  nella  casa  «  sovra-  - 
stante  la  farmacia  dei  fratelli  Pianzzi  (ora  Pandini)  e  il  portico 
<le'  Mercanti  in  piazza  della  legna,  ora  l^ontida»  (li).,  p.  72); 
*  di  là,  invitato  a  ])arlare  dai  Bergamaschi  che  gli  avevano 
fatto  entusiastica  accoglienza,  incitò  il  popolo  a  nuovi  eroismi 
per  la  salvezza  della  patria.  «  Kieacciatno  —  aggiunse  —  il 
barbaro  là  d'onde  venne.  Salviamo  il  paese,  proviamo  l'onni- 
potenza d'un  popolo  che  ha  giurato  esser  libero,  ©  non  temiamo 
del  resto.  I  sagrifici  che  noi  compiremo  avranno  compenso  nel 
futuro.  Ogni  uomo  che  verrà  a  porsi  nelle  iile  dei  combattenti 
crescerà  un  difensore  ai  nostri  diritti  di  cittadini.  Nessìma 
]>otenza  potrà  fire  schiavi  gii  uomini  che  avranno,  in  nome 
della  bandiera  nazionale,  vinto  due  volte  un  esercito.»  Con- 
<luse  raccomandando  che  si  erigessero  barricite  in  difesa  della 
città,  e,  per  (iualun(|ue  evento,  di  amar  sempre  l'Italia,  né 
disperar  mai  della  sua  salvezza.   II).,  loc.  cit. 

(0  II  Gabinetto  Casati,  succeduto  il  27  luglio  184:8  a  quello 
])resieduto  da  C.  Ballto,  aveva  dovuto  amaramente  accettare  la 
proposta  dei  deputati  C.  Bon-Compagni.  L.  Ferraris  e  F.  Gal- 
vagno,  approvata  alla  Camera  il  29  di  (jnello  stesso  mese,  con 
cui  il  «  Governo  del  ]{e  era  investito,  durante  l'attuale  guerra  del- 
l'indipendenza,  di  tutti  i  poteri  legislativi  ed  esecutivi.  »  Ved. 
0.  Akn«»,  La  prima  legialalnra  ai  tevipi  del  Ministero  Casati- l'iczza 
in  II  Risorgimento  Italiano.  Uivista  Slorica,  a.  VII  [1914].  p.  898 
e  segg.)  eCAS.\Ti-C.\srA(>SKTTO,  Carleijgio,  ecc..  cit.,  pp.  226-227. 


272 


KIMSTOLAHIO. 


fl848] 


Continuate  a  scrivere  allo  stesso  indirizzo.  N^oii  badate 
ai  piccoli  ritardi  che  potranno  avere,  nella  posizione 
in  cui  siamo,  le  lettere  mie.  Credete  in  me,  date  il 
mio  affetto  alla  sorella,  al  padre,  ad  Andrea  e  Napo- 
l[eone],  etc.  ed  amate  sempre  il 

vostro 

(rirSEPPE. 


MMCCCCXLVIJ. 
Tu 

Monza,   Suiuluy   [An«>iist  (ì"',   184f<,. 

I  write  broken  down  by  22  miles  ot  marcb  on 
foot,  ì>ut  well  enougii  for  the  rest.  The  news  of  Milan 
are  horrible.  1  do  not  know  now  what  \ve  sliall  do^ 
but  T  will  teli  yoii,  I  hope,  to-morrow. 

Joseph. 


Monza,   «loiiienica.  . 

Scrivo  spossato  da  una  marcia  a  piedi  di  ventidiie 
miglia,  ma  quanto  al  resto,  sto  abbastanza  bene.  Le  notizie 
di  Milano  sono  orribili.  Non  so  adesso  quello  che  faremo^ 
ma  ve  lo  dirò,  spero,  domani. 

Giuseppe. 


MMCCCCXLVII.  —  Inedita.  Se  ne  conserva  mia  copia 
nella  raccolta  Nathan,  proveniente  da  J.  W.  Mario.  Probabil- 
mente, questo  laconico  biglietto  era  indirizzato  a  qualcuno 
della  famijrlia  Ashnrst. 


[1848]  Kl'IBlOLAKIO.  273 

MMCCCCXLV  III. 

Ai-KA  Maure,  ti  Genova. 

[Como],  (lonuMiica   7  ajjosto  [1848]. 

Cara  madre, 

Sono  a  Conio:  le  cose  vauiio  male,  come  sapete; 
ma  tutto  non  è  fluito.  (^)  Spero  che  in  Geuova  si  ricre- 

MMCGCCXLVIII.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raoc'olta  Nathan.  A  tergo  di  esso,  di  pugno  di  Scipione  Pistiucci^ 
sta  l'indirizzo:  «  Sig.ra  Pellegrina  Dorotea  Piazzetta,  q*'"  An- 
selmo, Genova.  »  V  è  il  timbro  postale  di  Como  7  ago.  Sullo 
stesso  lato,  la  madre  del  Mazzini  annotò:  «7  agosto  1848.  »  Il 
però  da  osservare  che  il   7  agosto  1848  cadeva  di  lunedi. 

(')  Partito  da  Bergamo  la  mattina  del  4  agosto.*  il  Mazzini,, 
vessillifero  della  compagnia  di  G.  Medici,  aveva  percorso  a  piedi 
30  km.  pet  giungere  a  Merate  (ved.  G.  Locatklm  Mii-ksi, 
art.  cit.,  in  liass.  cit.,  j».  76),  dove  il  battaglione  Anzani  aveva 
pernottato,  avendo  un  furioso  temporale  rese  impraticabili 
li!  strade.  Ripartiti  all'  alba  del  5,  e  giunti  a  Monza,  i  volon- 
tari ebbero  notizia  che  Milano  aveva  capitolato,  e  allora  pie- 
garono su  Como,  dove  giunsero  il  giorno  dopo.  Di  questo 
episodio  mazziniano  il  Medici  fece  più  volte  onorevole  testi- 
monianza (ved.  la  sua  lett.  a  G.  Sand,  in  Eépubl'Kiue  et  Itoyauié 
en  Italie  par  .1.  Mazzini,  cioè  la  traduzione  dei  Cenni  e  docu- 
menti intorno  all'  insurrezione  lombarda  e  alla  guerra  regia  del  1848, 
eseguita  dalla  scrittrice  francese;  Paris,  an  Bureau  du  Nouveau 
Monde,  1850;  l'altra,  in  data  di  Londra,  17  dicembre  1849. 
ad  un  «  notissimo  pubblicista  e  corrispondente  di  giornali 
inglesi,  »  che  in  un  art.  intitolato  :  Eighteen  months  politicai 
li/e  in  Italy,  aveva  avuto  acerbe  parole  per  il  Mazzini,  edita 
in  G.  Pasini,  Vita  del  gen.  G.  Medici,  ecc.,  cit.,  pp.  36-39;. 
infine,  i  cenni  oflFerti  ad  Al.  Dumas,  che  li  insèri  (pp.  79-99) 
nella  sua  traduzione  francese  delle  Memorie  di  Garibaldi,  ediz.. 

Mazzini,  .Scritti,  ecc.,  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  IS 


274  Ki'isToi.AKio.  [1848] 

deramio  aitine;  ma  forse  troveranuo  modo  d'  essere 
entusiasti  del  re  come   prima.  Tal   sia   di    loro.    Sto 

cit.,  voi.  II,  pp.  86-87).  Altre  brevi  narrazioni  riporta  P.  Gironi, 
che  faceva  parte  della  colonna  di  volontari,  in  nota  a  quella 
Bìhliofjrafia  mazziniana  più  volte  cit.  La  prima  fu  da  lui  estratta 
«  dal  giornale  militare  che  Nicolao  Ferrari,  addetto  ai  volontari 
di  Garibaldi,  scriveva  in  lapis  lungo  la  marcia  della  colonna,  »  ed 
«la  seguente:  «Giunse  Mazzini  a  Bergamo  —  parlò  al  popolo 
eccitandolo  alla  difesa  —  recava  sulla  sua  carabina  la  bandiera 
che  portava  scritto  Dio  e  Popolo,  e  per  quel  giorno  fu  nostro 
vessillifero  —  l'acquaci  colse  a  poca  distanza  da  Merate,  ove 
sostammo.  —  A  sera  ci  ponemmo  in  marcia  —  avevamo  fatto 
u]>pena  un  miglio,  allorché  ci  fu  ordinato  di  retrocedere  —  si 
vedevano!  fuochi  vicino  a  Milano  —  all'indomani  la  giornata 
era  bellissima  —  ci  accampammo  fuori  di  Monza  —  ci  venne 
distribuito  pane  a  sufficienza  ed  aspettavamo  il  vino  ed  altri 
viveri,  allorché  venne  dato  l'allarme  —  si  disse  esservi  nno 
squadrone  di  cavalleria  -^  ci  schierammo  per  riceverlo  —  Maz- 
zini era  in  ])rima  riga.  Un  ufficiale  lombardo  disse  correr 
voce  che  Cai'lo  Alberto  avesse  capitolato  —  questa  notizia  fu 
da  noi  respinta  come  impossibile  —  fu  chiamato  Mazzini  — 
all'ordine  replicato  egli  si  recò  presso  Garibaldi,  ritornò  quindi 
—  il  dubbio  divenne  certezza  —  Carlo  Alberto  ci  avea  tra- 
diti —  ritirata  sopra  Como,  ove  ci  accampammo.  »  L'altra  era 
una  pagina  copiata  dal  Cironi  a  Lugano  nel  settembre  del  1848 
dal  «  giornale  militare  appartenente  a  Vincenzo  Vedovi  di  Man- 
tova, »  che  faceva  parte  di  quella  coloniui  :  «  Riunitomi  alla 
colonna  in  Bergamo  nel  2,  trovai  Mazzini  che  imbracciava  una 
«carabina  inglese;  egli  era  nella  prima  compagnia  clie  marciava 
in  antiguardo.  Muovemmo  sopra  Monza;  la  pioggia  cadeva  a 
torrenti,  alcuni  che  conoscevano  Mazzini  lo  pregarono  a  pro- 
fittare d'un  mezzo  di  trasporto;  fu  inutile,  volle  proseguire  a 
piedi  come  gli  altri,  ad  onta  che,  siccome  vedevasi  chiaro, 
soffrisse  il  disagio  del  camminare.  Dopo  il  mezzo-giorno  del 
5  eravamo  a  Monza  passando  per  Merate,  strada  molto  più 
lunga.  Le  voci  succede vansi  varie  ed  incerte,  ma  nella  vici- 
nanza dei  nemici  tutti  credevano,  e  ad  ogni  istante  sembra- 
vaci  la  cavalleria  ci  caricasse  contro.  Era  nno  di  quei  momenti 
tie'  quali  sulle  fisonomie  degli  uomini  si  legge  tutto  quello  che 


|1848]  KIMSTOI.AKIO.  275 

bene,  benclf  io  abbia  ieri  marciato  per  22  miglia  a 
piedi.  Cosa  faremo,  non  so.  Ma  ricordo  voi,  il  patire 
t'  la  sorella:  e    m'avrò   cura.   Vi   scriverò.   Amate  il 

vostro 
Giuseppe, 


fibbiaijo  in  core.  Osservai  Mazzini,  aveva  lo  sguardo  vivissimo, 
Ja  persona  diritta,  quasi  m'apparve  rinviirorito  all'accostarsi 
<lel  cimento.  Alle  4  vi  fu  un  allarme;  può  dirsi  che  tutti  cor- 
ressero, perché  i  fuggenti  fossero  pochi  e  la  legione  spiegosai 
per  masse  in  colonna.  Mazzini  era  con  noi.  Oh!  quanta  con- 
solazione ehhi  nel  cuore  I  Parevami  veramente  che  la  sua  pre- 
senza fra  noi,  la  sua  fermezza  poressero  anchepagarsi  dei  rischi 
«he  facevagli  correre  la  posizione...  Il  6  in  ritirata  eravamo  a 
"Como:  qtjivi  le  insistenze  perché  Mazzini  desistesse  dal  seguirci 
<>rebhero  per  modo  che  bisognò  si  arrendesse,  e  l' indomani 
[non  il  7,  ma  il  9]  era  in  Svizzera.  Io  le  trovai  ragionevoli, 
<|uanto  biasimevole  era  stato  il  non  aver  subito  vietato  a  lui 
quelle  fatiche  e  quei  rischi,  che  essendo  un  dovere  per  noi, 
l)er  lui  erano  un  mancare  al  dovere,  »  Il  Medici  aggiunse  un 
particolare  che  merita  di  essere  qui  avvertito:  «La  marche 
[da  Bergami)  a  Merate]  fut  très-fatigante.  La  plnie  tombait 
par  toircnts;  nous  étions  trempés  jusqu'anx  os.  Quoique  habitué 
il  une  vie  <l'étnde  et  pen  fait  à  1' exercice  violent  des  marche» 
forcées,  snrtout  jìar  un  temps  :inssi  manvais,  sa  sérénité  et  sa 
eontiance  ne  faiblirent  pas  un  instant,  et  malgré  nos  conseils, 
car  nous  craignions  pour  sa  sante,  il  ne  vouliit  jamais  s'arréter 
ou  abamlonner  la  colonne.  Il  arriva  ménie  qne  voyant  un  de 
nos  i>liis  jeunes  volontaires  habillé  de  loile,  et  qui  par  conséquent 
ir'avait  aucune  défense  contre  la  plnie  et  le  refroidissement  subit 
<le  la  temperature,  il  le  forga  d'  accepter  son  manteau  et  de  s'eu 
couvrir.  »   G.  Mazzini,   Képuhllque  et  llotfauié.  epe,  cit.,  p.   142, 


276  Ki'isior.ARio.  [1848} 

MMCCCCXLIX. 

ALLA  Maduk,  a  Genova. 

[Como],  8  agosto   [I8ix\. 
Cara  iriadre, 

Cambiaso  vi  darà  mie  nuove.  Sono  in  Como,  e  per 

ora  vi  rimarrò.  Un  abbraccio  al  i>adre,  alla  sorella^ 

agli  amici  e  amate  il 

vostro 

Giuseppe. 

MMCCCCL. 

A  .JiTLKS  Bastiue.  à  Paris. 

Lugano.   S*  aiigiist    1^4N. 

-Mou  clier  monsieur  Bastide, 

Le  guerre  royale  a  lini;  la  guerre  du  peuple  coni- 
mence.  Le  pays.  frappé  de  stupeur  dès  l'abord.  coiii- 
mence  à  se  réveiller.  La  déception  a  été  c()m[dète: 
la  désillusiounement  l'est  aussi.  Le  mouvement  ne 
peut  étre  aujourd'liui  que  républicain. 

MMCCCCXLIX.  —  Inedita.  L'autografo  si  {'onserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  iiulirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre 
del  Mazzini  annotò:   «  8  agosto  1848.  » 

MMCCCCL.  —  Pnbbl.  in  gran  parte  da  .T.  W.  Makio, 
Della  vita  di  G.  Mazzini,  cit.,  p.  328,  quindi  in  C.  Cattaneo. 
Scritti  politici  ed  epistolario,  ediz.  cit.,  voi.  I,  p.  184.  Qui  si 
dà  integralmente  di  su  una  copia  conservata  nella  raccolta 
Nathan. 


[1848]  Ki'isi.oi.AUU).  277 

Charles  Cattaueo,  Plionime  le  plus  éniinent  de  la 
Lombardie.  (')  Frapolli,  que  vons  connaissez  déjà,  (-) 

(')  Callo  Cattaneo,  appartatosi,  come  s'è  già  notato,  qna.si 
•da  ogni  contatto  col  Governo  Provvisorio,  dopo  di  aver  dato 
prove  magnificile  di  organizzatore  dnrante  le  Cinque  Giornate, 
era  nscito  dal  suo  ritiro  quando  sorse  il  Comitato  di  pubblica 
difesa,  al  quale  aveva  dato  1'  utile  consiglio,  che  non  fu  potuto 
«■seguire  per  il  sopraggiungere  dell'esercito  piemontese,  d' inon- 
dare la  vasta  pianura  tra  Milano  e  l'Adda,  per  rendere  imprati- 
<'abili  al  nemico  le  strade  che  conducevano  alla  città.  Ebbe  inca- 
rico dallo  stesso  Comitato  di  ispezionare  la  linea  di  difesa  tra 
Milano  e  Hergamo  (ved.  la  sua  lett.  del  3  agosto  1848  al  Comi- 
tato di  pubbli(!a  difesa,  in  Sci  iili  politici,  ecc.,  e<liz.  cit.,  voi.  I. 
pp.  181-182).  dove  s'incontrò  con  Garibaldi  e  Mazzini,  cui  segui 
aiella  ritirata  in  Svizzera,  lasciando  la  moglie  a  Milano;  e  da 
Lugano  andò  a  Parigi  per  incarico  del  Mazzini.  Sulla  azione 
diplomatica  di  lui  A-ed.  specialmente  i  suoi  Scritti  politici,  ecc., 
cit.,  voi.  I.  pp.   18.5-191. 

(-)  Lodovico  Frapolli  era  stato  mandato  a  Parigi,  insieme 
con  Giulio  Spini  «  col  carattere  di  agente  utìicioso  del  Go- 
verno Provvisorio  centrale  della  Lombardia  presso  ciucilo  della 
Ke))ubbliea  Francese,  »  ed  era  partito  da  Milano  il  14  aprile 
(ved.  la  Patria  di  cinque  giorni  dopo,  e  C.  Pagani,  Uomini  e 
COSI-  in  Afilano,  ecc.,  cit.,  pp.  400-401).  Devoto  al  Mazzini,  col 
quale  era  stato  in  contatto  epistolare  negli  anni  del  suo 
esilio,  protestò  contro  il  decreto  di  fusione  del  12  maggio, 
inviando  al  Governo  Provvisorio  le  sue  dimissioni  (ved.  il  testo 
della  lott.  nella  Voce  del  Popolo  del  30  maggio  1848),  che 
furono  accettate  con  preghiera  di  continuare  a  mantenersi  nella 
sua  (Jttrica,  lino  alla  nomina  del  successore;  ma  subito  dopo  il 
2i»  maggio  sopraggiunse  un  ordine  di  destituzione.  Pubblicando 
nell'//(iÌMi  del  Popolo  del  In  giugno  1848  due  lettere  del  Fra- 
polli  in  data  6  e  8  giugno  al  Governo  Provvisorio  contrc»  il 
trattamento  ritenuto  ingiusto,  il  Mazzini  le  faceva  precedere 
dal  seguente  commento:  «Ognun  sa  come  i  due  inviati  dal 
Governo  Provvisorio  Lombardo  presso  la  repubblica  francese. 
L.  Frapolli  e  G.  Spini,  mandassero  al  Governo  suddetto  la 
loro  dimissione,  (|uando  il  <lecreto  del  12  maggio  venne  a  rom- 
pere siiltitamente  il    programma  dato  al    paese.  La  dimissione 


278  EPISTOLARIO.  [1848] 

et  linflfoni,  secrétaire  de  notre  Associatioii  Xatioiiale, 
vonsremettrontces  lignes.  (M  Hs  vieiiiieut  voiis  exposer 

fii  tiara  il  21.  Il  Governo  l' iiceetto,  pregando  pero  «iliiiviati 
•li  rimanere  al  loro  posto  lincilo  non  fosse  spedito  un  supplente. 
Ma  poco  dopo,  il  29  maggio,  un  nuovo  dispaccio,  ingiungendo 
agli  inviati  di  non  occuparsi  pili  oltre  degli  oggetti  della  loro 
missione,  mutava  l' ac^cettazionc  della  dimissione  in  destitu- 
zione. I  due  documenti  die  seguono  onorano  L.  Frapolli  come 
lo  onora  la  destituzione  avventatagli  contro  il  29  maggio;  ed 
ei  non  dovrebbe  lagnarsene.  f?iamo  in  tempi  ne'  «inali  ogni 
franca  e  leale  condotta  irrita,  come  un  rimprovero,  gli  uomini 
che  reggono  provvisoriamente  le  cose  italiane.  Ma  tempi  sif- 
fatti non  durano.  Alla  lor/int  innegabile  dei  governi  d'oppor- 
tunità, sottentra  pili  o  meno  rapida  la  retlitudine  generosa 
della  politica  dei  princijdi,  e  nell'intervallo,  la  pace  della 
propria  coscienza  <■  pili  che  sntticiente  conforto  alle  delusioni.  » 
Ved.  pure  la  Fon-  del  Fopoìo  del  Ifi  giugno  1848.  in  cui  è  aJler- 
mato  <'lie  «l'impassibile  Ministro  !>astidc.  »  alla  notizia  del 
provvedimento  preso  contro  il  Frapolli  avesse  esclamato:  «  Oh  I 
qiie  c'est  làehe.  »  Vero  è  che  il  Frapolli,  durante  la  sua  mis- 
sione, si  era  mostrato  tutt'  altro  che.  accorto  e  prudente  diplo- 
matico, e  a  ogni  modo  contrario  alle  direttive  della  politica  del 
Governo  Provvisorio  (ved.  C.  Pagani.  Uomini  e  vose  in  Milano, 
ecc.,  cit.,  pp.  436-439)  ;  e  sembra  che  anche  in  questa,  tidatagli 
dal  Mazzini,  non  si  contenesse  abilmente  (ved.  nnalett.  di  C  Cat- 
taneo alla  moglie,  del  31  agosto  1848,  in  C.  Cattanko.  Scrltli 
politici,  ecc.,  cit.,  voi.  I.  p.  192,  e  due  del  Frapolli,  da  Parigi. 
10  e  14  ottobre  1848.  nel  Pensiero  Italiano,  suppl.  al  n.  del 
24  di  quello  stesso  mese).  P^bbe  i»oi  altre  missioni  diplomatiche 
dal  Governo  Provvisorio  toscano  (ved.  V  Alba  del  11  febbraio  1<S49 
e  F.  Martini,  //  Quarantotto  in  Toscana,  ecc.,  cit..  p.  309). 
(')  Oltre  a  questa  lett.,  il  Mazzini,  in  nome  della  Giunta 
d' Insurrezione  Nazionale  Italiana,  da  lui  creata  in  quei  giorni  e  che 
si  sciolse  con  l'esodo  forzato  e  quasi  generale  degli  esuli  dalla 
.Svizzera  ai  primi  di  dicembre  di  quell'iinno,  aveva  fornito  i  tro 
inviati  della  seguente  credenziale,  conservata  pure  in  copia 
nella  raccolta  Nathan  :  «  Les  citoyens  Docteur  Charles  Cattaneo, 
Ludovic  Frapolli,  et  Lizabe  Rull'oni,  Secrétaire  de  l'Association 
Nationale    Italienne.   sont   chargés  de   la   Junte  d'Insnnectioi» 


|1848]  KPisTOi.Aiao.  27!> 

la  situatiou  léelle  de  la  Lombardie  et  vous  deinaiider 

«ìe  coopérer  a  sou    atti'ancbisseineiit.  Je  serais  venu 

inoi-inéme:  mais  y  ai  aiitre    cliose  à  taire    ici.  Xous 

ii'avoiis  jamais  iiivo(|iié  votre  appui.  car  </aurait  été 

dégrader  la  Fraiice  républicaine  qiie  de  Pappeler  à 

secoarir  Charles  Albert  et  le  (iouveriiement    Provi- 

soire.  Aiijourd'liiii  c'est  autre  ehose.   Le  moment  me 

paraìt  verni  ])()ur  saisir  l'iuitiatioii  d'une  alliaiiee  elitre 

la  FraiH;e,  la  Saisse  et  l'Italie  républicaine.  Veuillez 

é(M)uter  nos  amis,  et  nous  faire  savoir  à  (j[iioi  iious 

})Ouvons  nous  eu  teiiir  sur  les  intentions  de  la  Fraiiee 

à  notre  égard. 

Crovez-moi   toniours  ^       i  - 

^  votre  devone 

Joseph  >rAzziNr. 

MMCCGCLI. 
TO  Emilik  Hàwkes.  L(>n<lon. 

[Liijrauo],  Aiigiif>r  10"',  [1848]. 

Dear  Emilie, 
After    bavinj>"    been  a  few  days   witli   Garibaldi, 
marclied  22  miles  a  day  on  foot,  and  reached  Monza, 
near  Milan.  oniy  to  see  it  fallen  already  in  the  hands 

10   iigoislo. 
Cara  Emilia, 

Dopo  esser  stato  alcuni  giorui  con  Garibaldi,  aver  fatto 
a  piedi  ventidiie  miglia  al  giorno  ed  esser  giunto  a  Monza, 

Natioìiale  d'ime  uiission  «péciale  iiiipièn  <lu  goii venienieiit 
fianvaÌH.  —  Lugano,  9  aoùt  1848.  —  Les  déléfinés  di;  la  Jiiiite: 
PiKTKO  Makstri,  memore  dx  Comitéde  de/enne;  Joskpii  Ma/./.ini; 
Ko.Moi.o  Griffini,  Secrétaire  » 

MMCCCCLI.    —    Piil)l)l.    (la    E.    F.    Riciiakus,    (.[..    eit., 
)»p.  91-92. 


280 


KPISTOLAHIO. 


ri848ì 


of  the  enemy,  liere  1  ain,  safe  euoiigb,  as  you  see, 
for  tlie  present.  Wbat  an  owertlirow!  What  a  bitter 
lesson  to  Olir  nionarchical  ]ìeople  !  Wbat  a  sad  reali- 
zatioii  of  ali  my  foreseeiiigs  !  Aiul  bow  mudi  more 
calciilated  tlian  J  myself  was  anticipatiiiji,  tlie  be- 
trayal  bas  beeii!  An<l  liow  beautiful  agaiu  was  Milan 
durinj»"  tlie  crisis!  Ilad  iiot  the  King  come  tbere 
witb  bis  army,  tlie  defence  woiild  bave  beeii  beroic. 
And  bow  8a<ldeiiinf>"  ali  tbese  news  must  bave  been 
tbr  you!  and  l'or  ali  my  friends  around  you!  Stili, 
we  are  net  conquered.  We  sbali  not  »ive  uj)  tbe 
war.  only,  wbat  we  sball  do  will  now  ì)e  <uirs.  AH 
tbese  wret(;bed  people  of  tbe  Pi-ovisional  (lovernment 
are  now  erawlinji  around  us,  telling  ns  nowl  tbat 
we  alone  witb  our  creed  ean  save  tbe  country!  1  ani 
bere  working;  as  well  as  T  can  for  tbe  purpose  of 
rekindling  tlie  war.  directing  a  "Giunta  d' Insurre 


vicijio  !i  Milano,  soltanto  per  vederla  già  caduta  in  ninno 
al  nemico,  eccomi  qua,  come  vedete,  abbastanza  al  sicuro, 
almeno  per  il  momento.  Quale  sconfitta I  Glie  amara  le- 
zione per  i  nostri  nionarcliici  I  Che  triste  avverarsi  di 
tutte  le  mie  previsioni!  E  quanto  più  calcolo  di  quello 
clie  non  credessi  io  stesso,  c'è  stato  nel  tradimento!  E 
com"  è  stata  ancora  una  volta  meravigliosa  Milano,  durante 
la  crisi!  Se  non  vi  fosse  giunto  il  re  con  il  suo  esercito. 
la  difesa  sarebbe  stata  eroica.  E  come  queste  notizie  de- 
vono aver  rattristato  voi  e  tutti  gli  amici  clie  vi  circon- 
dano! Pure,  non  siamo  vinti,  e  non  lìnunzieremo  alla  lotta: 
solamente,  (juello  clie  faremo  adesso  sarà  fatto  da  noi.  Tutta 
quella  gente  vile  del  Governo  Provvisorio  adesso  ci  striscia 
d'intorno,  dicendoci  orai  che  noi  soltanto,  con  la  nostra 
fede,  possiamo  salvare  il  paese!  Sto  lavorando  qui  de! 
mio  meglio  ])er  riprendere  la  lotta,  dirigendo  una  «  Giunta 
d' Insurrezione    Nazionale    Italiana  »  e    preparandomi,  se 


{18-181  KIMSTOI.AHIO.  281 

zione  Nazionale  Italiana  "  and  i>reparing-,  if  1  caii 
iu  the  least  succeed,  to  re-enter  the  territory.  lilre 
that  1  will  write  a  few  words.  Ilemeniber  me  to  Caro- 
line^  who  did  not  write  a  single  line  in  Jaines's  letter. 
To  J»essie.  to  yonr  Mamma,  and  to  Eliza  ;  then  to 
James.  Sydney.  Mr.  Ashiirst.  William,  Shaen,  and 
Dillon,  Mrs.  Gillmau,  and  ali  our  fiiends.  Try  to  be 
well.  1  am  well.  Scipione  is  with  me.  Write  bere, 
at  Lugano,  to  Mr.  liattaglini,  editor  of  the  Repuh- 
hlitiiino.  Do  not  feei  too  sad:  we.  not  J,  had  to  ex- 
])iate  the  sin  of  having  thrown  at  tbe  feet,  not  of 
a  principle,  but  of  a  wretched  man.  our  sacred  flag. 
T  will  take  care  of  myself  as  much  as  possible  for 
my  mother's  sake  and  youis.  E  bave  seen  my  motber, 
at  Milan,  before  the  crisis.  (rod  bless  your  Mamma 
(1  liave  ber  carl^ine  stili)  and  you  ali.   Ora,  e  sempre 

your 

JOSEI'H. 


<)ttengo  il  pili  piccolo  successo,  a  rientrare  nel  territorio. 
Prima  di  far  questo,  vi  scriverò  poche  parole.  Kicordatenii 
a  Carolina,  che  non  lia  aggiunto  una  sola  parola  alla  let- 
tera di  Giacomo,  a  Bessie.  alla  vostra  mamma  ed  a  Elisa: 
poi  a  Giacomo,  a  Sydney,  al  Signor  Ashurst,  a  Guglielmo, 
a  Shaen  e  a  Dillon,  alla  Signora  (^illman  ed  a  tutti  i  nostri 
amici.  Cercate  di  star  bene.  Io  sto  bene.  Scipione  è  con 
me.  Scrivete  qui  a  Lugano  al  Signor  Battaglini.  direttore  del 
Repubblicano.  Non  siate  troppo  addolorata:  noi,  non  io, 
dovevamo  espiare  la  colpa  di  aver  gettato  iti  piedi  di  un 
meschino  uomo,  e  non  di  un  principio.  la  nostra  santa  ban- 
diera. Per  mia  n>adre  e  per  voi  mi  userò  tutti  i  riguardi 
possibili.  Ho  visto  mia  madre,  a  Milano,  prima  dalla  crisi. 
Iddio  benedica  la  vostra  (ho  ancora  la  sua  carabina)  e 
tutti    voi.  Ora  e  semj)re 

vostro 

GlUSKPl'E. 


282 


KIMSIOI^AHIO. 


;i848] 


m:\icccclii. 

A   Filippo  de   Boni.  :i  Genova. 


[J^ujiaiio],    11    ii<;()st()   1848. 

....Qui,  trastbnnando  il  ('oniituto  di  rubblica  Di 
fesa,  e  aggiungendogli  niembii.  ubbiaiuo  costituita 
una  Giunta  «F  Insurrezione  Nazionale,  per  mantenere 
la  guerra.  Abbiamo  in  tre  giorni  fatto  quaiclie  cosa, 
mandato  agenti  per  ogni  dove,  etc.  etc.  Abbiamo 
una  massa  d' eleuienti  ;  ma,ncan(K  al  solito,  anni  e  <la- 
naro;  l'uno  o  l'altre  basterebbe.  Faremo  «pianto  po- 
tremo. Abbiamo  spedito  anche  a  Parigi. 

lo  non  v'ho  scritto,  perché  m'avevano  detto  che 
avevate  lasciato  Novara  ])er  Genova:  (')  anzi  v'aveva 
mandato  a  (ienova  un  potere  in  mano  d'un  amico 
luio,  <;he  vi  faceva  incaricato  della  Giunta.  A  questa 
distanza,  in  questa  incertezza  di  cose,  e  per  lettera, 
non  posso  darvi  istruzioni;  ma  lido  in  voi:  fate  (piello 
che  potete  nel  senso  nostro.  I  corpi  loml)ardi,  la  Le- 
gione universitaria,  etc.  etc.  dovrebbero  esser  cer- 
cati, indotti,  e  cosi  la  Legione  nuxienesc.  colonnello 
Fontana,  piena  di  amici  miei  intimi.  (^)  Scrivetemi 
dove  sono:  e  tenetemi  a  gioriu)  delle  iu)tizie  positive. 
Do  queste  parole  in  fretta  a  un  amico.  Anuite  il 

vostro 

GlU.SKPl'E. 


MMCCCCLII.  —  Inetlit.'i.  8e  ne  ha  miii  copiii,  iiiiuicaiite  cer- 
taiutìule  del  principio,  nella  raccolta  Natliaii.  proveiiiciitt^  da 
J.  W.   Mario. 

(1)  Ved.   infatti  la  nota  alla  lett.  MMCGCCXLV. 

(2)  Lodovico  Fontana,  modenese,  era  tenente  nelle  truppe 
estensi  allo  scoppio  della  rivoluzione.  Promosso  (26  marzo  1848) 


[1848]  Ki'isTOi.Aitio.  28S 

MM(;CCCLIII. 

ALLA  Maduk.  a  Genova. 

Lugano,   12  agosto  1848. 
Cara  madre, 

Soli  sempre  qui  :  sano  e  salvo.  Xon  ho  vojilia 
«li  parlar  di  politica.  Sono  stomacato,  nauseato,  irri- 
tato. Sentire  j>li  Austriaci  quasi  a  tiro  di  fucile  da 
qui,  a  Como,  mi  fa  ribollire  il  sangue.  Del  resto. 
tutto  non  è  finito.  Oggi  intanto  tutti  i  fusionisti, 
tutti  gli  uomini  dei  Governi  Provvisori,  etc.  dicono 
il  Confiteor,  che  avevamo  ragione  e  che  dobbiamo 
far  noi:  ora  (;he  è  tutto  rovinato!  Lugano  è  bellis- 
sima città  pel  lago:  ma  io  non  posso  ora  goderne. 
(Jome  state?  (Josa  dicono  a  Genova?  Come  «jorrono 


maggiore  e  capo  battaglione,  ebbe  il  coiiiai'ido  della  «  coorte 
«lei  mobili.  »  eoa  la  quale  die  prove  di  coraggio  e  di  bravura 
a  Governolo  (24  aprile),  e  che,  dopo  «mei  fatto  «Vanne,  s'in- 
titolò al  ano  nome  per  «lecreto  «lei  Governo  Provvisorio  di 
Modena.  Di  <|nella  coorte  facevano  parte  Giambattista  Ruttini, 
in  «inalità  «li  capitano  aiutante  il  comando  (ved.  hi  nota  alla 
lett.  MMCCCCXXII)  e  Ferdinando  Kuftini,  con  l'incarico  di 
«  segretario  presso  del  comandante  Fontana  »  e  con  lo  stesso  gra«lo 
«li  capitano.  Per  nn'accnsa  ingiusta  a  suo  carico,  ved.  l'Italia 
del  Popolo  del  9  luglio  1848.  Rifugiatosi  in  Piemonte,  il  Fontana 
«Mitrò  (11  novembre  1848)  nell'esercito  piemontese  col  grado  di 
maggiore  comandante  il  2"  battaglione  «lei  25°  reggimento  di 
fanteria.  Ved.  G.  Sforza,  Esuli  estensi  in  Piemonte,  cit.,  in  Ar- 
(ìhivio  Emiliano  del  Risorg.,  cit.,  a.  I,   [1907],  p.  71. 

MMCCCCLIII.  —  Inedita.  L' autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Natban.  N«)u  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre 
«lei   Mazzini   annotò:   «  12  agosto  1848.  » 


284 


Kl'ISTOLAKU). 


[1848] 


le  opiiiioui?  Qui  si  dicono  cose  i)azze  intorno  a  (ìe- 
nova  e  a  Torino.  (*)  Staremo  a  vedere.  Scrivete  qui 
subito  al  Si«'.  Abbondio  Oliialiva,  sotto  coperta,  i)er 
Giuseppe  Mazzini.  Datemi  nuove  del  padre,  della 
sorella  e  di  tutti.  Scipione  Pis[trucciJ  è  con  me,  e 
quasi  tutti  g\i  amici  e  le  amiche  di  Milano.  Addio; 
madre  mia.  amate  il 

vostro 

Giuseppe. 


(*)  La  notizia  della  cajtitoliizi(>ii(<  di  Milano  era  «jimita  a 
Genova,  dove,  da  ijiialche  giorno,  s'era  formato  jin  «Comitato 
di  pubblica  difesa.  »  la  sera  del  7  agosto,  destando  enonne  im- 
pressione (ved.  il  Corriere  Mercantile  degli  8-10  agosto  1848); 
ma  già  prima  la  città,  retta  dal  vecchio  e  debole  Governatore, 
aveva  cominciato  ad  agitarsi  (ved.  il  Peuxiero  Ilalittno  del  7  ago- 
sto 1848).  ai  pnntoclip  nomini  ciie  godevano  di  autorità  sul  popolo, 
<]uali  Tommaso  Spinola  e  l'avv.  Nicola  Federici,  erano  dovuti 
intervenire  e  promettere  clie  si  sarebbero  recati,  come  fecero,  al 
campo  di  Carlo  Alberto,  «  onde  far  pervenire  direttamente  tutt« 
le  notis5Ì<!  che  poterauo  interessare  alla  città  »  (li).,  del  9  ago- 
sto 1848);  e  infatti  fu  stesa  e  pubblicata  un'ampia  relazione  del 
colloquio  avuto  con  Carlo  Alberto  a  Vigevano.  Forse  a  Lngano 
era  pervenuto  il  n.  del  Corriere  Lironiexe  del  9  agosto  1848.  in  cui, 
dopo  di  essere  stata  data  a  grossi  caratteri  la  notizia  dellacapito- 
lazione  e  gridato  al  tradimento  del  re,  si  leggeva  la  seguente 
sensazionale  corrisiìondenza  <ia  Genova:  «  Genova  è  in  compieta 
insurrezione.  La  giornata  di  ieri  fu  tutta  imjtiegata  nell'or- 
diinire  i  mezzi  di  difesa,  e  nello  abbattere  i  forti  che  minac- 
ciavano l'interno  della  città.  liC  fortezze  sono  in  mano  del 
Popolo.  Il  Castelletto  è  disarmato.  E  il  popolo  e  determinato  a 
non  riconoscere  più  Re  Carlo  Alberto.  »  Ved.  pnre  il  Repnhhlicavo 
del  7  agosto  1848.  in  cui  si  leggeva:  «  Si  dice  che  Genova  sia 
in  subbuglio,  e  che  sia  imminente  una  rivoluzione.  *  E  per 
quanto  si  riferiva  a  Torino,  era  soggiunto:  «  Scrivono  da  To- 
rino. 4  agosto,  che  all'annunzio  del  tradimento  di  Milano,  il 
popolo  si  levò  a  tumulto,  gridando:  tradimento,  fradimevto .' 
ohhdHi^o  i   traditori  !  » 


(1848]  KPi.sToi.Aino.  285 

MMCC(JCL1V. 

ALLA   Madre,  si  Genova. 

]. agallo,   IH  aijosto  [1848]. 
(Jjira  luadro, 

V  ho  scritto  e  riscritto,  dato  iudirizzo  :  ma  sic- 
come non  vedo  lettera  alcuna,  temo  non  vi  siano 
giunte.  Manderò  questa  alla  sorella,  a  vedere  se  lia 
riescita  migliore.  Son  «jui  sano  e  salvo.  Xon  so 
bene  cosa  farò,  ma  comunque  per  amor  vostro,  m'avrò 
senjpre  tutti  i  riguardi  possibili.  11  mio  iudirizzo  qui 
è  questo:  Signora  Federica  Mazzetti.  Scrivete  a 
quello.  S' anche  io  non  fossi  qui,  le  lettere  mi  ver- 
ranno spedite  dov'  io  sarò.  Non  badate  da  parte  mia 
a  ritardi  di  risposta:  non  dovete  mai  temere  per  me; 
ma  in  qnesti  momenti  è  impossibile  avere  regolarità 
di  corrispondenza.  Nulla  è  lìnito.  Forse  tutto  co- 
mincia. Se  un  giorno  mai  per  caso,  vi  capitasse  Su- 
sanna a  Genova,  tenetela,  vi  prego,  come  una  figlia; 
è  una  donna  che  m'ha  voluto  molto  bene  e  giovato 
e  curato,  quand'  io  era  infelicissimo  e  d' inferma  sa- 
lute :  vuol  bene  moltissimo  a  voi  e  ad  Antonietta  ; 
e  sarebbe  per.  me  un  profondo  dolore  se  la  sapessi 
abbandonata. 

Questo  dico  nel  caso  che  io  restassi  per  qualche 
tempo  fuori  di  comunicazione,  e  che  succedessero 
altri  pasticci  in  Milano  che  la  costringessero  a  fug- 
gire. Per  ora  è  in  Milano  e  credo  che  vi  starà.  Non 
so  che  cosa  facciate  in  Genova.  Non  so  se  l' opinione 

MMCCCCLIV.  —  luetlita.  L'autografo  «i  conserva  nella 
raccolta  Natiian.  Non  ha  indirizzo.  A  terj^o  di  esso,  la  niaiire 
del  Mazzini  annorò:   «  16  agosto  1848.  » 


*J8t)  |.:pisroi,Ai!i().  [1848J 

sia  un  pò*  pili  illmiiinata.  Mi  pare  che  do vrebb"  es- 
serlo. Ma  desidero  saperne  da  voi.  Qui  Garibaldi 
ha  avuto  ier  sera  a  Luiuo  sul  Lago  Maggiore  uno 
scontro  cogli  Austriaci,  sfavorevole  interamente  agli 
Austriaci.  (')  Noi  non  abbiamo  capitohtto  e  tireremo 
innanzi  a  fare  quello  che  si  potrà.  Datemi  notizie 
della  vostra  salute.  Abbracciate  il  padre,  ricorda- 
temi agli  amici,  dite  loro  che  facciano  il  loro  dovere. 
Addio:  amate  il 

vostro 

GlUSKl'TE. 


(')  RiniJisto  il  Como  tino  a  tutto  il  6  iijrosto,  GuiibaUli 
-aveva  lanciato  appelli  ai  varii  comandanti  dei  volontari  (Du- 
rando, Manara,  'J'hannberg,  Griffini,  D'Apice),  esortandoli  ad 
unirsi  con  lui  per  continuar*  la  guerra  italiana  contro  l'Au- 
stria, »  ma  quasi  nessuno  vi  corrispose,  e  ad  eccezione  del  D'Apice, 
gli  altri  ripararono  in  Piemonte.  Deciso  a  resistere  nonostante 
il  nemico  fosse  sulle  sue  tracce,  Gjtribaldi  il  7  era  a  San  Fermo, 
1' 8  e  il  9  a  Varese,  il' 10.  passato  il  Ticino  a  Sesto  Calende, 
n  Castelletto,  dov'ebbe  fredde  accoglienze  e  l' ingiunzione,  da 
parte  del  comando  dell'esercito  piemontese,  di  sciogliere  la  sua 
«  banda.  »  Colà  ebbe  notizia  dell'armistizio  lirmatro  il  9,  e  lanciò 
<13  agosto)  quel  liero  proclama,  creduto  dal  Governo  d'allora 
opera  del  Mazzini,  e  che  Garibaldi  si  sarebbe  limitato  a  firmare 
(A^ed.  T.  liurriNi.  Garihtildi  e  il  Governo  Sardo  nel  settembre  del 
184H,  in  Ras».  Star.  d.  Umn-gimento,  a.  VI  [1919],  pp.  353  e  359), 
col  quale  si  staccava  nettamente  da  Carlo  Alberto.  Snbito  dopo, 
portatosi  ad  Aroiia.  s' impadronì  di  due  vaporetti  {l'erhano  e  San 
Carlo)  e  di  altre  imbarcazioni,  compiendo,  stretto  dal  bisogno, 
altre  requisizioni  di  danaro  e  di  viveri,  e  con  i  suoi  volontari 
attraversò  il  Lago  Maggiore,  sbarcando  il  14  a  Lui  no,  dove  il 
giorno  dop(),  specialmente  per  l'ardimento  di  G.  Medici,  riusci  a 
fugare  gli  Austriaci,  non  ostante  disponessero  di  forze  assai 
superiori  (ved.  G.  Pasini,  Vita  del  gen.  G,  Medici,  ecc.,  cit., 
p.  39  e  segg.  e  A.  Cavaciocchi,  7,e  jjrime  gesta  di  Garibaldi 
in    Italia,  cit.,   ]>.   7  e  segg.). 


[1848]  KIMSTOLAKIO.  287 

Nino  sarebbe  mai  a  Genova  ?  (')  e  (loffredo?  (")  Vor- 
rei che  faceste  «lire  a  Baciccia,  quel  dagli  occhiali,  die 
vedemmo  insieme  a  Milano  che  quella  persona  per 
la  quale  io  gli  diedi  una  carta  dovrebb'  essere  ora 
a  Genova  e  reperibile  chiedendone  a  Grondona. 

Gara  Antonietta.  —  T' abbraccio  :  fa  il  piacere 
di  rimettere  questa  a  mia  madre.  Salutami  Checco, 

Gerolamo,  ed  ama  sempre  il  , 

'-  tuo 

fratello. 
Leggi,  ben  inteso,  la  lettera. 

(')  Nino  Bixio,  dopo  la  resa  di  Treviso  (13  giuguo),  si  era 
recato  a  Venezia,  dove  pochi  giorni  dopo  gli  giunse  la  notizia  che 
il  fratello  Alessandro  era  stato  gravemente  ferito  dnrnnte  la  san- 
guinosa insurrezione  parigina  del  giugno.  Corse  allora  a  Parigi 
{ved.  la  lett.  MMCCCCLVII),  ma  non  appena  convalescente  il 
fratello,  cadde  egli  stesso  malato,  in  modo  che  fu  costretto  a  rima- 
nere in  Francia  tino  alla  metà  d'  ottobre.  Tornò  poi  a  Genova, 
dove  per  la  prima  volta  s'incontrò  con  Garibaldi.  Ved.  G.  Bu- 
SKTTO,  Notizie  del  yen.  N.  Bixio;  Fano,  tip.  Lana,  1876,  pp."5-6. 

(-)  Goffredo  Mameli,  appartenente,  come  N.  Bixio,  alla 
legione  mantovana  del  Longoni,  dopo  di  aver  combattuto  a 
Governolo  e  a  Vicenza,  sconfortato  per  le  tristi  vicende  della 
guerra,  era  tornato  a  Genova,  da  dove,  avuta  notizia  che  Garibaldi 
aveva  chiamato,  col  suo  appello  del  27  luglio,  gì'  Italiani  ad 
accorrere  sotto  lo  sue  insegne,  era  andato  in  Lombardia.  Com- 
batte infatti  a  Luino  e  a  Morazzone,  quindi  riparò  a  Lugano, 
dove  rivide  il  Mazzini,  infine  si  restituì  nella  città  natale,  colla- 
borando al  Diario  del  Popolo,  che  per  un  tempo  diresse,  e  com- 
ponendo inni,  notevole  fra  tutti  quello  per  Venezia,  recitato 
al  Carlo  Felice  la  séra  del  16  settembre  1848.  Ved.  G.  Mameli, 
Scritti  editi  e  inediti,  ediz.  cit.,  pp.  34-35  e  171.  È  strano  che 
il  Mazzini  mancasse  di  notizie  del  suo  amico,  quando  era  cosi 
vicino  a  lui.  Nella  Concordia  del  6  settembre  1848  s'avvertiva 
eon  le  seguenti  parole  il  passaggio  del  Mameli  per  Torino  :  «  fc 
giunto  fra  noi  il  giovane  Golìredo  Mameli,  1'  autore  di  quell'  inno 
ohe  corse  sulle  labbra  di  tutto  il  popolo  italiano  nei  giorni  delle 
speranze.  Egli  è  diretto  a  Genova,   sua  patria.  » 


288 


KPISTOLAKIO. 


1848] 


MMCCCCLV. 

A  Davidk  Levi,  Avv.  Rossetti  di  Mantova.  Dott.  Jìekiani, 

Liiijiino.    18  u,<i;()st()   184M. 

11  latore  è  amicissimo. 

(Il  US.  Mazzini. 

MMCCCCLVI. 

A  Giuseppe  Lamberti,  a  Firenze. 


[Lugano].   20  nji^osto   [184?;". 


Caro  Lamberti, 


Soii  qui  couie  sai  :  fermo  al  segno,  ftiiclié  vi  sia 
da  sperare;  e  tìiiora  v'è:  parlo  di  speijinze  j)rossime. 
I^ou  so  se  tu  faccia  conto  di  stare  a  Firenze,  ma  se 
ti  fermi,  opera.  K  se  odi  i)rogressi  fatti  da  noi  iu 
Lombardia,  soffia  a  tutto  potere:  quello  è  il  momento. 
Non  so  come  farti  giungere  due  stampati:  uno  mio, 
l'altro  dei  Membri  del  Comitato  di  Difesa.  (^)  L'iDveiò. 


MMCCCCLV.  —  Inedita.  L"  autoijriifo  ^si  coiiHerva  nella 
raccolta  Natlian. 

MMCCCCLVI.  —  Pubbl.  da  D.  Giukiati.  Duecento  lettere, 
ecc.,  oit..  p.  1595.  Qui  .si  ristampa  snll'  autoufiafo,  jiosscdiito- 
dal  Dr.  Daniele  Vare.  Non  ha  .indirizzo. 

(*)  Il  sno  opnscolo  Agli  Italiani,  che  h;i  la  data  di  Italia, 
agosto  1848,  edito  a  Lugano  presso  la  tipografia  della  Svizzera 
Italiana  (iu-32  di  pp.  13),  fiera  protesta  contro  il  modo  con  cai 
era  stata  condotta  la  guerra:  e  l'altro:  Gli  ultimi  tristissimi  fatti 
di  Milano,   narrati  dal  Comitato  di  pubblica  difesa  (s.   1.  n.  a.,  ma 


[1848]  Kl'ISTOLARIO.  -JSd 

Noi  abbiamo  elementi  per  ogni  dove.  Se  riesciamo 
a  eccitarli,  sarà  guerra  di  popolo  e  uou  di  re.  Aiuta 
come  meglio  puoi.  Scrivimi,  sia  all'  indirizzo  Batta- 
gliiii.  sia  ad  Abbondio  ('liialiva.   Lugano.  Ama  il 

tuo 

GrlUSEPl'E. 

MMCCCCLVll. 

ALLA  Madkk,   i\  Genovti. 

[Lugano],   lunedi   [21  a<);o8to  1848]. 

Mia  cara  madre, 

Iticevo  tìnalraente  da  Milano  le  vostre  due  del 
due  e  del  sette.  Quanto  a  qui,  io  non  ho  ricevuta 
che  oggi  quella  carissima  del  16  :  per  ciò  che  ri- 
guarda quella  diretta  a  Scipione,  non  venne.  Mia 
(;ara  madre,  non  siate  né  addolorata,  né  inquieta 
per  me.  Io  era  a  un  dipresso  esule  tanto  in  Milano 
quanto  qui.  E  per  le  probabilità  del  ritorno,  son 
tante  ora  quant' erano  allora  quelle  dello  stare,  il 
presente  è  tristissimo;  ma  lo  era  anche  uno  o  due 
mesi  fa.  Allora  s'  era  nel  falso  e  nelP  ijjocrisia  siiuv 

Lugano,  tip.  (Iella  Svizzera  Italiana),  con  la  data  in  fondo  di 
Italia,  16  agosto  1848,  e  le  tirine,  per  il  Comitato,  di  Kestelli 
e  Maestri.  Recava  subito  dopo  queste  indicazioni  la  nota  seguente: 
«  Il  Generale  Fanti,  per  gli  attuali  eventi  separato  dai  suoi  colle- 
glli, non  conoscendo  questa  puliblicazione,  non  pili»  dividerne 
le  responsabilità.  » 

MMCCCCLVll.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre- 
«1<'1  Mazzini   annotò:   «21  agosto  1848.  » 

Kazzini.  Scritti,  ecc..  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  19 


290  K1'IST()LA1!U>.  [1^4S] 

all'  osso;  ora  s'  è  almeuo  nel  vero.  All'  avvenire  pensi 
Iddio.  Ho  veduto  l' articolo  :  bravi  !  avessero  peraltro 
la  lealtà  di  dire  :  v'  era  chi  aveva  ragione  e  chi  ab- 
biamo insultato,  svillaneggiato,  arso.  (')  Come  va  cbe 


(*)  Tanto  il  Pensiero  Italiano,  quanto  il  Corriere  Mercauiiìe, 
che  prima  dell'  agosto  erano  stati   cosi  fervidi  sostenitori  della 
politica  del  Governo  di  Torino,  non  risparmiando,  specialmente 
il  secondo  di  qnei  periodici,  le  loro  accuse   al  partito   antifn- 
sionista,  avevano  d'un  tratto  cambiato  indirizzo.  Ma  il   Maz- 
zini  intendeva   certamente   di    far    cenno  dell'art,  pubbl.  nel 
Fensiero  Italiano  del  15  agosto  1848,   lìrniato  da  G.  Vestri,  nel 
quale  si  leggevano  le  seguenti  frasi  che  lo  riguardavano  tanto 
<J.a  presso:   «Chi  si  fa    patrocinatore    della  causa    lìopolare  si 
attira  l' indignazione  di    coloro    che    credono    non    perituro  il 
regno  delle  tenebre,  di  coloro  capaci    di    tutto    che   sia   men- 
zogna   e    viltà.  L'avvocato    parla    ad    alta    voce,  al    cospetto 
della  moltitudine,  e   costoro  ronzano  notturni,  e   svolgono    in 
malo  le  libere    sue  parole.  Tempi    infelici!    Ognuno    grida:  i- 
tìnito  il  gesuitismo,  e  non  si  avvedono  che  ora  regna  più  che 
mai.  Scacciamo,  è  vero  i  Gesuiti  dalla  lunga  tunica;  ma  non 
sappiamo  schermirci  dai  Gesuiti  borghesi,  e  molti  ve  ne  sono, 
ed  ora  pili  che  mai  arruotano  la  lingua    nei    caffè,  nelle  con- 
versazioni ed  in  ogni  genere  di  riunioni.   Oh!    è    micidiale  la 
loro  lingua,  o  fratelli,  e  molti  lo  sanno  per  prova.  —  Vi  era  chi 
godeva  la  pubblica  estimazione,  spina  atroce  per  essi;  ebbene? 
non  si  servirono  già  di  ragioni  per  abbatterlo,  mai  no....  po- 
sero fi'a  lui  ed   i  suoi    estimatori    il    dubbio,  lo    fomentai'ono. 
attesero  che  la  fortuna  porgesse  il  destro  per  diffamarlo,  e  lo 
fecero.  La  massa  credula,  che  pur    troppo    ai    piega    ad    ogni 
l)rezza    che    spira,  principiò    a    sospettare    di    lui,    quindi    ad 
odiarlo,  lutine  a  calunniarlo.  Di  qui  la  divisione,   unico  8co]»o 
di    quei    messeri    attaccati    al    partito    gesuitico.  Né   questo  è 
tutto,   e  non  basta  a  loro.  Credendo  non  aver  tinito  il  dominio 
sul  cuore  e  sulla  mente  di  chi  siede    alle    pubbliche    cose,    lo 
pongono  in  mal  aspetto  presso  le  autorità,  lo  chiamano  fomen- 
tatore di  discordie,  comunista,  pietra  dello  scandalo,  e  le  Auto- 
rità pel  bene  della   patria    lo  ammoniscono  prima,   lo  sgridano 
poi,  e  gli  consigliano  poscia  di  cambiar  aria.  » 


fl848]  Ki'isroLAiiio.  291 

Nino  non  è  :i  Genova!  È  sempre  in  Parigi?  Il  Comi- 
tato di  Difesa  clie  resse  negli  nltimì  giorni  a  Milano, 
Ila  stampato  un  rauginiglio  dell'  ultime  cose  che  vorrei 
leggeste.  Suppongo  ('ii'<*olerà  in  un  modo  o  nell'altro. 
Mi  direte  se  lo  ve«lete.  Aspetto  lettere  vostre,  perché 
so  che  dovesi  giungervi  una  forza  ])iemontese  per 
rimettervi  all'ordine.  Qui  v' è  tutta  Milano.  Una 
nota  di  Eadetzkj^  al  Cantone  (')  comincia  peraltro  le 

(')  Il  IH  ajjost-o  il  Riuk'tzky  aveva  inviato  una  prima  nota 
ii\  Consiglio  di  Stato  del  Canton  Ticino,  nella  quale  minacciava 
di  adottare  ener<ji<'i  provvedimenti  se  quel!' autorità  cantonale 
non  impediva  gli  arruolamenti  dei  volontari  italiani  colà  rifu- 
giati, e  non  mandava  via  gli  esuli.  Pubbl.,  nel  testo  italiano, 
solamente  nell'  Opinione  del  2  settembre  184S,  e  in  <iiiello  fran- 
cese nella  Correnpondence  reHpectinfj  the  Affairs  of  Itali/,  ecc.,  cit., 
Tol.  IH.  pp.  269-272,  e  quindi  di  non  facile  consultazione,  si 
•<ìà  qui  integralmente,  facendola  seguire  dalla  risposta  del  Con- 
siglio di   Stato  ticinese  : 

«Il  primo  articolo  dell'armistizio  che  è  stato  conchiuso  il 
9  del  corrente  mese  tra  l'esercito  austriaco  e  l'esercito  sardo, 
porta  (guanto  segue: 

La  frontiera  dei  due  Stati  forum  la  linea  di  demarcazione 
tra  i  due  eserciti.  Ora  è  noto  che  le  truppe  alleate  al  Pie- 
monte, invece  di  ritirarsi  in  (jiiesto  Stato  si  sono  ripiegate  nel 
Cantone  del  Ticino  principalmente  ed  anche  in  parte  in  quello 
dei  CTrigioni.  Trovausi  fra  ([ueste  trup]>e.  uomini  armati  che 
a{)partengono  ai  partigiani  Garibaldi,  Griftìni  e  D'Apice.  I^i 
pur  «•omi)rovaro  che  si  fanno  arruolamenti  nel  Cantone  del 
Ticino  e  che  vi  si  formano  apertamente  complotti  e  macchi- 
nazioni contro  il  Govern<»  I.   K. 

Le  autorit.à  Ticinesi  non  si  oppongono  a  «pieste  trame,  e 
perciò,  tacitamente  tengono  mano  all'impresa  dei  cospiratori. 

Il   Consìglio  di  Stato  non  ignora  : 
l"  Cile  la  Svizzera,  nella  lodevole  intenzione   di    mante- 
nere relazioni  amichevoli  col  Governo  Austriaco,  ha  dichiarato 
vob-rsi  attenere  alla  pili  stretta  neutralità; 

2"  Che,  i>er  questo  motivo,  il  Direttorio  federale  non  ha 
voluto  riconoscere  il  duca  Iiitt.i  ed  altri  che  si  presentarono 
.come  delegati  della  Lombardia  : 


292  KPisToi.AHio.  [l.'^iis; 

persecuzioni;  il  Cantone  è  debole  e  iiiinaeciMto  dal- 
l'Austria negli  interessi  materiali:  ma  ci  vomì  tempo 

3"  K  che  lo  stesso  Direttorio  lui  iiiiiiitlato  nel  rostro  Ciin- 
toiie  (lue  commissari  incaricati  di  sorvegliare  itila  più  severa 
osservanza  «lei  rapporti  internazionali. 

Crederei  mancare  ai  miei  proprii  doveri,  se  non  richiii- 
massi  l'attenzione  del  Consiglio  di  Stato  suU' aperta  contrad- 
dizione che  si  rivela  fra  le  dichiarazioni  emanate  dal  Diret- 
torio federale,  e  ciò  che  snccede  nel  vostro  Cantone,  fatti  che 
avrebbero  per  risnltato  inevitabile  d'alterare  i  rapjìorti  di  iinii- 
cizia  e  di  bnona  vicinanza,  che  tanto  mi  preme  di  nnniteneri' 
fra  «jneste  provincie  ed  il   Cantone  del  Ticino. 

Ho  perciò  l'onore  di  rivolgere  al  Consiglio  di  .St.ito  la 
domanda  : 

(i)  di  disarmare  e  di  allontanare  senza  indugio. tntti  coloro 
che  appartengono  a  diversi  corpi   nemici  ; 

b)  di  non  pili  tollerare  in  avvenire  che  dimorino  sul  ter- 
ritorio ticinese  cospiratori  fuggitivi  i  <(nali  lavorano  a  turbar 
la  pace  iielle  provincie  lombarde:  insomma; 

e)  di  reprimere  e  di  punire  ogni  quaUuHine  atto  di  osti- 
lità che  sia  diretto  contro  il  Governo  austriaco. 

Nel  caso  in  cui,  contro  la  mia  aspettazione,  il  Consiglio 
di  Stato  credesse  di  non  poter  far  ragione  a  domande  fondute 
sul  diritto  delle  genti,  mi  vedrei  nella  disgustosa  necessità 
di  adottare  disposizioni  necessarie  a  mantener  la  pace  delle 
provincie  affidate  al  mio  Governo  militare,  disposizioni  che,^ 
per  ora,  consisterebbero  : 

1°  Rimandare  immediatamente  tntti  i  Ticinesi,  che  si 
trovano  attualmente  nel  regno  Lombardo-Veneto; 

2°  In  rompere  ogni  ulteriore  rapporto  di  commercio  od 
altro  esistente  tra  i  due  Stati  ; 

3°  In  prendere  tutte  quelle  misure  che  sono  in  mio  potere 
per  rintuzzare  gli  assalti  che  si   volessero  tentare. 

Credo  potermi  lusingare  che  il  Consiglio  di  Stato  sapnV 
apprezzare  le  mie  ben  fondato  osservazioni,  e  mi  onorerà  d"  una 
risposta  soddisfacente.  » 

Con  ciò  il  Radetzky  passava  sopra  a  tutte  le  forme  diploma- 
tiche, ben  conoscendo  quale  considerazione,  anzi  qual  timoroso- 
rispetto  egli  incuteva  oramai  sul  Governo  centrale  di  Vienna^ 


[1848]  Ki'iSToi.AKio.  293 

prima  clie  ceda,  se  pur  cederà.  Per  ora  dunque 
siamo  sicuri  :  e  riuiaujLiO  qui.  Poi.  vedremo.  Sto  bene 

<lel  «jiiale  era  nota  la  debolezza,  ma  che,  ad  ogni  modo,  avrebbe 
dovuto  esso  stesso,  per  mezzo  del  suo  rappresentante  a  Herna, 
esporre  le  proprie  lagnanze  al  Governo  Federale.  E  l'inso- 
lito procedimento  fu  messo  in  rilievo  dal  Consiglio  di  Stato 
ilei  Ticino  nella  seguente  nota  del  21  agosto:  «Appena  rice- 
vuta 1'  onorata  nota  di  V.  E.  del  19,  ne  abbiamo  sommesso 
l'oggetto  ad  una  seria  deliberazione.  In  seguito  di  questo 
essamo,  e  dopo  aver  consultato  l'avviso  dei  commissari  federali 
che  «pii  si  trovano,  ci  siamo  convinti  che,  trattandosi  d'  un 
oggetto  di  diritto  internazion.ile,  il  rispondere  a  quella  nota 
tocca  al  GoTerno  della  Svizzera,  non  ad  un  solo  Cantone. 

Risolvemmo  quindi  di  trasmettere  immediatamente  la  sud- 
<letta  nota  al  Direttorio  fcdeiale,  acciò  vi  risponda  convene- 
volmente. 

Cr  crediamo  tuttavia  in  obbligo  di  porgere  provvisoria- 
mente all'  E.  V.  alcuni  schiarimenti  intorno  ai  fatti,  sui  quali 
l'È.  V.,  possiamo  assicurarla,  ha  ricevuto  notizie  in  parte  esa- 
gerate, in  parte  inesatte. 

Cenando  la  sorte  della  guerra  fece  accorrere  gran  numero 
d'emigrati  nel  nostro  territorio,  avvisammo  ai  necessari  prov- 
vedimenti, perché  (|negli  infelici  ricevessero  una  benevola  acco- 
glienza in  quest:?»   terra  ospitale. 

Ma,  nel  tempo  stesso,  tutte  le  autorità  comj>etenti  rice- 
vettero ordine  di  reprimere  ogni  atto  che  fosse  tale  d;i  turbare 
i   rapporti  di  1)uona   vicinanza  col  Governo  austriaco. 

Con  (juesto  scopo,  si  mise  in  armi  un  battaglione  di  truppe, 
specialmente  per  impedire  che  j)unto  si  derogasse,  in  qualsiasi 
modo,  alla  neutralità  dichiarata. 

La  nostra  corrispondenza  col  Direttorio  non  ebbe  altro  fine, 
<'  ordinammo  anche  si  dÌ8armas.sero  tutti  coloro  che  chiedevano 
asilo  ;  e  quest'  ordine  fu  subito  eseguito. 

Né  meno  badammo  agli  arruolamenti.  Essendosi  trovati 
affissi  alcuni  jiroclami  a  questo  effetto,  furono  subito  tolti  via 
dall'autorità,  e  ])er  quanto  ci  consta,  l'affare  non  ha  pili  oltre 
proceduto. 

Non  potremmo  asserire  positivamente  che  qualche  rifugiato 
non  sia   penetrato  nel   territorio  lombardo;  e  impossibile  l' ini- 


294  KPi.sroLAKio.  [1848] 

di  salute.  Non  vi  parlo  d' intenzioni  mie  perché  non 
amo  parlarne  in  lettera. 

Abbracciate  la  sorella,  e  il  i)a(lre:  tante  cose  i)<;li 
amici  e  rtdate  sen)pre  nelP  amore  del 

vostro 
Giuseppe. 

MMCCCCLVJII. 
A  Giacomo    Medici,  a  Viggiii. 

[LiiganoJ.   22  agosto  il»4.^j. 

Caro  Medici, 

Ecco  quello  che  si  può. 

Spero  fra  due  o  tre    ore    d'  avere  400    fucili  ;  se 

si  verifica  la  speranza,  manderò  subito  400  uomini,  (^j 

pedirlo,  ma  ciò  che  v'  ha  <ii  certo  8Ì  è  che  nessuna  tnipjia 
armata  vi  è  penetrata  come  tale. 

Il  Governo  non  ha  sentore  ohe  si  tramino  macchinazioni 
ostili,  e  può  assicurare  l'È.  V.  che  oviimiue  si  scoprisser  con- 
giure, verrebliero  immediatamente  compresse. 

I  drappelli  di  truppe  che  qui  giunsero,  sono  stati  diretti, 
disarmati,  nell'interno  della  Svizzera.  Ieri  e  1'  altro  ieri  ancora, 
arrivarono  alcune  colonne  provenienti  dallo  Btelvio  e  dal  To- 
nale ;  sono  state  disarmate  dai  Grigioni  per  essere  rinnmdate 
in  Piemonte. 

V.  E.  potrà  convincersi  da  i[uanto  sopra  abbiam  detto  <;lie 
i  rapporti  da  lei  ricavati  sono,  come  abbiamo  1'  onore  di  farle 
osservare,  privi  d'  ogni  fondamento. 

Terminando  questa  rettifica  dei  fatti,  lasciamo  che  l'auto- 
rità federale  si  incarichi  di  rispondere  alle  domande  ed  ai  prin- 
cipii  esposti  nella  nota  dell' E.   V.  » 

MMCCCCLVIII.  —  Piibbl.  daG.  Pasini,  Vita  del  (fcn.  ^.  Me- 
diei,  ecc.,  cit.,  pp.   59-60. 

(1)  Dopo  il  combattimento  di  Luino,  Garibaldi  si  era  deciso 
a  penetrare    in  Varese  (17  agosto),  che  abbandonò    il    20    i»er 


[1848]  Ki'i.sroi.AHio.  295 

Pare  che  Giiffiui  sia  sempre  a  Tirano  con  .lOOO 
uomini:  auclie  «juesta  mattina  gii  ho  mandato  un 
esi)resso.  Vedremo.  (*) —  Fo  il  possibile,  anzi  l'impos- 

sottnusi  all' iUM-eifliiameiito  tentato  dal  generale  D'Asi>ie  con 
numerose  foize.  puntando  su  Arcisate,  da  dove  mandò  Medici 
con  200  uomini  a  Viggiiì  «  perciié  s'opponesse  agli  Austriaci, 
caso  inai  tentassero  d'  interporsi  tra  la  colonna  e  il  conline, 
ed  assicurare  in  ogni  modo  la  ritirata  nella  Svizzera.  »  Ii>.,  p.  52. 
Di  lil,  dietro  ordine  di  Garibaldi,  Medici  parti  la  sera  del  22, 
e  giunto  a  Ligurno,  seppe  che  il  nemico,  rasentando  il  contine, 
tentava  di  avvolgere  la  sinistra  dei  garibaldini,  e  la  mattina 
seguente  ingaggiò  con  esso  a  Roderò  una  lotta  aspra  e  dise- 
gnale, per  dar  tempo  a  (Jaril>aldi  di  sfuggire  all'  assalto  di  sor- 
presa (In.,  pp.  53-54),  «yiindi,  sempre  combattendo,  d'  altura 
in  altura,  varcò  il  contine  svizzero  (ved.  pure  A.  Cavaciocchi, 
/,»'  prime  genia  di   Garibaldi  in  Italia,  cit..  p.  8). 

(')  La  colonna  dei  volontari  del  generale  Saverio  Gritllni, 
re(iuce  da  Brescia,  dove  nei  primi  d'  agosto  si  era  comportata 
con  molta  energia,  vagò,  dopo  l'armistizio,  per  alcuni  giorni  sulle 
montagne  del  Herganiasco  (ved.  A.  Cavacioccmi,  art.  cit.,  p.  ol), 
incerta  nelle  sue  decisioni.  E.  Cernuschi,  clie  il  Mazzini  aveva  in- 
caricato di  ablxiccarsi  col  suo  capo  e  di  persuaderlo  ad  unirsi  con 
Garibaldi,  cosi  narrava  l'esito  della  sua  missione,  in  una  lett.  a 
C  Cattaneo  (eia  Genova.  8  settembre  1848)  :  «  Lascio  anch'  io  lier- 
gamo.  in  traccia  di  Gritìini  che  sento  avviato  in  Valtellina.  Per  la 
A'al  Hrembana  tocco  Bottetto.  sotto  Tirano,  e  là  incontro  Grititini 
a  cavallo.  Dalla  Val  Camonica  egli  aveva  ordinato  il  passaggio 
dell'Aprica  a  20  cannoni  e  a  tutta  la  gente  (6000).  Ritirata  pre- 
cipitosa, difticoltà  inutili,  ecc.  Vi  spese  diversi  cannoni,  mol- 
tissima munizione:  gettati  tutti  i  bagagli;  abbruciati  i  carri 
)»iu  pesanti,  ecc.  E  il  Tedesco  li  a  Tresenda  e  a  Sondrio,  a 
ridere  .sgangheratamente;  perocché  al  coperto  dell'armistizio, 
che  Grittini  non  voleva  conculcare,  egli  avrebbe  potuto  riti- 
rarsi con  tutta  pausa.  In  ijuella  i  soldati  di  Apice  si  rivol- 
tarono, ed  egli  dovette  alibandouare  lo  Stelvio.  Griftini  ne 
era  felice,  trovando  in  questo  abbandono  una  ragione  per 
ril>attero  le  mie  istanze  di  guerra.  Io  gli  dissi  che,  giacché  lo 
Stelvio  era  a)>bandouato,  avrebbe  potuto  farsi  barriera  dell'Adda 
a  Tirano,  che  era  grossissima.  Aveva  con  sé  17  cannoni;  poteva 


296  KIMSTOI.AKK».  [184S 

sibile.  Ma  vi  sono  ostacoli  insormontabili  all'azione. 
Fate  voi  altri  i^ur  l' impossibile,  onde  mantenerci 
<)<ini  giorno  può  produrre  risorse. 

Ricevo  avviso  clie  200  uomini  di  D'Apice  sono 
])artiti  questa  notte  da  Magadino.  j)er  raggiungere 
(iaril)aldi.  Sono  senza  fucili!  (') 

Addio. 

Vostro  Giuseppe. 

arando  (jualclie  cosa:  dividete  con  Garibaldi,  al 
quale  invio    1'  ingegnere    Maccabruni,  amico  di    I)a- 


abhiiiKloiiiiii^  lii  ])i<)Vincia  «li  Honiiio,  schiiicciare  i  300  Tedesclii 
di  Trcsi'iKlii,  «ili  !S00  di  .Sondrio  <;  portarsi  a  Lecc«>.  A  destra 
aveva  .seiiiprt'  la  Svizzera,  in  questo  via>jgio,  e  a  sinistra  mon- 
tagna* facili  a  passare  e  poco  pericolose,  anche  perché  dall'altra 
jiartc  non  c'eran  i)er  anco  Tedeschi.  Non  volle  saperne....  Passò 
in  Isvi/.zera  disarmato.  E  la  diploma/.in  chi  sa  (juando  restitnirà 
queste  benedette  armi.  Cosi  tntto  finiva.  »  ('.  Cattaneo,  -Seri//» 
7>o/j/i<;i,  ecc..  eit.,  voi.  I.  pp.  183-184.  Il  (Jriftini  giunse  aBellin- 
zona  il  24  agr>sto  (A.  Cavacciocchi,  art.  eit.,  p.  74).  dove  sciolse 
i  suoi  volontari  che  per  la  Svizzera  entrarono  negli  Stati  Sardi. 
Circa  duecento  di  essi  chiesero  pelò  di  continuar  la  resistenza 
con  Garibaldi,  che  non  li  potè  accettare,  perché  disarmati  (Id.. 
p.  78)  ;  per  parte  sua.  il  Grillini  si  presentò  il  31  agosto  a 
Carlo  AlI)erto,  al  campo  d'Alessandria  (li).,  p.  77). 

(')  Il  gen.  D'Apice,  che  comandava  i  volontari  del  Tonulc 
e  dello  .Stelvio,  avuta  notizia  della  capitolazione  di  Milano, 
il  12  agosto  emanò  un  tiero  proclanui,  dichiarando  «  in  faccia 
a  tutta  r  Italia  e  a  tutte  le  straniere  nazioni,  »  di  istituire 
una  Kei)ubblica  Italiana,  creandosene  egli  stesso  Presidente  ]>rov- 
Tisorio.  E  aggiungeva  con  enfasi  che,  date  le  critiche  condizioni, 
poteva  sembrare  ridicola  :  «  A  dare  c(im]>lemento  a  questo  atto, 
la  Società  da  noi  stabilita  allo  Stelvio,  come  primo  suo  atto  uffi- 
ciale, fa  un  appello  solenne  a  tutti  i  veri  Italiani,  a  tutti  gli 
abitanti  e  emigrati  d'  Italia,  perché  si  associno  a  noi  e  diano 
cosi'  un  maggiore  appoggio  alla  forma  di  Governo  da  noi  pro- 
<'-lamata.   Dichiara  in   secondo  luogo  riservarsi  fin  d' ora  di  dare 


1 


[1848]  KriSTOLAHio.  25^7 

veriDj  e  portiitore  (V  iiiin  iiiiii  per  G[aribal(li].  (*)  — 
Domani  sporo  di  inaiulare  a  (ìaribaldi  180  nomini 
scelti,  tra  cui   parecclii  soldati  d'  Aftricii. 

Addio. 

1 1    (HP  notte. 


MMCCCOLIX. 
ALLA  Madhk,   a  Genova, 

[Lugano],  25  agosto  1848. 

Mia  cara  madre. 

Dall'  nnica  cbe  mi  venne  direttamente  qni  e  della 
quale  v"  accusai  ricevuta,  non  lio  avuto  altro  cenno 

alla  propria  fornui  di  governo  quello  .sviluppo  che  il  voto  della 
Nazione  giudicherà  opportuno.  E  dichiara  per  ultimo  che  ver- 
ranno successivamente  da  es.sa  attivate  con  tutti  i  Comitati 
Nazionali  che  fossero  già  o  che  venissero  oigani zzandosi,  e 
cogli  esteri  Governi  quelle  diplomatiche  relazioni  che  1'  inte- 
resse del  paese  richiederà.  »  Ijo  Stelvio  fu  abbandonato  il 
16  agosto.  L'  ultimo  hivaeeo  fu  coraggiosissimo  e  per  p.arte  pei 
rimasti  ebbe  tutta  1'  attività  di  un  bivacco  di  truppe  che  non 
vivevano  sofferto  sconcerto  alcuno.  Il  D'Apice  firmò  fino  all'  ul- 
timo momento  attestati  di  presenza  agli  ufficiali  che  erano 
rimasti  con  lui.  La  ritirata  avvenne  in  tutte  le  regole  e  la 
colonna,  «leposle  le  armi  in  S.  Maria,  primo  paese  svizzero 
dove  fu  ricevuta  dal  c<donuello  federale  Micliel,  fu  disciolta 
a  (.'oira  il  23  agosto.  Era  quella  colonna  disarmata  che  andava 
a  raggiungere  Garibaldi;  quella  stessa  che,  imbarcatasi  a  Maca- 
gnosul  Verbatio.  giungeva  poi  a  Magadino  (ved.  A.Cwaciocchi. 
Jirr.  cit..  i>.   61). 

MMCCC(JLIX.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  lia  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre 
del   Mazzini  annoiò:   «  2."'>  agosto  1848.  » 

i')  11  22  ag(ist<)  Garibaldi  si  trovava  ancora  a  Casa  sopra 
Induno,  da    dove  ]>ot6    sfuggire    all' accercliiamento   austriaco, 


298  KIMSTOI.AKH).  [1848] 

<hi  voi.  k^crivo  (lue  linee  per  dirvi  clie  sto  bene:  e 
che  sono  sempre  qui  in  Lugano.  Sono  quasi  le  due 
sole  (tose  ch'io  posso  dirvi:  tutte  l'altre  sono  o  vie- 
tate o  tanfo  in(;erte  da  non  parlanìe.  ^on  sono  ancora 
deciso  intorno  a  me  o  a  clie  cosa  tarò:  forse  potrò 
esserlo  tra  una  settimaiui.  kSono  incerto  anche  su  voi 
altii  in  (ìeno\a.  Xon  cai»isco  cosa  vi  facciate.  Il  tradi- 
ment<>  ('  diiarito.  (^)  ()  (Jenova  deve  rassejinaisi  a  ser- 

inarciiiiuio  «  per  S.  Ambrogio  a  Gavirate  *•  piegando  poi  a  1  trnate 
per  hi  sinistra  «lei  lago  «li  Vai'ese.  »  iiiliiie  raggiungendo  Moiàz- 
zoii(i  il  '26  (G.  Pasini,  l'ila  <ìtl  geii.  G.  Meiihi.  oil.,  pp.  r>òii(ì). 
Per  <piaiir<>  siano  searsi  i  docnnienti  clic  illustrano  «]uclla  lotta 
titaiiicu.  pijy  tuttavia  attertnarsi  che  (Jaril»aldi  si  trovò  continua- 
mente in  confatto  con  la  Giunta  d'Insurrezione  residente  a 
Lugano,  dalla  quale  riceveva,  sia  pure  in  scarsa  misura,  soccorso 
d'uomini,  d'armi,  di  danaro  (ved.  li>..  pp.  óG  e  .òit  ;  A.  Cava- 
ciocchi,  Leprime  tjesta  di  G.  Garibaldi,  ecc..  cit..  p.  68.  pauxim  e 
la  letfc.  MMCCC('LX;.  Con  lui  era  Francesco  Daverio,  già  animos<> 
combattente  nelle  Cinque  Giornate,  pratico  di  «|uei  luoghi,  in 
cui  aveva  trascorsa  la  sua  prima  giovinezza  (era  nato  a  Moro- 
solo,  presso  Como,  il  o  aprile  1815).  Deciso  a  continuare  la 
resistenza  nell'Alta  Lombardia,  il  Daverio  rimase  a  litigano, 
dove  si  era  rifugiato  con  Garibaldi  la  sera  del  27  agosto;  e  col 
Mazzini  preparò  poco  dopo  (luell'infelice  tentativo  insurrezio- 
nale in  Val  d'Intel  vi.  sul  ((uale  ved.  per  ora  G.  Pasini,  op. 
cit..   pp.   (U-79. 

(*)  Né  anche  a  tenip<)  dei  torbidi  avvenuti  <iopo  la  caduta 
del  Regno  italico,  si  era  mai  assistito  in  Milano  a  cosi  tremendo 
infuriare  di  passioni  politiche,  come  in  quei  tristi  giorni  dal  4 
al  6  agosto  1848,  che  segnarono  la  pi-eseiiza  nella  città  di  Carlo 
Alberto  e  quella  che  parve  alloi-a  una  fuga,  in  mezzo  al  disor- 
dinato e  vinto  esercito  piemontese.  Nei  giorni  immediatamente 
precedenti,  quando  cioè  il  disastro  si  delineava  sempre  più  minac- 
cioso, erano  stati  commessi  errori  di  non  dubi)ia  gravità,  i  (inali 
non  erano  serviti  ad  altro  se  non  a  rendere  ancor  piiì  stridente, 
ancor  piti  rabbioso  il  contrasto  tra  i  partiti  politici  milanesi, 
con  danno  evidente  di  qualunque  mezzo  di  difesa  che  si  poteva 
contrapporre  alla  marcia  vittoriosa  del   nemico  in  Lombardia. 


[1848]  Ki'isror.AUio.  'J99 

vire  sempre  ji  uh  re  traditore  o  iiiandurlo  addirittura 
al  diavolo.  Xou  fare  né  l'ima  cosa  uè  l'altra   è   da 

Un  primo  errore,  clic  si  può  spiegure  solanieiite  osscrviiudo 
che  il  Governo  Provvisorio  Centrale  si  riteneva  oramai  desti- 
tuito d'ojjni  autorità,  era  stato  di  aver  ceduto  il  reggimento 
politico  della  città  a  quel  Comitato  di  pubblica  difesa,  composto 
in  grandissimi!  maggioranza,  e  non  nei  tre  capi  soltanto,  di 
uomini  devoti  all'  idea  repubblicana,  i  (juali  si  erano  subito 
messi  all'opera  con  encomiabile  lena,  avvisando  ai  modi  pili 
pronti  ed  energici  per  difendere  Milano  dalla  minacciata  invasione 
(ved.  la  lett.  MMCCCCXLIV  e  la  nota  alla  lett.  MMCCCCXLVI): 
e  mentre  tentavano  di  provvedere  con  mezzi  jjropri  a  una  dispe- 
rata resistenza,  speravano  che  l'esercito  piemontese,  ritirandosi 
sui  luoghi  fortiticati,  potesse  tenere  a  bada  il  nemico,  tino  a 
<|uando  un'azione  comune  e  combinata,  tormentandolo  dalle  due 
partì,  riuscisse  a  ricacciarlo  oltre  il  Mincio.  La  comparsa  in  Milano 
dei  connnissari  del  Governo  piemontese,  i  (juali  esautorarono  i 
poteri  del  Comitato  di  pubblica  difesa  e  instaurarono  (juella  Con- 
sulta di  Stato  che  apparve  in  ogni  suo  atto  quanto  mai  effimera, 
fu  un  altro  errore  gravissimo,  e  non  già  un  rimedio  per  evi- 
tare le  conseguenze  politiche  del  provvedimento  preso  il  27  lu- 
glio, poiché  non  valse  ad  altro  se  non  a  riconcitare  quelle  ire 
e  quelle  diffidenze  le  quali  erano  sembrate  sopite  nei  giorni 
del  comune  pericolo.  Il  Comitato  rimase  pertanto  paralizzato  in 
((ualuniiue  sua  iniziativa,  e  furono  cosi  resi  vani  quei  provvedi- 
menti di  indole  militare  che  Manfredo  Fanti,  rivelatosi  grande 
organizzatore  di  mezzi  di  difesa,  si  era  disposto  ad  apprestare. 
La  decisione  presa  da  Carlo  Alberto  di  entrare  in  Milano 
alla  testa  del  suo  esercito,  tentata  invano  di  scongiurare 
dal  Comitato  di  pubblica  difesa,  rese  ancor  i)iu  tragica  la 
situazione.  I  soldati  piementesi,  che  si  accamparono  sui  bastioni, 
laceri,  aifamati,  demoralizzati  dalle  lunghe  e  faticose  imircie, 
stremati  da  un  combattimento  sfortunato  di  nove  ore  soste- 
nuto il  giorno  innanzi,  assillati  dal  pensiero  che  il  nemico  li 
incalzava^  cosi  da  presso,  sprovvisti  infine  di  munizioni  e  di 
viveri,  erano  riguardati  dal  popolo  milanese  con  un  misto  di 
pietà  e  di  sdegno,  sentimento  quest'  ultimo  concepito  per  le 
voci,  generalmente  diffuse,  che  le  operazioni  <li  guerra  erano 
I)r<)cedute  tiaccamente  tra  eirori   d'ogni  sorta.  Al  <]ual  propo- 


300  KiM.STor.Aiuo.  [1848] 

ragazzi.  E  a  dir  vero,  gF  Italiani  sono  un  ]>opolo  di 
bambini.  Taccio  tìnora  per  certe  ragioni:  ma  se  devi» 


«ito  «'  (ini  da  notare  t-lic  sono  l'orso  del  Mazzini  lo  parole  se- 
guenti, da  lui  scritte  abbandonando  Milano,  le  qnali  si  legge- 
vano proprio  in  fondo  all'nltinio  n.  dell' /<a/ja  del  Popolo 
{'S  agosto  1848):  «Stamane  Carlo  Alberto  toccava  Milano  col 
suo  esercito.  I  Milanesi  addimostrino  (die  sono  degni  di  quel- 
l'esercito che  tanto  sofferse  pili  per  i  disagi  e  per  la  stagione 
ardentissinia,  che  per  le  baionette  austriache:  onoriamo  dun- 
que l'ospitalità  col  valore.  »  Per  piti  ragioni  quindi  la  pre- 
faenza  ili  Milano  di  Carlo  Alberto  fu  considerata  con  dirtìdenza. 
mentre  non  fu  tenuto  conto  che  il  l?e.  <iuanto  mai  infelice. 
aveva  per  oltre  a  (juattro  mesi  sostenute  co'  suoi  figli  le  dure 
fatiche  e  i  pericoli  del  cam|)o  ;  e  (juesta  dittidenza  \ olse 
in  ira  quando  fu  noto  che.  jioclie  ore  dopo  il  suo  arrivo. 
Carlo  Alberto  aveva  inviato  due  suoi  generali  al  maresciallo 
austriaco  por  intavolare  le  trattative  di  resa  della  città.  Cor- 
sero snbito  voci  di  tradimento.,  che  prorni»pero  con  violenza  fin 
sotto  il  palazzo  Grci>])i.  dove  Carlo  Alberto,  che  vi  aveva  preso 
stanza,  corse  serio  jiericolo;  e  quelle  voci  si  fecero  ancor  pili 
minacciose  (|uando  qiiell'«  Amleto  della  monarchia.»  com'ebbe 
l'anno  appresso  a  ••hianiarlo  il  Mazzini  {Ctnnl  e  docutiieiili,  ecc., 
«it.,  neiri<«j/irt  (h'I  Popolo  di  Losanna,  voi.  I,  p.  77(5),  tornato 
sulla  sua  <lecisione,  fece  promessa  di  troncare  ogni  trattativa 
di  resa  e  di  riprendere  la  lotta  nella  stessa  Milano,  e  subito 
liopo  inviò  al  Jiadetzkv  il  .Sa lasco  per  1"  abbandono  della  città 
al  nemico.  In  tal  modo,  .protetto  da  poca  trupi)a  )»ieinontese. 
che  il  colonnello  Alfonso  liamarmora  aveva  potuto  con  grande 
fatica  condurre  al  jiaiazzo  Greppi,  il  Ile  Sabaudo  usciva  da 
Milano  per  l'orta  Vigentina  (ved.  C.  Casati,  Nuove  rivelazioni. 
ecc.,  cir..  voi.  II,  ]tp.  36SI-4U3;  C.  Pagani,  l'omini  e  cotte  in 
Milano,  ecc.,  cit.,  jip.  37.Ò-390  :  ecc.),  mentre  gli  esuli  irrag- 
giavano jier  ogni  parte  d'Italia,  specialmente  in  Toscana,  in 
Romagna,  a  Venezia  e  nella  Svizzera,  maledicenti  a  Carlo  Al- 
berto che  li  aveva  ingannati.  Quando  il  Mazzini  scriveva  alla 
madre  intorno  all'ingiusta  accusa,  era  ancor  sotto  l'impres- 
sione degli  infausti  avvenimenti,  che  a  foschi  colori  gli  erano 
descritti  dagli  esuli  scampati  a  Lugano,  i)oiché  si  sa  che  egli 
aveva  Lasciato  la  capitale  lombarda  prima  che  v'entrasse  il  Ke, 


[18J8]  KPISTOLARIO.  301 

mio  (li  (luesti  }4Ìoini  rinunziare  ad  altro,  ed  essere 
per  qualche    tempo    individuo,   parlerò    la    verità   a 

«>  a  Monza  aveva  ronfusaiiieiite  saputo  dei  fatti  della  capittila- 
zionn  (ved.  la  nota  alla  letfc.  MMCCCCXLVIII).  Anche  giorni 
innanzi,  in  uno  sno  vibrante  proclama.  Garibaldi,  che  oramai 
j;!' Italiani  consideravano  il  loro  generale,  l'aveva  ribadita,  e 
un  giornale  toscano,  il  Corriere  Livornese,  si  ora  affrettato  a 
diffonderla,  facendosi  eco  di  (juanto  affermava  il  UepuhMicano 
di  Lugano  e  ripetevano  i  numerosi  opuscoli  «iati  a  luce  nelle 
tipogralie  svizzere,  oltraggianti  a  Carlo  Alberto.  Invece,  tutti 
i  jieriodici  torinesi  e  genovesi,  sia  pure  mantenendo  l'accusa 
ili  tradimento,  la  volsero  all'indirizzo  dei  generali  e  della  «  Ca- 
marilla di  corte.  »  e  tutt'al  più.  come  scrisse  il  l'eiisiero  Italiani^ 
(n.  del  16  agosto  1848),  si  rimproverava  al  Re  la  «  miseranda  osti- 
nazione  di  non  aver  potuto  mai  rimuovere  da  sé  cotale  infesta 

(ftìiiii.  »  È  inoltre  da  notare  che  (juando  il  Mazzini  narrò,  nei  cit. 
('eimi  e  docKìneiiti,  la  storia  di  quelle  vicende,  non  fece  mai  cenno 
dell'immeritata  accusa,  sia  pure  trattando  duramente  Carlo  Al- 
berto, sia  ])nre  affermando  che  «il  giudizio  dei  posteri  mrehbe 
penato  severo  sulla  memoria  dell'  uomo  del  1821,  del  1831  e  della 
capitolazione  di  Milano.  »  E  diede  di  lui  il  seguente  giudizio,  che 
documenti  di  recente  raccolti  non  debbono  far  considerare  in  ogni 
sua  parte  ingiusto  e  che  è  da  mettere  a  riscontro  con  quanto 
sullo  stesso  argomento,  e  fors' anche  gravando  ancor  più  la  mano, 
scriveva  il  Gioberti  (Rinnovameli to  civile,  lib.  I..  cap.  xv^  : 
«  Mancavano  a  Carlo  Alberto  il  genio,  l'amore,  la  fede.  Del  ja-imo. 
eli' è  una  intera  vita  logicamente,  risolutamente,  fecondamente 
devota  a  una  grande  idea,  la  carriera  di  Carlo  Alberto  non  offre 
vestigio  :  il  secondo  gli  era  conteso  dalla  continua  difìfìdenza,  edu- 
cata anche  dai  ricordi, d'un  triste  passato,  degli  uomini  e  delle 
cose:  gli  vietava  l'ultima  l'indole  sua  incerta,  tentennante, 
oscillante  ])erennenicnte  tra  il  bene  (»  il  male,  tra  il  fare  e  il 
non  fare,  tra  l'osare  e  il  ritrarsi.  Un  pensiero,  non  di  virtii,  ma 
d'ambizione  italiana,  pur  di  quell'ambizione  che  i>uò  fruttare  ai 
popoli,  gli  aveva,  balenando,  solcato  l'anima  nella  sua  giovinezza 
ed  ei  s'era  ritratto  atterrito,  e  la  memoria  di  quel  lampo  degli 
anni  primi  gli  si  riaffacciava  a  ora  a  ora,  lo  tormentava  insi- 
stente, pili  come  richiamo  d' antica  fede  che  come  elemento  e 
incitamento  di  vita.   Tra  il  rischio  di  perdere,  non  riuscendo,  la 


302  KIMTSlOLAHin.  [184  8 

tutti.  (')  Ho  pieno  il  gozzo.  So  che  avete  veduto  il  Signor 
Filippo;  e  che  avete  vicino  l'amico  Goffredo.  Anche  di 
Nino  ho  avuto  nuove.  Non  vi  rauìiuaricate  per  ciò  che 
a.ccade.  In  Isvizzera  o  altrove,  tanto  fa.  Era  scritto 
<;he  non  potessimo  goderci.  Gli  avvenimenti  d'oggi 
sono  espiazione  degli  errori  commessi:  lezioni  che 
frutteranno  un  giorno.  Noi  individui  ne  soffriamo 
senza  colpa  nostra;  ma   ci    vuol  ])azienza.  ed   io  ne 

■ooroiiii  della  piccolii  iiionarchiii  «^  la  paura  della  libertà  che  il 
popolo,  dopo  aver  combattuto  per  lui,  avrebbe  voluto  rivendi- 
carsi, ei  procedeva  con  quel  f'autiisma  sugli  occhi  quasi  barcol- 
lìindo,  senza  energia  per  affrontar  (piei  pericoli,  senza  potere 
o  voler  intendere  che  ad  essere  re  d'  Italia  era  mestieri  dimen- 
ticare prima  d'essere  re  del  Piemonte.  Despota  per  istinti  radi- 
catissimi,  liberale  per  amor  proprio  e  per  presentimento  del- 
l'avvenire, egli  alternava  fra  le  intlnenze  gesuitiche  e  quelle 
degli  uomini  del  progresso.  Uno  squilibrio  fatale  tra  il  pen- 
siero e  r  azione,  tra  il  concetto  e  la  facoltà  d'  eseguirlo,  tra- 
pelava in  tutti  i  suoi  atti.  I  più  trsi  quei  che  lavoravano  a 
prefiggerlo  duce  dell'  impresii,  lo  confessavano  tale.  Taluno  fra 
i  suoi  famigliari  sussurravano  eh'  egli  era  minacciato  d'insania.  » 
(*)  Specialmente  il  Bianchi-Gìovini  neW Opinione  e  l'avv.  G. 
A,  Papa  nel  Corriere  Mercantile,  sia  pure  affermando  che  Carlo 
Alberto  era  stato  «  tradito,  non  traditore  »  e  di  avere  avuto 
il  torto  «  gravissimo  »  di  avere  «  voluto  ostinarsi  a  conli- 
<lare  con  una  fede  illimitata  su  uimiini  riprovati  dalla  i)ub- 
blica  opinione,  »  accusavano  il  partito  repubblicano  come  il 
jnaggiore  responsabile  dei  disastri  in  Lombardia:  anzi  il  primo, 
abbozzando  quello  stesso  concetto  che  tre  anni  dopo  il  Gioberti 
diluì  nei  due  poderosi  voli,  del  Rinnovamento  civile,  scriveva 
i\e]V Ojnnione  del  12  agosto  1848:  «  Neppur  si  dissimuli  ohe 
il  partito  esaltato  ha  fatto  tanto  male  all'Italia;  quanto  e 
pili  forse  che  non  ne  fecero  i  retrogradi.  Fu  esso  che  rovinò 
•ogni  cosa  a  Napoli,  fu  esso  clie  provocò  gli  scrupoli,  indi 
la  diserzione  di  Pio  IX;  e  la  venuta  di  Mazzini  a  Milano  fu 
una  apparizione  d' infausto  augurio  per  l' indipendenza  e  1'  unità 
d'Italia.  Carlo  Cattaneo  aveva  aperta  la  prima  breccia  contro 
l'edilizio    dell'unione,    e    Mazzini,   anziché   risarcirla  coli' au- 


n 


{1848)  KiMsn»i,Ai{i().  :ì03 

ho  abbastanza.  Abbiatela  voi  pure  e  sia  fatta  la  vo- 
lontà di  Dio;  tante  cose  al  padre  e  alla  sorella: 
statemi  torte  e  non  disperate.  Duriamo  ancora  nel 
provvisorio.  Una  stretta  di  mano  all'Andrea  e  agli 
amici  ;  scriverò  domani  per  certo  ad  essi  a  quel  tale 
indirizzo  dal  fratello  della  gentile  che  mi  scrisse  in 
iiijrlese.  xVmato  sempre  il  vostro 

(llUSEPPE. 

MMCCCCLX. 
A  Goffredo  Mameli,  a  GenovM. 

Lugano.   28  ajjosto   [1848]. 

Fratello  mio. 
Ebbi  le  vostre  linee;  e  vi  sono  gratissimo;  sono 
stato  inquietissimo  ])er  voi;  ho  chiesto  a  quanti  mi 
venivano  attorno,  e  non  ho  saputo  che  eravate  salvo 
se  non  due  o  tre  giorni  x^i''»'*^  che  mi  scriveste. 
Vengo  alle  cose  nostre.- 

toritìi  del  nomo,  la  fece  pili  ampia  e  più  rovinosa.  Per  lui 
non  l'indipendenza  e  l'unione  dell'Italia,  qualunque  ne  fosse 
il  modo  cou  cui  si  potessero  ottenere,  ma  il  trionfo  deW  idea, 
il  trionfo  di  una  mistica  idea,  di  una  mistica  repubblica, 
di  una  mistica  Italia  unitaria,  di  cui  aveva  trovato  il  modello 
nella  mistica  e  rinnovata  Gerusalemme  dell'Apocalisse.  E  per 
«orrer  dietro  a  cotesti  fantasmi,  ei  paralizzò  tutte  le  forze 
otl'ettive,  colpi  di  languore  ogni  altro  elemento  d'azione,  di- 
vise gli  animi,  vi  seminò  la  dillìdenza  e  il  sospetto,  e  predi- 
cando l'intolleranza  di  ogni  altra  opinione  che  non  fosse  la 
sua,  generò  nell'  Italia  quel  marasmo  politico  che  ci  trasse  alla 
morte.  L'unità  mistica  uccise  l'unione  di  fatto;  l'idea  non 
trionfò  né  trionferà,  perché  non  è  tra  le  cose  possibili  :  e  quel 
che  era  possibile,  e  che  già  ci  tenevamo  in  mano,  ci  fu  tolto, 
o  Dio  sa  per  quanto  tempo.  » 

MMCCCCLX.      -  Inedita.  Ne  esiste    una  copia  nella   rac- 
colta  Xatlian. 


304 


Kl'ISTOLAinO. 


:i^48j 


lo  uou  posso  darvi  istruzioni.  Le  istruzioni  sgor- 
gano necessariamente  dagli  elementi  clie  si  hanno 
alle  mani,  ed  io  non  li  conosco:  se  gli  estremi 
eventi  non  hanno  ai»erto  gli  occhi  ai  Genovesi,  non 
v' è  da  sperare;  e  s' hanno  aperto  gli  occhi,  la  via 
da  tenersi  è  chiara.  Intendete  bene  che  non  fo  que- 
stione di  tempo;  non  V  ho  fatta  mai;  parlo  del  dove 
avviare  gli  animi.  Se  vi  è  stato  mai  tempo  perché 
il  partito  nazionale,  il  nostro,  parli  chiaro  e  cerchi 
riprender  piede,  è  questo.  Tutte  le  nostre  previsioni 
verificate  ce  ne  danno  un  dopi)io  diritto.  Insogna 
organizzare  gli  elementi  nel  nostro  senso:  predicare 
che  non  si  fonda  la  rigenerazione  di  un  poi>olo  sulla 
menzogna:  e  tornare  al  nostro  vecchio  principio  die 
questa  è  guerra  Nazionale,  questione  Nazionale;  che 
la  «piestione  Nazionale  non  si  scioglie  che  dalla  Na- 
zione; che  la  Nazione  non  parhi  se  non  per  mezzo 
d' un'Assemblea  Nazionale:  che  fuori  di  là  tutto  è 
illegale:  che  traditi  dal  Papa,  dal  Ile.  da  tutti  gli 
individui  sui  quali  si  sperava,  non  v'  è  più  che  il 
Popolo,  capace  di  salvare  il  Paese.  Escir  dal  vago: 
fare  statistica  degli  elementi.  E  prender  norma  sugli 
eventi. 

(i^uanto  alla  pratica  cogli  altri  elementi,  l)isogiia 
cercare  di  conquistare  colP  amore  i  Piemontesi  ;  ma 
cercare  di  far  nascere  ragioni  di  piati  fra  (J euova 
e  il  Governo  di  Pienu)nte.  Invece  di  giornali  dittì- 
cili  a  farsi  e  mantenersi,  abbiate  la  stampa  volante: 
foglietti,  dialoghi,  indirizzi,  proclami. 

Non  so  se  sappiate  che  le  basi  proposte  alla 
niediazione  diplomatica  sono  comiche  e  vergognose 
>  ad  nn  tempo;  cessione  e  unione  della  Lombardia  al 
JMemonte  fino  alla  linea  del  Mincio  compresovi  Man- 
tova e  Peschiera:  che  il  paese  fra  il  Mincio  e  l'Adige 


{1848J  KIMSTOLAHIO.  305 

«lebbii  essere  territorio  iieutto,  a  sistema  rappresen- 
tativo, con  un  principe  italiano  da  scegliersi  di 
comune  accordo:  e  le  provincie  Venete  idem,  ma 
sotto  l'alto  patronato  dell'  Austria  —  Venezia  libera^ 
come  le  città  anseatiche,  ma  con  leggi  commerciali 
determinate.  Trieste  dell'  Austria,  quattrocento  mi- 
lioni all'Austria,  appannaggio  al  Duca  di  Parma  — 
e  che  so  io.  Se  contro  basi  sittatte  non  protestano 
tutti  gli  Italiani,  muto  nome  e  mi  sbattezzo  davvero.  C) 


(0  La  mediazione  della  Frauda  e  dell'Inghilterra  era 
stata  offerta  direttamente  a  Carlo  Alberto  il  15  agosto  1848 
(ved.  Correapondence  respecting  the  Affair»  of  Itaìy,  ecc.,  cit., 
voi.  Ili,  pp.  205-206  e  N.  Bianchi,  Storia  documentata  della 
diplomazia  europea  in  Italia,  ecc.,  cit.,  voi.  V,  p.  323),  e  giun- 
geva a  distanza  di  pochi  giorni  dalla  richiesta  dell'  inter- 
vento francese  fatta  dal  Governo  piemontese  col  consenso  del 
Ee  (ved.  la  nota  alla  lett.  MMCCCCXLII):  ma  tanto  1' una  che 
l'altro  dovevano  completamente  fallire.  Base  della  mediazione,^ 
secondo  le  proposte  dei  due  ministri  Reiset  e  Abercombry, 
andati  in  quel  giorno  ad  Alessandria,  dove  si  trovava  Carlo- 
Alberto,  erano  il  memorandum  presentato  nel  maggio  prece- 
dente dal  Consigliere  austriaco  barone  Hummelaner  a  Lord  Pal- 
merston,  che  però  lo  aveva  corretto  in  favore  del  Piemonte 
(ved.  N.  Bianchi,  op.  cit.,  voi.  V,  pp.  262-269  ;  C.  Casati, 
Nuoce  rivelazioni,  ecc.,  cit.,  voi.  II,  pp.  310-321  ;  Casati-Casta- 
GNK'rro,  Carteggio,  ecc.,  cit.,  pp.  127-128).  Con  esso,  l'Austria 
avrebbe  rinunciato  alle  sue  pretese  sulla  Lombardia,  lasciata 
libera  di  unirsi  col  Piemonte;  la  linea  di  frontiera  tra  la  Lom- 
bardia e  le  Provincie  venete,  delle  quali  l'Austria  avrebbe  con- 
servata la  sovranità,  impegnandosi  a  dare  ad  esse  istituzioni 
e  amministrazione  nazionali,  sarebbe  stata  quella  che  tirata  da 
Lazise,  sulla  riva  sud-est  del  lago  di  Garda,  un  po'  a  nord  <li 
Peschiera,  e  passando  tra  Verona  e  Villafranca,  sarebbe  andata 
di  là  ad  incontrarsi  col  Po  sulla  riva  destra,  a  Bergantino, 
tra  M<dlara  e  Massa,  quindi  seguito  il  iinnie  sino  all' imbocca- 
tura del  Tanaro,  lasciando  Mantova  e  Peschiera  alla  Lombardia,, 
e  Verona  e  Legnago  alle  provincie  venete.   In    quanto  a  Pia- 

Mazzini.  Scritti,  ecc.,  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX).  20 


306  EPISTOLARIO.  [1848] 

Scrivetemi  alP  indirizzo:  Dr.  Buttaglini,  Tipogratia 
ilella  Svizzera  Italiana. 

Io  tento  quel  eli'  uomo  può  per  mantener  in  piedi 
la  colonna  GaTib[aldi]  e  per  promuovere  altrove  V  in- 
surrezione lombarda.  Non  so  se  si  possa  riescire  alla 
prima  cosa:  forse,  riescirò  alla  seconda;  ma  in  quel 
caso  v'avvertirò.  La    Svizzera  ha    sequestrato  tutte 

oenza,  Parma  e  Modena,  esse  si  sarebbero  unite  alla  Lombardia 
e  alla  Venezia,  dopo  una  regolare  rinuDcia  dei  rispettivi  sovrani. 
Ai  primi  di  giugno  quelle  proposte  erano  state  declinate  tanto 
dal  Governo  Provvisorio  Centrale  della  Lombardia  quanto  da 
Carlo  Alberto,  concordi  nel  proposito  di  non  volere  sottoscri- 
vere a  un  nuovo  Ci^mpoformio  (ved.  C.  Pagani,  op.  cit.,  pp.  441- 
442)  ;  ma  due  mesi  dopo,  in  seguito  a  tanto  mutar  di  vicende,  era 
l'Austria  che  non  voleva  accettare  quelle  condizioni.  Le  trattative 
si  trascinarono  penosamente,  per  tutto  quello  scorcio  d'anno, 
■e  al  fallimento  d'ogni  trattativa  contribuirono  più  cause,  dalle 
<i[uali  l'Austria  seppe  abilmente  trarre  vantaggio,  e  specialmente  : 
la  simultaneitìl  della  richiesta  d'intervento  francese,  non  voluto 
dall'  Inghilterra  e  promesso  con  1'  assoluta  certézza  di  non  accor- 
darlo ;  la  presenza  a  Parigi  di  rappresentanti  di  Stati  e  di  città 
italiane  d'opposte  tendenze;  il  dissidio  ministeriale  in  Piemonte, 
«ce.  (ved.  infatti  N.  Bianchi,  op.  cit.,  voi.  V,  pp.  326-385). 
Naturalmente,  durante  quelle  lunghe  trattative  la  convenzione 
fu  argomento  di  possibili  trasformazioni  ;  ad  es.,  fu  ventilata 
1'  idea,  da  parte  del  Governo  francese,  di  far  di  Venezia  una 
■città  anseatica  (ved.  N.  Bianchi,  op.  cit.,  voi.  V,  p.  367);  di 
«  staccare  il  regno  lombardo-veneto  dall'  impei'o  austriaco  e 
darlo  al  Granduca  di  Toscana»  (C.  Cattaneo,  Scritti  politici, 
^cc,  cit.,  voi.  I,  p.  186);  di  formare  uno  Stato  Veneto  retto  dal 
principe  di  Leuchtenberg  (N.  Bianchi,  op.  cit.,  voi.  V,  p.  367); 
-ecc.  Ma  nel  momento  in  cui  i  rappresentanti  delle  Potenze 
mediatrici  dovevano  adunarsi  a  Bruxelles,  il  cancelliere  austriaco 
:Schwarzenberg  dichiarava  (16  febbraio  1849)  che  il  plenipo- 
tenziario dell'Austria  sarebbe  intervenuto  a  condizione  che  non 
fossero  «  menomati  in  vermi  modo  i  diritti  guarentiti  in  Italia 
•dai  trattati  del  1815  alle  Corti  di  Vienna,  di  Modena  e  di 
Parma.  » 


[1848]  KIMSTOLAHIO.  307 

l'anni;  (*)  e  manco,  al  solito,    di  danaro    per    com- 
prarne da  pochissime  in  fuori.  Vedremo. 

Addio;  amatemi    sempre;  ho   più  bisogno  di  af- 
fetto che  mai:  vedete  mia  madre  e  credetemi 

vostro 

GlTTSEPPE. 

Boecardo  è  contento'?  (^) 

E  la  donna  della  quale  mi  doleva  tanto? 


MMCOCCLXr. 

A  Franc.  Domknico  Gukrrazzi,  il  Livorno. 

[Lugano.   2  settembre  1848]. 

Cironi  ti  scrive  sconfortato.  Non  ti  dirò  di  non 
esserlo,  ma  ciò  non  monta  gran  fatto.  Quel  che  s'ha 

(^)  La  uotiziii  era  confermata  da  tutti  i  periodici  italiani. 
Ad  es.,  nel  liÌ8or(jimeìiio  del  29  agosto  1848,  si  leggeva  :  «  Il 
Vorort  ha  testé  ordinato  che  le  armi  dei  rifugiati  lombardi 
saranno  trasferite  nell'interno  della  Svizzera,  affinché  non  se 
ne  possa  fare  abuso.  Le  armi  prese  a'  rifugiati  lombardi  nel 
Cantone  del  Ticino  saranno  portate  nell'arsenale  di  Lucerna.  » 

(^)  Gerolamo  Boecardo,  in  quell'anno  redattore  del  Cor- 
riere Mercantile,  avverso,  come  si  sa,  al  Mazzini.  Ved.  la  nota 
alla  lett.  MMCCCCVI. 

MMCCCCLXL  —  Pubbl.  in  Documenti  del  processo  di  Lesa 
Maestà  istruito  nel  Tribunale  di  prima  Istanza  di  Firenze  negli 
anni  1849-1850;  Firenze,  tip.  del  Carcere  alle  Murate,  1850, 
l)arte  I,  p.  5.  Nell'autografo  sta  subito  dopo  la  lett.  seguente, 
di  pari  data,  che  Piero  Cironi  indirizzava  allo  stesso  Guerrazzi  : 
«  Srirnatiss.  Sig.  Francesco,  —  Le  renderà  la  -presente  uno  dei 
nostri  presentatomi  dal  sig.  Mazzini.  Sono  dispensato  dal  darle 


308  KPiSTOi.AKio.  [l!:<48ì 

da  fare,  s' La  da  fare.  Odo  de'  moti  di  Livorno,  seuza 
intenderli  gran  fatto.  (^)  Scrivimene,  quando  tu  non 
abbia  via  migliore,  all'indirizzo:  Signora  Federica 
Mazzetti,  Lugano.  E  delle  tue  speranze,  e  d' ogni 
cosa  die  ti  paia  potere  riescir  giovevole. 

Ti  mando  copia  di  una  dichiarazione  nostra  al- 
l'Assemblea Nazionale.  Vedi  se  puoi  farne  <|ual(*1ie 
cosa,  per  la  stampa,  o  per  altro.  (-) 


i  «iettagli  di  quello  ciie  si  fa,  jierché  il  latore  lo  iarii  ìi  voce. 
Io  veggo  in  complesso  poco  a  sperarsi  perché  si  manca  di  quello 
che  pili  è  necessario  :  unità  di  concetto,  armi,  danari.  Questi 
Svizzeri  non  ci  trattano  molto  bene;  io  avrei  amato  ch'Klla 
alla  Camera  avesse  fatfa  una  mozione  per  offrire  il  nostro  Paese 
ai  profughi  Lombardi,  e  cosi  noi  mostrassimo  che  siamo  Ita- 
liani più  che  i  Lombardi,  che  noi  furono  tanto,  e  d'ogni  ospi- 
talità noi,  servi,  intendiamo  meglio  che  gli  Svizzeri  liberi. 
Ella  giudicherà  nella  sua  saviezza  se  potrà  farsi,  e  lo  farà  ; 
sarebbe  anche  un  modo  per  non  fare  spargere  la  (^migrazione, 
anzi   tenerla  concentrata  in  Italia.  » 

(*)  Per  un  malinteso  sorto  a  proposito  del  padre  Gavazzi, 
giunto  per  mare  da  Genova  il  23  agosto  1848  e  diretto  a  Bo- 
logna, al  quale  le  autorità  di  polizia  avevano  impedito  di  sbar- 
care, ma  che,  tuttavia,  era  sceso  a  terra  a  forza  di  pop«)l(>,  una 
folla  di  scalmanati  cittadini  due  giorni  dopo  avevano  infuriato 
contro  la  casa  del  Pachò,  tenente  colonnello  della  Guardia  civica, 
che  tenevano  in  sospetto,  e  contro  il  Governatore,  che  eia  stato 
costretto  a  rinchiudersi  in  fortezza,  recando  di  più  gravi  danni 
al  telegrafo.  Il  Governo,  inviando  a  Livorno  con  pieni  poteri 
Leonetto  Cipriani,  noii  aveva  fatto  altro  se  non  aumentare  il 
fermento,  che  culminò  il  2  settembre  con  terribili  scene  di 
saligne  e  potè  essere  sedato  con  l' intervento  del  Guerrazzi,  corso' 
da  Firenze  a  calmare  gli  animi  eccitati.  Ved.  P.  .Iona,  /  tirmuìiì 
di  Livorno,  ecc.,  cit.,  ijp.  58-58. 

(2)  La  «  dichiarazione,  e  dove  occorre  protesta,  »  in  data 
di  Lugano,  4  settembre  1848.  inviata  all'Assemblea  Nazionale 
della  Kepnbblica  Francese,  firmata  da:  Giuseppe  Mazzini,  pre- 
sidente iìi'ÀV Associazione   Nazionale  Italiana  —  avv.    Francesco 


[184'*]  Kl'ISTOLAKIO.  309 

Qui  uoii  Lo  ])erdiito  ogni  speranza  di  azione  ar 
mata  nella  Lombardia,  ma  non  posso  per  ora  dir- 
tene; se  riescirò,  ti  avvertirò. 

Restelli  e  Dott.  Pietro  Maestri,  membri  del  Comitato  di  difesa 
di  Lombardia  —  Giulio  Spini,  ex  inviato  del  Governo  Provvi- 
sorio Lombardo  in  Parigi  —  Carlo  Zncclii,  generale  coman- 
dante la  guardia  nazionale  di  Lombardia  —  Pincherle,  ex- 
ministro  del  commercio  della  Kepiibblica  Veneta  —  Giuseppe 
Revere,  redattore  in  capo  dell'  Italia  del  Popolo.  — ■  Enrico  Cer- 
nuschi,  redattore  deW Operaio  —  Romolo  Grifflni.  redattore  delia 
Voi;e  del  Popolo  —  Guglielmo  Fortis,  membro  del  Comitato  di 
armamento  e  uiobiiizzazione  della  guardia  nazionale  lombarda 
—  Paolo  Bonetti,  segretario  del  Comitato  suddetto  —  Avv.  An- 
tonio Negri,  redattore  del  Kepuhhlicano  di  Milano.  Con  quel- 
l'atto, che  nel  testo  francese  fu  pubbl.  in  Les  derniers  événemeutD 
de  ifil(tH,par  le  Comité de  saliit puhlic;  Paris,  Librairio  mili taire  de 
J.  Dumaine.  1849,  pp.  46-48.  ma  prima  anciora,  in  quello  italiano, 
redatto  e  inviato  dallo  stesso  Mazzini,  in  parecchi  periodici  sviz- 
zeri e  italiani  {lìepnhhlicano  del  9,  Diario  del  Popolo  dell'  8,  Pensiero 
Italiano  dell'  11,  Jlha  e  Corriere  Livornese  del  14  settembre  1848, 
ecc.),  si  dichiarava  che  «per  opinione  pubblicamente  espressa  nei 
due  ultimi  anni  dall'Alpi  alla  Sicilia,  per  fatti  noti  comprovanti 
la  fermezza  di  quella  opinione,  per  V  insurrezione  Lombardo-Ve- 
neta iniziata  quando  appunto  l'Austria  impaurita  concedeva  li- 
bertà civili  e  politiche,  per  la  parte  presa  da  uonùni  di  tutte  le 
terre  italiane  nella  guerra  <'he  ne  seguì,  il  moto  italiano  era 
luoto  nazionale  anzitutto  e  tendente  esseTizialmente  all'nnitica- 
zioue  italiana  e  all'affrancamento  del  territorio  da  ogni  diretta  o 
indiretta  dominazione  straniera;  »  e  quindi,  sia  pure  salutando 
con  gioia  l'appoggio  chiesto  e  ottenuto  diilla  Francia  «  per  la  pa- 
cificazione e  per  l'emancipazione  d'Italia.»  si  respingCA^a  «qua- 
lunque mediazione  tendesse  a  smemltrare  e  dividere  »  le  pro- 
viiKMe  loml»ardo-venete,  strette  da  «  vincolo  tanto  sentito  che  il 
Governo  lombardo  aveva  ricusato,  per  non  infrangerlo,  l'indipen- 
denza fino  all'Adige  proposta  dall'Austria.»  }\eìì'Alba  del  24  s«t- 
tembro  1848  si  leggeva  che  «  il  giorno  14  era  stato  presentato 
all'Assemblea  Nazionale  dal  Sig.  Quinet  l'indirizzo  a  quella, 
diretto  da  Lugano  il  4  settembre  lirmato  da  Mazzini  e  altri  ciliari 
cittadini   italiani.»  Ved.  pure  la  nota  alla  lett.  MMCCCCLXV. 


Sic  Ki'i.sroi-AKio.  [1848J 

11  i)tirtito  che  ha  roviuato  or  ora  le  cose  d'Italia 
l'icomiucia  da  capo.  Io  sono  couviuto  che  uon  vi  è 
più  via  di  salute  per  la  causa  da  quella  del  Aero  in 
fuori;  la  i)arte  nostra  dovrebbe  inalberare  arditamente 
la  sua  bandiera,  e  rompere  all'  altra,  guerra  decisa. 

Se  gl'Italiani  buoni  faranno  cosi,  io  sarò  con  essi; 
se  continneranno  a  voler  creare  un  popolo  con  l'arti 
politiche  del  tempo  di  Luigi  XV,  starò  solo. 

Saluta  gli  amici,  e  segnatamente  La  Cecilia:  (^) 
ho  ricevuto  le  sue  linee;  ma  io  non  vengo  in  Italia 
se  non  i)er  un  ])rogramma  deciso,  e  chiaro.  Ama  il 

tuo 
Giuseppe. 

MMCCCCLXII. 

Ai>LA   Madre,    h  Genova. 

[Lugano],  2  settembre  [1848]. 
Cara  madre, 

Eccovi  Nino  e  un  abbraccio  da  me.  (')  Ho  rice\  ut( 
la  vostra  arretrata  del  151  agosto.  Xon  ho  un  minuto 

(*)  Il  La  Cecilia,  che  aveva  preso  tanta  parie  ai  latti  del 
15  maggio  1848  (ved.  G.  Paladino,  Il  15  maggio  del  1848  in 
Napoli;  Roma,  Soc.  Editr.  D.  Alighieri,  1921,  p.  122,  pattsim), 
riuscendo  poi  a  trarsi  a  salvamento  a  Civitavecchia,  era  tornato 
a  Livorno,  dove  avea  partecipato  ai  moti  della  line  d'agosto 
(ved.  Memorie,  ediz.  cit.,   voi.  IV,  pp.   151-189).. 

MMCCCCLXII.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  A  tergo  di  esso,  di  pugno  del  Mazzini,  sta 
l'indirizzo:  «  Maria  Mazzini,  »  la  quale,  sullo  stesso  lato,  an- 
notò:  «2  7bre  1848.  Coli' indirizzo  della  madre  di  Scipione.» 

(2)  Nino  Bixio.  Tornava  da  Parigi,  dov'  era  corso  al  letto 
del  fratello  Alessandro,  gravemente  ferito;  e  s'era  probabil- 
mente fermato  qualche  giorno  a  Lugano.  Ved.  la  nota  alla 
lett.  MMCCCCLIV. 


[1848]  Kl'lSTOI.AKIO.  311 

(li    tempo    per    iscrivervi.    Ma    sto    bene    <li    salute. 
Miss  Hill   è    in    Londra.   La    madre   di    Scipione    si 
cliiama  Angela  Pistrucci  ed  abita  20,  Porta  Tosa. 
Addio;  amate  il  ^.^^^^.^ 

(rlUSEPPE. 

Abbracciate,  vedendohi,  Giuditta  per  me.  (^) 

MMCCCCLXIII. 

Al)  Antonio  Moui>ini,  a  Venezia. 

[Lugano.   5  settembre  1848]. 

Concedetemi  d'aggiungere  una  linea  a  quelle  di 
Gustavo  (")  per  dirvi  ch'io  considero  la  missione  del- 
l'amico mio  Maestri  importante,  vitale  per  le  genti 
italiane,  e  spero  che  convinti  lo  appoggerete  con  tntta 
la  vostra  energia  e  con  tutta  la  vostra  influenza.  (^') 

Vostro 
Gius.  Mazzini. 

(*)  Giuditta  Sidoli,  che  aveva  aderito  con  entusiasmo  alle 
vicende  politiche  dei  mesi  precedenti,  era  andata  in  esilio  a 
Genova,  dopo  che  Keggio  era  stata  occupata  dagli   Austriaci. 

MMCCCCLXIII.  —  Pubbl.  da  M.  Rosi,  Il  Risorgimento  Ita- 
liano e  V azione  d'un  patriota,  ecc.,  cit.,  p.  45.  Era  diretta,  oltre 
che  ad  Antonio  Mordini,  riparato  a  Venezia  dopo  la  caduta 
di  Treviso,  e  uno  dei  quattro  vice  presidenti  di  qnel  Circolo 
Italiano  che  era  la  palestra  dei  più  ardenti  repubblicani  iini- 
tarii,  al  Dall' Ongaro,  al  Giuriati  e  .il  Nullo. 

(')  Su  G.  Modena  a  Lugano  ved.  la  nota  alhi  lett. 
MMCCCCLXVI. 

(3)11  Maestri  andò  infatti  a  Venezia,  ma  non  ottenne  grandi 
promesse  da  D.  Manin.  Frequentò  il  Circolo  Italiano,  ma  non 


312  Kl-KSTOLARK».  [1848] 

MMCCCGLXIV. 
A  GiusKPPE  Lambeuti,  a  Firenze. 

[Lnjjiino].  7  settembre  [1818]. 

Caro  (xiuseppe,  « 

Ebbi  la  tua.  lo  non  so  dove  sia  Michele,  se  in 
Konia  o  altrove.  Se  sai  o  puoi  saperlo,  fa  di  man- 
dargli V  unita. 

Delle  cose  e  di  me  non  ti  parlo.  Ma  gih,  ci  siamo 
e  hifiogna  agire.  Avremo  l'intervento  francese:  e  poi- 

riusci  il  smuovere  il  triumviro  veneziiiuo  dalhi  legiilitii.  Anzi 
tu  espulso  da  Venezia,  insieme  col  Kevere,  eoi  Mordini  e  col 
Dall' Ongaro,  quando  nel  Circolo  Italiano,  che  fu  detto  «rap- 
presentare nella  Venezia  del  '48  quella  parte  clie  nella  Francia 
della  fine  del  secolo  precedente  aveva  rappresentato  il  Club 
dei  Giacobini.  »  furono  apertamente  sostenute  le  idee  maz- 
ziniane. Ved.  V.  Mahchksi.  (Scoria  docmnentata  della'  rifolnzione 
«  della  difesa  dì  Venezia  negli  anni  1848-49,  ecc.,  cit.,  pp.  300 
e  .309-310. 

MMCCCGLXIV.  —  Pubbl.  da  D.  Giukiati,  Duecento  let- 
tere, ecc.,  cit.,  pp.  296-297.  Qui  si  riscontra  sull'autografo,  posse- 
duto dal  dr.  Daniele  Vare.  A  tergo  di  esso,  di  pugno  del  Maz^ 
Zini,  sta  l' indirizzo  :  «  Gius.  Lamberti.  »  Il  quale  aveva  lasciato 
il  Mazzini  a  Milano,  per  ricondursi  nella  sua  città  natale  e 
riabbracciarvi  la  tiglia  Sofia  (ved.  su  di  essa  il  Protocollo  della 
Giovine  Italia,  voi.  Ili,  p.  17,  passim).  Colà  era  rimasto  lino 
al  sopraggiungere  degli  Austriaci,  quindi  aveva  ripreso  la  sua 
vitii  di  esule.  Da  un  carteggio  che  tenne  con  la  figlia,  con- 
servato inedito  nel  Museo  del  Risorgimento  di  Reggio  Emilia, 
apparisce  che,  valicato  l'Apennino,  il  3  agosto  si  trovava  a 
Pontremoli,  il  7  a  Sarzana.  il  9  a  Lucca,  il  31  a  Firenze,  il 
18  settembre  ad  Arezzo,  il  9  ottobre  a  Roma,  i>oi  di  nuovo  a 
Firenze  (14  novembre),  e  a   Bologna  (17  novembre). 


1 


[184Sj  KPISTOLAIMO.  313 

che  bisogna  subire  questa  fatalità  —  fatalità  i)iù 
per  me  che  per  gli  altri,  dacché  tutto  l' ideale  della 
mia  vita  è  sfrondato  —  è  necessario  almeno  sah  al- 
l'onore  per  quanto  si  può;  operar  primi  e  primi  in- 
nalzar la  bandiera  repubblicana.  Vedrai  i)robabil- 
mente  Maestri.  Tentiamo  j)ersnader  Venezia  a  costi- 
tuirsi in  Governo  Repubblicano  pel  Lombardo- Veneto 
prima,  poi  per  l' Italia.  {'■)  Importerebbe  che  qualche 
uomo  nostro  v'entrasse  per  Modena  e  Parma.  So 
accettano,  dovresti  esser  tu;  se  non  tu,  altri  buo- 
nissimo de'  nostri:  Pietro,  se  avesse  mezzi  per  recarsi 
cohi.  (•)  Intanto,  ve^ilio  a  coglieie  l' iniziativa  dell'  in 
surrczione  Lombarda. 

Tu  i)redica  in  Toscana  il  vero  e  non  altro.  Oggi- 
mai  o  abdicare  e  cacciarci  in  silenzio  o  mostrarci 
quali  siano.  Non  è  più  possibile  transazione.  L'espe- 
rienza è  (tomjnuta.  Abbiamo  diritto  di  dirlo.  Se  non 
vogliono  udirci,  tal  sia  di  loro.  Abbiamo  ]»assato  il 
fiore  della  vita  in  esigilo:  potremo  e  sa])remo  nutrirvi. 

(^)  Questa  ]»vop<)sta  del  Mazzini  fu  «listMiasii  e  approvata 
in  «inelle  adunanze  dei  profughi  veneti  o  lombardi  che  furono 
tenute  nelle  Hale  del  Ridotto  di  S.  Moisè  dal  14  settembre  al 
19  ottobre  1848.  In  quella  del  17  settembre  il  Dall' Ougaro 
propose  di  «  dare  all'  emijjrazioui^  lomliarda  una  rappresen- 
tanza nel  Governo  di  Venezia,  »  scejjliendola  però,  non  già  «  fra 
i  membri  della  Consulta,  ma  nel  Comitato  di  pubblica  difesa, 
cioè  nel  vero  Governo  di  Lombardia;  »  e  nelle  altre  del  19  a  20 
dello  stesso  mese  fu  letto  e  approvato  l'indirizzo  del  Mazzini 
all'Assemblea  Nazionale  di  Francia.  Ved.  A.  Pascolato,  I pro- 
fH(ihi  Veneti  e  Lombardi  a  f'eiiezia  nei  1848  (in  Aiti  del  li.  Isti- 
tuto Veneto  di  scienze,  lettere  ed  arti,  toni.  LX,  jtart.  2*,  [1901], 
pp.   100.^-1016). 

(-)  I*.  Giannone.  abbandonata  Modena  il  2  agosto  1848, 
era  andato  a  Firenze,  presentato  al  Vienssenx  da  Savino  Sa- 
vini  (ved.  G.  Cankvazzi,  Fra  due  patrioti  autentici  (nella  l!an- 
xegna  Storica  del  Risorffimento,  a.   IV  [1917],   p.   797). 


314 


KTJ STOLA  ino. 


1848] 


Tu  dunque  cerca  raggranellare  e  ordinare  il  jìar- 
tito  repubblicano;  e  prepararlo  }ilP  azione  pel  giorno 
dell'  insurrezione  lombarda.  Se  Venezia  accetta  il 
l)artito  che  le  abbiamo  proposto,  seguiranno  l' ispi- 
razione che  verrà  di  là:  se  no,  seguiranno  f| nella 
che  verrà  da  noi. 

Ignoro  se  tu  abbiai  veduto  intero  (juel  mio  breve 
scritto  agl'Italiani:  te  lo  mando. 

Intenditi  con  Pietro;  con  (liglioli,  s'è  ravve- 
duto; (*)  e  cogli   altri. 

Corsi,  i)adre  e  tìglio,  in  Arezzo  sono  eccellenti 
nostri.  Fanne  caso. 

Luigi  Barbanera,  (•)  imi)iegato  nella  Casssi  del  Co- 
mune, Firenze  —  eccellente. 

Amami.  Risalutami  caramente  Pietro  e  Campi.  (^) 
Cerca  star  bene  per  V  ultimo  sforzo  ed  ama  il 


tuo 

(TlUSEPrK. 


I 


(')  G.  Giglioli,  toriijito  aiieh'egli  dall' osiliu  <ii  Loinlia,  e 
riparato  a  Firenze  ai  primi  d'agosto,  era  stato  favort^vole  alla 
fusione  di  Modena  col  Piemonte.  Ved.  la  nota  alla  lett. 
MMCCCCLXXXVII. 

(')  Su  Luigi  Barbanera,  clie  aveva  viva  preso  parte  ai  moti 
X)olitici  toscani  del  1846  e  1847,  ved.  il  Protocollo  della  Giovine 
Italia,  voi.  V,   pp.   88,   106,  passim. 

(3)  Giuseppe  Cami)i,  di  San  Felice  sul  Panaro  (1788-1873), 
già  carbonaio,  quindi  partecipe  al  moto  rivoluzionario  del  1831, 
per  cui  andò  esule  in  Francia.  Nel  1842  fu  chiamato  dal  Pomba 
a  Torino  a  dirigere  la  sua  Enciclopedia  e  due  anni  dopo  si 
trasferì  a  Capolago,  dove  fu  capo  fino  al  1848  della  Tipografia 
Elvetica.  Accorso  a  Milano  subito  dopo  le  Cinque  Giornate, 
vi  conobbe  il  Mazzini.  Ripresa  la  via  dell'  esilio,  peregrinò 
a  Firenze,  a  Capolago,  in  Piemonte,  in  Sardegna.  Ved.  G,  Ca- 
NEVAZZi,  Un  patriota  bibliofilo  e  filologo  (in  Miscellanea  in  onore 
di  G.  Sforza;  Lucca,   Baroni,   1922,  pp.   573  599). 


[1848]  Kl'l.STOLAKU).  31? 

MMOCCOLXV. 

A   LiZABK  RuFFONi,  a  Parigi. 

[Liij^auo],  8  settembre  1848. 

Carissimo  Lizabe, 

Ho  bisogno  che  ricapitiate  subito  l'acchiusa  a 
Bastide,  Ministro  degli  Esteri. 

Abbiamo  ricevute  le  due  lettere  vostre  :  vorrei 
scrivervi  a  lungo  e  non  ho  tempo  oggi.  Ma  lo  faremo 
quanto  prima.  Dite  intanto  a  Cattaneo  che  fido  in 
lui  e  in  voi  per  insistere  (;()1  Ministero  sui  caratteri 
dell'intervento.  Gli  agenti  del  Pienionte,  cominciando 
a  temerlo,  cominciano  pure  a  spargere  che  sono  in 
pienissimo  accordo  col  Governo  francese  e  che  l' in- 
tervento avrà  luogo  a  profitto  della  fusione.  Hanno 
tìnora  tentato  l' accordo  direttamente  coU'Austria  ; 
lo  tentano  ancora  ;  ma,  quando  l' intervento  apparirà 
vicino  a  comi)iersi.  faranno  da  vanguardia  sopra  Mi- 
lano, per  tentare  di  ra[>irci  l'iniziativa  e  d'attasoi- 
nare  coli'  apparenza  della  forza  le  popolazioni.  Bi- 
sogna  adoprarsi  a  sventar  questo  piano.  11  miglior 
metodo  è  quello  di  prender  noi  l'iniziativa:  e  lo  fa- 
remo ;  ma  per  questo  abbiain  bisogno,  da  un  lato, 
d'essere  informati  del  momento  in  cui  l'intervento 
sarà  veramente  vicino  a  compirsi  —  dall'  altro,  d' aver 
l'opera  vostra  attivissima  col  Ministero,  perché  evi- 
tino ogni  cosa  che  potrebbe,  da  parte  sua,  far  (ce- 
dere a  questo  accordo,  o  ridare  un'  apparenza  di  vita 
al   cadavere  della  (Consulta  che  s'agita  e  ritenta  la 


MMCCCCLXV.  —   Inedita.    Una    copia  dell' aiitoj-rafo    si 
conserva  nella  raccolta  Natlian. 


316  KPISTOLAUK».  [184.S] 

via.  (^)  Tentate  dunque  ogni  via  per  convincere  Bastide 
e  Cavaiguac  di  scendere  pel  Popolo  Italiano,  e  non 
per  l'Italia  del  Kord.  Mostrate  loro  come  le  ripu- 
gnanze Lombarde  per  Cjarlo]  A[lbertoJ  sou'  oggi  tali 
da  escludere  ogni  possibilità  di  pacificazione  su  (pudla 
base:  distruggete  il  sintonui  che  cavano  dalla  fusione 
votata  su'  registri,  rivelando  loro,  come  fu  procac- 
ciata quella  votazione.  ('^)  E  sopratutto  scriveteci.  Non 
badate  al  mio  silenzio,  lo  ho  cento  cose  da  fare:  voi 
ne  avete  una  sola. 


(1)  Con  la  iioniinii  (2  jijjosto  1848)  del  Cousijjlio  ammiiiistrii- 
tivo  generale  (veti,  la  nota  alhi  lett.  MMCCCCLIX)  era  dichiarato 
sciolto  il  Goveino  Provvisorio  Centrale  della  Lombardia,  il  quale 
assumeva  le  funzioni  di  Consulta  sti'aordinaria/che  per  la  forza 
delle  circostanze  si  era  trasferita  a  Torino.  Il  Casati  in  quei 
giorni  uscito  dal  Ministero,  faticava  a  ricomporne  «  le  membra 
sparse.  »  Casati-Ca.stagnktto,  Carteggio,  ecc.,  cit.,  pp.  259-260. 

(1)  Naturalmente,  (juesta  lett.  era  in  comnne  col  Cattaneo, 
il  quale  cosi  replicava,  anche  a  nome  dell'  altro  inviato  :  «  Ri- 
spondiamo alle  vostre  dell'  8  e  del  9.  Il  vostro  indirizzo  è  stato 
tradotto  da  Kuftoni  e  rimesso  a  Bastide  e  a  Cavaigiuic.  Edgard 
<.J,uinet  è  incaricato  di  presentarlo  all'Assemblea  :  per  ovvie 
considerazioni  abbiamo  preferito  di  servirci  di  lui  piuttosto 
elle  di  Milo  (lei  Bonaparte  che  si  sarebbe  prestato.  Sarà  fatto 
inserir»-  nei  giornali.  L'  avviso  del  comandante  di  Monza  sarà 
tradotto  e  pubblicato.  Mandateci  pure  ogni  cosa  di  simil  genere  ; 
che  qui  non  si  potrebbe  avere  altrimenti.  L' accettazione  della 
mediazione  francese  parve  bastevole  pretesto  iier  controniandare 
la  spedi/ione  dei  tremila  uomini  a  Venezia.  Capirete  da  (|uesto 
che  hi  niente  di  questi  signori  è  di  fare  il  men  che  sia  j>ossi- 
bile  :  anzi  sj)iacque  ad  alcnno  che  Bastide  abbia  detto  nell'As- 
semblea di  avere  imposto  la  mediazione.  Ma.  questa  frase  non 
fa  che  crescere  il  suo  impegno.  Pare  che  Bastide  prenda  piii 
a  cuore  le  cose  di  Sicilia  ;  forse  perché  vi  avrà  meno  contraria 
l'Inghilterra,  la  quale  conduce  tutto.  Noi  non  sappiamo  nulla 
<li  proposito  sullo  stato  attuale  della  emigrazione  e  sul  numero 
dei   rientrati  nel  regno  e  nella  città  di  Milano.  Qui  si  continua 


[1848]  KPISTOLAKIO.  317 

AbbiaiJio  operato,  come  anche  voi  suggerivate, 
sopra  Venezia  ;  e  con  speranza  di  riesci ta.  Abbiamo 
spedito  Maestri  ed  altri  i)er  entrare,  ove  occorra, 
nel  Governo  misto,  abbiamo  suggerito  una  serie  di 
atti.  Vj  vedremo  se  accettano.  Dovreste  tenei*vi  in 
contatto  con  Tommaseo  (malgrado  Fede  e  Bellezza) 
e  influenzarlo  a  scrivere  a  Venezia  nello  stesso  senso, 
«li  governo  lombardo-veneto  da  impiantarsi  ardita, 
mente  colà.  Cosi,  sì  troncherebbero  le  speranze  e  le 
congiure  della  Consulta.  (*) 

■A  sostenere  che  i  paesani  souo  favorevoli  all'Austria.  Bisogne- 
rebbe sonniiinistrare  qualche  fatto  che  provasse  LI  contrario. 
È  bene  che  sappiate  che  tra  le  proposte  riguardanti  1'  Italia 
vi  era  anche  ([uella  di  staccare  il  regno  lombardo- veneto  dal- 
l' impero  austriaco  e  darlo  al  Gran  Duca  di  Toscana.  Ma  l'aitar 
di  Livorno  ha  fatto  credere  che  questo  px-incipe  non  goda  molta 
popolarità.  Pare,  in  generale,  che  la  Francia  non  vorrebbe 
vedere  in  Lombardia  né  gli  Austriaci  né  Carlo  Alberto.  Di  for- 
mare una  repubblica  seml)rano  poco  innamorati,  perché  sembra 
ohe  molto  non  1'  amino  uennueno  a  casa  loro.  Dell'  unità  ita- 
liana per  ora  è  superfluo  il  parlare.  »  C.  Cattanko.  Scritti 
l>olitici,  ecc.,  cit.,    voL   I,  pp.   185-187. 

(*)  Subito  dopo  le  memorabili  vicende  dell'  11  agosto,  il 
Manin  aveva  pregato  il  Tommaseo  di  recarsi  a  Parigi  per  invo- 
care 1'  aiuto  francese.  Lo  scrittore  dalmata,  che  dal  3  luglio 
s'era  appartato,  non  avendo  voluto  accondiscendere  in  nessuna 
maniera  all'  unione  col  Piemonte,  dopo  i  rovesci  dell'  eser- 
cito piemontese  e  la  nuova  forma  di  Governo  in  Venezia  non 
indugiò  ad  accettare  un  momento  (ved.  K.  Bonghi,  La  vita  e 
i  tempi  di  Falentiììo  L'asini  ;  Firenze,  Barbèra,  1867,  pp.  279- 
280,  V.  Makchksi,  Storia  documentata  della  rivohtzione  e  difesa 
di  Venezia,  ecc.,  cit.,  pp.  274-275  e  N.  Tommaseo  e  G.  Cap- 
poni. Carteggio,  cit.,  voi.  II,  pp.  717-718).  Il  Mazzini  ricordava 
che  il  Cattaneo,  col  quale  il  Tommaseo  avrebbe  dovuto  incon- 
trarsi a  Parigi,  aveva  duramente  censurato  il  l'omanzo  Fede 
e  Bellezza  nel  Politecnico  (voi.  Ili  [1840],  pp.  166-176)  ;  e  sapeva 
che  1'  autore  di  esso  non  dimenticava  volentieri,  né  anche  a  di- 
stanza d'anni,  le  patite  ingiurie. 


318  KPiSTor.AHio.  [1848] 

Addio.  Abbracciate  perìiie,  voi  Lizabe,  Laiiiennais: 

e  ditegli  che  fidi  in  me.  Le  cose  non  vanno  male  da 

<|uesta  parte:  ma  mancliiamo,  al  solito,  di  danaro.  (*) 

Aìnate  il 

vostro 

CtIUS.  Mazzini, 

MMOCCCLXVI. 

ALLA  Madtìe,  a  Genova. 

[Tjtioaiiol.   9  settembre   1848. 

Mia  cara  madre. 

Kon  ricevo  vostre  lettere.  L'nltima  è  del  primo, 
coir  acchiusa  di  Napoleone,  il  quale  mi  scriveva  che 
il  popolo  non  si  commoveva  i)unto  per  l'affar  De  Boni, 
inentre  poco  dopo  costringeva  il  Governo  a  cedere,' 
ciò  che  prova  come  il  i^opolo  è  di  chi  lo  fa;  e  come 
i  nostri  amici  son  presti  a  disperare.  C)  Qui  nulla  di 

(*)  «  Quanto  al  danaro  —  rispondeva  il  Cattaneo  il  16  set- 
tembre. —  è  un  j»ran  peccato  che  i  nostri  volontari  abbiano 
lasciato  300,000  lire  nelle  easse  di  Como,  500,000  in  quelle  di 
Bergamo,  e  via  discorrendo,  senza  parlare  dei  qnattro  milioni 
<li  paste  metalliche  portate  a  Torino.  Se  coi  volontari  vi  fosse 
stata  una  vostra  rappresentanza,  come  noi  avevamo  racco- 
mandato nel  partir  di  costi,  queste  cose  si  sarebbero  fatte  di- 
versamente. Cernnschi  si  sforzò  bene  di  persuadere  Durando  a 
non  lasciare  al  nemico  la  cassa  di  Bergamo,  ma  sgraziata- 
mente non  poteva  comandare.  »  C.  Cattaneo,  Scrìtti  politici, 
ecc.,  cit.,  voi.  I,  pp.  187-188. 

MMCCCCLXVI. —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Nathan.  Non  ha  indirizzo.  A  tergo  di  esso,  la  madre  del 
Mazzini  annotò  :    «  9  7bre  1848.  » 

O  F.  De  Boni  si  era  rifugiato  a  Genova,  che  diventò  quasi 
il  centro  più  importante  dell'emigrazione  italiana,  nella  seconda 


fl848]  Ki'iSTOLAino.  319 

nuovo  per  ora.  Ma  saprete  voi  pure  le  uuove  dell'in- 
tervento francese  ormai  certo  ;  e  sarete,  ne  son  certo, 
in  Genova  al  colmo  della  «ioia.  Io  qui  non  odo  che 
espressioni  di  letizia  tra  «li  esuli.  Non  le  divido, 
perché  nel  mio  modo  di  sentire,  mi  pare  vergogna 
che  la  libertà  d'Italia  dipenda  dall'armi  straniere. 
Intendessero  almeno  gl'Italiani  che  a  salvar  l'onore 
è  necessario  eh'  essi  sorgano  e  ricomincino  la  guerra 
nazionale  prima  eh'  essi,  i  Francesi,  pongano  piede 
sul  nostro  terreno  !  So  dei  vostri  moti  ;  e  sta  bene  : 
ma,  come  i  moti  di    Livorno,  non  hanno   uno  scopo 

metà  (l'agosto.  Sprovvisto  com'era  di  mezzi  di  fortuna,  spe- 
rava di  poter  trarre  il  sostentamento  alla  vita  collaborando  nei 
giornali  di  quella  città,  che  oramai  si  erano  schierati  contro  il 
Governo  piemontese;  e  infatti  potè  entrare  nella  redazione  del 
FeìiHiero  Italiano,  diretto  ancora  da  F.  Bettini.  Naturalmente, 
la  sua  presenza  a  Genova  fu  tenuta  in  sospetto  da  quelle  auto- 
rità politiche,  che  sapevano  quale  parte  avesse  egli  avuto  a  Mi- 
lano durante  i  quattro  mesi  di  Governo  Provvisorio,  e  la  sor- 
veglianza su  di  lui  s'accrebbe  quando  ebbe  la  presidenza  del 
Circolo  Italiano,  fondato  in  contrapposto  a  quello  Nazionale,  il 
quale  «  si  proponeva  a  precipuo  mandato  la  causa  dell'  indipen- 
denza italiana  »  (ved.  per  la  lotta  fx-a  quelle  due  istituzioni  la 
lett.  di  A.  Kuttini  al  fratello  Giovanni,  con  la  data  dell' 8  set- 
tembre 1848,  in  C.  Cagnacci,  G.  M<izzini  e  i  fratelli  liuffini,  ecc., 
cit.,  pp.  356-35i>^.  Il  30  agosto,  un  ordine  del  Ministro  dell'Interno 
P.  D.  Piuelli  ingiungeva  all' Intendente  generale  di  polizia  di 
Genova  di  fare  arrestare  «di  nottetempo»  il  De  Boni,  e  di  farlo 
condurre  dai  carabinieri  alla  frontiera  toscana.  Il  1°  settembre  fu 
conosciuto  in  città  il  provvedimento  preso,  e  si  notò  una  viva  agi- 
tazione nel  i>opolo,  che  lino  dai  giorni  della  capitolazione  di 
Milano  e  dell'  armistizio  era  in  continuo  fermento.  Una  depu- 
tazione formata  dall' avv.  D.  Pellegrini,  del  Canale  e  da  altri 
si  recò  dal  Balbi-Piovera,  generale  della  guardia  nazionale,  a 
protestare  contro  il  provvedimento  ritenuto  anticostituzionale, 
ma  non  lo  trovò  in  casa  ;  corse  allora  dal  Governatore,  gene- 
rale De  Sonnaz,  inviato  di  fresco  a  sostituire  Michele    Regis, 


320  Ki'isToi.Aitio.  [1848] 

(ìetenniuato.  (*)  Oramai;  la  questione  in  Italia,  ]>ei-  chi 
ha  senso,  è  ])osta  chiaramente  fra  il  i)rinci]»io  repub- 
blicano e  il  monarchico.  Sia  che  (predano  Carlo  xVl- 
berto  traditore,  come  lo  crediamo  noi,  sia  che  lo  cre- 
dano incapace  ed  inetto,  non  possono  di  certo  aver 
fede  in  lui,  né  venerazione  sincera.  Perché  dunque 
persistono  a  voler  rigenerare  il  paese  e  ca(;ciar  lo 
straniero  con  lui  ?  Del  resto  facciano  quello  che  sti- 
mano ;  ed  ognuno  o[)eri  secondo  hi  propria  coscienza. 
Credo  a  ogni  modo  che  l'Austria  non  soggiornerà 
gran  tempo  in  Lombardia,  e  credo  che  non  saremo 
per  molto  disgiunti.  Abbiate  dunque  coraggio  e  pa- 
zienza. Più  o  meno,  tutto  finirà  in  bene.  11  ]»a(lre 
dev'essere  a  quest'ora  in  cam])agna.  Voi  dovete  essere 

«lopo  cbe  nei  giorni  precedenti  aveva  d.at.o  fiicoltà  al  popolo  eli 
smantellare  i  due  forti  del  Castelletto  e  di  San  Giorgio,  e 
mentre  in  piazza  si  gridava  da  imponente  massa  di  dimostranti  : 
Abbasso  il  Ministro  l'inelli.  abbasso  la  Camarilla,  otteneva  dal  De 
S()iin;iz  uii  ordine  con  cui  si  autorizzava  il  De  Boni  a  tornare 
in  (ienova,  e  si  spediva  G.  B.  Cambiaso  —  uno  della  dei)uta- 
zione  —  con  incarico  di  raggiungerlo  per  via.  Non  contenta 
di  ciò.  la  moltitudine  chiedeva  la  dimissione  del  Ballii-Piovera 
da  generale  della  guardia  nazionale,  acclanumdo  in  sua  vece  a 
succedergli  Lorenzo  Pareto,  quindi  invadeva  e  saccheggiava 
l'utHciodi  Polizia.  Ved.  il  Pensiero  italiano  del  2  settembre  1848. 
Pochi  giorni  dopo  il  De  Sonnaz  seguiva  la  stessa  sorte  del 
Regis  ;  e  in  suo  luogo  vi  andava  Giacomo  Durando,  il  quale 
assumeva  (7  settembre)  la  carica  di  R.  Commissario  jier  Genova. 
(1)  1  dimostranti  contro  gli  uffizi  di  polizia  avevano  in- 
fatti commesso  gravi  eccessi,  poiché  dopo  aver  tentato  di  dar 
fuoco  all'  archivio,  avevano  minacciato  di  gettare  dalla  iinestra 
1'  intendente  Castellini  ;  e  nel  rovistare  gì'  incartamenti,  tro- 
vato tracce  di  spionaggio  da  parte  di  certo  Don  Carlo  Ricci 
«  già  chierico  regolare  somasco,  poscia  congedato  da  quella  Con- 
gregazione come  prete,  »  erano  corsi  a  rintracciarlo  j^er  fame 
giustizia  sommaria.  Ma  il  prete,  avvisato  in  tempo,  era  riu- 
scito a  fugofire.   Ved.   il   Pensiero  Italiano  del  4  settembre  1818. 


[1848]  Kl'ISTOLAKIO.  321 

circoiKÌata  d'amici  buoni,  Goffredo,  Xiiio  ed  altri. 
Garibaldi,  meutr'io  scrivo,  do vrebb' essere  nella  vostra 
lliviera  ;  {')  e  vorrei  che  diceste  a  Goffredo  e  agli  altri 
di  teueruii  a  giorno  con  prontezza  d' ogni  cosa  impor- 
tante che  potesse  accadere.  Io  penso  spesso  alla 
gentile  che  mi  scrisse  in  inglese  ;  e  vorrei  scriverle; 
ma  sono  in  un  tal  turbinio  di  cose  e  d' uomini  che 
non  trovo  un  solo  momento  a  mio  modo  per  tarlo. 
Ma  fatevi  mia  interprete  con  essa.  Vedete  frequen- 
temente Antonietta?  Spero  di  si.  Qui,  per  sostenere 
l'emigrazione,  gl'italiani,  artisti  che  si  trovano  qui, 
vanno  dando  qualche  Concerto  a  benefìzio  comune: 
e  riescono  abbastanza.  Vi  recita  pure  Gustavo  Mo- 
dena eh' è  (jui  colla  inoglie.  C) 

(')  Era  giunto  a  Nizza  in  <i|uello  stesso  giorno,  e  la  Con- 
cordia (u.  dell'  11  settembre  1848),  in  una  corrispondenza  da 
quella  città,  cosi  ne  descriveva  1'  arrivo,  che  il  Governo  Sardo, 
specialmente  a  cagione  del  Hero  proclama,  aveva  tentato  di 
ostacolare  (ved.  T.  Bottini,  Garibaldi  e  il  Governo  Sardo,  ecc., 
cit.,  in  Rassegna  cit.,  p.  355  e  segg.)  :  «Garibaldi  è  giunto  a 
Nizza  per  la  via  di  "Francia.  Affranto  dalla  fatica  e  dalla 
lebbre,  dovette  fermarsi  nel  villaggio  di  St-Laurent,  dove  cor- 
sero a<l  abbracciarlo  sua  moglie,  i  suoi  figli  e  molti  dei  prin- 
cipali suoi  concittadini....  Egli  racconta  i  fatti  della  sua  le- 
gione con  una  moderazione  ed  una  sincerità  che  non  ha  pari 
e  si  compiace  a  render  giustizia  al  valore  dei  Pavesi  che  com- 
battevano nelle  sue  file  ed  alla  spontaneità  con  cui  le  popola- 
zioni lombarde  accorrevano  a  fornire  di  vettovaglie  il  piccolo, 

ma  fortissimo  esercito  italiano Garibaldi  è  estenuato  di  forze 

fisiche,  ma  la  robusta  sua  complessione  e  più  1'  animo  invitto 
vinceranno  la  prova  e  presto  tornerà  alla  battaglia.  Egli  non 
ha  perduto  la  fiducia  nella  vittoria  della  causa  italiana,  che 
anzi  pensa  che  anche  senza  l' intervento  dei  Francesi  potrebbe 
trionfare,  seppure  si  volesse  davvero.  » 

(*)  Gustavo  Modena  si  trovava  a  Venezia  a  recitare  co» 
lii  compagnia  drammatica  Calloud  quando  scoppiò  la  rivolu- 
zione lombarda,  e  ai  primi  d'aprile  si   uni  con  i   «  500  Veneti 

Mazzini,  Scritti,  ouc,  voi.  XXXV  (Kpistulario,  voi.  XIX).  21 


322  Ki>iSTOr,AKU).  [184."^] 

Sto  bene  di  salute.  Le  giornate  continuano  belle 
oltre  ogni  dire.  Le  notti  sono  deliziose.  Ma  clii  può 
goderne  ?  Che  fa  Carolina  ?  clie  cosa  dice  di  questo 
mio  nuovo  esilio?  Ricordatemi  a  lei  con  affetto.  Vedete 
Giuditta  f  Ditele  tante  cose  per  me  ;  ditele  eli'  io 
spero  ancora  rivederla  e  che  m'è  una  gioia  il  pensarvi. 
Voi,  madre  mia^  state  forte,  fidate  in  Dio  e  nel  trionfo 
inevitabile  del  diritto,  ed  amate  sempre  il  vostro 

Giuseppe. 

ri  Capitano  Medici  vi  sahita  con  affetto. 

MMCCCCLXVII. 
.  A  Carlo  Cattaneo  e  Lodovico  Fra  polli,  u  Parigi. 

[Lugano],   12  settemhic  184^i. 

Fratelli. 
Eccovi  un  altro  atto    da  farsi  tradurre    e  innol- 
trarsi,  originale  e  traduzione,  al  Ministro  Bastide.  (') 

che  andavano  ad  arruolarsi  sotto  il  comando  del  generale  Ziic- 
chi.  »  Il  7  aprile  si  trovava  in  Udine,  1"  11  a  Palmanova,  da 
dove  si  recava  il  21  in  missione  al  campo  di  Carlo  Alberto, 
e  dopo  la  resa  di  quella  fortezza,  a  Treviso,  a  Vicenza  e  inline 
a  Milano.  Colà  rivide  il  Mazzini,  e  collaborò  talvolta  iiìVIIalia 
del  Popolo,  e  avvenuta  la  capitolazione,  riparò  a  Lugano  (ved. 
G.  Modena,  Politica  e  Arte:  epistolario  con  biografia,  ecc.,  cit., 
pp.  liv-lxxxj,  e  il  Kepiihblicano  del  4  settembre  1848,  in  cui  era 
dato  ragguaglio  di  uno  di  quei  concerti).  Nel  1857  il  Mazzini 
ricordava  ancora  gli  «applausi  frenetici,  »  con  i  quali  il  pubblico 
acclamava  G.  Modena  dopo  la  recita  della  Clarina  del  Bercliet 
<ved.  l'art.  Situazione,  in  Scritti  editi  ed  inediti,  voi.  IX,  p.  297).    , 

MMCCCCLXVII.  —  Inedita.  Ne  esiste  una  copia  nella  rac- 
colta Natlian.  La  carta  dell'  autografo  recava  la  intestazione 
della  «  Giunta  d'Insurrezione  Nazionale  Italiana.  » 

(1)  Era  quello  indirizzatoci  Governo  Francese,  che  si  stampò 
in  italiano    in    foglietto    volante,  con    le    stesse    firme    ohe   si 


(1848]  Kl'If^TOLAHIO.  323 

Xoii  vedo  clie  abbiate  dato  luibblicità  sui  giornali, 
come  dii  noi  si  voleva,  all'  ludiri^izo  all'Assemblea 
Nazionale.  Importa  moltissimo  che  lo  facciate.  Im- 
porta che  si  sappiano  «li  atti  nostri  e  resistenza 
nostra.  Fate,  vi  prego,  che  le  commissioni  che  v'an- 
diamo mandando,  siano  eseguite  il  imi  rapidamente 
possibile.  (*) 

Udiamo,  e  da  altri,  T  accettazione  e  le  basi  della 
Mediazione.  8e  sono  quali  ci  vengono  comunicate, 
cioè,  la  Lombardia  o  il  Lombardo- Veneto  eretto  in 
Arciducato  Austriaco,  noi  protesteremo  :  proteste- 
ranno (renova.  Livonu),  Bologna  ed  altre  città  ,•  ma 
è  necessario  (;he  protestiate  primi,  I  Lombardi  hanno 
chiesto  aiuto  e  non  mediazione  :  hanno  chiesto  alla 
FrauiMa  d'  aiutarli  a  conquistare  indipendenza  piena 
dall'Austria  e  dalle  sue  intluenze,  non  di  proporre  e 
dar  loro  un  ordinamento  interno.  Se  la  Francia  non 
può  dare  ciò  che  s"  è  chiesto,  rinumga  e  lasci  noi 
come  stiamo.  Una  ujediazione  decisa  da  conferenze 
diplomatiche  alle  quali  noi  non  abbiamo  neppure 
diritto   (V  intervenire,  una   mediazione  che,  in    nome 

k'gi^evaiio  nell'altro  del  4  .settembre.  Fu  poi  inserito  iielhi 
cit.  traduzione  francese  degli  Ultimi  irintisaimi  fatti  di  Milano 
(pp.  51-55).  Conteneva  una  specie  di  dicliiarazione  alle  Potenze 
mediatrici  sulla  questione  italiana,  perché  sapessero  che  non 
era  «  i|uestione  di  ordinamento  interno,  di  politica  interna;  » 
ma  «  questione  nazionale,  questione  d'  indipendenza.  » 

(1)  Ved.  invece  la  nota  alla  lett.  MMCCCCLXV.  E  a  (luesto 
proposito  il  Cattaneo  rispondeva  da  Parigi,  il  16  di  quello  stesso 
mese:  «  1/  indirizzo  vostro  del  4  corrente  era  già  stato  da  noi 
tradotto  «fatto  inserii'e  nella  i^<;TwnHe  e  nella  Démocratie  Facifiqxe; 
<•  ve  ne  abbiamo  dato  notizia  nella  precedente  nota  del  13. 
11  iinovo  indirizzo  in  data  del  12  verrà  parimente  tradotto, 
presentato  ai  Municipi  [sic;  forse  Miiii»tri]  e  inserito  nei  gior- 
nali. »   *'.   Cattamco,  Striiti  jìoUtici.  ecc.,  cit.,  toI.  I,  p.   187. 


324  KPisToi.Aiuo.  [1X48] 

della  Francia  repubblicana,  c'imponga  un  re  di  stirpe 
Austriaca,  è  fatto  tale,  contro  il  quale  noi  moveremo 
e  cielo  e  terra.  Ciò  non  contrasta  al  nostro  spedire 
domande  alla  potenza  mediatrice  come  or  facciamo. 
Noi  ignoriamo  officialmente  le  basi  date  :  e  intanto 
esponiamo  voti  su'  particolari  della  mediazione  stessa. 
serbandoci  il  diritto  di  ricusarla  en  hloc  quando  il 
momento  verrà.  Voi,  che  siete  in  Parigi,  dovete  ])re- 
cederci  senza  pubblicità.  (*) 

(*)  «  Quanto  .tlle  unove  di  qui  —  rispoiuleva  il  Ciittanea 
nella  lett.  cit.  ujla  nota  precedente  —  quelle  che  noi  non 
vi  diamo  son  tutte  tristi.  Non  ve  le  diamo  di  giorno  in 
giorno,  per  non  disanimarvi.  L'  intenzione  della  Francia  è 
di  non  far  nulla,  facendo  pur  vista  di  far  qualche  cosa. 
Non  sarà  veramente  trascinata  ai  fatti  se  non  per  le  umilia- 
zioni pubbliche  ohe  dovrà  soffrire.  L'  opinione  nniversale  è 
a  noi  contraria,  e  il  Governo  non  vi  può  far  ntilln.  1,' Ilaìia 
farà  da  sé.  ecco  la  parola  fatale  che  ci  condanna.  È  vano  il 
rispondere  che  questa  era  la  scaltra  divisa  degli  Albertisti. 
per  velare  col  decoro  nazionale  l'odio  della  vicina  repub- 
blica. Il  generale  Cavaignac  lia  rinfacciato  a  me  e  a  Bargnaui 
che  questo  era  il  motto  universale,  e  che  lo  stesso  Mazzini  lo 
aveva  solennemente  adottato,  rigettando  da  sé  come  nu  delitto 
l'accusa  di  aver  potuto  desiderare  l'alleanza  francese.  E  così 
dicendo,  il  generale  trasse  fuori  dalle  carte  che  gli  stavano 
innanzi  diversi  giornali,  ove  erano  siffatte  dichiarazioni  di  Maz- 
zini :  il  che  fa  vedere  che  i  nostri  diporti  erano  attentamente 
osservati.  Egli  ne  indusse  non  tanto  che  Mazzini  per  sé  fosse 
contrario,  quanto  che  1'  opinione  doveva  esser  molta  diffusa, 
se  era  cosi  necessario  di  scusarsi  in  faccia  al  pubblico.  »  Id., 
voi.  I,  p.  187.  Del  resto,  nei  circoli  politici  i)arigini  si  aveva 
un'  imperfettissima  cognizione  delle  vicende  italiane  dal  marzo 
in  poi.  «  Invitato  dagli  amici  qualche  giorno  dopo  la  presa 
di  Milano  a  verificare  in  Parigi  quali  speranze  mai  colà  rima- 
nessero alla  tradita  nostra  causa  —  scriveva  il  Cattaneo,  proe- 
miando all'edizione  italiana  del  suo  Whvo  :  Dell'  insuirezioìi  e  di 
Milano  itel  1848,  —  trovai  quegli  uomini  di  Stato  profonda- 
mente   ignari  delle    cose  nostre,  e  per   la  gravità   delle    circo- 


{1848]  KiMSToi.Aiao.  325 

Venezia  ha,  come  vedeste,  accettato  due  volte  le 
nostre  proposte.  Domani  Maestri  sarà  in  Venezia,  e 


sfan/e  seusibilineute  immemori  d'  ogni  cosa  italiana.  E  per  gii 
indefessi  maneggi  delle  corti  di  Torino  e  di  Vienna,  li  rinvenni 
imbevuti  d'opinioni  iusoffrihil mente  vituperose  a' miei  concit- 
tadini e  a  tutta  l'Italia.  D'  altro  non  mi  rispondevano  che  degli 
eroici  sforzi  del  re  Carlo  Alberto,  stoltamente  salutati  dalla 
discordia,  viltà  e  i)ertìdia  nostra.  Non  aveva,  a  creder  loro,  la 
libertà  fra  noi  fondamento  alcuno  di  popolo  :  la  moltitiuUne 
«ra  fra  noi  d'animo  tanto  austriaco  che  a  stento  l'esercito 
regio  aveva  potuto  ridursi  in  salvamento  e  proteggere  nell'  ardua 
sua  ritirata  quei  pochi  gentiluomini,  i  qunli  nella  squisita  edu- 
cazione e  nei  lunghi  viaggi  avevano  attinto  qualche  svogliata 
e  lioca  aspirazione  di  libertà  e  nazionalità.  Il  restante  popolo, 
attatto  lazzarone,  attendeva  solo  il  ritorno  degli  Austriaci,  per 
dare  di  piglio  negli  averi  e  nel  sangue  degli  amici  dell'indi- 
pendenza e  di  Cario  Alberto;  aveva  incendiato  i  sobborghi  di 
Milano  ;  e  se  non  era  la  saviezza  e  la  prontezza  dei  generali 
austriaci  a  occupare  la  città  immantinente  dopo  la  partenza 
del  re,  1'  avrebbe  arsa  e  saccheggiata  anche  per  suggestione  dei 
repubblicani.  Si  citavano  gli  articoli  della  Allgeìneiue  Zeilung, 
che  parimenti  attestavano  essere  tutto  il  moto  d'  Italia  raggiro 
di  pochi  nobili,  di  pochi  individui  della  razza  bianca,  la  quale 
opprimeva  e  spolpava  la  razza  bruna  indigena  delle  campagne 
d'Italia,  costantemente  e  vanamente  difesa  dagli  amministra- 
tori austriaci  !  Molti  mi  predicavano,  come  avrebbero  potuto 
fare  a  un  Egiziano,  che  a  conseguir  1'  indipendenza  era  mestieri 
))reparare  lontanamente  le  cose,  introdurre  in  Italia  gli  asili 
d'  infanzia,  le  casse  di  risparmio  e  le  strade  ferrate,  distogliere 
i  contadini  dal  dolce  far  niente  :  in  due  o  tre  generazioni  il 
popolo  poteva  farsi  maturo  :  e  mi  dissero  parecchie  cose  che 
veramente  avevo  già  lette  nei  libri  del  conte  Cesare  Balbo  e 
del  marchese  Massimo  Azeglio  e  del  D.ilpozzo.  Ragionamenti 
di  questa  fatta  mi  si  facevano  da  uomini  d'ogni  opinione, 
Cavaignac.  Bastide,  Ciutrat,  Mignet,  Tliierry,  Larochejao- 
quelein,  Drouyn  de  Lhuys  e  cento  altri  di  cui  non  mi  ricordo 
il  nome.  Chi  mi  palesò  animo  più  propenso  e  ospitale,  si  fu 
Lamartine  ;  a  meglio  intendere  le  cose  d'Italia  mi  parve  Qiii- 
net.  »  C.  Cattanko,  ScritU politici,  ecc.,  cit..  voi.  I,  pp.  207-208. 


Kl'ISTOLAKK). 


18481 


vedremo  se  s' accetta  di  fare  il  terzo  passo  e  il  più 
decisivo. 

Lo  spirito  in  l'ienionte,  malgrado  il  iiuo\o  pal- 
liativo Giobertista,  migliora.  (*)  In  Lombardia,  si  pre- 
para la  lotta  :  e  questa  lotta  che  dipende  da  noi 
F  iniziare  e  che,  a  tempo  debito,  inizieremo.  romperà 
le  diplomazie,  e  trasformerà,  se  la  Franchia  vorrà,  la 
mediazione  in  intervento  .armato.  Scrivo  al  solito  in 
fretta  ;  nondimeno,  scrivo  pili  assai  che  voi  non  fate, 
Kompete  questo  silenzio  ed  amate  il 

vostro 
(rius.  Mazzini. 

(')  Sotto  la  presidenza  del  Gioberti  si  era  costituita  ii  Torino 
il  6  settembre  1848  una  Società  Nazionale  per promiiorcre  e  con- 
durre a  termine  la  confederazione  ìialianu.  Scopo  delhi  Società 
era  (luello  di  «  promuovere  con  tutti  i  mezzi  legittimi  ((uanto 
sarebbe  stato  necessario  perclié  venisse  effettuato  il  Patto  Fede- 
rativo in  Italia;»  di  propugnare  «l'indipendenza  assoluta 
dallo  straniero  ;  »  di  mantenere  «  l' unione  del  Piemonte  coi 
ducati  e  collo  provinole  lombardo-venete  sotto  lo  scettro  costi- 
tuzionale della  dinastia  di  Savoia;  »  di  rispettare  infine  le 
«  integrità  territoriali  e  le  prerogative  ])oliticlie  dei  varii  Stati 
già  costituiti  nella  penisola,  cioè  lo  Stato  della  Chiesa,  il  Keame 
di  Napoli,  il  Regno  di  Sicilia,  il  Granducato  di  Toscana  e  la 
Repubblica  di  San  Mariilo.  »  Facevano  parte  del  «  Comitato  Ini- 
ziatore» i  conti  Jacopo  e  Luigi  Sanvitale,  A.  Gallenga,  G.  l^or- 
sari,  e  F.  Maestri  per  Parma,  F.  Freschi  e  A.  Genoochì  per 
Piacenza,  E.  G.  Lessona,  M.  Castelli,  A.  Brofferio  e  C.  Gay 
per  Torino,  G.  M.  Giovanuini.  G.  Malmnsi,  G.  Paltrinieri  e 
G.  Minghelli  per  Modena,  F.  P.  Perez  per  Palermo,  S.  Gatti 
per  Asti  e  S.  Tecchio  per  Vicenza.  Palestra  di  (xucsta  nuova 
associazione  furono  in  Piemonte  e  in  Liguria  i  Circoli  Nazio- 
nali, decisamente  avversari  dei  Circoli  Italiani,  ed  ebbe  per 
organi  di  stampa  i  giornali  democratici,  specialmente  la  Con- 
cordia. l'Opinione,  e  tino  a  un  certo  momento  il  Penxìero  Ita- 
liano, ecc.;  e  di  più,  un  periodico  suo  proprio,  che  s'intitolò  la 
Democrazia  Italiana. 


^ 


[1848]  Ki'isTOi.AHio.  327 

Aiutate  potendo,  V Impiestito  Nazionale  Veneto. 
Spronate  i  buoni  facoltosi  a  prendere  azioni.  (') 


^i^rccccLxviii. 

To  Mus.  AsHUKST,  Loiulon. 

Lujraiio,   Septemh.T  13"'  [1848]. 

]\Iy  dear  Friend, 

Ouly  a  few  lines  to  teli  you  that  1  feel  gratefiil 
every  time  you  write:  and  that,  although  I  canuot 
write,  I  ani  very  often  witb  you  in  spirit,  T  bave 
received  two  letters  froni  you,  oue  at  ]\[ilan,  and 
one  liere;  not  a  word  from  Caroline.  Witli  you,  witli 
Eliza,  witl)  the  most  intimate  friends  I  have  been 
silent,  not  so  niuch  on  account  of  niy  not  beino  able 


Lujjiiiio,   13  settembre. 
^lia  cara  amica, 

Poche  riglie  soltanto  per  dirvi  clie  vi  sono  tanto  grato 
ogni  volta  che  mi  scrivete:  e  che,  per  quanto  io  non 
possa  scrivere,  sono  molto  spesso  con  voi  in  ispirito.  Ho 
ricevuto  due  lettere  vostre,  una  a  Milano  e  una  qui  ;  ma 
non  una  parola  da  Carolina.  Con  voi.  con  Eliza,  con  i 
miei  amici  più  intimi  ho  taciuto,  non  tanto  perché  non 
fossi  capace  di  trovare  il  tempo  di  scrivere,  quanto  per  l'im- 

(')  I]  Prestito  Nazionale  Italiano  di  dieci  milioni  di  lire, 
lanciato  dal  triumvirato  veneziano  il  31  agosto  1848,  non  ((Stante 
fosse  diffuso  con  nobile  programma  in  tutta  Italia,  ebbe  scarsi 
risultati.  Ved.  V.  Marchesi,  Storia  documentata  della  riroht- 
zione  e  della  difesa  di   Venezia,  ecc.,  cit.,  pp.  293-294. 

MMCCCCLXVIII.  —  Pnbbl.  da  E.  F,  Richard.s,  op.  cit., 
pp.  93-94. 


328  EPISTOLARIO.  [1848] 

to  tiiid  tiine  for  writiuo  as  for  the  impossibility  of 
writing  as  mudi  as  I  sbould  like.  I  caimot  write  to 
snch  friends  as  you  are  between  two  couversations 
or  two  liours  of  business,  as  I  caiinot  read  a  pa^e 
of  Byron,  Dante,  George  Sand  and  like,  between 
two  newspapers.  It  would  require  a  volimie  to  teli 
you  my  life  during  the  last  Ave  months— my  feeling- 
stili  an  exile  aniongst  my  countrymen — my  foreseeiug 
everything,  but  one,  that  has  happened,  stili  being 
dooined  to  a  comparative  inactivity— the  outburst  of 
enthusiasm  for  the  national  creed  T  preach.  and  tlie 
threatenings  and  insnlts  printed,  placarded  aroimd 
me  at  a  short  interrai— the  glorious  instincts  of  the 
populations  and  the  utter  want  of  capacity  and  of 
morality  in  the  leading  men— the  elements  of  better 
things  lost  one  by  one  through  the  infernal  tactics 
of  Charles  Albert  and  of  the  Milanese  Government — 


possibilità  di  scrivere  quel  clie  avrei  voluto.  Io  non  posso 
scrivere  ad  amici  come  voi  nell'intervallo  fra  due  col- 
loqui o  due  ore  di  aft'ari,  come  non  posso  leggere  una 
pagina  di  Byron,  Dante,  George  Sand  e  simili  fra  due 
giornali.  Sarebbe  necessario  un  volume  per  descrivervi  la 
mia  vita  iu  questi  ultimi  cinque  mesi  —  per  dirvi  come 
io  mi  senta  ancora  un  esule  in  mezzo  ai  miei  compa- 
trioti —  come  io  abbia  preveduto  tutto  quello  che  è  avve- 
nuto, tranne  una  cosa,  di  essere  ancora  condannato  ad 
una  relativa  inazione:  —  dirvi  lo  scoppio  d'entusiasmo 
per  il  principio  nazionale  che  raccomando  e  le  minacce 
e  gli  insulti  pubblicati,  affissi  intorno  a  me,  dopo  un 
breve  intervallo  —  gli  istinti  gloriosi  delle  popolazioni 
e  l'assoluta  mancanza  di  capacità  e  di  moralità  nei  diri- 
genti —  gli  elementi  per  un  avvenire  migliore  perduti, 
ad   uno  ad  uno,  per  le  tattiche  infernali  di  Carlo  Alberto 


[18-18]  Ki'iisioi.AHU).  329 

the  lumofing  of  ali  my  hopes  on  a  popular  defeiice  of 
Milau,  from  whicb  a  new  lite  coiild  liave  spruno-,  and 
my  seeing:  the  last  hope  vanishing  with  the  arrivai 
of  the  Piedniontese  army,  and  the  promises  of  defeuce 
uttered  by  a  King  who  had  al  ready  the  capitulation 
in  his  i>ocket — ali  these  things  with  ali  my  internai 
life  I  should  wish  and  have  wished  to  teli  yon:  and 
not  being  able  to  do  so,  1  cannot  speak  at  ali.  And 
now,  the  mediating  Powers  are  eoming  in.  and  with 
them  a  new  period  of  shame  and  deceptions.  Stili, 
I  do  not  despair.  And  it  may  be  that  I  succeed  in 
breaking  up  ali  these  cobwebs,  and  calling  again  the 
people  to  struggle  in  the  name  of  Truth  :  but  as 
far  as  I  am  concerned,  I  am  withered,  lost  :  through 
my  own  or  other  people's  fault,  I  was,  evidently  not 
fìt  for  living  in  this  tinie  of  ours.  You  have  been 
told  that  I  have  seen  my  sister  first,  then  my  mother 

e  «It^l  Goverm»  milanese:  —  dirvi  come  io  uveva  riposto 
tutte  le  mie  speranze  sopra  una  difesa  popolare  a  Milano, 
da  cui  sarebbe  potuta  sorgere  una  nuova  vita,  e  come  io 
abbia  visto  svanire  la  mia  ultima  speranza  con  1'  arrivo 
dell'esercito  piemontese  e  c<)n  le  pronìesse  di  difesa  fatte 
da  un  Re  che  aveva  già  in  tasca  la  capitolazione.  Tutte 
queste  cose,  insieme  con  la  mia  vita  interiore,  io  avrei 
desiderato  e  desidererei  dirvi  :  e  siccome  non  ho  la  possi- 
bilità di  farlo,  non  posso  parlarvene  affatto.  Ed  ecco  ora 
le  Potenze  mediatrici  che  p(»rtano  con  loro  un  nuovo  pe- 
riod«>  di  vergogna  e  di  delusione.  Pure,  non  dispero  ancora. 
E  può  darsi  ch'io  riesca  a  spezzare  tutte  queste  tele  di 
ragno  ed  a  chiamare  di  nuovo,  in  nome  della  Verità,  il 
I)opolo  alla  lotta:  ma.  per  quanto  riguarda  me  stesso, 
sono  finito,  perduto:  o  per  mia,  o  per  altrui  colpa,  io 
non  ero  adatto,  evidentemente,  a  vivere  in  questi  nostri 
tempi.  Vi  hanno  detto  che  lio  visto  mia  sorella,  poi  mia 


330  Kl'ISTOLAHlO.  [1848] 

for  two  weeks,  Just  betbre  the  fall  of  Milau.  Tliank 
you  tbr  ali  the  little  details  you  give  aboiit  yoii  aud 
yoiirs.  They  are  ali  precious  to  me.  Shall  I  see  you 
ali  agalli  ?  1  doii't  know  ;  but  oue  thing  is  siire,  that 
J  will  iiever  forget  you,  and  that  1  alvvays  will  draw 
comfort  from  your  remembrauce,  as  from  that  of  the 
dearest  frieiids  I  bave.  Remember  me  to  Mr.  Ashurst; 
and  to  ali  our  friend»,  the  ueigiibours  or  occasionai 
visitors  of  Muswell  Hill:  of  your  daughters  and  sons 
there  is,  I  trust,  no  need  of  speaking:  they  ali  re- 
member  me;  aud  I  feel  it  from  afar.  Should  any 
chaiige  in  my  actual  ])osition  take  place,  >(»u  will 
know  it  not  only  from  the  pa|»ers,  but  from  a  few 
words  of  mine.  Take  care  of  your  health  :  and  believe 
me,  dear  friend, 

now  and  ever  yours  very  att'ectionately, 
Joseph  Mazzini. 


madre,  per  due  settimane,  prima  della  caduta  di  Milano. 
Grazie  per  tutti  i  piccoli  dettagli  che  mi  date  intorno  a 
voi  ed  ai  vostri.  Mi  sono  preziosi.  Potrò  rivedervi  tutti 
qnaiiti  ?  Non  so:  ma  di  una  cosa  son  certo:  die  non  vi 
dimenticherò  mai  e  che  troverò  sempre  un  conforto  nel 
ricordo  di  voi  che  siete  gli  amici  più  cari  ch'io  mi  abbia. 
Ricordatemi  al  signor  Ashurst  ed  a  tutti  i  nostri  amici, 
ai  vicini  ed  ai  visitatori  di  Muswell  Hill  :  non  ho  bi- 
sogno, spero,  di  parlare  delle  vostre  figlie  e  dei  vostri 
tìgli:  mi  ricordano  tutti;  ed  io  lo  sento  da  lontano.  Qua- 
lora avvenisse  (jualche  cambiamento  nel  mio  stato  at- 
tuale. Io  saprete,  non  solo  dai  giornali,  ma  anclie  da 
alcune    mie    parole.    Abbiatevi    cura    e    credetemi,    cara 

amica, 

ora  e  sempre  il  vostro  affezionatissimo 

Giuseppe  Mazzini. 


[1848]  K)>isi<)i.Ai{io.  331 

MMCCCCLXIX. 

Ai.i.A  Madim:,  il  Genova. 

(LiiKiiuoì,   13  setteiubr»'   1848. 

('ara  madre. 

Il  Maggior  Risso  (*)  desidera  vedervi  e  vi  daràiiuove 
mie  personali.  Brav'  uomo  sino  al  midollo,  son  certo 
che  lo  vedrete  «;on  piacere.  Ho  ricevuto  oggi  la  vostra 
del  uon  so  «piando,  perché  è  la  prima  lettera  vostra 
senza  data  :  ma  timbrata,  mi  pare,  dell'  8.  Addio  : 
amate  il 

vostro 

Giuseppe. 


MMCCCCLXIX.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Natban.  A  tergo  di  esso,  di  pngno  del  Mazzini,  sta  l'in- 
dirizzo :  «  Sig.i'a  Maria  Mazzini,  Genova.  »  8nllo  stesso  lato, 
la  madre  annotò  :  «  13  7bre  1848.  » 

i  ')  Il  maggiore  Tommaso  Risso,  di  Loano  Ligure,  che  faceva 
parte  della  Legione  italiana  di  Montevideo,  era  venuto  in 
Italia  prima  di  Garibaldi,  accompagnandovi  Anita  e  i  suoi  tiglio- 
letti  (ved.  il  Protocollo  della  Giovine  Italia,  voi.  VI,  p.  335);  e 
quando  Garibaldi  giunse  a  Genova  {veù.  la  nota  alla  lett. 
MMCCCCXXX),  lo  segui  a  Milano,  poi  a  Luino,  a  Morazzoue, 
infiue  nella  ritirata  a  Lugano.  Fu  attivissimo  cooperatore  nella 
requisizione  dei  due  vapori  sul  Lago  Maggiore  (ved.  A.  Cava- 
ciocchi,  Le  prime  gesta  di  Garibaldi  in  Italia,  cit.,  p.  48).  Tor- 
nato in  Liguria,  s'imbarcò  col  suo  duce  a  Genova,  e  fu  con 
cui  lui  a  Livorno,  a  Firenze,  e  dalle  Filigare,  a  Bologna  (no- 
vembre 1848).  Gravemente  ferito  in  nn  duello  che  ebbe  col  capi- 
tano Paolo  Raniorino,  mori  a  Cesena  il  10  dicembre  1848.  Ved. 
E.  LoKViN.sox,  G.  Garibaldi  e  la  sua  legione  .nello  Stato  Romano, 
cit.,  vi)l.  II,  p.  2fi4,  passim. 


332  laTSTOi.Aitio.  [1848] 

MMOCCCLXX. 

A  Napoleone  Fekraki,  ;i  Genova. 

[liiiiriino settembre  1848]. 

Caro  amico. 

Ebbi  le  tue  :  diedi  a  Fabrizi.  (*)  Il  giovine  non  è 
<ini.  Se  verrà,  consiglierò  a  norma  di  quanto  mi  dici. 
Vedo  l'agitazione  di  Genova,  e  sta  bene;  ma  vorrei 
che  invece  del  Ministero  Pinelli,  risaliste  più  alto, 
o  dirigeste  almeno  1'  attrazione  del  popolo  più  alto. 
È  necessario  preparare  gli  animi  ed  esplodere  nel 
senso  d'  un  moto  d' insurrezione  lombfirda  cbe  avrà 
luogo  con  un  carattere  definito.  Ormai,  se  non  s' esce 
dalla  menzogna  e  non  si  (iammina  diritto  allo  scopo, 
tutte  le  agitazioni  torneranno  in  nulla.  La  Francia, 
checché  paia,  agirà:  ma  non  agirà  se  non  a  misura 
del  nostro  agire  e  quanto  più  il  nostro  colore  sarà 
deciso.   Addio:  ama  il 

tU(> 

Giuseppe. 


JIMCCCCLXX.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  presso 
»;li   eredi  Cremona,   a   l'orto  Maurizio.   Non  lia  indirizzo. 

(^)  Luigi  Fabrizi,  il  quale  aveva  segnito  Garibaldi  come 
aiutante  di  campo  durante  la  breve  cami>agna  nell'alta  Lom- 
bardia, e  con  lui  era  riparato  a  Lngano.  Al  qual  proposito 
è  da  ved.  una  sua  lett.  datata  da  Lugano.  6  settemitre  1848, 
noi   Repnhhlicauii  del   19  di  quello  stesso  mese. 


n 


riJ^lSil  KI'ISTOI.AKIO.  333 

MMCOOCLXXI. 

Au  Adriano  Lkmmi,  a  Costantinopoli. 

[Liigiiiio],   20  settembre   1848. 

Caro  Lemmi, 

Qui  per  hi  seconda  volta  in  esilio,  esilio  ch'io 
posso  (lire  non  interrotto,  perch'  io  l' Italia  coni'  io 
la  vidi  non  era  V  Italia  eh'  io  cerco.  Ho  assistito, 
come  Cassandra,  a    una  tristissima   esperienza,  pre- 

MMCCCCLXXI.  —  Inedita.  L'autografo  si  conserva  nella 
raccolta  Leninii.  Non  ha  indirizzo.  Insieme  con  questa  lett. 
stanno  le  due  seguenti  di  S.  Pistrucci  e  di  L.  Vassalli  (que- 
st'ultimo, esule  milanese,  che  aveva  preso  parte  alla  spedizione 
in  Savoia,  e  sul  quale  ved.  il  Protocollo  della  Giovine  Italia, 
voi.  V,  p.  121  e  voi.  VI,  pp.  2  e  30).  pure  indirizzate  al 
Len)mi. 

Lnwano,  "JO  settembre  1848. 
Caro  Lemmi, 

Per  mezzo  di  Vassalli  che  parte  per  Marsiglia  ti  mando  un 
pacco  di  stampati  perché  tu  veda  che  l'emigrazione  Lombarda 
non  cessa  di  pensare  incessantemente  al  paese.  Dell'  esito  fa- 
tale delle  nostre  cose  e  dell'infame  tradimento  di  Carlo  Al- 
berto saprai  già  dai  giornali,  ma  forse  tanto  inesattamente  da 
leggere  con  piacere  quanto  ti  mando.  Guarda  che  l'emigrazione 
non  limita  il  lavoro  alla  stampa,  ma  prepara  armi  e  materiali 
da  ricominciare  la  guerra  alla  prima  opportunità.  Il  paese  i)ure 
non  è  punto  sconfortato  e  quando  che  sia  troverà  l'energia 
da  riprendere  le  ostilità  contro  1'  austriaco  —  che,  dal  canto 
suo,  non  manca,  con  brutalità  d'ogni  sorta,  di  mantenere  l'odio 
vivissimo.  —  Gran  parte  dei  cosi  detti  matuati,  dopo  le  ultime 
«ielusioni,  hanno  ingrossate  le  nostre  lila.  Quanti  hanno  un  filo 
di  buona  fede  confessano  l'antica  verità  predicata  da  Pippo, 
che  né  da  Papa  né  da  Principi  poteva  1'  Italia  aspettarsi  salute. 

Mazzini  è  qui,  come  t'immagini,  a  capo  d'ogni  cosa  — 
ha  ricevuto  le  tue  lettere  e  se  non  t'ha  mai  risposto  incolpane 
1'  incessante  succedersi  degli  avvenimenti  e  il  lavoro  continuo 


334" 


KlMSTOI.AKIi). 


118481 


vedendo  ad  una  ad  una  le  cose  che  s'  andavano  com- 
piendo, ma  maledetto  per  le  mie  previsioni.  Comunque, 
l' esperienza  ha  fruttato  :  e  se  riesco,  come  forse 
avverrà,  a  ricominciare  (pialche  cosa,  sarà  lud  iu)me 
d' un  Princii)io.  Di  questo  vedremo  fra  non  molto. 
Intanto,  fate  voi  pure,  e  i  [)ochi  buoni  con  voi.  Anche 
da  Costantinopoli  potete  rimandare  un'  eco  all'  Italia 
delle  nostre  oggi  confermate  credenze  :  potete  andar 
innanzi  a  catechizzare  la  marineria  :  potete  dar  testi- 
monianza del  vostro  zelo  a  Venezia  :  potete  voi 
pure  aiutarci  a  raggranellare  un  po'  di  materiale  di 
guerra  :  e  giunga  prima  o  dopo,  giungerà  in  tempo. 
Ditemi  come  procedono  i  vostri,  affari  individuali  ; 
amateuìi  e  credete  nell'affetto  del 

vostro 


il  cui  lo  (.•oiidainm  il  bisogno  sempre  crescente  «U'ir  iiitellii^enza 
snii  per  le  cose  nostre. 

Tu  fa  quello  che  puoi  da  dov^e  sei,  e  specialmente  jier  po- 
vera Venezia  che  merita  piti  che  mai  simpatia  ed  affetto  da 
ijuauti  Italiani  sentono  per  la  libertà  e  indipendenza  della  patria. 
Dacci  tue  notizie  e  i  risultati  de'  tuoi  lavori  —  accetta  gli 
amichevoli  saluti  di   Pippo  e   un   abbraccio  dal  tuo 

HCIPIONE    PlSTKUCCI. 

C'aro  Adriano, 

Ti  mando  per  la  posta  una  copia  soia  di  ciascheduno  degli 
opuscoletti  che  mi  furono  consegnati:  un  po'  più  tardi  riceverai 
con  un  bastimento  a  vela  le  altre  copie,  per  non  farti  spen- 
dere una  somma  troppo  forte.  Eccomi  un' altra  volta  in  esilio  : 
Ouaita  è  meco.  Si  raccomanda  esso  pure  affinché  ci  nuindiate 
([ualche  lettera  di  raceonuuidazione  onde  possiamo  trovare  ad 
impiegarsi.  Si  [sic]  fermeremo  costì  lincile  ricominceranno  gli 
affari  :  io  ho  buone  spei-anze. 

I  saluti  a  Tito  Lemmi,   a  Loschi,  ecc. 
M-arsiglKT,  10  (.ftol.re  1S4S. 

Tuo  aff.mo  Luigi  Vassalli. 


fl>ì4NÌ  KI'ISIUM.AIUO.  335 

MMOOCCLXXir. 

T<>  Emii.ik  HawivKS.  London. 

[Lucjano],  September  21^'  [1848]. 

I  bave  your  letters,  dear  Emilie,  aud  tbe  one 
enclosed  from  my  Mary,  whom  I  must  answer,  besee- 
chiug  her  fair  mistress  to  forward  the  answer.  I  find 
ber  extremely  improved,  and  quite  a  politicai  wonian. 
I  bave,  at  last,  received  a  letter  from  Caroline;  I 
will  answer  it  one  of  tbese  days;  yoii  will,  mean- 
wbile,  I  bope,  tbank  ber,  and  bless  ber  for  me.  I 
bave  written  to  your  Mamma:  did  slie  receive  my 
letter  ?  Tbe  post  bere  is  very  badly  managed.    Yon 


21  settembre. 

Ho  ricevuto  le  lettere  vostre,  cara  Emilia,  e  quella 
iicclusa,  scritta  dalla  mia  Maria,  a  cui  devo  mandare  una 
risposta,  pregando  la  sua  gentile  padrona  di  fargliela  per- 
venire. Trovo  che  ha  fatto  grandissimi  progressi  e  che  è 
proprio  diventata  una  donna  politica.  Ho  finalmente  rice- 
vuto una  lettera  da  Carolina;  le  risponderò  uno  di  questi 
giorni:  spero  che  vorrete  intanto  ringraziarla  e  benedirla 
in  nome  mio.  Ho  scritto  a  vostra  madre:  ha  ricevuto  la 
mia  lettera  ?  La  posta   qui   funziona  molto   male.  Avrete 

MMCCCCLXXII.  —  Piibbl.  in  parte  da  E.  F.  Kichaui»s, 
op.  cit.,  pp.  94-95.  Qui  si  dà  integralmente,  di  su  una  copia 
inviata  alla  E.  Commissione  da  Mrs.  Richards.  L'autografo  si 
conserva  presso  gli  eredi  Ashiirst.  La  data  si  ricava  dal  timbro 
postale. 


336  EPISTOLARIO.  [1848] 

know  troni  tlie  i)ai)ers  the  doìiigs  aud  misdoings  of 
Radetzky  towards  tliis  bit  of  Jtalian  Switzerland. 
Ten  thousaiid  poor  Ticinesi  are  (joming-  home,  obliofed 
to  leave  off  abruptly  their  little  business.  The  troops 
are  daily  increasing  at  oiir  frontiers  :  oiìicers,  gene- 
ral s  coming,  almost  in  sight,  as  if  they  wauted  to 
come  aud  take  us  here;  and  I  ani  living  ou  the 
shore  of  the  lake  with  a  Lombard  village,  (Janipioue, 
just  before  my  eyes:  I  am  stili  in  hopes  that  I  shall 
soon  or  late  go  Jind  nieet  them,  But.  obliged  as  I 
ani,  to  do  everything  just  as  if  I  was  in  Austria, 
secretly,  you  niay  imagine  the  difficulties  lying  in 
Miy  way.  With  perhaps  25,000  guus  belouging  to  us 
here,  aud  shut  in  the  Arseuals  of  the  Cantonal  Go- 
vernnients,  I  am  obliged  to  seareh  hard  for  aud 
purchase  every  gun,  everything  wanted,  and  then  to 
keep  them    out   of  the  way,  as    if  there  was   net  a 


saputo  dai  gioruali  dei  fatti  e  misfatti  coiupiuti  da  Ka- 
detzky  verso  questo  lembo  di  Svizzera  Italiana.  Diecimila 
poveri  Ticinesi  toruauo  ora  a  casa,  costretti  ad  abbaudo- 
iiare  tutto  ad  un  tratto  i  loro  piccoli  aftari.  Le  truppe 
aumentano  ogni  giorno  alle  nostre  frontiere:  giungono 
ufficiali,  generali,  quasi  a  portata  di  mano,  come  se  vo- 
lessero venirci  a  prendere  qui;  ed  io  vivo  sulla  sponda 
del  Lago  ed  lio  proprio  davanti  agli  occhi  un  villaggio 
lombardo,  Campione  :  spero  ancora  di  andare,  presto  o 
tardi,  ad  incontrarli.  Ma,  costretto  come  sono  a  fare  ogni 
cosa  segretamente,  proprio  come  se  fossi  in  Austria,  po- 
tete immaginare  quante  difficoltà  io  incontri  sulla  mia 
strada.  Con  25.000  fucili  circa  negli  arsenali  dei  Governi 
cantonali,  io  sono  costretto  a  cercare,  con  grande  diffi- 
coltà, ed  a  comprare  ogni  fucile,  ogni  cosa  necessaria  ed 
a  tenerla  ben  nascosta,  come  se   non    fosse    nostro  sacro 


[1848]  Ki'isroKAKio.  337 

sacred  rij»lit  in  us  to  lielp,  ìf  possible,  our  country. 
If  tliere  was  a  single  spark  of  trae  life  in  tliese 
dejrenerated  repnblicans,  tliese  acts  of  hostility  troia 
Austria  would  bave  beeu  immediately  answered  by 
tlieir  giving  up  to  us  our  arms,  and  allowing  us  to 
manage  our  own  and  their  owu  atì'airs.  But  no  :  they 
will  talk  and  protest  and  pray  us  to  be  very  quiet, 
wbi<;b,  for  my  part,  I  will  not.  Tliere  will  be  a 
decision  troni  the  Biet  to-morrow,  perhaps  to-day, 
and  if  so,  I  will  write  a  word  at  the  end  of  my 
note.  (*)   The   niediation   is   a  perfect  bothering,  on 


diritto  di  aiutare,  se  ci  è  possibile,  hi  nostra  patria.  Se 
ci  fosse  stata  una  sola  scintilla  di  vera  vita  in  questi 
repubblicani  degeneri,  essi  avrebbero  immediatamente 
risposto  a  questi  atti  di  ostilità  da  parte  dell'Austria^ 
dandoci  le  nostre  armi  e  permettendoci  di  occuparci  delle 
nostre  e  delle  loro  cose.  Invece  no:  non  fauno  altro  cbe 
parlare,  protestare  e  pregarci  di  esser  molto  tranquilli, 
cosa  cbe,  da  parte  mia,  non  farò  mai.  Domani,  fors'ancbe 
oggi,  la  Dieta  prenderà  una  decisione  ed  in  tal  caso  ag- 
giungerò una  parola  alla   fine    del  mio  biglietto.   La  me- 

(')  Dopo  la  nota  del  mese  precedente,  che  minacciava 
severe  rappresaglie,  il  Radetzky  era  passato  ai  fatti;  e  sempre 
causandole  vie  diplomatiche,  il  15  settembre  1848  aveva  inviata 
la  seguente  nota  al  Consiglio  di  Stato  del  Canton  Ticino:  «Da 
ragguagli  ufUiciali  a  me  pervennti  cousta  che  degli  insorgenti 
armati  continuano  ad  insultare  con  parole  minacciose  le  I.I, 
R.R.  frappe  stanziate  lungo  il  contine  di  codesto  Cantone; 
che  i  fuorusciti  rifugiatisi  sul  territorio  del  medesimo  esternano 
pubblicamente  la  loro  intenzione  di  tentare  un'invasione;  è 
pi>i  palese  che  si  stampano  in  codesto  Cantone  in  gran  numero 
scritti  iucendiariì,  e  si  adopera  ogni  mezzo  onde  introdurli  in 
Lonjbardia  e  spargervi  il  malcontento  ed  il  timore,  atti  a  tur- 
bare la  tranquillità  pubblica.  Il  giornale'  il  liepabblicano  nou 
cessa  di  portare  articoli  contro  il  Governo  Austriaco  e  l'ultimo 

Mazzini.  Scritti,  ecc..  voi,  XX:SV. (Epistolario,  voi.  XIX).  22 


33*!  Ki'isroi. Alili).   IHHlr  i'^^^^ì 

the  footing  of  the  old  diplomatic  transactioiis.  Stili, 
1  like  it  better  than  immediate  Interfereuce  from 
France.  The  Mediation  is  nothing  to  me:  aud  per- 
haps,  it  will  affoi'd  time  lor  (ìurbeginning.  It  is  now 


diazione,  in  base  alle  veccliie  trattative  diplomatiche,  è 
una  vera  seccatura.  Pure,  hi  preferisco  all'  immediato  in- 
tervento della  Francia.  La  mediazione  per  me  è  nulla  : 
ma    forse   darà  a  noi    il    tempo  d' incominciare.   Questa  è 


numero  dell' 11  del  mese  corrente  ne  contiene  uno  riboccante 
d'invettive  e  di  calunnie  le  i)iù  infami,  tacciando  1' iitticialità 
delia  mia  armata  di  viltà  e  di  ladroneggio. 

«  Tutti  questi  fatti  provano  con  evidenza  che  cotesto  Go- 
verno non  abbia  o  la  volontà  o  il  potere  di  reprimere  gli  atti 
ostili  che  si  commettono  giornalmente  iu  codesto  Cantone  e  che 
le  asserzioni  da  codesto  lodevole  Consiglio  di  Stato  a  me  reite- 
ratamente espresse,  della  sua  intenzione  di  mantenere  le  rela- 
zioni di  buona  vicinanza,  si  dimostrano  illusorie  e  senza  effetto. 

«  Mi  trovo  dunque  in  dovere  di  attivare  senza  altro  indugio 
le  misure  già  indicate  nella  mia  nota  del  19  agosto,  misure 
fondate  sul  buon  diritto  di  ogni  Stato  di  preservarsi  dalle  aggres- 
sioni dirette  o  indirette  di   un  Governo  conlìnante. 

«Dicliiaro  perciò  a  codesto  lodevole  Consiglio  di  Stato  che 
dal  18  del  corrente  mese  : 

1^  Tutti  i  Ticinesi  dimoranti  nelle  Provincie  Lombardo- 
Venete  riceveranno  l'ordine  di  ripatriare  imniediatanientc. 

2°  Che  col   suddetto   giorno  cesseranno   tutte  le  comuni- 
cazioni postali  e  commerciali  esistenti  fra  la  Lombardia  ed  il. 
Cantou  Ticino. 

3°  Che  nessun  passaporto  emesso  da  codesto  Governo  sarà^ 
riguardato  valevole  per  l'ingresso  nella  Lombardia,  se  non  si 
trova  munito  del  visto  dell'I.  R.  Inviato  presso  la  Dieta  Federale. 

Non  dipenderà  che  da  cotesto  lodevole  Consiglio  di  Stato 
di  far  cessare  queste  misure  indispensabili  per  la  tutela  a  me 
affidata  del  mantenimento  della  pubblica  tranquillità  in  queste 
Provincie,  col  dare  retta  alle  mie  domande  giuste  e  fondate 
ani  diritto  intlagrabile  delle  genti.  »  E  cominciò  subito  il  triste 


[\^i^]  Kl'ISKd.AKK).  S39 

niy  ouly  liope:  pray  tliat  it  iiiay  be  realised  ;  and 
let  God  take  care  of  tlie  rest.  Is  it  triie  that  you 
are  at  least,  iiot  worse  in  liealth  than  yon  were  wlien 
1  let't  yoii  ?  I   lio])e  so.  now  tliat  I  have  it  froni  some- 


udesso  la  mia  unica  speranza:  sperate  che  si  avveri: 
lasciamo  il  resto  nelle  mani  di  Dio.  È  vero  che  non 
etate,  per  lo  meno,  peggio  di  quando  vi  ho  lasciata?  Lo 
spero,  ora    die    l'ho    saputo    da    altri   che    da    voi.    Sono 

pellegriuiigjiit»  :  «I  Ticinesi  cacciati  dalla  Lombardia  —  si  leg- 
geva nel  liepiibliUcano  di  Lugano  del  20  settembre  1848  —  vanno 
giungendo  a  centinaia  nel  Cantone.  Uomini  di  tutte  le  condi- 
zioni, donne,  vecchi  e  fanciulli  fan  piene  le  vie  e  tniscinano 
a  stento  il  fardellq  raccolto  all' iufretta  dietro  1' ordino  peren- 
torio di  partire  entro  il  18  e  sotto  la  durissima  coiniiiiuatoria 
<\i  essere  trattati  colla  legge  militare  per  ogni  più  breve  indugio. 
Stanchi,  affranti  dalla  fatica  del  cammino  quali  di  30,  quali 
<li  50  e  persin  di  60  uiiglia  a  piedi  fanno  compassione  a  chi 
li  guarda  e  sa  per  (jual  barbara  legge  sian  strappati  ai  negozi 
<■  alle  loro  industrie.  Certo,  nel  gran  numero  di  quei  tapini  vi 
han  di  quelli  che  mancano  d'ogni  cosa  e.  mezzi  necessarii  alla 
sussistenza.  Ebbene!  La  carità  dei  privati,  la  beneficenza  pub- 
blica vengano  in  loro  soccorso.  Il  Governo  ha  provveduto  ai 
primi  bisojriii  degli  esali  Italiani,  provveda  anche  al  bisogno 
<lei  nostri  cittadini  che  soffrono  indirettamente  per  la  stessa 
cau.sa  e  son  percossi  dalla  stessa  mano  opprimitrice.  »  Nel  frat- 
tempo il  Consiglio  di  iStato  del  Canton  Ticino  inviava  una  fiera 
IM-otesta  al  Kadetzky  (16  settembre  1848)  ed  emanava  (17  settem- 
l»re)  un  proclama  ai  Ticinesi,  invitandoli  alla  calma  (ved.  i  due 
<locumenti  nel  Fetmero  Italiano  del  22  e  23  settembre  1848)  ; 
e  non  ostante  tutto  ciò,  come  fu  rilevato  dalla  stampa  periodica 
svizzera  e  italiana  (ved.  il  n.  cit.  del  licpiihblicano),  e  fu  argo- 
mento di  discussione  alla  dieta  di  Hcrna  nell'adunanza  del  21  set- 
tembre, mentre  il  lladetzky  si  comportava  con  tanta  brutalità, 
il  Gabinetto  di  Vienna  esprimeva  al  Governo  federale  tutta 
la  sua  .soddisfazione  per  il  modo  col  quale  «aveva  osservata  la 
neutralità.  Tuttavia,  il  Governo  federale  non  usò  alcun  atto  di 


340  KriSTOi.AHio.  [1848] 

body  else  tluiii  yoii.  I  ani  siire  it  is  owiug  to  Pro- 
vidence  and  perliaps  to  my  prayers  aud  uot  to  the 
care  yon  take  of  yourselt":  tliere!  I  ani  always  the 
rude  man  that  I  was  at  Muswell  Hill.  What  han 
become  of  my  portrait?  I  have  never  asked  about 
it:  but  I  cannot  renouuce  (is  it  English)  so  lightly 
to  Posterity.  Is  the  People's  Journal  stili  alive'?  Xo» 
Is  it  in  Howitt's  hands  ?  Then,  it  is  doubly  dead.  (') 
You  ougbt  to  bave  abridged  the  Statement  :  the 
substance   tbr  England,  could    be  condensed    to  the 


certo  elle  lo  dobbiamo  Jilhi  Provvideuza  e  fors'anche 
alle  mie  pregliiere,  non  al  fatto  che  vi  siete  riguardata  i 
come  vedete,  sono  sempre  lo  stesso  uomo  roszo  che  ero 
a  Mnswell  Hill.  Che  cosa  è  avveunto  del  mio  ritratto? 
Non  ve  ne  lio  mai  chiesto  niente;  ma  non  posso  rinun- 
ziare con  tanta  leggerezza  alla  Posterità.  È  sempre  vivo 
il  People^s  Journall  No.  È  in  mano  di  Howitt?  Allora  è 
morto  due  volte.  Avreste  dovuto  ahhreviare  il  Resoconto  y 
se  ne  poteva  condensare,  per  l'Ingliilterra,  il  contenuto 
in  metà  dello  spazio.  Invio  un  Indirizzo  alla  Francia:  è 

rappresaglia  (ved.  le  discnssioiii  della  Dieta  del  21  e  22  set- 
tembre nel  Ke pubblicano  del  22  e  24  di  quello  stesso  mese)^ 
neanche  quando  il  Radetzky  abolf  il  diritto  «  di  estrarre  dalla 
Lombardia  le  lettere  ivi  scritte,  non  che  quelle  che  vi  transi- 
tavano, provenienti  dalla  bassa  Italia,  dal  Levante,  ecc.,  e  di 
portarvi  la  valigia  della  Svizzera;»  neanche  quando  abolì  il- 
trattato  che  garantiva  l'estrazione  del  sale  e  dei  grani  ;  neanche 
«piando,  in  line,  ammassò  sul  conline  svizzero  ingenti  forze  mili- 
tari (ved.  il  Rejmhblicanv  del  23  settembre  1848).  Approvò  in- 
vece la  nomina  dì  due  commissari  federali,  nelle  persone  del 
Munzinger  e  dell'Escher,  i  quali  avrebbero  dovuto  mettersi  in 
relazione  col  Radetzky  non  .appena  giunti  a  Lugano. 

(1)  Sullo  Howitt  e  sulle  tendenze  che  aveva   impresso  al 
Feoph's  Journal,   ved.   la  nota  alla  lett.  MMCXXXV. 


(1848]  KI'ISTOI-AKIO.  341 

biilf  of  it.  C)  I  seud  ali  Address  to  Frauce:  rather 
iiidepeiidéut  as  you  will  see.  J)oes  Carlyle  priiit 
auytliinji  ?  I  bave  iiever  received  Sbaeu's  article:  but 
tbaiik  liiin  ali  tbe  same.  Is  William  better  tbaii  be 
was  in  bealtb  ?  Reineiiiber  me  in  tbe  most  friendly 
way  you  can  to  bini  ;  and  to  Bessie,  wlio,  1  am 
almost  suie.  is  never  tbiuking  of  me.  No;  1  ani  too 
far  for  jokino  :  I  kuow  she  does  sometimes.  But  I 
feel  tbis  uigbt  in  a  strange  mood  :  as  if  I  was  very 
near  you,  entitled  to  joke  as  of  old.  Ab  me!  I  will 
awake  to-morrow  morning,"  as  dull  and  gloomy  as  tbe 
cloudy,  beavy,  rainy  sky  of  tbis  nigbt.  I  bave  been 
tbree  times  bearing  Jtalian  music — concerts  for  tbe 


piuttosto  indipendente,  conìe  vedrete.  Pubblica  niente 
Carlyle?  Non  ho  mai  ricevuto  l'articolo  dì  Sbaen  :  ma 
riiigniziatelo  egualmente.  La  salute  di  Guglielmo  è  miglio- 
rata? Kicordatemi  il  più  attettuosaniente  possibile  a  lui 
e  a  Bessie.  che,  ne  son  quasi  certo,  non  pensa  mai  a 
me.  No:  sono  troppo  lontano  da  voi  per  scherzare:  lo  so 
che  mi  ricorda  qualche  volta.  Ma  mi  sento,  stanotte,  in 
ima  strana  disposizione  d'animo:  come  se  vi  fossi  molto 
vicino,  autorizzato  a  scherzare  come  nei  tempi  passati. 
Ahimè I  domani  mattina,  quando  mi  sveglierò,  sarò  tetro 
ed  oscuro  come  il  cielo  carico  di  nuvole,  pesante  e  pio- 
vigginoso di  questa  notte.  Sono  stato  a  sentire  tre  volte 
della   musica   Italiana  —  concerti    a  beneficio   dei    nostri 


(')  Emilia  Hawkes,  come  apparisce  da  ima  «  Note  by  the 
Translator,  »  firniata  E.  A.  H.,  aveva  in  quei  giorni  tradotto 
integralmente  1' opuscolo:  Gli  nllimi  trislissimi  fatti  di  Mihnio, 
publilicaiidolo  col  titolo  di  The  late  Melaiichoh/  Eretit»  iti  MHan  : 
liur latifd  hif  the  Commiltee  of  public  Defcnce:  London:  C.  E. 
Madie,  23.  ITpiKT  King  Street.  HoII>orn.  1848  (in-16,  di  pp.  52). 


342  Kl'I.STOLAHIO.  [18J>< 

benefit  of  our  exiles:  Mad.  Pasta,  pooi-  old  woinaii,  (' 
lias  been  siiioing  after  18  years,  I  thiiik,  of  musical 


esuh'.  Mad.  Pasta,  povera  veccliia,  lia  cantato  dopo  diciotto 
anni,  credo,  di  silenzio.  M' è  piaciuta,  e  stavo  pro[»ri()  tre- 

\})  Giuditta  Pasta  (1798-1865),  comasca,  dopo  i  suoi  trioiilr 
di  Parigi,  di  Londra,  dove  aveva  potuto  conoscere  di  persona 
il  Mazzini,  intine  di  Pietroburgo,  verso  il  1840  si  era  ritirata  in 
una  villa  sul  lago  di  Como.  Era  andata  in  esilio  a  Lugano  dopo 
l'agosto,  non  essendo  sicura  di  rimanere  tranquilla  nella  sua 
città  natale  per  i  sentimenti  patriotici  da  lei  nudriti.  Intorno 
al  concerto  musicale  in  cui  essa  aveva  cantato,  ved.  il  Uepub- 
blicivio  ile]  26  settembre  1848.  In  una  corrispondenza  da  liUgano. 
in  data  20  settembre  1848,  nW' O^ìinionv  (n.  del  5  del  mese  suc- 
cessivo) era  cosi  descritta  la  vita  <ìi  quegli  esuli,  da  chi  però 
aveva  idee  del  tutto  opposte  a  quelle  professate  da  ([uanti 
s'erano  stretti  attorno  al  Mazzini  :  «Alla  mattina  si  va  ad  no 
caffé  della  piazza,  ove  si  trovano  per  tempo  gli  affamati  di 
notizie.  Si  abbandona  il  piede  ad  uno  dei  piccoli  defangatori, 
de8])oti  di  Lugano  sino  a  mezzogiorno,  e  si  perde  la  pazienza 
nell' attendere  qualche  avaro  giornale  da  uno  zotico  ben  ve- 
stito, il  quale  sembra  ignorare  che  i  giornali  si  percorrono  e 
non  si  leggono;  si  corre  avidamente  alla  rul)rica  d'Italia,  o 
da  qualche  stentata  frase  si  desume  che  la  nobil  Francia,  la 
generosa  Francia,  la  cavalleresca  Francia  ha  protratto  per  altre 
sei  settimane  l'agonia  che  minaccia  di  cavar  l'ultima  stilla  di 
sangue  alla  sorella  Italia;  che  la  gran  nazione  lavora  però, 
sempre  per  essa  sorella  co'  protocolli  della  diplomazia,  e  elio 
se  non  riesce  ne  gemerà  profondamente,  e vedrà  di  fare. 

Dopo  di  che,  non  troppo  rassicurati  nuW affraìichissemeiit 
promesso,  si  va  all'nfifìcio  del  liepubblicaiio.  se  si  iia  avuto  il 
privilegio  di  essere  stati  presentati  al  redattore  in  capo,  e  là 
coi  giornali  della  redazione  uno  si  sbrama  un  pochino  la  fame, 
e  finisce  per  escirne  colla  consolante  conclusione  chela  caval- 
leresca Francia  sta  invitando  la  sensiltile  Austria  ad  affrancare 
la  intrattabile  Lombardia,  lasciandole  in  mano  il  jìcgno  delle 
fortezze  pei  corrispettivi  .milioni  da  pagarsi. 


1 


[1848]  Ki'isToi.AKio.  343 

silence.   1   like  her  and  wiis  reully  treiiibliuj;  for  lier, 
wlieii  she  apix'ared  :  biit  slie  saiig  eiiougli  as  to  «ive 


inarulo  per  lei  quando  è  compar.sa  ;  ma  lia  cantato  in  modo 
da  farmi  sentire  come  un'eco  di  quello  che  dev'essere  stata 


Ritornato  sulla  piazza  della  Riforma  vedi  qua  i;  là  varii 
f»ruppi  di  persone,  parte  civili,  e  parte  ex-militari;  t'iiggiri 
fra  quelle,  e  la  i>arola  tradimento  ti  suona  si  spesso  iigli  orecchi, 
come  a  Milano  negli  ultimi  due  mesi  la  parola  aristocratico. 
Poscia  una  faccia  tra  il  gotto  e  il  hirho  ti  sciorina  per  la  tren- 
tesima volta  la  importante  notizia  che  Carlo  AlI)erto  chiama 
e  radumi  i  ijombardi  in  Piemonte  per  irritarli  «■  consegnarli 
all'Austria,  che  la  pace  è  già  conclusa,  che  noi  siamo  venduti, 
e  che  tutta  la  guerra  non  fu  che  una  connnedia  in  cui  le  parti 
furono  distrihnite  sei  mesi  fa.  Per  poco  non  ti  assicura  che  le 
riforme,  e  la  costituzione  non  furono  date  al  Piemonte  che 
per  aver  ndglìor  agio  di  rapirgliele.  Amnnrabile  logica  dei 
partili  ! 

Dopo  un  modico  pranzo  il  quale,  fatto  snlla  terra  della 
lihertìl  e  dell'asilo,  accpiista  quell'alto  prezzo  che  ci  sa  met;- 
tere  il  fratello  svizzero,  tn  riedi  a  prendere  il  caft'è  sulla  piazza 
della  Rifornni,  salone  obbligato  dell'emigrazione  italiana,  e 
cliiàmati  privilegiato  se  non  ti  viene  dinanzi  un  sere  che  ti 
sporge  e  ti  fa  comperare  (jualche   libruzzo    di    prosa    o   versi, 

destinata  a  mantener  viva  la  hamma della  discordia,  quella 

buona  discordia  che  ci  ha  fatto  tanto  bene.  Poi  vai  a  fare  un 
passeggino  lunghesso  il  lago  con  <iualche  amico,  e  Itada  bene 
clic  sia  della  tua  inianoe  politica,  se  non  vuoi  menar  scandalo, 
e  lottar  di  polmoni. 

Verso  séra  entri  e  t'assidi  al  Caffè  Xuovu,  e  li  tu  vedi 
qualche  bella,  anzi  divina,  milanese,  qualche  notabilità  lette- 
raria lombarda,  e  parecchi  giovani  brillanti,  ora  atteggiati  da 
esuli,  <;omo  dinanzi  lo  erano  da  eroi  del  sesto  giorno,  come 
prima  lo  furono  da  lions.  come  ancor  prima  da  fashionahlais, 
ecc.,  ecc.;  razza,  dal  cervello  di  gatto,  dagli  occhi  di  civetta, 
e  dal  cuor  di  grillo.  Alla  sera  della  domenica  vi  è  d'ordi- 
nario teatro  aperto,  a  benelicio   dei   poveri    profughi.  Giulietta 


344  KPisToi.AKio.  [1848] 

ine  a  sort  of  eclio  of  wliat  sbe  must  liave  been:  and 
was  rapturoiisly  applauded.  Sbe  is  a  republican.  My 
afifectiou  to  ali,  Sydney,  James,  Caroline,  lìessie, 
William,  etc.  My  fondest  blessin^-  on  you,  dear  Emilie. 

Your 
Joseph  Mazzini. 


un  giorno;  e  1' liauno  applaudita  freneticamente.  È  una 
repubblicana.  Ricordatemi  a  tutti,  a  Sydney.  Giacomo, 
Carolina.  Bessie,  Guglielmo,  ecc.  A  voi,  Emilia  cara,  la 
mia  benedizione  più  tenera. 

Vostro 

GiusEi'i'E  Mazzini. 


Pasta  ci  ds\  i  resti  dei  resti  clic  <>ià  diede  alla  Russia;  Gu- 
stavo Modena  (ohe  voleva  far  presto)  declama  fra  le  rii^jienti 
acclauuizioiii  dei  jìiiri,  1»  Clarina,  quella  roinauza  iuiprudeute 
che  Berchet  si  rituprovera  ogni  giorno  I  I  I  —  AH' indomani 
siamo  da  capo.  —  Ecco  a  Lugano  la  vita  del  j)rofiigo  lom- 
bardo. » 


IXIHOE  DEI   NOMI. 


Abeicombry  (Lord).  —  305. 
Accame  Nicola.  —  88,  138. 
Acclusi  Michele.    —    1^8,    32, 

34,  39.  40.   46,  53,  54,  80, 

99,   100.   101.  312. 
Adda  (D)  Carlo.  —  5.  6.  118, 

162,   164. 
Aguelii  Pietro.  —  172,   173. 
Alizeri  F.   —   138. 
Alba  {U).    -  14.   25.   34,    41, 

77.   112,  278.   309. 
Alleiiiauai  M.  N.  —   119.  120. 

125,   133. 
Allgemeiiie  ZeUuiii/.   —  325. 
Allievi  Antonio.  —  142. 
Alvigini.   —   122. 
Amari  Michele.   —   3. 
Ambrosoli    Lodovico.  89. 

173. 
Anelli   Luigi.   --  98. 
Aufossi   Angusto.   —   133. 
Antonini   Giacomo.  —   42.   50, 

52,  132.  149,  150,  151.  1.52, 

153,   184.    185.    186,    187. 

188,   227,  243,  258. 
Antonini  .Stefano.  —  234,  235. 
Anzani  Francesco.  —  182.  212, 

259,  270. 
Apice  (D')  l^onienico.    —    99. 

101.  241.  286,   296.  297. 
AyoHtohito    Popolare    (L').     — 

132. 
Arago.  —  29.  30. 
Archivio  Triennale  delle  cose  d'I- 
talia. —  104.   161. 
Arcioni  .\ntonio.  —   133. 
Arese  l'rancesco.   —  256. 


Argenti   Felice.   —  43. 
Armandi  (gen.).    —  210. 
Arrigoui  Francesco.  -      173. 
Ashurst  Eliza.  —  110, 193.  281, 

327. 
A.shur8t  William.  —  7,  60,  82, 

110,  281,   341.  344. 
Ashnrst  (Mrs.).  —  59.  65.  Ili, 

271,  281.   327. 
Aspre  (D').  —  295. 
Associazione  Nazionale  Italiana. 

—  32.   33,  34,   35,  41,  42, 

43,  45,  49,  50,  51.  52,  53, 

54.  56.    68,    79,    99,     101. 

142.   150.    151,    188.    204, 

232,   241.    244,    245,    252, 

2.53.   263.   268,  278.   308. 
Aste  (D')  Tommaso.  —  88. 
Atelier  {L').  —  102.  219. 
Anbert.  —  30. 
Avagnino.   —  216. 
Avvenire  d'Italia  {L'j.    —    16, 

226. 
Azeglio  (D*)  Costanza.  —  91. 
Azeglio  (D')  Massimo.  —  325. 
BaccoJini.  —  32. 
Bachi  Salvatore.  —   142,  172, 

176. 
Balbi  Pioverà  James.  —  319, 

320. 
Balbo  Cesare.  —  76,  77,  176, 

271,   325. 
Balzarotti  Giaseppe.  ~      172. 
Bandiera    (fratelli).    —    251, 

252. 
Baraldi  (prof.).  —  173. 
Baravalle  Carlo.   —   172. 


''34*5 


harbanerii  J^iiigi. 

—  314 

Jiaibès.    —   201. 

]i:ui»et  A.   —  24. 

Balbetti.     -  42. 

JRargnaiii  Gaetano. 

—  93, 

324. 

Baroz/i   J)elvinotti 

Aohil 

e.  — 

42.   142. 

Bassi  Ujro.  —  213 

,   214. 

Bastide   Jules.    — 

100, 

117, 

1V8,   260,    262, 

276, 

278, 

31.5,   316,   322, 

325. 

Battaglia  Aciiille. 

—    5. 

132. 

Batta  gì  ini   Carlo. 

-  ^7, 

281, 

289,   306. 

Bava  Eusebio.  — 

225. 

Bazzoni  Giuuio.    — 

-    172. 

Bettini   Filippo.  — 

15,  16,  48, 

88,   138,   319. 

Belcredi  Gaspare. 

-  6. 

172. 

Bellerio  Carlo.  — 

172. 

Belloli   Rinaldo.    — 

-    42. 

216, 

218. 

Benza  G.  Elia.    — 

230, 

231. 

354. 

Berchet  Giovanni. 

-  107. 

2.57. 

S22,   344. 

Béranger.  —  24. 

Beretta  Antonio.  - 

—  98. 

Bertani  Agostino. 

—  173. 

2.s,s. 

Bertholdi.  —  131. 
Bethniont.   —  30. 
BiancJii    Giovini    Aurelio. 

164,   165,   267,   302. 
Bianco  Carlo.  —  227. 
Bistecclii.  —  51 . 
Bixio  Alessandro.    —    30. 


31, 


43,     117,     118.     247.     287, 

310. 
Bixio  Cesare  Leopoldo.  —  123, 

128,   136,   137. 
Bixio  Elena.   — -  216. 
Bixio  Nino.   —   88,   129.    139. 

214,  247,  287,   310.  321. 
Blanc  Louis.  —  29. 
Bocca  Ignazio.   —  31. 
Boccardo  Girolamo.  —  85.  165. 

307. 
Bolla.  —  224.     . 
Bona  Bartolonimeo.   —  229. 
Bon-Conipagni   Carlo.   —  271. 
Bonaniici   Stanislao.  —  89. 


Bonapartc  Carlo  (Prin<>i]>('  «ti 

Canino).   —   210. 
Bonetti  Paolo.    —   SOi'. 
Boniotti   Pietro.   —   173. 
Bordini  (Dr.).   —   255. 
Borelli.      -  40,   76. 
Borghetti  Giuseppe.   —  92. 
Borgo  Caratti.  —    224. 
Borie.  —  119.   131. 
IJorroniQo  Vitaliano.  —  92,  98. 
Borsari   G.   —   326. 
Borsieri  Pietro.  —  130. 
]3ossi   Benigno.  —  246. 
Bottaro  Bartoloninico.  —  205. 
Brault  Augustine.   —   131. 
Brenier.    —   Kìl. 
Brescianini.   —   199. 
Brignole  Sale  (Marcii.).  —  228, 

262. 
Briosclii    l'raneesco.      -    172. 
Brizzi  Scipione.   —   51. 
Brorterio  Angelo.     -     326. 
Broglio  Giuscp])e.  — ■  172. 
Bucalossi   Luigi.   —  .->!. 
Buchez.  —  100. 
Butta  Domenico.    —    11.   NT, 
Burla.  —  31. 
Burlando  Antonio.   —  8S. 
Bussi  liugcnio.   —    172.   224. 
Byron.   —  328. 
Gabella  Cesare.   —    128.    226, 

243. 
Cacciatori  Emilio.   —   142. 
Cairoli   (prof.).   —    160. 
Calamatta  Luigi.   —  28. 
Caldesi   Vincenzo.   —  210. 
Calloud.  —  321. 
Calovini  Tito.   —   172. 
Cambiaso Giambattista.    -   163, 

232,  238,  320. 
Cambiaso  Nicola.  —   88,   163. 
Campanella  Federico.    —    88, 

113.    114.     115.     121.     129, 

229,   238,   239. 
Campi  Giuseppe.   —  314. 
Canale   Giuseppe   Michele.    — 

122,   319, 
Cantoni   Gaetano.   —   245. 
Cantu  Cesare.   —  6. 
Canuti   Filip])o.  —  33,  34,  43, 

49.   .54. 


116, 

117, 

118, 

119, 

122. 

131, 

133. 

138, 

145, 

146, 

148. 

161. 

162, 

165. 

166. 

168. 

170, 

175. 

184, 

185', 

189, 

190, 

217. 

218. 

221, 

228, 

242, 

243, 

244. 

247. 

248, 

2.55. 

259, 

260, 

261. 

262, 

268, 

269, 

270. 

271, 

274. 

279. 

280, 

284. 

286. 

296, 

298, 

299, 

.300, 

301, 

302. 

304. 

305. 

306. 

316, 

317, 

320, 

324. 

325. 

328. 

329, 

343. 

Ciii'lyle 

Vh.  - 

-  311 

Cainot. 

—  30. 

Carry. 

—  62. 

K1'IST<)I,AKI(>.  347 

Carbonera  A.  —  98.  Cerioli.  —  191. 

Carbonioii  Francesco.  —   134.        Ctiiise.   —  42. 
Carbonieri  Luigi.   —   134.  (Vrniisclii  Enrico.  —  161.172, 

Caroassi.   —   122.  199,   214,  295,   309,   318. 

Carlo  All)erto.  —  27,  30,  39,       Ceroni  Riccardo.  —  142,   172. 
45,  48.  .55.   66,  67,  71,  72,  176. 

73,  74,  75,  83.  90,  105.  109,        Cotti  Giuseppe.  —   172. 
Ili,    112,    113,    lU,    115,       Clierubiui.   —  25. 

Chialiva    Abbondio.    —     155, 

182,   284,  289. 
Cialdini  Enrico.   —  97.   105. 
Ciani  Filippo.  —  87.    ■ 
Ciani  Giacomo.  —  87. 
Gironi    Pietro.    —    105,     176, 

190,   212.   274.   .307. 
Cintrat.   —  325. 
Cisale.  —  42. 
Coduri  Fermo.  —  172. 
Collegno  (Di)  Giacinto.  —  97, 

114.   120,  125. 
Collet.    —  21,  22. 
Commerce  (Le).   —   31,  33. 
Conciliatore  (11),  di  Parigi.  — 
62. 

Carta  Giambattista.   —   155.  Concordia  (La).  —  31,   32,  33, 

Casati  Antonio.  —   148.  34,   39,  42,  43.   .50,  51,  57, 

Casati  Gabrio.  —  73,  90,   92.  75,  77,  78,    91,    102,    107, 

98.112,148.164,199,200.  117,    140,    147.    152,    153. 

201,    202,    206,    255,    256.  196.    243,    244,    248,    262, 

261.  271.  316.  265,   284,  287,   321,   326. 
Castagnette)  Cesare  (Trabucco       Connean  Enrico.  —  51. 

di).    —  73,   111,   112,   113,  Correnti  Cesare.   —    97,     104. 

114.115,116,123,148.164.  197.2.56. 

Castelli  Michelangelo.  —  326.  Corriere  Lirornene  (11).  —  112, 
Cattaneo  Carlo.   —  104,    160,  191,   203,   284,   301,  309. 

161,    174,    199.    214,    257,  Corriere  Mercantile  (II).  —  112, 

265.    270,    277,    27S,    295,  125,    133,    164.    165,    199. 

302,    315,    316,    317,    318,  203.    207,    208.    214.    243, 

322,  323,  324.  284,   290,   302,  307. 

Canne  (La)  dn  Penple.   —   119,  Corsi   (d'Arezzo).   —   314. 

131,   133.  220.  Cotta.   —  42. 

Cavaignac    Eugène.    —     100,  Craufnrd  William.  —  45. 

262,  316.  324,   325.  Crémieux.     -  29,   30. 
('avalli.' —  93.  Cncchiari    Domenico.    —    !I6, 
Cavour  (Benso  di)  Camillo.  —  105. 

128.  Cnneo  Giambattista.   —  242. 

Ctìlesia  Carlo.    —  88,  89.  215,  Curti   Pier  Ambrogio.    —    89, 

222,   226.  199. 

Celesia  (Carolina.    —    27,    38,  Dall'Ongaro  Francesco. —  146, 

138.163,165,170,174.181,  210.   211.   311,   312. 

203,   215,  216,   266,   322.  Dal  Pozzo  Ferdinando.  -  325, 


348 


KI'ISTOI-AIUO. 


Dal  Venne  Maria.  —   179. 
Daneri  Andrea.   —   137. 
Daneri  Francesco.   —  88. 
Daneri.    —  122,   226. 
Dante.  —  62,  328. 
Daverio    Francesco.     —    296. 

297,  298. 
De  Andreis.   —   139. 
De  Boni  Filippo.   —  3,  9,  29, 

35,  62,   107,  127,  132.  142. 

1.56,    172.    176,    208,    211, 

214,    257,    259.    263.    264. 

267.  282,  318,   319,   320. 
De  Capitani.  —  210. 
De  Ferrari.  —  76. 
De  Filippi.  —  42. 
Delie  Piane  Ginseppe.   —   88. 
Delle  Sedie  Arcangelo.  —  40. 
De  Macchi.   —  203. 
Demeesfcer  G.   Filippo.   —  87. 

155,  181. 
Démocratie    Faciftqiie   (La).    — 

323. 
Democrazia  Italiana  {La). — 326. 
De  Rossi   Sanfarosa  Pietro.  — 

231. 
De  Sonnaz.   —  234. 
De  Stefani  Filippo.  —  249. 
IJiarìo  del  Popolo  {II).  —  287. 

309. 
Dieta  Italiana  {La).   —  197. 
Diiion  .Josephine.   —   193. 
Dillon   Frank.   —   17.  18,  110. 

193.   281. 
D  Israeli.  —    12. 
Doria  Antonio.   —    121,     122. 

123,   137,   222.   233. 
Doria  Giorgio.    —  88. 
Dossi.  —  93. 

Dronyn  de  Luhys.   —   325. 
Dnpo'nt  (de  l'Eiire).  —  26.29, 

30. 
Dnprat  J.   —  24. 
Dnprat  P.  —  24. 
Durando     Giacomo.     —     127, 

133,  248,  286.  318,   320. 
Durando  Giovanni. —  107,  120. 
Dnrini  Ginseppe.   —  98.   199. 
Emancipazione  {L').  —  172. 
lùici/clopédie   NonreUe   {L').   — 

20.^. 


Escher.  —  339. 
Fabrizi  Lnigi.   —  332. 
Fabrizi  Nicola.  —  7,  40,    42, 

44,   143,   145,  210. 
Fabrizi  Paolo.  —  145. 
Fanti  Gaetano.  —  104. 
Fanti  Manfredo.  —  104.  105, 

255.    256,    257,    258,    265, 

270.  289,  299. 
Farina  Manrizio.  —  114. 
Favre  Leon.  —  230. 
Federici  Nicola.  —  138.    225, 

284. 
Fenzi  Sebastiano.  —  51. 
Ferdinando  II.   Re   delle    Due 

Sicilie.  —  15.   144,  247. 
Ferrari  Andrea.  —  127. 
Ferrari  Giiisepiie.  — -  24,  160, 

161. 
Ferrari  Napoleone.  —  15.  16, 

48.  77,   88,   171,  236,  239, 

266,   272,   318,  332. 
Ferrari  Nicola.  —  88,  274. 
Ferrarlo  Pompeo.     -   172. 
Ferraris  Lnigi.   —  271. 
Ferri  Lnigi.   —   172. 
Flocon  F.   —  30. 
Fontana     liodovico.     —    282, 

283. 
Foresti  E.   Felice.   —   42. 
Fortis  Guglielmo.  —  309. 
Foscolo  Ugo.   —  205. 
Fossati  (Dr.).   —  33,    42,    50, 

224. 
Franscini  Stefano.  —  87. 
Frapolli     Lodovico.     —   H'^» 

277.   278,  322. 
Freschi  F.  —  326. 
Frixione.  —  190,   191. 
Gabrini  Antonio.  —  87,    155. 
Gadda  Giuseppe.   —  245. 
Gallardi  Enrico.  —  142.   172, 

176. 
Gallenga  Antonio.   —  326. 
Gallieno.  —  186. 
Galotti.  —  42. 
Galvagno  F.  —  271. 
Gambini  Andrea. —   141.216, 

226,  240.   266,  272.  303. 
Gaiineron.  — ■  40. 
Garcanico  Pietro.  —  172. 


Kri.STOI.AKK). 


341 


Garibaldi  Anita.   —  331. 

Garibalili  Giuseppe.  —  130, 
140,  182,  183.  205,  212, 
218,  233.  234,  239.  240, 
242,  243,  246,  247,  248, 
257,  258.  259,  260.  264. 
268,  270,  271,  274,  277, 
279.  286.  287,  294,  295, 
296,  297,  298,  301,  306, 
321,  331,  332. 

Garil»ol(li.  —  224. 

Ganiiei-Pagès.  —    26,  29,  30. 

Garzia  (ved.  Boria   Jntonio). 

Gatti   8.  —  326. 

Gazzetta  di  Genova  (La).  — 
150. 

Gazzetta  di  Milano  (La).  — 
89,   102,   141. 

Gavazzi  (padre)  Alessandro.  — 
308. 

Gay  C.      -   326. 

Generali  Luigi.  —  134.  135, 
136. 

Genocchi  A.  —  326. 

Gherardi.  —  42. 

Giacomelli  A.   —  210. 

Giannone  Pietro.  —  12,  33. 
34,  39.  43,  49,  .50,  51,  54^ 
78.  101,  219,  240,  253. 
318.   314. 

Giglioli  Giuseppe.  —  101.  314. 

Gillman    (Mrs.).  —  110.   281. 

Gioì)erti  Vincenzo.  —  39,  54, 
76,  113.  167,  168,  169,  170, 
203.  204.  227,  228,  301, 
302,  325. 

Giovannini  G.  M.  —  326. 

Giovine  Italia  (La)  (associazio- 
ne). —  5,  6.  38,  34,  72, 
113,  121,  123,  163,  217, 
241,  242. 

Giovine  Italia  (La)  (periodico). 
—   132.   227. 

Girihaldi  Lorenzo.  —  217. 

Giuli  Ili  Cesare.  —  93,  98. 
120. 

Giuriati.  —  311. 

Goethe.  208, 

Gordas/ewski  Francesco.  — 
227. 

(Jori!)!   Carlo.   —   142. 


Goudcliaux.   —   30. 
(ìourane  Charles.  —   118. 
Grasselli  A.   —  98. 
Greppi  Marco.  —  98. 
Griffini  Romolo.  —   141,    142, 

172,    174.    176,    224,    245, 

279,  .309. 
Griffini  Saverio.   —  286,   295, 

296. 
Griilenzoni  Carlo.  —  177. 
Grisi  Giulia.  —  40,   150.  195. 
Groudona.  —  287. 
Guai  a.   —  94. 
Guerrazzi    Fr.    Domenico.    — 

26,  27,  80,  307,  308. 
Guerrieri    Gonzaga    Anselmo. 

—  97,  98,   199.  261,   262. 
Guizot.   —   13,  23,   51,   77. 
Haydn.  —  25. 
Hawkes  Emilie.   —  7,  17.  18, 

19,   28,  52,  61.  64,  65,  66, 

80,  82,   106,  189,  279,  335, 

341,   344. 
Hawkes    Sydney.    —    20.    24, 

61,   110.   194.   280.  344. 
Hill  (Miss).   —   245,  253,  254. 

311. 
Howitfc.  —  340. 
Hummelaner.  —  305. 
Imperatori.  —  199. 
Inglis  Robert.  —   12, 
Iniziativa  {L').  —  4. 
Italia  (L'). 
Italia  del  Popolo  (L').   di 

sauna.  96,     100, 

116.    147,    161,    184, 

256,  300. 
Italia  del  Popolo  (L'),  di    Mi- 
lano.    —     132,     142,    156, 

172,    173.    175,    176.    178^ 

179,    181,    188,    190,    194, 

197,    199. 

216,    217, 

221,    226, 

235,    240, 

251.    254, 

258^    259, 

268,  277,  300,  309,  322. 
Italia  e  Popolo  {L').  —  149. 
Italia  rigenerata  {L').   —   173. 
Italiano  "(//),  di  Parigi.  —  132. 


Lo- 
111, 
191, 


197, 

199. 

207. 

210, 

212, 

216, 

217, 

219, 

220, 

222, 

221, 

226, 

230, 

232, 

234, 

235, 

240, 

243, 

245, 

248, 

251. 

254, 

255, 

256. 

257, 

258. 

259, 

260, 

262, 

267, 

350 


i:  PI  STOICA  HK». 


Jeiine  <!>'«(»se  {La).   —   l'ò2. 
Journal    des    Débats    {Le).     — 

242. 
Korzeniowski.  —   183,   1^4. 
Lablaclic.  —   150. 
]^a  Cecilia  Giovanni.  —   310. 
La  Farina  Giuseppe.  —    144. 
Ijagorio.   —  93. 
Lamanuoia  Alfonso.   —  300. 
Laniaitine.  —  29,   30,  51,  61, 

68,  71.    72.    73,    74,    100. 

150,   325. 
La    Masa    Giuseppe.    —     145. 

209,  210,  211. 
Lamberti  Giuseppe.  —  6,   16, 

20,   28,  32,  34.   35,  39,  50. 

53,   72.    79.    81,    98,    101. 

102,    216,    240,    241.    242, 

251,   263,  288,   312. 
Lamberti   Lnigi.  —  102. 
Lamberti   Solìa.  —  245,   312. 
Laniennais.   —   12.  2L  28,  33. 

62,   102,   131,  318. 
Lami  Antonio.  —  241. 
Larochojactuelein.   —  325. 
Lavizzari  Carlo.   —   172. 
Leelii  Carlo.  —  92. 
Leehi  Teodoro.  —   125.  257. 
Leclru-Rollin.  —  29,  30. 
Lefia  II  ai  lana  (La).    —    6, 

33.   34,   40,   41.   49,  87 

123,   137. 
Lemmi  Adriano.  —  333. 
Lemmi  Tifo.  —  334. 
I^eopardi  Piersil vestro.  — 

39. 
Leopoldo  II,  Granduca  di  To- 
scana.  —   138,  317. 
Lessona   K.  G.  —  326. 
Lenchtenberg-    (Duca    di).    — 

306. 
Levi  Davide.  —  288. 
Linton  J.   William.  -      21.  22, 

24,   28. 
Litta  Alessandro.      -   132. 
Longo.  —  92. 
I>ongoni.   —  287. 
Loschi.   —  334. 
Luigi   Filippo.   —  9.     11.    23, 

27.   36.   100. 
Lnigi  XV.   —  310. 


10. 
91. 


38, 


i56, 
309, 


Lunardi.   —  4: 

Luvini.   —  87. 

Maccabruni   (ing.).   —  2ii6. 

M.uhiavelli.  —  69. 

Maestri  Ferdinando.   —  326. 

Maestri    Pietro.  —  141,     142, 
172,    176.    245,    249^ 
261,    270.    279,    289, 
311,  313.  317,  325. 

Maineri   Filippo.   —  205. 

Afalmusi   G.   —    326. 

Mameli  Goliiedo,   —    58. 
129,    139,    167.    209. 

247,  287.  302,  303,  321. 
Mamiani  'lerenzio.   —   41. 
Maiiara  Luciano.  - —  125. 

133,   286. 
Manin  Daniele.   —    1N6. 

218,  317. 
Manzi  L.   —   210. 
Marie.   —  29,   30. 
Mario  di  Candia.  —  150, 
Marrast  A.  —  29.   30,  3i 
Martinelli   Filippo 
Martinengo.  -—  9^ 
Martini  Emilio.     - 

162. 
Massari  Ginsei>pe. 
Massuecone  Francesco.  —  166, 

205.   215,   229,   287. 
Massuecone  Gerolamo.  —  287. 
Mattencci  Carlo.  —  206,  207. 
Mauri  Aeliille.    —  57. 
Maurizi   (avv.).   —  226. 
Mìizzetti     Federica.     —     285, 
'       308. 
Mazzini  Andrea  Lnigi.   —  42, 

71,  79. 
Medici  Giacomo.  —  182,  183, 

200,    212,    235.    239.    242, 

248,  259..    261.    271,    273, 
275,  294.   322. 

Melegari    Ij.  Amedeo.    —    42, 

227. 
Menotti  Adiilie.  —  75.   80. 
Menotti  Celeste.  —  40,  42,  80, 

151. 
Menotti  Ciro.   —   75. 
Menotti  Massimiliano.  —    75, 
Metternicli.    —   47. 
Michelet  Jnles.  —  24,  205. 


195. 

—  214. 

98.     127, 

—  168. 


Kl'IS*l(>I.AHI(« 


35L 


MitkiewifZ  Adatn.  —  157.  183. 

184.   185.   211. 
Mierola\V!<ki  L.  11». 

Migiiet.  —  325. 
Milla.   —  42. 
Miiijtlielli.  —  326. 
Moilena  Gustavo.  —  210,  oli. 

321.  344. 
Moja  Ciistoforo.  —  42,   241. 
Mole.  —  9. 

Mompiaui  Giacinto.  —  92. 
"Sluìiiteur  Unirersel  (Le).  —  22, 

li8,   74. 
Moiiranelli  Giuseppe.   —  .  206, 

207.   212,  213. 
Montezeinolo  (Corderò  di)  Mas- 
simo. —   270. 
Moore.   —   196. 
Mora  Antonio.   —   142,   263. 
Moratidi  Antonio.  —  188,  210. 
Monlini   Antonio.  —  210.  311, 

312. 
Moreali  Gaetano.  --  50. 
MoriùiKj     Chronicle    (The).     — 

195. 
Moroni   P.  —  98. 
Morra  Cesare.   —  245. 
Mosto  Antonio.  —  88. 
Miinzin«;er.  —  339. 
Napoleone  I.  —  175. 
Nardi  Anacarsi.   —  251. 
Nathan   Sara.   —   18,    58,    63, 

82. 
National  (Le).  —   14,    23,    24, 

73.   100,   118,   119,  262. 
Nazione  (La).   —  4. 
Negri  Antonio.  —   172,   309. 
Ney  N.  G.   —  49. 
Noaro  Antonio.   —  126. 
Noeeti.  -r-  57. 
Noli  Enrico.  —  123. 
Nnjì-ent.  —  129.   187. 
Nnilo.  —  311. 
Olivieri  (jjen.)  Angelo.  —  268, 

270. 
(tperaio  (/>').   —   309. 
Opinione    {U).    —     164,     165, 

291.  302,  326,  342. 
Orlandi.   —  42. 
Orsini  Angelo.  —  128. 
Ostrowski  Charles.   —  24. 


Paclu).   —  308. 
Pachta.   —  173. 
Paleocapa  Paolo.  —  218. 
Palnierston  (Lord).  —  305. 
Pai  tri  n  ieri  G.  —  326. 
Panzera  Antonio.   —  51. 
Paolini  Clemente.    —    13,   50, 

51. 
Papa  G.   A.  —  164,  214,  302. 
Pareto  Gaetano.  —  107. 
Pareto  Loi'enzo.    —    76.    123, 

320. 
Pasotti     Francesco.     —     224, 

238. 
Passerini  Giambattista.  —  36. 
Pasta  Giuditta.  —  342,   343. 
Pasta.  —  42. 
Pastorini.   —    170. 
Patria    (La).    —    14,    24.    31, 
34.  68,  78,  85,    101,    125, 
150,   151,   168. 
Pavesi.   —    224. 
Pellegrini  Didaco.  —  224,  319. 
Pettsiero  Italiano   (II).    —    57, 
120,    125,    130,    137.     169, 
190, 
230, 
290, 
339. 
People's    International    Leaour. 

—  23,   24,   29. 
People^H  Journal  (The).    —    8, 

340. 
Pepe  Guglielmo.   —   235. 
Perelli  Emilio.    —   172. 
Pere/-  F.  P.  —  326. 
Perini  Giuseppe.   —   172. 
Pesce  Alessandro.  —  142,  176. 
Pessina  Enrico.  —  172. 
Petra  li   (Dr.).  —    187. 
Peuple  Conxtituaiit  (Le).  —  24, 

102. 
Pezzetti  Giovanni.  —  245. 
Piauzzi  (fratelli).  —  271. 
Piazza.   —  92. 
Pieri  Giuseiìpe.  —  42. 
Pincherle.    —  309. 
Pinelli  Pier  Dionigi.    —    169, 

319,  320.   332. 
Pio  IX.  —  113.  151.  202,  302, 
304. 


196, 

225. 

226, 

227, 

231. 

267, 

278, 

284, 

309, 

319. 

320. 

326, 

352 


KIM.STOI-AHIO. 


Fio  IX  {II).  —  204. 

Piolti   de'    Bianchi    Giuseppi». 

—  172. 
Pirelli.  —  122. 
Pistriicci  Angela.   —  311. 
Pietnicci  Emilio.  —  119,  120. 
Pistiiicci  Filippo.  —  51. 
Pisfriicci     Scipione.     —    139. 

245,  270,  280.  284,  311. 
333,  3.34. 

Pisrrncci  Valerio.  —  51. 

Pliiinptree.  —  11,   12. 

Foliteenico  (II).   —  317. 

Poni  ha.   —  314, 

Porro  Alessandro.  —  98,  117. 

Porro  p:rcole.  —  142,  172, 
176,   245. 

Porro  Pompeo.  —  97,  98. 

Prinetti  Carlo.   —   132. 

Qnaglia  (gen.).   —  40. 

Qninet  Edgar.  —  309,  31«,  325. 

Kal)l)att,ino(ved.  Rubaitiuo  Raf- 
faele). 

Kaiìetzky.  -  112,  129,  291, 
292,  300,  336,   337,   339. 

Radice  Evasio.  —  54. 

Ramorino  Girolamo.  —  225, 
226,   227,  238. 

Ramorino  Paolo.   —   331. 

Ré/orme  {La).  —  323.  . 

Reiset.  —  305. 

Regis  Michele.   —  320. 

Remorino  Girolamo.  —  88. 

Repnhhììcauo  della  Scizzera  Ita- 
liam  (II).  -  87,  281,284. 
301,  309,  322.  323,  332, 
337,   338,  339,   342. 

RepuìMicano    {II),    di    Milano. 

—  172,   199. 

Restclli     Francesco.    —    256, 

270,   289,   309. 
Revere  Giuseppe.  —  142.  143, 

172,176,208,  267,309,312. 
Revne  Naiionale  {La).   —    100. 
Rezzonico  F.  —  98. 
Riboni  Luigi.  —  142. 
Ricci  Alberto.   —  112,  262. 
Ricci  Carlo.   —  320. 
Ricci    Vincenzo.     —     76,    77, 

112,    113,    114.    115,    121, 

122,   123,   138,  248. 


Ricciardi  Giuseppe.  —  33,  34 
Ripari  Pietro.  —   177,   178 
Risortiimento  {II).  —   151,  1.52, 

2Ó7,   208,   307. 
Risso  Tommaso.   —  331. 
Rivista  Europea  {La).   —   172. 
Rol)e8iiierre.   —   173. 
Robinet  Edmond.  —  130,  131. 
Roche  Antonio.   —  53. 
Rognetta.  —  42. 
Romani   (avv.).   —   199. 
Romeo  G.  A.   —  210. 
Ronchi  Anilnogio.  —  172 
Ronna  Antonio.   —  42. 
Rosales  Gaspare.    —    5,    105, 

130,   145. 
Roseilini    Ferd.    Pio.    —    >ìi, 

114,   123.   129. 
Rosselli   Miciielangelo.   —    63, 

195. 
Rossetti  Gabriele.  —  51. 
Rossetti  (di  Mantova).  —  288. 
Rossi  Paolo.  —   172. 
Rossini  Giovaccliiuo.  —  213. 
Rota  Negroni  Andrea.  —  172. 
Rovelli  Pietro.  —  172. 
Rubattino  Raftaele.  —  234. 
Rntlini  Agostino.    —    33,    44, 

75,  227.   231,  254.  319. 
Ruffini    Ferdinando.    —    218, 

283. 
Rurtini    Giambattista.    —    34, 

39,   48,  72,  75,   211,  283. 
Ruffini  Giovanni.  —    33,    34, 

J4.  45,  71,  73.  75,  76,227, 

228,  331,  254. 
Ruftoni  Lizabe.  —  80,  89,  132, 

142,    149,    176,    188,    204, 

278,   315,   316,   318. 
Rusca.   —  87. 
Rusconi  (conte).  —  150. 
Sainte-Beuve.  —  61. 
Sala.  —  118. 

Salasco  (gen.).   —  125.   300 
Sand  George.   -     19,    24,    28, 

33.   102,   116,   220,  328. 
Sand  Maurice.  —  119,   131. 
Santelli  (fratelli).  —  254. 
Sanvitale  Jacopo.  —   326. 
San  vitale  Lnigi.  —  826. 
Sartorio  Luigi.   —  88. 


H 


K  PISTOLA  UlO. 


353 


Sanila.  —  42. 
Savelli   Tito.  —  251. 
Savini  Savino.   —   127. 
Savou  Napoleone.    —  50. 
Schwiirzeiiberg.  —  306. 
Selopis  Fertorico.   —  77. 
Shaeii  Williaii).    -  10,  61.  82. 

110.   194,  281,  341. 
Si<loli   Gimlitta.  —  219.    311, 

322. 
Simonetta  Francesco.  —  133. 
SiiMoiietta  Luigi.  —   132. 
Siitori  Ginseiipe.  —  42,   172. 
Sobrero  (gen.).   —  257. 
Solari  Giuseppe.   —  190. 
Solerà  Francesco.   —  184. 
Sonciiio  Cesare.  —  5. 
Sonderbiiud.  —  26,  120. 
Sonnaz  (De).  —  319,   320. 
Sorniani  Giovanni.  —  172. 
Spagni  Antonio.  —  102. 
Speranza  Pietro  Giulio.  —  88, 

100,   110,   139,   167. 
Spini  Giulio.  —  119,  277.  309. 
Spinola  Tommaso.  —  284. 
Stansfeld  Caroline.  —  18,  23, 

53,  62,  65.   82,    193.    281, 

327,   335,  344. 
Stansfeld  James.     —    24,    61, 

64,  65,   110,  194,  231,  344. 
Stolzman  Karl.  —  35,   189. 
Stone  Frank.  —  8,   193. 
Strigelli  Gaetano.    —  98.  199, 

270. 
Starner  Jnlian.  —  14. 
Subervic.   —  26,  30. 
Tancioni  Pio.  -   38,  129,  139. 
Tancioni  Susanna.  —  82,  245. 

253,  266,  271,  285. 
Taverna  Carlo.   —   132. 
Tecchio  Sebastiano.  —  326. 
Tenca  Carlo.  —  142,  172,  176. 
'J'iiannberg.  —  286. 
Thappaz.  —  128. 
Tliieny.   —  325. 
Tliomas  (Mad.).   —   77. 
Timeo  (The).  —  242. 
Tirdli   Baldassarre.   —   217. 


Tirelli  Giuseppe.  —  145. 
Tonimaseo  Niccolò.  — 183, 184, 

186,  317. 
Tonietti  Francesco.  —  40. 
Torres.  —  209. 
Turati.  —  89. 
Tu  noni  G.  —  98. 
Urbino  Fortunato.  —  172. 198, 

199,   200,   201,  208,   214. 
Usiglio  Angelo.  —  51,   219. 
Usiglio  Emilio.  —   134. 
Valle.  —   190. 
Vannotti.  —  224. 
Vantini.  —  42. 
Varcai.  —  256. 
Varisco.   —   210. 
Vassalli  Luigi.   —   333,  334. 
Vecchi  Angusto  C.  —  42,  75. 
Vecchio  Luigi.   —   172. 
Vedovi  Vincenzo.  —  274. 
Veniidue  Marzo  {II).'—    102, 

103,   129,   141,   146,  243. 
Verdi  Giuseppe.   —  213,  247. 
Vesnie  (Bandi  di)  Carlo.  —  77. 
Vestale  (La).  —  4, 
Vestri  G.   —  290. 
Vettori.   —  89. 
Viani.  —  122. 
Vieussenx  G.  P.  —  313. 
Villani  Odoardo.  —   51. 
Visconti  Venosta    Emilio.    — 

142,   172,   176. 
Voce  del  Popolo  (La).  —  IH» 

142,    150,    1.58.    172,    173, 

175,    198.    222,    224.    238, 

248,    252,    259,    277,    278. 

309. 
Viale  Bépuhlique  (La).  —  220. 
Yapp.  —   11. 
Washington.  —  70. 
Wisocki.  —  35. 
Zaghen.  —  84. 
Zaleski  Costante.  —   227. 
Zambeccari  Livio.  —  125, 126, 

127,   188,  210,  214. 
Zucohi    Carlo.    —     105,    257, 

309,  322. 
Zuccoli  Gaetano.  —  142. 


Mazzini.  Seritti,  ecc..  voi.  XXXV  (Epistolario,  voi.  XIX). 


2a 


INDICE  DELLE  LETTERE. 


MMCCCXLVI.  -  A   Filippo  De  Boni  [Loiulni], 

24  feblu-aio  1848 pay.       'ó 

MMCCCXLVII.  —  To  Emilie  Hawkes  [London], 

Friday  night  [Febiuary 
26^'',   1848] .      »  7 

MMCCCXLVIII.  —  A   Filippo  De  Boni  [Londra], 

26  fel)l)raio  1848 »  9 

MMCCCXIJX.  —  To  William    Shaen  [London, 

Fehrnary   26">,   1848].   .   .     »         10 

MMCCCL.  —  A  Pietro  Giauuoue  [Londra], 

26   [febbraio  1848]   ....     »         12 

MMCCCLl.  —  Alla  madre  [Londra],  28  feb- 
braio 1848 »         IS 

MMCCCLII.  —  A    Giu8ep])e  Lamberti    [Lon- 

dra], 28   [febbraio  1848]  .     »         16 

MMCCCLIII.  —  To  Emilie  Hawkes  [London], 
Monday  [February  28*i', 
1818] »         17 

MMCCCLIV.  —  Alla   stessa    [London],  Tues- 

day  [February  29*'',  1848]     »         IS 

MMCCCLV.  —  Alla  stessa  [London],  Monday 

[March   l'*'-,  1848] »  U> 

MMCCCLVL  —  Alla  stessa  [Paris],  Tlinrsday 

[March  2"'',  1848] »         20 

MMCCCLVIL  —  Alla  madre  [Parij,'i],  5  marzo 

1848 »         25 

MMCCCLVIII.  —  To    Emilie    Hawkes    [Paris], 

.Snnday  [March  5"',  1848]     »         2S 

MMCCCLIX.  —  A    Filippo    De   Boni    Parigi, 

8  marzo    1848 »         29 


356 

MMCCCLX.  - 

MMGCCLXI. 

MMCCCLXII.  — 

MMCCCLX  III.  — 

MMCCCLXIV.  — 

MMCCCLXV.  — 

MMCCCLXVI.  — 

MMCCCLXVII.  — 

MMCCCLXVIII.  — 

MMCCCLXIX.  — 

MMCCCLXX.  — 
MMCCCLXXI. 

MMCCCLXXII.  — 

MMCCCLXXIII.  — 

MMCCCLXXIV.  — 

MMCCCLXXV. 

MMCCCLXXVI.  — 

MMCCCLXXVIl.  - 


^KlM!STOI-AlUO. 

Alla  madie  [Parigi],  11  iiiar- 

zq  1848 2'«r/-     '^2 

A    Filippo    De   Boni    Parigi, 

12  marzo  1848 »         H5 

Alla  madre  [Londra].  13  mar- 
zo 1848 »         36 

A  Giuseppe  Lamberti  [Lon- 
dra], giovedì  [16  marzo 
1848] »         39 

A  E.  Felice  Foresti  [Londra]. 

17  marzo  1848 »         42 

Ad  Agostino  Rnffini  [Londra], 
sabbato  mattina  [...,  mar- 
zo 1848] »         44 

Alla  madre  [Londra],  18  mar- 
zo 1848 »         46 

A  Pietro  Giannone  [Londra], 

giovedì    [ marzo    1848]     »         49 

To  Emilie  Hawkes  [London, 

March  23^'',   1848]   ....     »         52 

A  Giuseppe  Lamberti  [Lon- 
dra], giovedì  [23  marzo 
1848] >^         .=^3 

Alla  madre  [Londra].  24  mar- 
zo  1848 »         .^^5 

A  8ara  Natlian  [Londra],  lu- 
nedi 8era[ marzo  1848]     »         58 

To  Mr.  or  Mrs.  Asbnrst 
[London],  Friday  [March 
24"',    1848] »         59 

To  William  Ashnrst  [L()n- 
<lon].  Satiirday  [March 
25t>',   1848] »         60 

To  Emilie  Hawkes  [London], 
.Satnrday  night  [March 
25"'.   1848] »         61 

Alla  stessa  [London],  8unday 

[March  26"',   1848]  ....     »         64 

Alla  stessa  [Bonlogne],  Tiies- 

day  [March   28"',   1848]   .     »         66 

Alla  inadre  ] Parigi],  31  mar- 
zo 1848 »         77 


MMCCCLXXVIII. 

MMCCCLXXIX. 

MMCCCLXXX. 

MMCCCLXXXl. 

MMCCCLXXXII. 

MMCCCLXXXIII. 

MMCCCLXXXIV. 

MMCGCLXXXV. 

MMCCCLXXXVI. 

MMCCCLXXXVII. 

MMCCCLXXXVIII. 

MMCCCLXXXIX. 

MMCCCXC. 

MMCCCXCI. 

MMCCCXCII. 

MMCCCXCIII. 
MMCCCXCIV. 

MMCCCXCV. 
MMCCCXCVI. 


EPISTOI.AIMO.  S57 

A    Pietro    ({iaunone  [Parigi]. 

sabato  [1"    aprile  1848]   .  pan.     78 

Al   Redattore  delia   Concordia 

Parigi.    1»  aprile  1848  .    .      «         78 

A  Ginsep[)e  Lamberti  [Mul- 
house],  3  aprile  [1848].   .     »         79 

To  Emilie  Hawkes  [Lugano], 

Aprii    7"'  [1848] »         80 

To  Siisaima  Tancioni  Milaii. 

Friday  Aprii  7*'».   1848.   .     »         <S2 

Alla    madre     [Milano],    7    a- 

prile    1848 »         m 

Ai     Bresciani    Milano,    8    a- 

prile  1848 »         HI 

A  Domenico  Cacchiari  Mi- 
lano,  9  aprile  1848 »         9H 

A  Giuseppe  Lamberti  [Mi- 
bino].  9    aprile  [1848]   .   .     »         97 

Alio  stesso  [Milano],  dome- 
nica 9  aprile  1848  ....     »       101 

Ai   Direttore    della   Coneordia 

[Milano].  U  aprile  [1848].     »       lOi! 

A    Manfredo    Fanti    Milano. 

11   aprile  1848 »       104 

To    Emilie    Hawkes    [Milan], 

Aprii    11"'   [1848] »       106 

A  Ge<»rge  Sand  [Milan],  13  a- 

vril   1848 »       113 

Al  gen.  M.  Napoleone  Alle- 
mandi  [Milano],  13  aprile 
1848 »       119 

A  Federico  Campanella  Mi- 
lano.  14  aprile  1848.   .   .     »       121 

Al  Ministro  della  Guerra  del 
Governo  Provvisorio  di 
Milano  Milano,  14  aprile 
1848 »       125 

Alla   madre    [Milano],    15  a- 

prile  1848 »       128 

•  A    George    Sand    Milan,     19 

avril    1848 »       130 


K1M8T<)[,A1{I(). 


A  Iviiiiri    Generali   Milai 


358 

MMCCCXCVII. 

aprile  [1848] pa().    IIM"^ 

MMCCCXCVIII.  —  Alla     iiimlre    [Milano],    23  a- 

prile    1848 »        135 

MMCOCXCIX.  —  Ai  Kedatrori  della  Voce  del 
Popolo  [Milano],  24  aprile 
[1848] »       141 

MMCCCC.  -  A    Nicola    Fahiizi     [Milano]. 

25  aprile    [1848] »       143 

MMCCCCI.  —  Alla    madre    [Milano],  2tì  a- 

prile  1848. »       I4t> 

MMCCCCII.  —  Al   Direttore    della  Concordia 

Milano,  27  aprile  1848.   .     »       147 

MMCCCC.'IIl.  —  Al  }ren.  (\.  Filippo  Deniè- 
ester  [Milano,  1«  maggio 
1848] »       155 

MMCCCCIV.  —  A   Adam  Mickievvicz  [Milan|, 

mardi  [2   mai    1848]   ...     »       157 

MMCCCCV.  —  Alla  madre  [Milano],  5  mag- 
gio   1848 »       158 

MMCCCCVI.  —   A   Carolina  Celesia  [Milano], 

7  maggio   1848 »       163 

MMCCCCVII.  Alla  nnidre  [Milaiio],  9  mag- 
gio 1848 »       167 

MMCCCCVIII.  —  Alla  stessa  [Milano],   12  niag- 

gio  [1848] »       171 

MMCCCCIX.  —    A    Pietro    Agnelli     [Milano, 

14  maggio  1848] »       172 

MMCCCCX.  —  Alla  madre  [Milano],  14  mag- 
gio [1848] »       174 

MMCCCCXl  —  A  Carlo  Grillenzoni  [Milano], 

17  maggio  1848 »       17T 

MMCCCCXII.  -  —  Alla  ma.lre  [Milano],  20  mag- 
gio [1848] »        180 

MMCCCCXIII.  —  Alla  stessa  [Milano].  24  mag- 
J,n<.  [1848] 

MMCCCCXIV.  —  Al  gen.  G.  Filippo  Deme- 
ester  [Milano],  24  maggio 
[1848] »       181 

MMCCCCXV.  —  Alla  madre  [Milano],  27  mag- 
gio  [1848] »       182 


MMCOCOXVl. 

MMCCCCXVIl. 

MMOCCCXVIII. 

MMCCCCXIX. 

MMCCCCXX. 

MMCCCCXXl. 

MMCCCCXXII. 

MMCCCCXXIIl. 

MMCCCCXXIV. 

MMCCCCXXV. 

MMCCCCXXVi: 

MMCCCGXXVII. 

MMCCCCXXVIII. 

MMCCCCXXIX. 

MMCCCCX]^X. 

MMCCCCXXXI.' 

MMCCCCXXXII. 

MMCCCCXXXIII. 

MMCCCCXXXIV. 

MMCCCCXXXV. 

MMCCCCXXXVI. 


Kl'li^TOI.AUIO.  HÓO 

A  Niccolò  Tommaseo  [Milano] , 

27  luagjfio    1848 pati.   183 

Al    jcen,    Giacomo    Autonini 

Milano,   27  maggio  1848.     »       185 

To  Emilie    Hawkes    [Milan], 

May  30f'',  1848. »        189 

Alla  madie  [Milano],  30  ning- 

gio  1848 »       196 

Alla    stessa  [Milano],    2  giu- 
gno [1848] »       204 

A  Carlo  Matteucei   [Milano], 

domenica  [4  giugno  1848]     »       206 

A   Goffredo  Mameli  [Milano], 

6  giugni»    [1848] »       209 

Alla  madre  [Milano],   8  giu- 
gno 1848 »       215 

A    Giuseppe    Lamberti     [Mi- 
lano], 8  giugno  [1848].   .     »       216 

A  George    Sand    [Milan],    13 

Juin   [1848] »       220 

Alla  madre  [Milano],  13  giu- 
gno 1848 »       222 

Alla  stessa  [Milano],  Tenerdi 

[16  giugno  1848] »       229 

A   G.    Elia    Bonza    [Milano], 

19  giugno  [1848] »       230 

Alla  madre    [Milano],  22  giu- 
gno [1848] »       232 

Alla  stessa  [Milano],  27  giu- 
gno  1848 »       233 

Alla  stessa  [Milano],   30   giu- 
gno 1848  .   .   , »       237 

A  Francesco  Pasotti  [Milano], 

giovedì  [ giugno  1848].     »       238 

Alla    madre   [Milano],  dome- 
nica [2  luglio  1848]   ...»       239 
A    Giu.seppe    Lamberti    [Mi- 
lano], 3  luglio  [1818]   .    ;     »       240 
■  Alla  madre    [Milano],    8    lu- 
glio 1848 »       245 

A  Goffredo   Mameli  [Milano], 

17   luglio    [1848] ,  »       247 


360 
MMCCCCXXXVII. 

MMCCCCXXXVIII. 

MMCCCCXXXIX. 

MMCCCCXL. 

MMCCCCXl.l. 

MMCCCCXLII. 

MMCCCCXLIIl". 

MMCCCCXLIV. 

MMCCCCXLV. 
MMCOCCXLVI. 

MMCCCCXLVII. 

MMCCCCXJ.VIII. 

MMCCCCXLIX. 

MMCCCCL. 

MMCCCCLI. 

MMCCCCLII. 

MMCCCCLIII. 

MMCCCCLIV. 

MMCCCCLV. 

MMCCCCLVI. 

MMCCCCLVII. 


-  A  Giiicomo  Mazzini  [Milano],  ^M 

18  injrlio   [1848]    .....  ptui.   249 

-  A    (.ìinseppe    Lamberti     [Mi- 

lano],  giovedì    [20  luglio 

1848] »       25] 

A     G.    Elia    Benza    Milano, 

26  inglio  [1848] »        254" 

-  A    Manfredo    Fanti     [Milano, 

....  luglio  1848] »       255 

-  A    Giacomo    Modici     Milano. 

[30  luglio    1848] »       259 

-  A  Jules  Bastide  [Milaii],    31 

juillet  [1848]   . »       260 

A    Giuseppe    Lamberti    [Mi- 
lano],  10  agosto  [1848].   .     >^       263, 

Alla    madre    [Milano],    1"  a- 

gosto   1848 »       264" 

A Milano,  3  agosto  [1848]     »       267 

Alla  madre   [Milano],   3  ago- 
sto 1848 »       268 

To  —  Monza,    Sunday    [An- 

gust  6*'',   1848] ^     »      272j 

Alla    madre    [Como],    dome- 
nica 7    agosto  [1848].   .   .     »       273 

Alla   stessa  [Como],  8  agosto 

[1848]  , »       276 

A. Jules  Bastide  Lugano,  9au- 

gust  1848 »       276 

To  Emilie  Hawkes  [Lugano], 

Angust  lOfh  [1848].    ...»       279 

A  Filippo  De  Boni  [Lugano], 

11  agosto  1848 »       282 

Alia  madre  Lugano,   12   ago- 
sto 1848 »       283 

Alla  stessa   Lugano,    16  ago- 
sto [1848] »       285 

A  Davide  Levi,  ecc.  Lugano, 

18  agosto  1848 »       288 

A    Giuseppe   Lamberti    [Lu- 
gano], 20  agosto  [1848]   .     »         » 

Alla  madre  [Lugano],  lunedi 

[21   agosto  1848] »       289 


MMCCCCLVIII. 
MM(;CCC]-1X. 
MM(X;0C1.X. 
MMCCCCLXI. 

MMCCCCLXIJ. 

MMCCCCLXIII. 

MMCCCCLXV. 

MMCCCCLXV. 

MMCCCCLXVI. 

MMCCCCl.XVII. 

MMCCOCJ.XVIII. 

MMCCCCLXIX. 

MMCCCCLXX. 

MMCJCCCLXXl. 

MMCCCCLXXII. 


KPISrOI.AKIO. 

A  Giacomo  Modici   [Lngauo], 

•22  aj-osto  [1848] P'<y- 

Alla  madre  [Lugano],  25  a- 
gosto  1848 ".   .   •     » 

A  G<»rtVedo  Mameli  Lugano, 
28  agosto  [1848] » 

A  Frane.  Domenico  Guer- 
razzi [Lugano.  2  settembre 
1848] » 

Alla  madre  [Lugano].  2  set- 
tembre   [1848]   » 

Ad  Antonio  Monlini  [Lugano, 
.5  settembre   1848]   ....     » 

X    Giuseppe    l^amberti    [Lu- 
gano], 7  settembre  [1848]     » 
•  A  Lizabe    Rnrtoni   [Lugano], 
8  settembre  1848 » 

Alla  madre  [Lugano],  9  set- 
teml)ro  1848 » 

A  Carlo  Cattaneo  e  Lodovico 
FrapoUi  (Lugano],  12  set- 
teniltre    1848 » 

To  Mrs.  Aslinrst  Lugano, 
■September  13"'  [1848]  .   .     » 

-  Alla  madre   [Lugano],  13  set- 

tembre  1848    .......     » 

A  Napoleone  Ferrari  [Lu- 
gano,   settembre  1848]     » 

-  Ad  Adriano  l..ennni  [Lugano], 

,     20  settembre  1848   ....     » 
■  To  Emilie  Havvkes  [Lugano], 

September  21«f   [1848]   .    .     » 


3H1 

294 
297 
303 

307 
310 
311 
312 
315 
318 

322 
327 
331 
332 
333 
335 


INDICE  DELLE  ILLUSTRAZIONI. 


Ritratt/O  di  G.   Mazzini. 


11  preseute  volume,  hnito  di  «tauipaie  il  31  agosto  1922, 
fu  livediito  ed  approvato  dalla  11.*  Commissione  por  l'edizione 
nazionale  degli  Scritti  di  Giuseppe  Mazzini. 

A.  Anilk    -   Presideute 
A.  Lo  Piano 

F.  Mahtini 

P.    BOSKLM 

V.    E.    Ol{I-AM>0 

L.  Rotisi 
S.  Bakzii.ai 

E.    PlNCHIA 

e.     PASCAKlCfJ.A 

V.  Fiorini 

A.  Nkri 

P.  Silva 

U.  Dklla  Skta 

G.  Gkntii.k 

G.  E.  Cukatui.o 
F.  Momigliano 
M.  Mknghini. 


DO 
552 
•8 

y.05 


Jfeezini,   Giuseppe 

Scritti  editi  ed  inediti 


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